shakespeare al parini

Transcript

shakespeare al parini
SHAKESPEARE AL PARINI
Dalla porta del teatro entra correndo un ragazzo, si guarda intorno per un momento.
X
Questa volta sono spacciato.
Corre a nascondersi tra le quinte. Qualche istante dopo si affaccia alla porta un gruppo di
altri ragazzi che lo stanno inseguendo. I ragazzi si disperdono per il teatro cercando il
fuggitivo. Guardano anche dietro le quinte ma non lo trovano.
BOSS
Lasciamo perdere. Non vale la pena di sprecare tutto il
giorno in cerca di quel verme. Appena metterà fuori il
naso ne faremo un hamburger.
GIRL
Sì, con le patate fritte. Lui è già una patata.
BOSS
Vieni, Baby. Qua dentro c’è solo puzza di vecchio.
GIRL
Però una lezione devi dargliela... Come ha potuto osare...
Chiedermi di andare al cinema con lui...
BOSS
Quando sarà diventato un hamburger imparerà ad essere
più rispettoso. Andiamo.
Escono tutti schiamazzando dalla sala. Lunga pausa.
Finalmente X spunta fuori dalle quinte. Si guarda intorno preoccupato. Quando è sicuro di
essere solo si calma un poco.
X
Fetenti. Fetentissimi... E fesso io che ho creduto... che ho
sperato... Lei non è meglio di tutti gli altri... Chissà cosa
mi credevo... Merda!... Ma io gli buco le ruote della
bicicletta a quelli lì... E a quella stronzetta...
Improvvisamente comincia a parlare con un tono di voce diversa. Si muove anche in modo
strano. Come se il suo corpo fosse azionato dai fili di un burattinaio invisibile. Mentre parla
e gesticola deve guardarsi meravigliato.
Ah, mille vite le donasse Iddio! Una è troppo poca alla mia
vendetta! Ecco in un soffio io disperdo nell’aria il mio
amore. Così... è svanito. E ora, nera vendetta, esci dalla
tua oscura tana. E tu amore cedi all’odio tiranno la corona
e il trono che avevi nel mio cuore.
Pausa. Si guarda le mani... si tocca la testa.
Cosa mi sta succedendo? Sto diventando matto?
L’attacco riprende…
Come la corrente gelata e il corso impetuoso
del mare Pontico corrono dritti verso l’Ellesponto
così i miei pensieri di sangue
non torneranno mai indietro, e nel loro corso furioso
non si abbasseranno mai verso un sentimento di viltà.
Soltanto una giusta piena vendetta
li potrà inghiottire...
Nell’”attacco di follia poetica” X compie tutti i gesti necessari come se avesse davanti a sé
Desdemona. Le parole di lei verranno dette da una voce fuori scena.
Tu devi morire!
VOCE
Uccidetemi domani; lasciatemi vivere ancora questa
notte.
X
No,
VOCE
Mezz’ora soltanto.
X
No.
VOCE
Solo per dire una preghiera!
X
È troppo tardi.
Immagina di strozzare Desdemona.
Prima di ucciderti ti ho baciata: or non mi resta che
uccidermi e morire su un ultimo bacio.
Compie questi gesti e cade a terra, poi alza la testa e dice...
Killing myself to die upon a kiss.
Pausa. Si mette a gridare.
Aiuto!! Sono impazzito del tutto!! Mi metto anche a
parlare in inglese... Io sono sempre insufficiente in
inglese.
Entra Will Shakespeare che tende la mano a X e lo aiuta a rialzarsi.
WILL
Calmati, figliolo. Non succede niente di strano. È tutta
colpa mia. E scusami se ho scherzato un poco con te.
X
E tu chi sei? Che cosa mi hai fatto fare.
WILL
Il fatto è che ti ho sentito poco fa... Eri arrabbiato, volevi
vendicarti... e imprecavi contro la bella creatura che si è
divertita a spezzarti il cuore e a prenderti a calci nel
sedere. Ma che mancanza di stile!! L’unica imprecazione
che hai saputo inventare era... stronzetta.
E la vendetta? Bucare le gomme della bicicletta...
Andiamo! Vuol dire che il tuo amore era ben poca cosa se
si accontenta di così poco. E allora mi sono permesso di
suggerirti qualche espressione più... colorita. E una
signora vendetta.
X
Vuoi dire che tutte quelle stramberie che farneticavo me
le stavi facendo dire tu?
WILL
Sì.
X
Con la telepatia?
WILL
Una specie... I greci antichi lo chiamavano enthusiasmos.
X
Anche la frase in inglese?
WILL
È uno dei miei versi di cui vado più orgoglioso.
X
Beh, potresti usare la tua telepatia quando mi interrogano
a scuola.
WILL
Mi spiace ma posso comunicare solo forti passioni. Per le
materie scolastiche devi arrangiarti da solo.
X
Mi hai fatto strangolare la povera Gianna.
WILL
Ma solo per finta. Solo con l’immaginazione.
X
Tu sei più fuori di testa di me.
WILL
In un certo senso è vero. Ma questo è il teatro.
X
Lo vedo bene che siamo nel teatro.
WILL
No. Non voglio dire il posto in cui ci troviamo. Teatro è
quello che hai fatto poco fa.
X
Strangolare la Gianna?
WILL
No. Ma credere di farlo. E sentire tutto quello che si prova
nel farlo.
X
Non so se ti dovrebbero mettere in galera o in manicomio.
WILL
Ma lo strangolamento non è l’unica cosa che si può fare
con le donne.
X
Tirarle sotto con la macchina? Non ho ancora la patente.
WILL
In verità io pensavo amarle. Corteggiarle.
X
Io ci ho provato. Ma hai visto come è andata a finire.
WILL
L’arte di corteggiare la femmina è difficile.
X
Specialmente se la femmina è una str...
WILL
Parla con rispetto!
X
... Strana creatura.
WILL
Tutte le donne sono strane. Per questo sono donne. Ma il
bello dell’essere uomini è nel riuscire a conquistarle.
X
(Con tono rassegnato) Da grande farò il domatore di
tigri.
WILL
Non scoraggiarti. Anzi voglio dimostrarti che con un po’
di impegno si può domare qualsiasi fiera.
X
Parli come i professori.
WILL
Caterina di Padova era la ragazza più bisbetica del mondo.
Ma Petruccio di Verona decise di affrontare il cimento.
SCENA DI PETRUCCIO E CATERINA
PETRUCCIO
Lei urla? E io le dirò che sembra un usignolo. Fa le
smorfie? Le dirò che ha il viso limpido come le rose
appena bagnate di rugiada. Se resta muta loderò la sua
eloquenza. Se mi dice di levare le tende, la ringrazio come
se mi avesse invitato a restare una settimana.
Ma eccola che viene. Coraggio, Petruccio.
Buongiorno Kate, questo è il tuo nome, mi dicono.
CATERINA
Sei duro d’orecchio. Caterina mi chiamano.
PETRUCCIO
Tu menti, in fede. Tutti ti chiamano Kate. Kate la
graziosa, qualche volta Kate l’infernale, ma sempre la più
leggiadra Kate del mondo. Kate la gattina e tutte le gattine
sono dolci. E, avendo sentito lodare la tua dolcezza, mi
sono mosso a chiederti in moglie.
CATERINA
Mosso? Allora chi ti ha mosso qui
ti muova subito fuori. Si vede che sei un mobile.
PETRUCCIO
Che mobile?
CATERINA
Uno sgabello.
PETRUCCIO
E allora vieni a sederti su di me!
CATERINA
Un bell’asino per farmi portare!
PETRUCCIO
Sei battagliera come una vespa.
CATERINA
Se sono una vespa, attento al pungiglione.
PETRUCCIO
Il pungiglione basta staccarlo.
CATERINA
Sciocco, devi prima trovarlo.
PETRUCCIO
Si sa dove le vespe hanno il pungiglione: nella coda.
CATERINA
Nella lingua.
PETRUCCIO
La mia lingua nella tua coda. Aspetta Kate, io sono un
gentiluomo.
CATERINA
E qual è il tuo stemma? Un gallo spiumacchiato?
PETRUCCIO
Un gallo, e Caterina sarà la mia gallina.
CATERINA
Come gallo non fai per me, gracchi come un corvo.
PETRUCCIO
Via Kate, non fare la faccia acida.
CATERINA
La faccio sempre quando vedo un frutto andato a male.
PETRUCCIO
Qui non ci sono frutti andati a male.
CATERINA
Per vederli dovresti avere uno specchio.
PETRUCCIO
Mi avevano detto che eri dura e scontrosa. Ma tutti
mentivano, perché sei gradevole, cordiale, un po’ lenta di
lingua ma dolce come i fiori di primavera.
Perché il mondo parla male di te?
CATERINA
Dove hai studiato tutti questi bei discorsi?
PETRUCCIO
Tutto improvvisato col cervello che mi diede mia madre.
CATERINA
Povera madre con un figlio scemo.
PETRUCCIO
Domenica è il giorno delle nostre nozze.
CATERINA
Piuttosto domenica ti vedrò impiccato.
PETRUCCIO
Dammi la mano, Kate, io vado a Venezia a comprare il
necessario per le nozze. Tu prepara la festa e invita gli
ospiti. Ci penserò io a che la mia Caterina sia ben vestita.
Che brava ragazza! Vieni e... Kiss me Kate!
X
Non so chi sia il più matto. Lei, ... lui che si ostina a volere
una matta così... tu che mi fai vedere tutte queste
mattane.
WILL
Eppure quando sospiravi dietro a quella che ora ti ostini a
chiamare “ciabatta” non ti sembrava di essere matto
anche tu?
X
No, ma invece lo ero. E lo ho capito bene quando ho
dovuto scappare inseguito da quella banda di cani
rognosi.
WILL
Ma l’amore...
X
... Al diavolo l’amore.
Entra Ofelia.
OFELIA
Non maledire l’amore. È questo il peccato imperdonabile.
Lo so bene io, che ne sono la vittima.
X
Ecco un’altra matta.
OFELIA
È vero. Pazza. E subito dopo morta. Per colpa di uno che
come te ha maledetto l’amore.
In quel ruscello dove un salice chino
specchia le sue foglie brinate nella corrente limpida,
là io intrecciavo fantastiche ghirlande
di ranuncoli, d’ortiche e margherite,
e di quelle lunghe orchidee purpuree
che le fanciulle chiamano dita di morte.
E lassù mentre mi arrampicavo per appendere
i miei diademi d’erba alle pendule fronde dell’albero
un invidioso ramo si ruppe, e quei trofei
ed io stessa cademmo nel ruscello. Le mie vesti
si gonfiarono intorno e mi sostennero
per qualche tempo come una sirena,
mentre intonavo brani di canzoni
come se fossi inconscia della mia sventura
o come una figlia dell’acqua, familiare
a quell’elemento. Ma per poco, perché le mie vesti
pesanti per l’acqua assorbita, mi trascinarono
dal mio canto melodioso a una fangosa morte.
Ofelia barcolla e sta per cadere.
X
Povera matta... attenta caschi in acqua.
Si lancia verso di lei per afferrarla.
E matto anch’io. Non c’è nessun ruscello. Eppure per un
momento mi era sembrato che ci fosse.
WILL
Questo è il teatro. È come un sogno : quel che non esiste
te lo fa sembrare vero.
X
Mi fa schifo il teatro. È quella maniaca della prof. di
lettere che ci tortura col teatro. Forse lei si diverte a
vederci fare i pagliacci, ma io muoio di vergogna, là in
piedi davanti a tutti a fare lo scemo.
Entra Jaques.
JAQUES
Ma il mondo è tutto un teatro.
E uomini e donne sono tutti attori.
Nella vita un uomo interpreta più parti,
ché gli atti son sette, sette sono le età.
Primo: il bambino sbava e piange in braccio alla nutrice.
Poi lo scolaro piagnucoloso, con la sua cartella
e il volto infreddolito dal mattino
che si trascina svogliato come una lumaca verso la scuola
E poi l’innamorato: sospira come una fornace
la canzone triste composta per il sopracciglio dell’amata
E poi il soldato, pieno di strampalate imprecazioni,
baffuto come un gattopardo, geloso dell’onore,
impulsivo e pronto al litigio, sempre alla ricerca
anche nella bocca di un cannone, d’una reputazione
da quattro soldi. E poi il giudice, pancia rotonda
piena di bei capponi, occhio severo e rasatura a dovere,
anche lui recita la sua parte. La sesta età
ti trasforma in un fiacco pantalone in ciabatte,
le lenti al naso, i calzoni di quando eri giovane
diventati un mondo troppo largo
per le tue gambe rinsecchite; e la voce da maschio
di nuovo ridotta al falsetto infantile.
L’ultima scena, infine,
a conclusione di questa strana storia,
è una seconda infanzia, puro oblio,
senza denti, senz’occhi, senza gusto... senza niente.
X
Anche questo è un matto, ma almeno ha buon senso.
Come ti chiami?
JAQUES
Jaques. Ma non sono io che mi chiamo così. È stato lui a
darmi questo scemo di nome francese.
WILL
Jaques è uno dei miei matti più intelligenti. Ma non è mai
contento. Alla fine della sua commedia vuole sempre
andare a fare l’eremita in una grotta, e devo sudare sette
camicie per farlo uscire.
JAQUES
Si sta bene laggiù. Non ci sono pazzi che credono di non
esserlo.
X
E secondo te dovrei venirci anch’io in una grotta?
JAQUES
Purché sia abbastanza lontana dalla mia.
Jaques se ne va senza salutare.
WILL
Non dargli retta. Gli piace fare il menagramo. Però
quando è in scena anche lui è felice. Perché, lo ha detto lui
stesso: tutto il mondo è un teatro.
Entra Mercuzio.
MERCUZIO
Per forza! E il teatro è il regno della regina Mab.
WILL
Mio buon Mercuzio! Il più matto di tutti i miei matti!
Si abbracciano.
X
Ma questo lo conosco. Ho visto il film. Ma non eri nero?
MERCUZIO
Che domanda scema. Certo che ero nero. Io posso essere
di qualsiasi colore. Questo è il teatro, e nel teatro tutto
può trasformarsi continuamente. Poveri voi. Il film. Puah.
Il film è cosa morta. Una volta stampata la pellicola non si
può cambiare più niente. Tutto si può solo ripetere
sempre uguale. Freddo, morto. Ma il teatro invece è vivo.
Tutto può succedere. Il teatro è il regno della regina Mab,
la signora dei sogni.
Mab galoppa notte dopo notte
dentro i cervelli degli amanti
ed essi sognano l’amore,
sulle dita degli avvocati
che allora sognano i loro compensi,
sulle labbra delle donne
che allora sognano baci.
A volte passa sul collo di un soldato
che allora sogna gole tagliate, mura abbattute,
imboscate, lame spagnole,
poi risuona di colpo un tamburo al suo orecchio
il soldato si scuote impaurito e si sveglia,
bestemmia una preghiera e s’addormenta ancora
Questa è Mab, la stessa che di notte
arruffa le criniere dei cavalli
e vi stringe nodi di elfi
che a scioglierli portan male.
È lei che se trova le ragazze
che dormono supine, le costringe all’abbraccio.
È lei la regina dei sogni
che sono i figli di una mente in ozio
che nascono da una vana fantasia
che ha natura leggera come l’aria
e più incostante del vento.
X
Ma quanto parla questo!
WILL
Ma le parole sono tutta la nostra magia. Noi non abbiamo
bisogno di effetti speciali. Ci basta una parola e il mondo
nasce intorno a noi. E quando abbiamo finito di parlare e
con il sipario cala il silenzio, il mondo finisce. Chi ha un
potere più grande del nostro? Con la parola noi possiamo
essere o non essere.
Entra, ovviamente, Amleto.
AMLETO
Essere, o non essere. Questo è il problema.
Se sia più nobile per l’anima soffrire
i colpi e i dardi d’un’avversa fortuna
o prender l’armi contro un mar di guai
ed opporsi e distruggerli?
Morire...dormire...nulla più.
E dire che nel sonno mettiamo fine
alle mille offese della natura.
Morire...dormire...ma qui è l’ostacolo.
Quali sogni ci possono essere per noi
quando ci siamo strappati al tumulto di questa vita?
Ma chi vorrebbe sopportare l’oppressione dei tiranni,
le sofferenze dell’amore sprezzato,
le ingiustizie delle leggi,
l’arroganza dei potenti,
la derisione del valore da parte dei più indegni,
chi lo sopporterebbe se uno può darsi
la pace con la lama di un pugnale?
Chi lo sopporterebbe se non fosse che l’angoscia
del paese dopo la morte,
da cui mai nessuno è tornato,
confonde la nostra volontà e ci fa sopportare
i mali dell’oggi. La coscienza ci fa tutti vigliacchi.
Rivolto a X, che è rimasto a bocca aperta.
Chiudi la bocca.
WILL
Anche questo è teatro.
X
Non ho capito niente.
WILL
Non preoccuparti... Il teatro è come la vita. Non sempre si
capisce tutto quello che succede... ma questo è il bello...
Fatti un po’ in là e guarda il potere della mia parola.
(Will evoca le streghe.
Or tutti sorgete
ministri infernali
che al sangue incorate
spingete i mortali.
Musica. Appaiono le streghe.
PRIMA
Tre volte miagola la gatta in fregola
SECONDA
Tre volte l’upupa lamenta ed ulula
TERZA
Tre volte l’istrice guaisce al vento
PRIMA
Tu rospo venefico che suggi l’aconito
Tu vepre, tu radica sbarbata al crepuscolo
Va cuoci e gorgoglia nel vaso infernal.
SECONDA
Tu lingua di vipera, tu pelo di nottola,
Tu sangue di scimmia, tu dente di botolo
Va, bolli e t’avvoltola nel brodo infernal.
TERZA
Tu, dito di pargolo strozzato nel nascere,
Tu labbro di un Tartaro, tu cuor d’un eretico
Va dentro e consolida la polta infernal.
TUTTE
Bolli Bolli
E voi spiriti
Negri e candidi
Rossi e ceruli
Rimescete
Rimescete.
Le streghe danzano in ridda. Dal calderone spuntano il sole e la luna.
WILL
La grande magia è compiuta. Come vedi, con le nostre
parole possiamo creare tutto quello che vogliamo. Anche
se devo ammettere che ho dovuto chiedere aiuto ad un
mio amico, un certo Giuseppe...
X
E quelle due palle sarebbero il sole e la luna? Non farmi
ridere.
WILL
Sta’ a vedere...
ROMEO E GIULIETTA
ROMEO
Ma quale luce spezza l’ombra da quel balcone?
X
Non vedo nessun balcone.
WILL
Osserva meglio.
ROMEO
Ecco l’oriente e Giulietta è il sole.
Alzati, dunque, o vivo sole
e spegni la luna fioca, pallida di pena,
che ha invidia di te perché sei bella più di lei.
Oh, è lei, la mia donna, ma non lo sa ancora.
Guarda come posa la guancia sulla mano!
X si accorge che Giulietta NON sta poggiando il viso sulla mano, allora interrompe la
recita di Romeo, corre dalla ragazza, le prende la mano e la dispone nel modo
appropriato.
X
Ehi tu, oca, non hai sentito le parole? Posa questa
benedetta guancia su questa mano del cavolo. OK. Tu va
avanti, adesso.
GIULIETTA
Tocca a me.
X
Va bene.
GIULIETTA
Ahimè
ROMEO
Ecco, parla. Oh, parla ancora angelo splendente!
GIULIETTA
Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?
Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome,
o se non vuoi, giura che mi ami
e non sarò più una Capuleti.
ROMEO
Devo rispondere o ascoltare ancora?
X
Tu devi stare un po’ più indietro, se no lei ti vede e non ha
più senso che continui a parlare.
Sistema Romeo nella posizione giusta.
GIULIETTA
Solo il tuo nome è mio nemico: tu sei tu.
Che vuol dire “Montecchi”? Non è una mano,
né un piede, né un braccio, né un viso, nulla
di ciò che forma un corpo. Prendi un altro nome.
Che cos’è un nome? Quella che chiamiamo rosa
Anche con un altro nome avrebbe il suo profumo.
Rinuncia al tuo nome, Romeo, e per quel nome
che non è parte di te, prendi me stessa.
ROMEO
Ti prendo in parola; chiamami solo amore
e avrò un nuovo battesimo,
non mi chiamo più Romeo.
GIULIETTA
Chi sei tu che difeso dall’ombra della notte
entri nel chiuso dei miei pensieri?
ROMEO
Con un nome non so dirti chi sono:
odio il mio nome che ti è nemico.
GIULIETTA
Il mio orecchio non ha bevuto cento parole
della tua voce e già ne riconosco il suono:
Tu sei Romeo, uno dei Montecchi.
ROMEO
Né l’uno né l’altro, se non ti è caro.
X
Adesso vieni fuori, fatti vedere.
GIULIETTA
Come sei giunto fino a qui?
Alti sono i muri del giardino da scalare.
E se ti scoprono questo luogo è morte per te.
ROMEO
Con le ali leggere dell’amore ho superato questi muri.
Il manto della notte mi nasconde.
GIULIETTA
La maschera della notte mi nasconde il viso:
vedresti che è rosso. O bel Montecchi,
se mi ami, dimmelo veramente.
ROMEO
Per la felice luna che imbianca le cime
di questi alberi io giuro...
X
Più in alto quella luna. Che si veda bene... Dammi qua, la
reggo io. Tu, ripeti la battuta.
ROMEO
Per la felice luna che imbianca le cime
di questi alberi io giuro...
GIULIETTA
Oh, non giurare per la luna, per l’incostante luna
che cambia faccia ogni mese. Non giurare.
O giura per te stesso che sei il dio
della mia idolatria. Oh, non giurare.
Questo germoglio d’amore che si apre
al mite vento dell’estate, sarà uno splendido fiore
Quando ci rivedremo ancora.
X
Cosa aspetti, salame, adesso baciala.
Bacio.
GIULIETTA
Buona notte, mio amore.
ROMEO
O felice, felice notte. Io temo, poiché è notte,
che il mio sia solo un sogno.
X
Adesso devi allontanarti così lei ti può richiamare
indietro.
GIULIETTA
Romeo.
ROMEO
Mia cara?
GIULIETTA
Non ricordo più perché t’ho richiamato.
X
Torna indietro!
ROMEO
Aspetterò qui finché te lo ricordi.
GIULIETTA
E allora mi sforzerò di dimenticarlo
perché tu resti.
ROMEO
Ed io ti aiuterò a dimenticarlo.
GIULIETTA
Buona notte, buona notte, separarsi è un dolore
così dolce che direi buona notte fino a giorno.
X
Idea geniale! Sta spuntando il sole e per questo i due
devono separasi. Per loro la notte è luminosa e il giorno è
buio. E allora, a questo punto, facciamo spegnere le luci.
Tecnico? BUIO!
BUIO.
PAUSA.
WILL ACCENDE UN CERINO O UN ACCENDINO.
WILL
Hai capito cos’è il teatro.
BUIO.