Fiscal Approfondimento
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Fiscal Approfondimento Il Focus di qualità N. 44 05.11.2013 Accertamento: avvisi motivati con il richiamo ad altri atti A cura di Alberto Nastasia Categoria: Accertamento e riscossione Sottocategoria: Accertamento e controlli Negli ultimi mesi le sezioni V e VI della Corte di Cassazione si sono pronunciate a più riprese1 in ordine alla legittimità di avvisi di accertamento che richiamano, nella parte motivazionale, altri atti (in particolare processi verbali di constatazione). In tali circostanze, la Suprema Corte ha confermato l’orientamento - che può oggi dirsi definitivamente consolidato - secondo cui l’obbligo di motivazione dell’atto di accertamento può essere soddisfatto, entro compiuti limiti che saranno analizzati nel prosieguo, anche attraverso il richiamo ad atti amministrativi interni al procedimento tributario. L’esame del tema sarà svolto partendo dalle previsioni normative che, nel corso del tempo, hanno posto a carico della Pubblica Amministrazione in generale e dell’Amministrazione Finanziaria in particolare, sempre più puntuali vincoli motivazionali nella predisposizione dei propri provvedimenti. Motivazione dei provvedimenti amministrativi in genere L’obbligo di motivare gli atti amministrativi e, fra essi gli atti impositivi, è stato introdotto nel nostro ordinamento attraverso la previsione contenuta nell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 2412. Tale articolo, titolato “motivazione del provvedimento”3 prevede, al comma 1, che “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti 1 In particolare, Cass., Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 23839; Cass., Sez. V, 6 settembre 2013, n. 20551; Sez. V, 5 giugno 2013, n. 14189; Sez. VI, 2 maggio 2013 n. 10252. Recante “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. 3 Tale rubricazione è stata apposta dall’art. 21, comma 1, lett. c) della Legge 11 febbraio 2005, n. 15. Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 1 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi e il personale, deve essere motivato, salvo nelle ipotesi previste dal comma 2”. Inoltre, “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”. È bene sin da subito chiarire che con la locuzione “presupposti di fatto” ci si riferisce ai fatti, atti, elementi e circostanze che, in quanto preesistenti all’esternazione della volontà amministrativa, sono stati oggetto di valutazione o comparazione. Le “ragioni giuridiche” sono rappresentate dalle argomentazioni addotte, in punto di diritto, a fondamento dell’atto. In sostanza, quindi, nella motivazione di ogni provvedimento amministrativo deve essere contenuta sia l’illustrazione dei presupposti di fatto, che quella delle ragioni giuridiche addotte dalla Pubblica Amministrazione a sostegno dell’atto4. Per converso, qualora tali elementi non siano presenti in motivazione, l’atto conclusivo del procedimento può essere considerato affetto da un grave vizio di legittimità. Il successivo comma 2 prevede che “la motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale”. Grande rilievo assume poi il comma 3 secondo cui “se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”. Con tale norma si è, infatti, posto fine alla singolare circostanza dell’assenza – all’interno del nostro ordinamento – di una norma che esigesse l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi5. Prima di tale intervento, l’onere motivazionale veniva assolto attraverso il richiamo ai principi costituzionali della trasparenza dell’azione amministrativa e del sindacato sulla legittimità e correttezza della stessa, di cui agli artt. 24, 97 e 113 della Costituzione. 4 Secondo A. IORIO – S. MECCA, Profili di nullità dell'atto impositivo per mancata allegazione degli atti richiamati nell'avviso di accertamento in “Corr. Trib.” n. 26/2013, pagg. 2089 e segg., “il ruolo della motivazione nel procedimento amministrativo è quello di fornire al cittadino un’adeguata rappresentazione dell’iter logico-giuridico attraverso cui l’Amministrazione si è determinata ad adottare un determinato provvedimento nei suoi confronti. La completezza dell’impianto motivatorio, dunque, coincide con la ricostruzione dell’intero processo logico-giuridico che porta alla decisione”. 5 A tale riguardo, C. CALIFANO, Il difetto di motivazione degli atti impositivi, in “Rassegna tributaria” n. 5/2010, pagg. 1212 e segg., osserva che “L’affermazione di un generale obbligo di motivazione di tutti gli atti idonei a incidere autoritativamente sulla sfera giuridica dei destinatari si era consolidata nella giurisprudenza tributaria anche antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 241/1990, sulla scorta dell’iter evolutivo della giurisprudenza amministrativa. Questo indirizzo, tuttavia, tanto rigoroso nell’enunciare il principio, non si era poi dimostrato altrettanto rigido nel valutare, nei singoli casi concreti, se l’obbligo di motivazione consentiva effettivamente di conoscere tutti i passaggi logico-giuridici seguiti nella formazione dell’atto e tutti gli elementi della pretesa”. Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 2 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info In questo senso, può affermarsi che con la Legge n. 241/1990, il legislatore, attribuendo ai cittadini specifici poteri di controllo, ha inteso porli su un piano “paritario” rispetto alla Pubblica Amministrazione. Motivazione degli atti di accertamento L’assenza di una previsione normativa di portata generale che prevedesse il La fase ante “Statuto dei diritti del contribuente” disciplinano le singole imposte. contenuto motivazionale minimo degli atti amministrativi aveva indotto il legislatore tributario a regolare tale profilo all’interno dei provvedimenti che È questo il caso dell’art. 56, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di IVA il quale prevedeva, nel testo originario, che le rettifiche e gli accertamenti dovessero essere notificati ai contribuenti, mediante avvisi motivati, nei modi stabiliti per le notificazioni in materia di imposte sui redditi. Anche l’art. 42, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in tema di imposte sui redditi, stabiliva, nella sua prima formulazione, che l’avviso di accertamento dovesse “essere motivato in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono state applicate, con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni”. Ancora, l’art. 52, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, relativamente all’imposta di registro, prevedeva, che l’avviso di accertamento dovesse “contenere l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti e degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali è stato determinato”. L’art. 7 dello “Statuto dei diritti del contribuente” L’attesa di una norma di portata generale concernente l’obbligo di motivazione degli atti dell’Amministrazione Finanziaria si è protratta fino all’entrata in vigore nel nostro ordinamento della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto “Statuto dei diritti del contribuente”) il cui art. 7 prevede, al comma 1, che “gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”. Ciò significa che, perché la motivazione di un atto tributario sia corretta e legittima, è necessario che in esso sia chiaramente esplicato, in fatto e in diritto, l’iter logico-giuridico seguito dall’Ufficio finanziario a fondamento del proprio recupero, con allegazione degli atti richiamati per relationem in motivazione. Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 3 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info Appaiono pertanto condivisibili le osservazioni, al riguardo formulate da autorevole dottrina, secondo cui la fase consistente nella materiale stesura della motivazione non può reputarsi del tutto sganciata da uno sfondo concettuale permeato dall’idea di responsabilizzazione degli Uffici costretti, piaccia o non piaccia, a far luce sui presupposti sui quali deve reggersi la pretesa impositiva e soprattutto sul loro fondamento fattuale e giuridico. In tale ottica, la violazione dell’obbligo di motivazione viene sanzionata dalla previsione di nullità del provvedimento amministrativo e funge, se vogliamo, da contrappeso rispetto a una posizione soggettiva (quella rivestita dal fisco) caratterizzata dall’esercizio di un potere e dalla corrispondente situazione (quella del contribuente) di soggezione. In buona sostanza, la legittimità della motivazione per relationem può affermarsi solo qualora l’atto cui si fa rinvio contenga le necessarie informazioni integrative e sia effettivamente conosciuto dal contribuente6. In questo senso, gli operatori del fisco devono prestare la massima attenzione alla previsione recata dall’art. 6, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente secondo la quale “l’Amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”. Le novità apportate dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32 Sei mesi dopo l’emanazione dello “Statuto dei diritti del contribuente”, il legislatore - in attuazione dell’art. 16 di tale provvedimento, che contemplava la delega al Governo per emanare uno o più decreti di coordinamento7 delle disposizioni dello Statuto con quelle tributarie all’epoca vigenti - ha emanato il D. Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, recante “Disposizioni correttive di leggi tributarie vigenti”. Tale decreto, modificando, con gli articoli di seguito indicati, la disciplina in materia di imposte sui redditi (art. 1, comma 1, lett. c)), IVA (art. 2, comma 1, lett. b)), imposta di registro (art. 4), imposte sulle successioni e donazioni (art. 5), imposta comunale sulla pubblicità (art. 6, comma 2, lett. a)), tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (art. 6, comma 2, lett. b)) e tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (art. 6, comma 2, lett. c)), ha espressamente previsto l’obbligatoria indicazione, nella motivazione degli atti di accertamento, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che li hanno determinato. 6 Così A. MODOLO, Procedimenti attuativi dei tributi e Statuto dei diritti del contribuente, in “Rivista di diritto tributario” 2007, pag. 304. 7 In particolare, l’art. 16 della Legge n. 212/2000 ha previsto l’emanazione di uno o più decreti legislativi recanti disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti, strettamente necessarie a garantirne la coerenza con i principi desumibili dalle disposizioni della stessa legge. In sostanza, quindi, un riassetto dell’ordinamento tributario finalizzato ad evitare che rimanessero in vigore disposizioni, normative o regolamentari, in contrasto con quelle dello Statuto. Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 4 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info Con il provvedimento è stato inoltre specificato che “se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”. L’introduzione del capo IV bis nella legge 7 agosto 1990, n. 241 Per concludere la carrellata normativa, occorre infine segnalare la previsione recata dall’art. 14, comma 1, della Legge 11 febbraio 2005, n. 15 che ha introdotto nella legge n. 241/1990 il capo IV bis8 (artt. da 21-bis a 21-octies) che prevede un nuovo regime dei vizi di invalidità9 dell’atto amministrativo10, la cui applicabilità agli atti tributari è controversa. Ciò per effetto della nuova formulazione dell’art. 24, rubricato “esclusione dal diritto di accesso” il quale prevede, al comma 1, lett. b), che tale diritto è, fra l’altro, “escluso nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano”. Al riguardo va rilevato che, secondo prevalente dottrina11 e costante giurisprudenza12, il procedimento tributario è inquadrabile nel più ampio genere dei procedimenti amministrativi, con la conseguente applicabilità dei principi della Legge n. 241/1990 anche ad esso13. 8 Tale capo è rubricato “Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso”. 9 Più in dettaglio, in base all’art. 21-septies, il provvedimento amministrativo è nullo quando: a) manca degli elementi essenziali; b) è viziato da difetto assoluto di attribuzione; c) è stato adottato in violazione o elusione del giudicato; d) in tutti gli altri casi espressamente previsti dalla legge. Esso è, invece, annullabile, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 1, qualora: a) è stato adottato in violazione di legge; b) è viziato da eccesso di potere; c) è viziato da incompetenza. 10 Al riguardo è stato affermato che con tali norme, “per la prima volta nell’ambito del diritto amministrativo, è stata codificata una disciplina generale delle forme di invalidità dei provvedimenti amministrativi attraverso una definizione normativa delle diverse ipotesi che danno luogo a nullità (art. 21-septies) e di quelle che, invece, danno luogo ad annullabilità (art. 21-octies), sulla falsariga della distinzione/contrapposizione tra nullità e annullabilità prevista in ambito civilistico per i negozi giuridici”. 11 Fra coloro che hanno ritenuto che la Legge n. 241 del 1990 potesse trovare una più o meno integrale applicazione nel procedimento tributario, vd. L. SALVINI, La partecipazione del privato all’accertamento tributario, Cedam, Padova 1990, pag. 96; P. SELICATO, L’attuazione del tributo nel procedimento amministrativo, Giuffré, Milano 2001. In senso contrario, cfr. L. PERRONE, Riflessioni sul procedimento tributario in “Rass. Trib.” n. 1/2009, pagg. 43 e segg., il quale osserva: “a me sembra che, anche alla luce delle integrazioni della L. n. 15 del 2005, di alcuni principi generali in tema desumibili dallo Statuto del contribuente e di quelli specificamente tratti dalle singole leggi d’imposta […] non sia agevole adattare la disciplina generale della legge n. 241 al procedimento, anzi ai diversi e variegati procedimenti tributari”. 12 Ex pluribus, cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 1236 del 23 gennaio 2006 in cui si legge che “i principi generali dell’attività amministrativa stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, si applicano, salva la specialità, anche per il procedimento amministrativo tributario”. E ancora, “sul piano normativo generale si deve tener presente che il procedimento amministrativo, anche quello tributario, è la forma della funzione e che il potere di adottare l’atto amministrativo finale è solo l’esercizio terminale di un potere che è stato frazionato, in conformità alle norme, ispirate alla natura delle cose, sul procedimento e, quindi, sulla divisione del potere amministrativo anche nel potere d’iniziativa”. 13 Al riguardo è stato affermato che “una volta assunta l’applicabilità – salvo in ogni caso il diritto di specialità – della legge n. 241 del 1990 anche ai procedimenti tributari, ne consegue che – in assenza di espresse esclusioni normative al riguardo – anche per gli atti amministrativi tributari dovrebbe valere la “nuova” disciplina dell’invalidità dei provvedimenti amministrativi recata dalle disposizioni in esame”. Così S. ZAGÀ, Il vizio dell’omessa indicazione del responsabile del procedimento nella disciplina generale dell’invalidità degli atti amministrativi tributari: brevi spunti ricostruttivi a margine di due pronunce di merito, in “Diritto e pratica tributaria” n. 5/2009, pag. 931. Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 5 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info La posizione della giurisprudenza di legittimità La più recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha affrontato il tema della motivazione cosiddetta “per relationem” è rappresentata dall’ordinanza 21 ottobre 2013, n. 23839. Nella circostanza, i giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale Sicilia che aveva ritenuto viziato un avviso di accertamento in quanto la verifica fiscale da cui esso era scaturito era stata condotta in assenza della titolare e con l’assistenza di un collaboratore familiare. Al riguardo, i giudici di legittimità hanno, innanzitutto, osservato che la contribuente era presente alla verifica della Guardia di Finanza come confermato dalla circostanza che si era rifiutata di firmare il relativo verbale che, comunque, le era stato consegnato. Inoltre, essendo il collaboratore familiare marito della contribuente, egli era perfettamente a conoscenza della gestione dell’impresa a cui direttamente partecipava. Nessuna violazione o pregiudizio poteva, pertanto, essersi verificato in danno della contribuente. Proseguendo nel percorso argomentativo, la Suprema Corte ha poi posto in evidenza che, rappresentando l’avviso di accertamento l’atto conclusivo di una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi amministrativi diversi, lo stesso può essere motivato “per relationem”, anche con il rinvio pedissequo alle conclusioni contenute in un atto istruttorio quale il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza senza che ciò arrechi pregiudizio alcuno al contribuente. Inoltre, sempre secondo i giudici di legittimità, detta scelta non può essere censurata dal giudice di merito, al quale, invece, spetta il potere di valutare se, dal richiamo globale all’atto strumentale, sia derivata un’inadeguatezza o un’insufficienza della motivazione dell’atto finale. Conseguentemente, qualora si intenda contestare l’adeguatezza della motivazione “per relationem” in sede di legittimità occorre indicare puntualmente le cause della sua inadeguatezza. Sentenza della Corte di Cassazione 6 settembre 2013, n. 20551 Interessante è pure la sentenza della V sezione della Cassazione, 6 settembre 2013, n. 20551 riguardante il ricorso presentato da un contribuente contro la sentenza della Commissione tributaria regionale Sicilia che, accogliendo le doglianze dell’Agenzia delle Entrate, aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento fondato su un processo verbale di constatazione che era stato sottoscritto dal contribuente. In questo caso, i giudici di legittimità dopo aver affermato, in relazione a tale motivo di ricorso, che il contribuente “avendo sottoscritto il p.v.c. richiamato nell’atto impositivo, era stato posto nella condizione di conoscere la pretesa Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 6 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info tributaria e quindi poterne contestare l’an e il quantum”, hanno concluso per il rigetto del ricorso proposto. Sentenza della Corte di Cassazione 5 giugno 2013, n. 14189 Merita un richiamo anche la sentenza della Corte di Cassazione 5 giugno 2013, n. 14189 pronunciata in relazione a un ricorso proposto da un contribuente avverso la decisione della Commissione tributaria regionale Lombardia su un avviso di accertamento IVA ritenuto non adeguatamente motivato. Nella circostanza, i giudici di legittimità hanno riaffermato il principio secondo cui l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e “la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento”. Pertanto, la Suprema Corte, dopo aver rilevato che la Commissione tributaria regionale ha errato a disattendere - malgrado costituissero circostanze incontroverse sia l’omessa allegazione del p.v.c. e degli allegati sia pure la mancata riproduzione del relativo contenuto - la specifica eccezione di nullità sollevata dal contribuente, sulla base dell’irrilevante e apodittica affermazione che il contribuente era “comunque entrato in possesso del p.v.c. della Guardia di finanza di Brescia e ha potuto difendersi dalle accuse che lo riguardavano”, ha accolto il ricorso del contribuente. Ordinanza della Corte di Cassazione 2 maggio 2013, n. 10252 Stimo utile richiamare, a chiusura della carrellata delle più recenti pronunce di legittimità, l’ordinanza 2 maggio 2013, n. 10252 pronunciata dalla VI Sezione della Corte in relazione a un ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva annullato gli avvisi di accertamento emessi. In questo caso, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso proposto dall’Amministrazione Finanziaria sulla base del principio, più volte affermato dai giudici di legittimità, secondo cui la motivazione degli atti di accertamento “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti. Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 7 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info Detto richiamo va infatti, secondo la Suprema Corte, interpretato nel senso che “l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare un’economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio”. Considerazioni conclusive L’analisi delle previsioni normative che regolano i contenuti essenziali della motivazione dell’atto tributario e l’esame della più recente giurisprudenza di legittimità pronunciatasi sul tema consente di poter puntualmente definire i termini entro i quali la cosiddetta motivazione per relationem è ammissibile. È infatti ormai pacifico che l’obbligo di motivazione degli atti tributari possa essere adempiuto anche mediante il riferimento a elementi risultanti da altri atti o documenti. In questo caso occorre, tuttavia, che detti documenti siano allegati all’atto notificato; in alternativa, il contenuto essenziale di questi ultimi deve essere riportato nel provvedimento che lo richiama. Inoltre, come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, l’obbligo di allegazione degli atti richiamati è superfluo nel caso in cui gli stessi siano già conosciuti dal contribuente essendo già stati notificati o comunicati. - Riproduzione riservata - Informatsrl Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ) Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected] P. Iva 03046150797 8 www.fiscal-focus.it www.fiscal-focus.info