Fiscal Approfondimento

Transcript

Fiscal Approfondimento
Fiscal Approfondimento
Il Focus di qualità
N. 44
05.11.2013
Accertamento: avvisi motivati con
il richiamo ad altri atti
A cura di Alberto Nastasia
Categoria: Accertamento e riscossione
Sottocategoria: Accertamento e controlli
Negli ultimi mesi le sezioni V e VI della Corte di Cassazione si sono pronunciate a più riprese1 in ordine
alla legittimità di avvisi di accertamento che richiamano, nella parte motivazionale, altri atti (in
particolare processi verbali di constatazione).
In tali circostanze, la Suprema Corte ha confermato l’orientamento - che può oggi dirsi definitivamente
consolidato - secondo cui l’obbligo di motivazione dell’atto di accertamento può essere soddisfatto,
entro compiuti limiti che saranno analizzati nel prosieguo, anche attraverso il richiamo ad atti
amministrativi interni al procedimento tributario.
L’esame del tema sarà svolto partendo dalle previsioni normative che, nel corso del tempo, hanno posto
a carico della Pubblica Amministrazione in generale e dell’Amministrazione Finanziaria in particolare,
sempre più puntuali vincoli motivazionali nella predisposizione dei propri provvedimenti.
Motivazione dei
provvedimenti
amministrativi in
genere
L’obbligo di motivare gli atti amministrativi e, fra essi gli atti impositivi, è stato
introdotto nel nostro ordinamento attraverso la previsione contenuta nell’art.
3 della Legge 7 agosto 1990, n. 2412.
Tale articolo, titolato “motivazione del provvedimento”3 prevede, al comma 1,
che “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti
1
In particolare, Cass., Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 23839; Cass., Sez. V, 6 settembre 2013, n. 20551; Sez. V, 5 giugno 2013, n.
14189; Sez. VI, 2 maggio 2013 n. 10252.
Recante “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.
3
Tale rubricazione è stata apposta dall’art. 21, comma 1, lett. c) della Legge 11 febbraio 2005, n. 15.
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
1
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi e il
personale, deve essere motivato, salvo nelle ipotesi previste dal comma 2”.
Inoltre, “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni
giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione, in
relazione alle risultanze dell’istruttoria”.
È bene sin da subito chiarire che con la locuzione “presupposti di fatto” ci si
riferisce ai fatti, atti, elementi e circostanze che, in quanto preesistenti
all’esternazione della volontà amministrativa, sono stati oggetto di
valutazione o comparazione.
Le “ragioni giuridiche” sono rappresentate dalle argomentazioni addotte, in
punto di diritto, a fondamento dell’atto.
In sostanza, quindi, nella motivazione di ogni provvedimento amministrativo
deve essere contenuta sia l’illustrazione dei presupposti di fatto, che quella
delle ragioni giuridiche addotte dalla Pubblica Amministrazione a sostegno
dell’atto4. Per converso, qualora tali elementi non siano presenti in
motivazione, l’atto conclusivo del procedimento può essere considerato
affetto da un grave vizio di legittimità.
Il successivo comma 2 prevede che “la motivazione non è richiesta per gli atti
normativi e per quelli a contenuto generale”.
Grande rilievo assume poi il comma 3 secondo cui “se le ragioni della
decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla
decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere
indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa
si richiama”.
Con tale norma si è, infatti, posto fine alla singolare circostanza dell’assenza –
all’interno del nostro ordinamento – di una norma che esigesse l’obbligo di
motivazione degli atti amministrativi5.
Prima di tale intervento, l’onere motivazionale veniva assolto attraverso il
richiamo
ai
principi
costituzionali
della
trasparenza
dell’azione
amministrativa e del sindacato sulla legittimità e correttezza della stessa, di
cui agli artt. 24, 97 e 113 della Costituzione.
4
Secondo A. IORIO – S. MECCA, Profili di nullità dell'atto impositivo per mancata allegazione degli atti richiamati nell'avviso
di accertamento in “Corr. Trib.” n. 26/2013, pagg. 2089 e segg., “il ruolo della motivazione nel procedimento amministrativo
è quello di fornire al cittadino un’adeguata rappresentazione dell’iter logico-giuridico attraverso cui l’Amministrazione si è
determinata ad adottare un determinato provvedimento nei suoi confronti. La completezza dell’impianto motivatorio,
dunque, coincide con la ricostruzione dell’intero processo logico-giuridico che porta alla decisione”.
5
A tale riguardo, C. CALIFANO, Il difetto di motivazione degli atti impositivi, in “Rassegna tributaria” n. 5/2010, pagg. 1212 e
segg., osserva che “L’affermazione di un generale obbligo di motivazione di tutti gli atti idonei a incidere
autoritativamente sulla sfera giuridica dei destinatari si era consolidata nella giurisprudenza tributaria anche
antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 241/1990, sulla scorta dell’iter evolutivo della giurisprudenza
amministrativa. Questo indirizzo, tuttavia, tanto rigoroso nell’enunciare il principio, non si era poi dimostrato altrettanto
rigido nel valutare, nei singoli casi concreti, se l’obbligo di motivazione consentiva effettivamente di conoscere tutti i
passaggi logico-giuridici seguiti nella formazione dell’atto e tutti gli elementi della pretesa”.
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
2
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
In questo senso, può affermarsi che con la Legge n. 241/1990, il legislatore,
attribuendo ai cittadini specifici poteri di controllo, ha inteso porli su un piano
“paritario” rispetto alla Pubblica Amministrazione.
Motivazione
degli atti di
accertamento
L’assenza di una previsione normativa di portata generale che prevedesse il
La fase ante
“Statuto dei
diritti del
contribuente”
disciplinano le singole imposte.
contenuto motivazionale minimo degli atti amministrativi aveva indotto il
legislatore tributario a regolare tale profilo all’interno dei provvedimenti che
È questo il caso dell’art. 56, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in
materia di IVA il quale prevedeva, nel testo originario, che le rettifiche e gli
accertamenti dovessero essere notificati ai contribuenti, mediante avvisi
motivati, nei modi stabiliti per le notificazioni in materia di imposte sui redditi.
Anche l’art. 42, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in tema di
imposte sui redditi, stabiliva, nella sua prima formulazione, che l’avviso di
accertamento dovesse “essere motivato in relazione a quanto stabilito dalle
disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono state applicate, con distinto
riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica
indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi
induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e
detrazioni”.
Ancora, l’art. 52, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, relativamente
all’imposta di registro, prevedeva, che l’avviso di accertamento dovesse
“contenere l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in
esso descritti e degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali è stato
determinato”.
L’art. 7 dello
“Statuto dei
diritti del
contribuente”
L’attesa di una norma di portata generale concernente l’obbligo di
motivazione degli atti dell’Amministrazione Finanziaria si è protratta fino
all’entrata in vigore nel nostro ordinamento della Legge 27 luglio 2000, n. 212
(cosiddetto “Statuto dei diritti del contribuente”) il cui art. 7 prevede, al
comma 1, che “gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo
quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la
motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto
e
le
ragioni
giuridiche
che
hanno
determinato
la
decisione
dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto,
questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.
Ciò significa che, perché la motivazione di un atto tributario sia corretta e
legittima, è necessario che in esso sia chiaramente esplicato, in fatto e in
diritto, l’iter logico-giuridico seguito dall’Ufficio finanziario a fondamento del
proprio recupero, con allegazione degli atti richiamati per relationem in
motivazione.
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
3
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
Appaiono pertanto condivisibili le osservazioni, al riguardo formulate da
autorevole dottrina, secondo cui la fase consistente nella materiale stesura
della motivazione non può reputarsi del tutto sganciata da uno sfondo
concettuale permeato dall’idea di responsabilizzazione degli Uffici costretti,
piaccia o non piaccia, a far luce sui presupposti sui quali deve reggersi la
pretesa impositiva e soprattutto sul loro fondamento fattuale e giuridico.
In tale ottica, la violazione dell’obbligo di motivazione viene sanzionata dalla
previsione di nullità del provvedimento amministrativo e funge, se vogliamo,
da contrappeso rispetto a una posizione soggettiva (quella rivestita dal fisco)
caratterizzata dall’esercizio di un potere e dalla corrispondente situazione
(quella del contribuente) di soggezione.
In buona sostanza, la legittimità della motivazione per relationem può
affermarsi solo qualora l’atto cui si fa rinvio contenga le necessarie
informazioni integrative e sia effettivamente conosciuto dal contribuente6.
In questo senso, gli operatori del fisco devono prestare la massima attenzione
alla previsione recata dall’art. 6, comma 1, dello Statuto dei diritti del
contribuente secondo la quale “l’Amministrazione finanziaria deve assicurare
l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”.
Le novità
apportate dal
D.Lgs. 26
gennaio 2001, n.
32
Sei mesi dopo l’emanazione dello “Statuto dei diritti del contribuente”, il
legislatore - in attuazione dell’art. 16 di tale provvedimento, che contemplava
la delega al Governo per emanare uno o più decreti di coordinamento7 delle
disposizioni dello Statuto con quelle tributarie all’epoca vigenti - ha emanato
il D. Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, recante “Disposizioni correttive di leggi
tributarie vigenti”.
Tale decreto, modificando, con gli articoli di seguito indicati, la disciplina in
materia di imposte sui redditi (art. 1, comma 1, lett. c)), IVA (art. 2, comma 1,
lett. b)), imposta di registro (art. 4), imposte sulle successioni e donazioni (art.
5), imposta comunale sulla pubblicità (art. 6, comma 2, lett. a)), tassa per
l’occupazione di spazi e aree pubbliche (art. 6, comma 2, lett. b)) e tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (art. 6, comma 2, lett. c)), ha
espressamente previsto l’obbligatoria indicazione, nella motivazione degli atti
di accertamento, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che li
hanno determinato.
6
Così A. MODOLO, Procedimenti attuativi dei tributi e Statuto dei diritti del contribuente, in “Rivista di diritto tributario”
2007, pag. 304.
7
In particolare, l’art. 16 della Legge n. 212/2000 ha previsto l’emanazione di uno o più decreti legislativi recanti disposizioni
correttive delle leggi tributarie vigenti, strettamente necessarie a garantirne la coerenza con i principi desumibili dalle
disposizioni della stessa legge. In sostanza, quindi, un riassetto dell’ordinamento tributario finalizzato ad evitare che
rimanessero in vigore disposizioni, normative o regolamentari, in contrasto con quelle dello Statuto.
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
4
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
Con il provvedimento è stato inoltre specificato che “se la motivazione fa
riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente,
questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo
non ne riproduca il contenuto essenziale”.
L’introduzione
del capo IV bis
nella legge 7
agosto 1990, n.
241
Per concludere la carrellata normativa, occorre infine segnalare la previsione
recata dall’art. 14, comma 1, della Legge 11 febbraio 2005, n. 15 che ha
introdotto nella legge n. 241/1990 il capo IV bis8 (artt. da 21-bis a 21-octies)
che prevede un nuovo regime dei vizi di invalidità9 dell’atto amministrativo10,
la cui applicabilità agli atti tributari è controversa.
Ciò per effetto della nuova formulazione dell’art. 24, rubricato “esclusione dal
diritto di accesso” il quale prevede, al comma 1, lett. b), che tale diritto è, fra
l’altro, “escluso nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le
particolari norme che li regolano”.
Al riguardo va rilevato che, secondo prevalente dottrina11 e costante
giurisprudenza12, il procedimento tributario è inquadrabile nel più ampio
genere dei procedimenti amministrativi, con la conseguente applicabilità dei
principi della Legge n. 241/1990 anche ad esso13.
8
Tale capo è rubricato “Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso”.
9
Più in dettaglio, in base all’art. 21-septies, il provvedimento amministrativo è nullo quando: a) manca degli elementi
essenziali; b) è viziato da difetto assoluto di attribuzione; c) è stato adottato in violazione o elusione del giudicato; d) in
tutti gli altri casi espressamente previsti dalla legge. Esso è, invece, annullabile, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 1,
qualora: a) è stato adottato in violazione di legge; b) è viziato da eccesso di potere; c) è viziato da incompetenza.
10
Al riguardo è stato affermato che con tali norme, “per la prima volta nell’ambito del diritto amministrativo, è stata
codificata una disciplina generale delle forme di invalidità dei provvedimenti amministrativi attraverso una definizione
normativa delle diverse ipotesi che danno luogo a nullità (art. 21-septies) e di quelle che, invece, danno luogo ad
annullabilità (art. 21-octies), sulla falsariga della distinzione/contrapposizione tra nullità e annullabilità prevista in ambito
civilistico per i negozi giuridici”.
11
Fra coloro che hanno ritenuto che la Legge n. 241 del 1990 potesse trovare una più o meno integrale applicazione nel
procedimento tributario, vd. L. SALVINI, La partecipazione del privato all’accertamento tributario, Cedam, Padova 1990,
pag. 96; P. SELICATO, L’attuazione del tributo nel procedimento amministrativo, Giuffré, Milano 2001. In senso contrario,
cfr. L. PERRONE, Riflessioni sul procedimento tributario in “Rass. Trib.” n. 1/2009, pagg. 43 e segg., il quale osserva: “a me
sembra che, anche alla luce delle integrazioni della L. n. 15 del 2005, di alcuni principi generali in tema desumibili dallo
Statuto del contribuente e di quelli specificamente tratti dalle singole leggi d’imposta […] non sia agevole adattare la
disciplina generale della legge n. 241 al procedimento, anzi ai diversi e variegati procedimenti tributari”.
12
Ex pluribus, cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 1236 del 23 gennaio 2006 in cui si legge che “i principi generali
dell’attività amministrativa stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, si applicano, salva la specialità, anche per il
procedimento amministrativo tributario”. E ancora, “sul piano normativo generale si deve tener presente che il
procedimento amministrativo, anche quello tributario, è la forma della funzione e che il potere di adottare l’atto
amministrativo finale è solo l’esercizio terminale di un potere che è stato frazionato, in conformità alle norme, ispirate
alla natura delle cose, sul procedimento e, quindi, sulla divisione del potere amministrativo anche nel potere d’iniziativa”.
13
Al riguardo è stato affermato che “una volta assunta l’applicabilità – salvo in ogni caso il diritto di specialità – della legge
n. 241 del 1990 anche ai procedimenti tributari, ne consegue che – in assenza di espresse esclusioni normative al riguardo
– anche per gli atti amministrativi tributari dovrebbe valere la “nuova” disciplina dell’invalidità dei provvedimenti
amministrativi recata dalle disposizioni in esame”. Così S. ZAGÀ, Il vizio dell’omessa indicazione del responsabile del
procedimento nella disciplina generale dell’invalidità degli atti amministrativi tributari: brevi spunti ricostruttivi a margine
di due pronunce di merito, in “Diritto e pratica tributaria” n. 5/2009, pag. 931.
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
5
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
La posizione
della
giurisprudenza
di legittimità
La più recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha affrontato il tema
della motivazione cosiddetta “per relationem” è rappresentata dall’ordinanza
21 ottobre 2013, n. 23839.
Nella circostanza, i giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi sul
ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della
Commissione tributaria regionale Sicilia che aveva ritenuto viziato un avviso
di accertamento in quanto la verifica fiscale da cui esso era scaturito era stata
condotta in assenza della titolare e con l’assistenza di un collaboratore
familiare.
Al riguardo, i giudici di legittimità hanno, innanzitutto, osservato che la
contribuente era presente alla verifica della Guardia di Finanza come
confermato dalla circostanza che si era rifiutata di firmare il relativo verbale
che, comunque, le era stato consegnato.
Inoltre, essendo il collaboratore familiare marito della contribuente, egli era
perfettamente a conoscenza della gestione dell’impresa a cui direttamente
partecipava. Nessuna violazione o pregiudizio poteva, pertanto, essersi
verificato in danno della contribuente.
Proseguendo nel percorso argomentativo, la Suprema Corte ha poi posto in
evidenza che, rappresentando l’avviso di accertamento l’atto conclusivo di
una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi
amministrativi diversi, lo stesso può essere motivato “per relationem”, anche
con il rinvio pedissequo alle conclusioni contenute in un atto istruttorio quale
il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza senza che ciò
arrechi pregiudizio alcuno al contribuente.
Inoltre, sempre secondo i giudici di legittimità, detta scelta non può essere
censurata dal giudice di merito, al quale, invece, spetta il potere di valutare se,
dal richiamo globale all’atto strumentale, sia derivata un’inadeguatezza o
un’insufficienza della motivazione dell’atto finale.
Conseguentemente, qualora si intenda contestare l’adeguatezza della
motivazione “per relationem” in sede di legittimità occorre indicare
puntualmente le cause della sua inadeguatezza.
Sentenza della
Corte di
Cassazione 6
settembre 2013,
n. 20551
Interessante è pure la sentenza della V sezione della Cassazione, 6 settembre
2013, n. 20551 riguardante il ricorso presentato da un contribuente contro la
sentenza della Commissione tributaria regionale Sicilia che, accogliendo le
doglianze dell’Agenzia delle Entrate, aveva ritenuto legittimo l’avviso di
accertamento fondato su un processo verbale di constatazione che era stato
sottoscritto dal contribuente.
In questo caso, i giudici di legittimità dopo aver affermato, in relazione a tale
motivo di ricorso, che il contribuente “avendo sottoscritto il p.v.c. richiamato
nell’atto impositivo, era stato posto nella condizione di conoscere la pretesa
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
6
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
tributaria e quindi poterne contestare l’an e il quantum”, hanno concluso per il
rigetto del ricorso proposto.
Sentenza della
Corte di
Cassazione 5
giugno 2013, n.
14189
Merita un richiamo anche la sentenza della Corte di Cassazione 5 giugno
2013, n. 14189 pronunciata in relazione a un ricorso proposto da un
contribuente avverso la decisione della Commissione tributaria regionale
Lombardia su un avviso di accertamento IVA ritenuto non adeguatamente
motivato.
Nella circostanza, i giudici di legittimità hanno riaffermato il principio
secondo cui l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto
anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento a elementi di fatto
risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano
allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto
essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto,
contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e
sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e “la cui
indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale
sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato
nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della
motivazione del provvedimento”.
Pertanto, la Suprema Corte, dopo aver rilevato che la Commissione tributaria
regionale ha errato a disattendere - malgrado costituissero circostanze
incontroverse sia l’omessa allegazione del p.v.c. e degli allegati sia pure la
mancata riproduzione del relativo contenuto - la specifica eccezione di nullità
sollevata
dal
contribuente,
sulla
base
dell’irrilevante
e
apodittica
affermazione che il contribuente era “comunque entrato in possesso del p.v.c.
della Guardia di finanza di Brescia e ha potuto difendersi dalle accuse che lo
riguardavano”, ha accolto il ricorso del contribuente.
Ordinanza della
Corte di
Cassazione 2
maggio 2013, n.
10252
Stimo utile richiamare, a chiusura della carrellata delle più recenti pronunce
di legittimità, l’ordinanza 2 maggio 2013, n. 10252 pronunciata dalla VI
Sezione della Corte in relazione a un ricorso presentato dall’Agenzia delle
Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia che aveva annullato gli avvisi di accertamento emessi.
In questo caso, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso proposto
dall’Amministrazione Finanziaria sulla base del principio, più volte affermato
dai giudici di legittimità, secondo cui la motivazione degli atti di
accertamento “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel
verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia
tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte
dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti.
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
7
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info
Detto richiamo va infatti, secondo la Suprema Corte, interpretato nel senso
che “l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare
un’economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di
elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto
svolgimento del contraddittorio”.
Considerazioni
conclusive
L’analisi delle previsioni normative che regolano i contenuti essenziali della
motivazione dell’atto tributario e l’esame della più recente giurisprudenza di
legittimità pronunciatasi sul tema consente di poter puntualmente definire i
termini entro i quali la cosiddetta motivazione per relationem è ammissibile.
È infatti ormai pacifico che l’obbligo di motivazione degli atti tributari possa
essere adempiuto anche mediante il riferimento a elementi risultanti da altri
atti o documenti.
In questo caso occorre, tuttavia, che detti documenti siano allegati all’atto
notificato; in alternativa, il contenuto essenziale di questi ultimi deve essere
riportato nel provvedimento che lo richiama.
Inoltre, come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, l’obbligo di
allegazione degli atti richiamati è superfluo nel caso in cui gli stessi siano già
conosciuti dal contribuente essendo già stati notificati o comunicati.
- Riproduzione riservata -
Informatsrl
Via Alemanni 1 - 88040 Pianopoli (CZ)
Tel. 0968.425805 - Fax 0968.425756 - E-mail: [email protected]
P. Iva 03046150797
8
www.fiscal-focus.it
www.fiscal-focus.info