Dopo ottant`anni esce anche in Italia "Nuovo

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Dopo ottant`anni esce anche in Italia "Nuovo
Così l'umanesimo generò il Leviatano comunista
Dopo ottant'anni esce anche in Italia "Nuovo medioevo" di Berdjaev, filosofo
russo del silenzio
Renata Salvarani
Su una scena muta e impietrita, il Cristo appare davanti al sommo sacerdote
che, nel nome della felicità generale, gli imputa di avere creato un ordine
pieno di dolore, in cui all'uomo è imposto il peso intollerabile della
responsabilità e della capacità di scegliere. Ben più comoda è invece una
società che impone il benessere attraverso la mediocrità collettiva, eliminando
la fatica e la sofferenza insite nella libertà. Nella leggenda del Grande
Inquisitore, raccontata da Ivan nei Fratelli Karamazov, il silenzio di Gesù che
si avvia al martirio e porta all'esaltazione, sulla croce, la natura umana, vale
più di qualsiasi affermazione.
Nikolaj Berdjaev, uno dei grandi filosofi russi di questo secolo, esule a Parigi
dopo la rivoluzione d'ottobre, va oltre: quel giudice è un "un democratico e
un socialista".
Il suo "Nuovo Medioevo", un'opera del 1923, uno dei contributi più originali al
dibattito del personalismo cristiano, esce solo adesso in Italia (tradotto e
curato da Massimo Boffa per Fazi), dopo che persino la Russia ha dato il via
alla sua libera circolazione.
A distanza di quasi ottant'anni, un'analisi appassionata e apocalittica degli
esiti dell'umanesimo torna a porre una serie di interrogativi quanto mai attuali
che mettono in discussione i capisaldi dello stato laico, proprio quando ci
appare sempre più incapace di tutelare i deboli, inadeguato a fronteggiare le
sfide dei fondamentalismi religiosi e difficilmente esportabile fuori dall'Europa
occidentale.
"Ex Oriente lux", la salvezza verrà dal mondo slavo, è una delle convinzioni di
tanta parte della cultura greco-ortodossa. Berdjakov la fa propria e la rende
paradossale: il riscatto del mondo intero potrà iniziare solo quando si capirà
fino in fondo che il comunismo ha negato la libertà e quindi l'essenza stessa
dell'uomo. Proprio il popolo russo si è offerto in sacrificio per portare al suo
tragico compimento un'esperienza che la storia non aveva ancora conosciuto:
ha mostrato a tutti, nel sangue e nella sofferenza, i risultati delle idee
socialiste realizzate.
Il totalitarismo sovietico, "un mostro spaventoso in cui scompare tutta la
cultura spirituale" e che cancella tutti i fini e la sostanza della vita, è un nuovo
Leviatano. Ma ha radici lontane, che affondano nella storia dell'Occidente,
fino all'umanesimo, che ha generato l'illusione di separare gli uomini dal
divino, sconvolgendo l'equilibrio che aveva improntato di sè la lunga stagione
precedente, un medioevo che per il filosofo russo è più una categoria
culturale che un periodo storico.
"Attraverso la propria autoaffermazione l'uomo si è perduto invece di trovarsi
- afferma -. E' entratro nella modernità pieno di fiducia in se stesso e nella
propria forza creativa (...). Ora ne esce, per entrare in un'epoca inesplorata,
prostrato nelle sue energie e con la fede a pezzi - la fede che nutriva nelle
proprie forze e nella potenza della propria arte -, minacciato dal pericolo di
perdere per sempre il nucleo della propria personalità".
La stessa parabola dell'arte lo dimostra: i capolavori rinascimentali avevano
già in sè gli elementi di disgregazione esplicitati dalla produzione
"degenerata" del secolo che si è chiuso. Fin dal Santo Spirito fiorentino di
Brunelleschi, che marcò fra le polemiche la discordanza fra architettura e
liturgia, è un susseguirsi di passi verso un sistema espressivo antropocentrico
che finisce per perdere il senso della realtà e la stessa capacità di
comunicare.
Soprattutto, ciò che mina l'uomo, che lo rende vacuo e superficiale è
l'allontanamento dal centro della sua esistenza: Dio.
L'egocentrismo della cultura borghese, figlia di un umanismo ateo, ha
comportato una cesura, uno sradicamento che sfocia in un'esasperante
solitudine, terreno fertile per qualsiasi depravazione politica: "L'uomo è
terribilmente stanco e pronto ad appoggiarsi su qualunque tipo di
collettivismo, dentro il quale la sua individualità sia definitivamente destinata
a sparire". In altre parole, il comunismo è la conclusione estrema e disperata,
"l'epilogo crudele" dell'individualismo.
Una volta constatato il suo fallimento, che cosa potrà crescere sulle sulle
ceneri? Per Berdjaev sarà la Russia, paese fideistico e irrazionale, a salvare il
mondo. L'Occidente infatti sfodera i suoi liberalismi, che però sono creature
dello stesso umanismo individualista che ha generato i mostri totalitari.
I socialismi hanno dimostrato invece di essere parodie di chiese e parodie di
teocrazie ("Vogliono avere l'uomo intero in proprio potere, non solo il corpo,
ma anche l'anima").
Così, per sfuggire allo spossessamento, non resta che generare un sistema
non politico ma religioso e culturale, che faccia rivivere lo slancio mistico
della filosofia scolastica. Quello è il medioevo che Berdjaev ha voluto
intravedere sull'orizzonte utopistico dell'Europa.
La sua eredità, già raccolta e già resa fruttifera nella lezione di Maritain, torna
oggi, al di là delle miopie editoriali italiane, ad affermare che non esiste
alcuna felicità senza libertà, senza responsabilità di scegliere fra bene e male,
senza il coraggio di guardare alle sofferenze della natura umana, rinunciando
alle false consolazioni.