II DOMENICA DEL T.O. Anno B Gv 1,35

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II DOMENICA DEL T.O. Anno B Gv 1,35
II DOMENICA DEL T.O.
Anno B
Gv 1,35-42
Il testo evangelico odierno ci presenta la vocazione dei primi discepoli attraverso la tradizione
giovannea. Il racconto occupa, all’interno del vangelo di Giovanni, una posizione caratteristica.
Situandosi tra la predicazione del Battista (Gv 1, 32-34) e le nozze di Cana (Gv 2,1-11), con le quali
l’evangelista fa coincidere l’inizio della predicazione pubblica del Maestro, la chiamata dei primi
discepoli è un testo che fa da cerniera e segna un centro: il legame tra Giovanni e i suoi discepoli e
tra questi discepoli e Gesù e manifesta il riferimento alla comunità che si costituisce in rapporto con
Giovanni e con Gesù. Il passaggio di testimone tra il Precursore che annuncia la venuta del più forte
e il Messia veniente è sottolineato dallo spostamento dei discepoli dall’uno all’altro. Questo ci dice
che c’è una soglia da varcare per accedere alla sequela e alla comunione con il Signore che salva.
La descrizione dei fatti e dei personaggi, con i loro gesti e le loro parole, è dettagliata ma sobria.
Giovanni è presente e ripete l’affermazione che abbiamo già trovato in 1,29: si tratta di una
rivelazione rivolta, nel nostro testo, ai due discepoli che si trovano con lui. È la consegna di
un’esperienza sottolineata e manifestata in quel “fissando lo sguardo su Gesù”. Giovanni riconosce
nell’umiltà e ordinarietà dell’uomo di Nazaret il Messia grazie ad uno sguardo capace di andare
“oltre”; è l’esperienza, cara a Giovanni, della contemplazione di cui parla nel Prologo: e noi
abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre (Gv 1,
14). Esperienza che non tutti fanno visto che la possibilità di un rifiuto della sua persona è tutt’altro
che lontano (Gv 1,11). È questo “sguardo fisso su Gesù” che consente al Battista di riconoscere in
lui il Salvatore promesso e di indicarlo a coloro che fino a quel momento erano i suoi discepoli.
La rivelazione di Giovanni induce i due a seguire Gesù. Tuttavia le parole del Battista non sono
sufficienti a far superare la soglia che introduce nella realtà del credente: la stessa esperienza
personale, intima e profonda, deve essere vissuta da Andrea e Giovanni per fare di loro dei discepoli
del Cristo. La stessa sequela, da sola, non è sufficiente ma chiede di essere costantemente
supportata dalla domanda che Gesù rivolge loro: Che cosa cercate? La domanda non verte su Gesù,
ma su coloro che lo seguono, chiamando in causa l’autenticità della loro ricerca, il loro desiderio. Si
può seguire Gesù per molti motivi: la curiosità, il desiderio di apparire, il bisogno di sicurezza o di
appartenenza, il rifiuto di una realtà che ci circonda e che non ci piace … Conoscere il motivo che
spinge alla sequela è indispensabile per l’autenticità di questa. La domanda è posta altre volte nel
Vangelo di Giovanni e qui anticipa quelle formulate da Gesù nella notte del Gestemani (18,4-8) e la
mattina di Pasqua a Maria di Magdala (20,15): Chi cerchi? Gesù è trovato in maniera diversa
secondo i motivi che muovono coloro che lo cercano. Ci sono quelli che, nel giardino al di là del
Cedron, cercano “Gesù il Nazareno” per arrestarlo e condurlo alla morte. Lo troveranno ma,
nonostante la rivelazione della sua divinità espressa nella triplice affermazione del “io sono”, non lo
riconosceranno. Lo riconoscerà invece una donna in un altro giardino, non quello degli ulivi, bensì
quello in cui si apre la tomba vuota. E lo riconoscerà senza la triplice rivelazione della sua divinità
ma per essersi sentita chiamata per nome. L’esperienza di un’intimità che conduce alla conoscenza
del Cristo è nel nostro testo rappresentata dalla casa e dal desiderio espresso dai discepoli attraverso
la domanda “Maestro, dove abiti?”. L’invito di Gesù e a “vedere”, cioè a lasciarsi condurre
attraverso una sequela che coinvolge totalmente la persona e si fa esperienza di vita e di comunione.
È essenziale sapere dove Gesù “abita”, perché là dove Gesù è a casa sua, anche il discepolo riceverà
la sua dimora: Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a
prepararvi un posto;quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con
me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via (Gv 14,2-3).
Il rapporto tra Gesù e i discepoli è permanente, essi vanno e rimangono con lui. Questo fermarsi è il
momento che apre il discepolo alla rivelazione del Figlio di Dio e lo stabilisce in un rapporto vitale:
Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la
mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,9). La menzione dell’ora (erano circa le
quattro del pomeriggio) è anch’essa associata all’esperienza della rivelazione ed è tipica della
teologia del quarto Vangelo (cfr. Gv 2,4;4,6.52-53;13,1;19,14.27). la menzione del giorno,
l’indicazione dell’ora a proposito del “venire”, “vedere” e “rimanere” dei due discepoli di Giovanni
che si affidano alla guida del Maestro Gesù ci dice che la rivelazione è cominciata e con essa la
salvezza per tutti coloro che la cercano nella verità.