Crescita, ambiente e commercio internazionale
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Crescita, ambiente e commercio internazionale
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” DIPARTIMENTO DI ECONOMIA PUBBLICA Working Paper No. 48 Eleonora Cavallaro CRESCITA, AMBIENTE E COMMERCIO INTERNAZIONALE IN UN MODELLO CON INNOVAZIONI TECNOLOGICHE Roma, marzo 2002 Abstract The paper develops a small open economy growth model with endogenous innovations, in the presence of environmental externalities. Building on the Grossman ad Helpman (1991) analytical framework of endogenous growth in open economies, pollution is introduced into the analysis in the form of a flow of emissions which are ultimately linked to the aggregate production of goods and reduce consumers’ utility. The paper assesses the effects on welfare of the international specialisation for a small open economy which adopts a policy of pollution control, and allows for the consideration of mixed permits and tax schemes. Emphasis is placed on the analysis of the overall direct and indirect distortions which may negatively affect the environment and reduce the gains from trade, and on the consequent second best policy problems. The elimination of environmental distortions may in fact result in a reduction of the growth rate of the economy, unless investment in knowledge capital, that is in clean technologies, is introduced. The latter appears to be essential in order to loose the trade off between growth and environmental protection. The paper stresses the need for the international co-ordination of both trade and environmental policies, in the context of the increasing globalisation of trade markets which brings about a strengthening of price competition among countries, especially in times of a slowdown of economic activity. JEL Classification: F18, F43, O38, Q20. Keywords: sustainable development, international trade, endogenous growth, economic policy. CRESCITA, AMBIENTE E COMMERCIO INTERNAZIONALE IN UN MODELLO CON INNOVAZIONI TECNOLOGICHE Eleonora Cavallaro∗ 1. Introduzione Nel lavoro si conduce un’analisi della crescita in economia aperta in presenza di esternalità ambientali, lungo le linee della letteratura sulla crescita endogena con innovazioni. Come noto, questo filone della ricerca individua nei meccanismi alla base della produzione e diffusione della conoscenza tecnologica il motore della crescita, e spiega il processo di innovazione con la spinta alla ricerca di appropriazione di rendite dalla creazione di nuova conoscenza, in presenza di rendimenti crescenti.1 L’approccio teorico della “new growth theory” consente di affrontare il problema della sostenibilità2 in termini diversi da quelli della letteratura tradizionale, in cui la spiegazione ultima della crescita si fonda sull’accumulazione di fattori primari, tra cui le risorse naturali, che non sono inesauribili. Differentemente, nei modelli in cui la crescita si basa sull’introduzione continua di innovazioni, non è tanto la dotazione dei fattori primari tradizionali, lavoro, capitale fisico, risorse naturali, a porre il limite alla crescita, quanto i vincoli ∗ Desidero ringraziare F. Marzano, M. Tucci e due anonimi referee per gli utili commenti ed i suggerimenti ad una precedente stesura del lavoro, restando naturalmente la sola responsabile di quanto scritto. 1 Il filone della “new growth theory”, riconducibile a Romer (1986, 1987, 1990), Aghion e Howitt (1990, 1992, 1998), è stato in particolare esteso alla considerazione di economie aperte in Grossman e Helpman (1991). Romer (1990) propone un modello con “innovazioni orizzontali”, in cui la crescita è basata sui rendimenti crescenti dovuti alla specializzazione (varietà dei prodotti); Aghion e Howitt (1992) formalizzano modelli con “innovazioni verticali”, in cui l’innovazione consiste nel miglioramento della qualità dei prodotti esistenti, che divengono così obsoleti; l’innovazione, in quest’ultimo caso, è concepita come un processo di “distruzione creativa” in senso schumpeteriano. 2 Lo sviluppo sostenibile è stato definito dalla Burtland Commision (World Commision on Environment and Development, 1987) come “sviluppo che va incontro ai bisogni delle generazioni presenti, senza compromettere l’abilità delle generazioni future a soddisfare i propri bisogni”, il ché richiede di definire in modo appropriato il benessere delle generazioni presenti e future, tenendo conto di tutti i vincoli imposti dalla limitatezza delle risorse, dalle possibilità di sostituzione e dai costi ambientali associati alla produzione ed al consumo (cfr. Aghion e Howitt (1998), cap. V). Solow (1986) e Maler (1991) sono tra i primi a dimostrare rigorosamente i limiti alla sostenibilità della crescita in economie competitive, in termini di un problema di massimizzazione in orizzonte infinito. all’accumulazione di conoscenza; e quest’ultima è condizionata dall’insieme di leggi, istituzioni, mercati che determinano gli incentivi a ricercare l’appropriazione di rendite da innovazioni. In simili contesti analitici vi è spazio per una visione più ottimistica della questione della sostenibilità, nella misura in cui l’introduzione di tecnologie pulite consente un uso meno indiscriminato delle risorse, che allenti il trade off tra crescita e ambiente. Nella letteratura sulla crescita il problema della sostenibilità viene spiegato con il fatto che al crescere del prodotto di un’economia si riduce l’intensità “ottimale” o “desiderata” di inquinamento - giacché quest’ultimo entra nella funzione di utilità dei consumatori - ed aumenta il costo per la riduzione dell’intensità dell’inquinamento, il ché si traduce in una caduta del prodotto marginale sociale del capitale. Ciò ha conseguenze diverse a seconda degli schemi analitici impiegati: nei modelli del tipo AK (ad esempio Stockey, 1996), vi è un limite alla crescita, mentre essa può risultare sostenibile nei modelli del tipo neoschumpeteriano (Aghion e Howitt, 1998). La differenza di risultati dei due tipi di modelli è spiegabile con il fatto che nell’approccio schumpeteriano si distingue tra settore della ricerca che produce innovazioni tecnologiche, il quale è relativamente pulito, e settore per i beni capitali “tangibili”, relativamente meno pulito. Segue che, mentre nei modelli AK al crescere del reddito si verifica una caduta del prodotto marginale sociale che arresta il processo di crescita, nel modello di Aghion e Howitt (1998) vi è spazio per una crescita sostenibile se l’accumulazione di tecnologie pulite, ovvero di capitale “intellettuale”, avviene ad un tasso superiore a quello dell’accumulazione del capitale “tangibile”. In sostanza, l’obiettivo della sostenibilità viene garantito mantenendo costante nel processo di crescita un indice “aggregato” dello stock di capitale che includa il capitale naturale, cosicché una diminuzione nello stock delle risorse ambientali può essere compensato con un incremento dello stock di capitale umano. Quanto più è ampia la definizione di suddetto stock aggregato di capitale e tanto maggiori sono le possibilità di sostituzione, tanto più risulta garantita la sostenibilità. Naturalmente, il problema della scarsità delle risorse naturali è aggravato dalla loro natura di bene pubblico e dalle connesse esternalità che creano una differenza tra costi privati e costi sociali, da cui deriva la differenza tra soluzione di mercato e soluzione Pareto-ottimale e la necessità di strumenti, quali tradizionalmente la tassazione o lo schema di permessi di mercato,3 che consentano 3 Come noto, lo schema dei permessi costituisce una alternativa alla tassazione per eliminare la distorsione dovuta all’inquinamento. In realtà si possono avere schemi misti, in cui una parte delle emissioni complessive è soggetta a “quota”, e la restante parte a tassazione (che può anche essere nulla). Cfr. Copeland (1994) per un’analisi comparata dei regimi di tassa, permessi e misti in una piccola economia aperta. 2 una corretta valutazione della scarsità delle risorse da parte degli agenti e ne riducano l’utilizzo indiscriminato. Recentemente, alcuni lavori empirici hanno cercato di stimare la rilevanza del problema della sostenibilità guardando all’evoluzione del danno ambientale causato da emissioni inquinanti con il procedere dello sviluppo delle economie. In particolare in Grossman e Kruger (1995) vi sono elementi per una visione ottimistica circa le prospettive future, nella misura in cui è stata riscontrata l’esistenza di una curva di Kuznetz, ovvero di una relazione a forma di U rovesciata, per alcuni dei più comuni tipi di emissioni inquinanti. Praticamente, è emerso un ridotto livello di emissioni sia a livelli molto bassi che a livelli relativamente elevati di reddito pro-capite. Il riscontro emerso che la crescita economica non necessariamente contribuisce al degrado dell’ambiente viene spiegato dagli autori con il fatto che l’effetto di scala è uno degli aspetti della crescita, il quale è poi generalmente accompagnato dall’effetto di sostituzione delle tecniche e dall’effetto di composizione dell’output. L’evidenza empirica sembra infatti mostrare che con il miglioramento degli standard di vita delle popolazioni, spesso si assiste ad una maggiore sensibilità nei confronti dei problemi ambientali, che si traduce in una maggiore domanda di qualità ambientale; ciò si riflette nell’impiego di tecniche via via più pulite, ed in un cambiamento nella composizione dell’output nella direzione di un minor peso dei settori tradizionali, i quali impiegano massicciamente risorse ambientali. Se, da un lato, l’evidenza empirica sembra lasciare spazio per una visione ottimistica del problema della sostenibilità dal punto di vista dell’economia del singolo paese, dall’altro la considerazione che buona parte dei paesi del globo si trova attualmente in una fase non matura del proprio processo di sviluppo induce a riflettere sulla necessità di non abbassare l’attenzione verso il problema.4 In realtà, proprio in virtù delle differenze esistenti tra paesi nel grado di sviluppo si pone sempre più all’attenzione degli studiosi la questione del ruolo del commercio internazionale nel veicolare l’inquinamento tra paesi, e la necessità di ricercare forme di cooperazione internazionale sui problemi e le politiche ambientali. Questa nuova dimensione del problema ambientale scaturisce dalla presa di coscienza che, da un lato, i processi di globalizzazione delle economie in atto possano avere effetti perversi sull’ambiente a causa delle differenze tra paesi nelle politiche per l’ambiente, inducendo un incremento dell’inquinamento globale, o comunque una riallocazione delle attività produttive nel globo con la concentrazione di quelle a maggiore intensità di inquinamento nei paesi a più basso reddito; dall’altro l’assenza di accordi vincolanti internazionali possa incentivare strategie unilaterali di dumping ambientale. 4 Cfr. Musu 2001. 3 Peraltro, se è vero che la liberalizzazione del commercio internazionale promuove un’efficiente allocazione delle risorse da un punto di vista statico allargando la scala dell’economia mondiale, tuttavia non è detto che una risorsa relativamente abbondante in un paese non risulti essere globalmente scarsa. Se, infatti, è indubbio che esistano vantaggi significativi per tutti i paesi nel promuovere la liberalizzazione degli scambi, dall’altro, tuttavia, ciò non può avvenire senza accordi concomitanti volti alla regolamentazione delle emissioni inquinanti ed alla salvaguardia del patrimonio naturale. In generale, il problema ha aspetti diversi a seconda che si tratti di rapporti tra economie con un grado di sviluppo relativamente simile, ovvero tra economie ricche ed economie a sviluppo ritardato. Nel primo caso, il soddisfacimento di una maggiore domanda di “qualità ambientale” da parte dei consumatori impone ad un’economia costi che ne riducono la competitività nei rapporti commerciali con gli altri paesi, il chè può modificare le preferenze dei policy makers verso un minor rigore ambientale. Il problema risulta molto complesso per la mancanza di un’istituzione sovranazionale con il potere di adottare quelle misure di cui generalmente può avvalersi il singolo paese a livello nazionale; cosicché è inevitabile l’emergere di comportamenti di free riding per cui un paese persegue i propri interessi senza essere chiamato a farsi carico del danno arrecato agli altri. Di qui la necessità di ricercare meccanismi che incentivino comportamenti favorevoli all’ambiente, legando ad esempio gli accordi per la promozione del commercio, quali il GATT e il NAFTA, ad accordi vincolanti sulle politiche e strategie per la tutela dell’ambiente. Per quanto riguarda i rapporti tra il Nord ed il Sud del mondo, i termini della questione sono diversi perché non si può semplicemente ignorare che in molti paesi a sviluppo ritardato l’adozione di tecnologie sporche e l’utilizzo indiscriminato di risorse non rinnovabili deriva dall’incapacità di accedere a tecnologie innovative, non essendovi di fatto la possibilità di ricorrere all’indebitamento sui mercati dei capitali internazionali per fare fronte agli investimenti in tecnologie pulite. Per questi paesi, la rinuncia a tecnologie a più elevata intensità di inquinamento vorrebbe dire, di fatto, ritardare ulteriormente il proprio sviluppo, ampliando il differenziale esistente con le economie più ricche. D’altro canto, non si può ignorare che nelle economie del Nord del mondo l’adozione di misure particolari, quali il divieto di importare beni con determinate caratteristiche, può di fatto mascherare l’intento non dichiarato di attuare una politica strategica commerciale. In realtà, è inevitabile che siano le stesse economie più ricche a farsi carico di promuovere uno sviluppo sostenibile nei paesi del Sud del mondo, contribuendo al supporto finanziario per l’introduzione di tecnologie appropriate che siano risparmiatrici di risorse naturali. Di fatto, ciò può avvenire solamente per effetto di una strategia di salvaguardia dell’ambiente che coinvolga un grande numero di paesi, i quali ratifichino un protocollo. D’altronde, il singolo paese non è disposto 4 a farsi carico del costo del disinquinamento in quanto nel valutarne i benefici non tiene conto della scarsità globale delle risorse naturali ambientali, e dei danni prodotti dagli effetti transnazionali dell’inquinamento altrui, ovvero quelli non veicolati tramite il commercio internazionale, che permangono anche con la limitazione parziale o totale degli scambi. Venendo ora alla letteratura sui legami tra ambiente e commercio internazionale, vi sono modelli che hanno ampiamente affrontato la questione in un contesto statico, in particolare i noti modelli di Copeland e Taylor (1994 e 1995). Gli autori dimostrano che l’espansione del commercio internazionale determina tre effetti: un effetto di scala, conseguente all’aumento di reddito, il quale comporta indirettamente l’aumento dell’inquinamento come conseguenza dell’aumento della domanda di beni, un effetto di variazioni delle tecniche che spinge verso l’adozione di metodi di produzione più puliti, essendo l’ambiente un bene normale, ed infine un effetto composizione che induce una riallocazione a livello internazionale delle produzioni a maggiore intensità di inquinamento. Mentre nel complesso i primi due effetti si elidono a vicenda, l’effetto composizione può agire nel senso di spostare le attività relativamente più inquinanti nei paesi meno sviluppati ed avere l’effetto di aumentare il livello complessivo di inquinamento.5 Un diverso approccio analitico perseguito nella letteratura sull’ambiente privilegia lo studio dell’interazione tra inquinamento e politiche strategiche del commercio internazionale (Carraro e Siniscalco, 1997). Per quanto riguarda la letteratura sulla crescita con innovazioni endogene, si è accennato al modello di A-H con inquinamento (1998) che però riguarda un’economia chiusa. L’obiettivo del presente lavoro è di guardare ai legami tra commercio internazionale ed ambiente, adattando ai problemi dell’ambiente lo schema teorico di Grossman e Helpman (1991) su crescita ed innovazioni in una piccola economia aperta.6 In particolare, si concentra l’attenzione sull’interazione tra configurazione della specializzazione del commercio internazionale ed effetti sull’ambiente e sulla crescita, rinviando a sviluppi futuri della ricerca il ruolo delle politiche strategiche commerciali. 5 Gli autori dimostrano che vi è un aumento delle emissioni inquinanti globali se la differenza tra paesi nella dotazione dei fattori è tale da impedire il pareggiamento dei prezzi dei fattori in corrispondenza della ragione di scambio internazionale di equilibrio (Cfr. Copeland e Taylor (1994)). 6 E’ noto che questa generazione di modelli di crescita endogena va incontro al problema dello “scale effect”, ovvero di un tasso di crescita esplosivo in presenza di popolazione crescente. Cfr. Jones (1995). Nel presente lavoro si trascura il problema per rendere più agevole l’analisi mettendo in evidenza l’interazione tra esternalità ambientali e commercio internazionale. Si può agevolmente dimostrare che introducendo le soluzioni proposte al riguardo nella letteratura più recente, le conclusioni dell’analisi qui svolta restano sostanzialmente invariate. Si veda la nota 7. 5 Nel lavoro si considera una piccola economia aperta che adotti una politica di controllo delle emissioni inquinanti, e si analizzano gli effetti della sua specializzazione internazionale. Oltre ai noti incrementi di benessere statici per i consumatori che risultano dalla riduzione del prezzo del bene importato in presenza della liberalizzazione degli scambi, si sottolinea la possibilità che si manifestino effetti negativi sull’ambiente e sulla crescita. La valutazione delle conseguenze sul benessere dipende dagli effetti sulle distorsioni complessive dell’economia, sia statiche sia dinamiche. Come noto, in un’economia in cui sono presenti molteplici distorsioni, laddove non siano disponibili o non si intenda perseguire soluzioni di first best, non è più possibile stabilire a priori se una data politica economica migliora o peggiora la situazione, in quanto devono essere valutati attentamente gli effetti di spillover negativi delle politiche adottate. Così, una data politica ottimale di first best potrebbe non risultare più tale per un second best in quanto produce effetti indesiderati incrociati che ampliano, anziché ridurre le distorsioni esistenti. Ad esempio, l’eliminazione delle distorsioni ambientali indotte dalla partecipazione al commercio internazionale potrebbe avere l’effetto collaterale di un più basso tasso di crescita. Nel contesto di una realtà economica mondiale in crescente processo di globalizzazione, che induce ciascun paese a ricercare spazi sempre maggiori sui mercati internazionali, ciò può creare un incentivo a ritardare l’adozione di misure unilaterali per la tutela dell’ambiente. Nel lavoro si evidenzia il ruolo delle tecnologie innovative per risolvere il problema del trade-off tra crescita e tutela dell’ambiente. Gli strumenti a disposizione a tal scopo possono essere l’incentivazione dell’investimento in R&S e nella formazione di capitale umano. Al tempo stesso si sottolineano le difficoltà di perseguire “isolatamente”, ovvero “unilateralmente” importanti obiettivi di tutela dell’ambiente in quanto in mercati sempre più globali, in cui necessariamente si verifica una spinta ad una maggiore competitività di prezzo, è possibile che prevalga la logica del calcolo del benessere presente. Ciò soprattutto in fasi di rallentamento della congiuntura economica, in cui l’emergere di vincoli di spesa stringenti riduce le risorse che possono essere canalizzate alla ricerca ed, in generale, alla salvaguardia dell’ambiente, e può emergere la tentazione di rimandare miopicamente alle generazioni future o al “resto del mondo” il problema della salvaguardia del capitale naturale. 2. Il modello Il modello che si presenta è una generalizzazione dell’analisi della crescita in economia aperta di Grossman e Helpman (1991), per considerare il ruolo delle esternalità ambientali. In G-H (1991), che adatta al caso di una piccola economia aperta i modelli di Romer (1990) e di A-H (1990, 1992), l’economia è 6 caratterizzata da due settori per la produzione di due beni finali, un settore dei beni intermedi ed un settore in cui si conduce attività di R&S. Quest’ultimo produce “progetti” di beni innovativi (brevetti) impiegati per produrre i beni intermedi, usati a loro volta nella produzione dei beni finali. I guadagni di produttività nell’economia derivano dal processo di innovazione endogeno. Vi sono due fattori primari della produzione, lavoro non qualificato e capitale umano, la cui offerta è fissa. La produzione di ciascun bene finale richiede l’impiego di un fattore primario assieme ai beni intermedi. I fattori della produzione ed i beni intermedi non sono oggetto di commercio internazionale, mentre lo sono i beni finali. I due beni finali sono prodotti in mercati perfettamente concorrenziali, mentre i beni intermedi in condizioni di concorrenza monopolistica e danno luogo ad un flusso di profitti da monopolio che va all’innovatore. L’innovazione può consistere nell’espansione endogena della varietà dei prodotti (innovazioni orizzontali) ovvero nel miglioramento endogeno della qualità (innovazioni verticali), da cui derivano gli incrementi nella produttività totale dei fattori nella produzione dell’output finale.7 Le differenze introdotte nella presente analisi rispetto a quella di G-H (1991) sono volte a considerare la variabile “ambiente”. Questa ha diverse dimensioni e può entrare in vari modi nell’analisi. Ad esempio, in alcuni modelli della letteratura si considera una variabile flusso, le emissioni di inquinamento (Copeland e Taylor (1994), (1995)), o la qualità ambientale (Elbasha e Roe (1996)), in altri si considera in termini di una variabile stock (A-H (1998)). Qui è introdotta attraverso la considerazione del danno ambientale generato dal flusso di emissioni inquinanti legate alle attività produttive dell’economia, che ha un effetto negativo sull’utilità dei consumatori. Si assume che le emissioni complessive PT presenti nell’economia siano di due tipi: quelle “controllate” mediante uno schema di permessi di mercato, Pc, direttamente imputabili ad una specifica attività produttiva e per le quali le imprese pagano un costo unitario di utilizzo pari al prezzo del permesso; quelle 7 Si e’ accennato che questa generazione di modelli di crescita endogena presenta il problema dello “scale effect”. Jones (1995) ha smentito lo “scale effect” sul piano empirico, ed i modelli più recenti hanno suggerito modifiche per ovviare al problema. In particolare, oltre a Jones (1995), Segerstrom (1998) ipotizza rendimenti decrescenti della ricerca, soluzione che tuttavia da’ luogo a crescita semiesogena, in quanto dipende solo dal tasso di crescita della popolazione, come in Solow (1956). Una soluzione più recente e più convincente è proposta da Peretto (1998), che elimina il problema della crescita esplosiva assumendo che si verifichi un aumento dei settori dell’economia in proporzione pressoché costante della crescita della popolazione. Si vedano anche Dinopoulos e Thompson (1998), Young (1998). L’ipotesi di Peretto potrebbe essere agevolmente incorporata nella presente analisi, senza tuttavia modificare sostanzialmente i risultati ottenuti, essendo l’attenzione qui rivolta in particolare all’interazione tra esternalità ambientali e commercio internazionale. Pertanto, nel modello presentato si trascura lo “scale effect”. 7 “libere” Pf che possono essere soggette a tassazione.8 Qui si assume che le emissioni “libere” costituiscano un’esternalità del tutto negativa, la quale non viene internalizzata né tramite tassazione né mediante schema di permessi di mercato, vuoi perché sono emissioni inquinanti di provenienza trans-nazionale, vuoi perché non è possibile identificare la fonte che le origina, vuoi perché non sono chiaramente identificati i diritti di proprietà.9 Dal lato della produzione, si assume che i due settori finali si caratterizzino per una diversa intensità di inquinamento incorporato nelle tecniche della produzione e si esplicita la componente “controllata” o ”diretta” delle emissioni Pc, assimilandola così del tutto ad un fattore della produzione.10 Ciò può essere formalizzato partendo dalla specificazione della tecnologia del bene finale i = Y, Z, in termini del fattore della produzione primario Hi e dell’indice dei beni intermedi Di impiegati, come in Aghion e Howitt (1998): Y = AY' DYa H Y1− a uY AY' > 0, AZ' > 0 [1] Z = AZ' DZb H Z1− b u Z ui ∈ [0,1] , i = Y, Z [2] 8 La scelta di considerare distintamente i due tipi di emissioni inquinanti è dovuto al fatto che oggi nella maggior parte dei paesi vi sono di fatto schemi misti in cui alcuni fattori inquinanti sono sottoposti a regime di quota ed altri sono soggetti a tassazione (che può anche essere nulla). Grossman (1994) dimostra che gli effetti di politica economica nei due diversi regimi di quota e tassazione possono risultare molto diversi, sicché è importante considerare distintamente i due tipi di emissioni. 9 Grossman (1994) argomenta che l’aspetto più problematico, oggi, della questione della sostenibilità della crescita è appunto quello relativo alle risorse rinnovabili ma correntemente non valutate dal mercato, ovvero quelle risorse per le quali non sono ben definiti, o non si possono far valere, i diritti di proprietà, cosicché gli individui non si trovano davanti ad una corretta valutazione della loro scarsità, il ché ne eviterebbe un uso indiscriminato. 10 In letteratura spesso l’inquinamento è introdotto nell’analisi assumendo che le emissioni sono proporzionali all’output dell’economia, e vi sono anche modelli in cui l’inquinamento entra direttamente nella funzione di produzione come input. Cfr. Marzano (1994), Bovenberg e Smulders (1995), Copeland e Taylor (1994, 1995). In Copeland e Taylor (1994, Appendice) si dimostra che una funzione della produzione con il flusso di inquinamento come input può essere ottenuta da una produzione congiunta di output ed inquinamento e da una tecnologia di abbattimento dell’inquinamento. Qui si esplicita come input nella funzione di produzione la componente controllata mediante lo schema dei permessi Pc, assimilandola così del tutto ad un fattore della produzione per l’impresa, mentre come sarà chiarito più avanti, si assume che la componente “libera” delle emissioni complessive Pf sia legata all’output dei settori produttivi, ma per essa l’impresa non paga alcun costo. 8 dove AY' e AZ' sono coefficienti positivi che riflettono la scelta delle unità. Il coefficiente ui indica quanto è sporca la tecnica impiegata in termini di intensità di inquinamento “diretto”. Di fatto ui può essere interpretato come un coefficiente di abbattimento dell’inquinamento: valori di ui prossimi all’unità corrispondono a tecniche più inquinanti che tuttavia danno un livello più elevato di output per dati Hi e Di, mentre valori prossimi a zero identificano tecniche con un forte coefficiente di abbattimento delle emissioni Pc.11 Il flusso di inquinamento “diretto” di ciascun settore è supposto proporzionale all’output dl medesimo settore e all’intensità di inquinamento ui: PYc = YuYθ θ>0 [3] ZuϑZ ϑ >0 [4] PZc = A questo punto, la formulazione delle equazioni [1] - [2], che è analoga a quella presente in A-H (1998), può essere manipolata per esplicitare il fattore inquinante “diretto” impiegato da ciascun settore. Ciò consente di esprimere il modello direttamente in termini dell’impiego di due fattori primari H e Pc e caratterizzare ciascun settore per l’intensità del fattore capitale umano e del fattore inquinante impiegati. Infatti, tenuto conto delle relazioni [1]–[3] e [2]-[4] rispettivamente, si ottiene: uY = ( PYc / Y )1 / θ [3a] 1/ϑ [4a] uZ = ( PZc / Z) da cui emerge che per ridurre il rapporto tra inquinamento (diretto) ed output occorre impiegare tecnologie più pulite. Utilizzando le suddette due espressioni è possibile riscrivere le equazioni [1] e [2]: Y 1+1 / θ = AY' ( H Y )1− a ( DY ) a ( PYc )1 / θ [1a] 11 In A-H (1998), in cui vi è un solo settore dell’output finale, il problema è la scelta ottimale (da parte del pianificatore sociale) dei livelli di consumo, dell’intensità dell’inquinamento (il coefficiente u in questo caso) e del lavoro impiegato nel settore della ricerca, affinché la crescita risulti sostenibile. Ora, affinché lo stock di capitale possa crescere senza limiti, onde evitare il disastro ambientale, ovvero che la qualità dell’ambiente scenda al di sotto della soglia minima, è necessario che l’intensità di inquinamento tenda asintoticamente a zero. Ciò è possibile se l’accumulazione di tecnologie pulite risulta più veloce dell’accumulazione del capitale tangibile, e tanto da compensare la caduta di u. 9 Z 1+1 / ϑ = AZ' ( H Z )1− b ( DZ )b ( PZc )1 / ϑ [2a] e con alcune trasformazioni ottenere: Y = AY H Yα1 PYα 2 DYα 3 [1b] Z = AZ H Zβ 1 PZβ 2 DZβ 3 [2b] dove α1 = (1 – a)θ /(1 + θ); α2 = 1/(1 + θ); α3 = aθ/(1 + θ); β1 = (1 – b) ϑ /(1 + ϑ ) ; β2 = 1/(1 + ϑ ); β 3 = b ϑ /(1 + ϑ ); αi, βi > 0 , i = 1,2,3. θ ϑ AY = ( AY' )1+θ e AZ = ( AZ' )1+ϑ . Si noti che ∑ i α i = 1 e ∑ i β i =1 , cosicché le due funzioni di produzione sono a rendimenti costanti di scala rispetto ai tre input H, Pc e D.12 In questo modo, il livello di inquinamento “diretto” incorporato in ciascuna tecnica produttiva è considerato alla stregua di un fattore produttivo.13 Di fatto, si può pensare che esista uno stock di permessi di inquinamento emessi dal governo per tenere sotto controllo le emissioni inquinanti, e che le imprese possano acquistare i suddetti permessi sul mercato.14 Ciò consente di considerare l’inquinamento “diretto” complessivo Pc in offerta fissa, così come il capitale umano H.15 12 La tecnologia per l’output finale delle equazioni [1b]-[2b] è così ricondotta ad una generalizzazione di quella impiegata nell’analisi di G-H (1991), con quantità positive in ciascun settore di entrambi i fattori primari, che qui sono capitale umano e agente inquinante. 13 Questa è una differenza di impostazione rispetto all’analisi in Elbasha e Roe (1996), i quali anche elaborano un modello del tipo G-H (1991) per tenere conto della relazione tra esternalità ambientali e commercio internazionale. Tuttavia, mentre qui si considera uno schema misto, permessi e tassazione, per generalizzare l’analisi al caso dei due diversi tipi di emissioni inquinanti, come suggerito in letteratura (Copeland, 1994), gli autori invece non adottano lo schema dei permessi ed il fattore inquinante non appare esplicitamente come input nelle funzioni di produzione. Da ciò deriva una sostanziale diversità nell’impostazione dell’analisi della relazione tra commercio internazionale ed esternalità ambientali. 14 Anche Copeland e Taylor (1995) ricorrono ad un’ipotesi analoga. 15 Nella maggior parte dei modelli di crescita e commercio internazionale si adotta l’ipotesi di fissità dei fattori della produzione per agevolare l’analisi dinamica. G-H (1991) avanzano due possibili giustificazioni: i fattori impiegati o possono essere risorse disponibili in offerta relativamente fissa anche nel lungo periodo, o possono aver raggiunto un livello di 10 Seguendo G-H (1991) si assume che i due beni finali abbiano la stessa intensità d’uso del bene intermedio, ovvero che α3 = β 3, in modo da garantire l’esistenza di un sentiero di crescita bilanciata. Quanto al settore dei beni intermedi, la specificazione dell’indice Di è diversa a seconda che si assuma il caso di innovazioni che aumentano la varietà dei prodotti o che migliorano la qualità della generazione corrente. Si ha nel caso di innovazioni orizzontali:16 1/ δ n Di = xi ( j )δ dj 0 ∫ , 0< δ < 1 [5] con xi(j) l’input intermedio j nella produzione del bene finale i. Per semplicità assumiamo che i beni intermedi siano prodotti con tecnologie Cobb-Douglas analoghe a quelle dei beni finali: xi ( j ) = Ax ( H x )ς ( Pxc )1−ζ 0<ζ<1 Ax > 0; [6] dove Ax è un parametro che riflette la scelta di unità. Quanto al settore della ricerca, si assume che la produzione di nuovi brevetti avvenga mediante una tecnologia pulita che impiega esclusivamente capitale umano: n& = HR n h [7] dove 1/h è la produttività del capitale umano nel settore R&S. L’impiego di HR=h/n unità di lavoro nell’unità di tempo è necessario per ottenere un nuovo offerta di steady state dopo periodi di accumulazione. Nella presente analisi, la prima interpretazione è quella più indicata nel caso di Pc, potendosi infatti assumere che le autorità di governo fissino un tetto alle emissioni che si intende tenere sotto controllo mediante uno schema di permessi di mercato; la seconda interpretazione è più adatta al caso di H. 16 Come è noto, la specificazione è quella proposta da Dixit e Stiglitz (1977). Nel caso di 1 innovazioni verticali si avrebbe: log D i = log ∑ q m ( j ) x mi ( j ) dj , con xmi(j) l’input di m ∫ 0 qualità m del bene intermedio j nella produzione del bene i, e qm(j) la qualità della m-esima generazione del bene j. 11 n& sono le unità di lavoro necessarie n per sviluppare n& nuovi beni (o brevetti), nell’unità di tempo. L’ipotesi di piccolo paese ha qui il significato che l’attività di R&S condotta nella suddetta economia non influenza il tasso di accumulazione mondiale di conoscenza.17 Si può ora procedere a definire le condizioni di equilibrio per ciascun mercato.18 Per i beni finali, data l’ipotesi di concorrenza perfetta ed assumendo specializzazione incompleta per cui entrambi i beni sono prodotti in quantità positive, la condizione di equilibrio è data dall’uguaglianza tra il prezzo mondiale ed il costo unitario. Il costo unitario, nel caso in esame, è rappresentato dalle funzioni duali delle corrispondenti Cobb-Douglas [1b] e [2b], rispettivamente: prodotto nell’unità di tempo; quindi H R = h pY = wα1 τ α 2 pαD3 [8] pZ = w β 1 τ β 2 pDβ 3 [9] dove w è il la remunerazione del capitale umano H, τ è il prezzo dei permessi Pc e pD è il prezzo dell’indice Di. Per il settore dei beni intermedi, prodotti in concorrenza monopolistica, la condizione di equilibrio è: px = 1 ζ 1−ζ wτ δ 0<ζ<1 [10] dove c(w, τ) = wζ τ1-ζ è la funzione di costo duale della funzione di produzione [6], e 1/δ è il mark up sui costi applicato dal monopolista. In equilibrio simmetrico, in cui tutti gli input hanno stesso prezzo e sono domandati nelle medesime quantità, si può riscrivere l’indice dei beni intermedi della [5] come Di = AD Xi , dove Xi è la quantità aggregata degli input intermedi usata nella produzione dell’output finale i e AD è la produttività dei beni intermedi e riflette la varietà dei prodotti. In equilibrio simmetrico si ha: 17 Come di consueto l’ipotesi di piccolo paese viene adottata per esprimere il caso di un’economia che non è in grado di influenzare l’ambiente economico nel quale opera, e ciò può avere varie implicazioni, a seconda del contesto teorico di riferimento. Nel presente caso, ad esempio, oltre a voler significare che i prezzi dei beni commerciati sono pari a quelli mondiali, la suddetta ipotesi viene adottata per giustificare quanto detto in merito all’attività di R&S. 18 Si adatta al presente contesto la procedura analitica usata in G-H (1991). 12 AD (t ) = 1−δ n(t ) δ , 19 [11] Segue, allora che: pDDi = pxX pD = px/AD [12] [12a] Per chiudere il lato dell’offerta resta da definire la condizione di libertà d’entrata nel settore R&S. In equilibrio il valore atteso di mercato di un’impresa nel settore R&S, v, deve essere pari al costo d’entrata, pari a wh/n:20 v = wh/n. [13] Le equazioni [8]-[9]e [10], tenuto conto della [12a], consentono di determinare i prezzi di equilibrio dei fattori w, τ e degli input intermedi px come funzioni solamente dello stato della tecnologia e dei prezzi dei beni finali.21 Si dimostra che in steady state, assumendo che i prezzi mondiali dei beni commerciati non variano, i prezzi dei fattori e dei beni intermedi crescono ad un tasso pari a A& α 3 D , ovvero la quota di costo dei beni intermedi α3 moltiplicato per il tasso di AD crescita della produttività totale AD.22 Il lato della domanda è descritto dalla massimizzazione su un orizzonte intertemporale infinito di una funzione di utilità istantanea, U, in cui entrano come argomenti il consumo di entrambi i beni finali Y e Z e la qualità dell’ambiente R, 19 Cfr. A-H (1992) e G-H (1991). Nel caso di innovazioni verticali la produttività AD riflette la qualità incorporata. In questo caso, la corrispondente dell’equazione [11] è AD (t ) = λ I (t ) , t ∫ con I (t ) ≡ ι (τ )dτ , dove λ>1 è la misura dell’incremento della qualità del (ovvero dei 0 servizi che offre il) bene della nuova generazione rispetto alla precedente, ed il parametro ι è la probabilità di flusso della distribuzione di Poisson che governa il tasso di innovazione. Il parametro ι definisce, pertanto, la probabilità di successo dell’attività di ricerca nel creare il prodotto della generazione successiva.. 20 Si assumono aspettative statiche, sicché il valore atteso dell’impresa v coincide con il valore corrente. 21 Si veda l’appendice A.1. Inoltre, dall’applicazione del lemma di Shephard alle funzioni di costo unitario [8]-[9] e [10] è agevole ricavare le funzioni di domanda di capitale umano e di inquinamento di ciascun settore. 22 Si veda l’Appendice A.1. 13 una variabile flusso rappresentata da un indice del danno ambientale causato dalle emissioni inquinanti complessive, emissioni che si è detto costituiscono un male per il consumatore. Valori crescenti delle emissioni complessive corrispondono ad un danno ambientale crescente, ovvero ad un valore più basso dell’indice della qualità ambientale R: R = AP ( P c ) ε Pc (P f ) ε ε P c ≤ 0, ε P f ≤ 0, ε P c + ε P f = − 1 Pf [14] dove AP è una costante positiva, Pc indica le emissioni “dirette”, ovvero quelle controllate tramite lo schema dei permessi, Pf le emissioni libere o “indirette”. La variabile R è dunque una media geometrica ponderata delle emissioni controllate e di quelle libere. Trascurando la componente transnazionale, assumiamo che il flusso Pf sia legato alla composizione settoriale dell’economia, risultando direttamente proporzionale all’output dei due settori finali, ed inversamente proporzionale alla dimensione del settore R&S, ovvero al numero di beni intermedi dell’economia, Pf = Y εY Z ε Z nε n ε Y > 0, ε Z > 0, ε n > 0 [14a] I parametri ε Y e ε Z indicano l’incidenza dei due settori finali nella determinazione delle emissioni “indirette” Pf, mentre ε n il contributo del settore della ricerca alla loro riduzione. Quanto alla funzione di utilità istantanea Γ(.), si adotta la forma funzionale generalmente usata in questi modelli, che agevola i calcoli delle condizioni di steady state, che è quella di funzione isoelastica con parametro σ ( ) 1−σ 1 −1 CYχ C 1Z− χ Rψ Γ = 1 − σ χ log CY + ( 1 − χ ) log C Z + ψ log R σ ≠1 [15] σ =1 dove 0 ≤ χ ≤ 1 , ψ ≥ 0 , χ (1 − σ ) < 1, ψ(1−σ) <1.23 23 Come è uso nella letteratura sulla crescita endogena, per ragioni di trattabilità la funzione di utilità Γ(.) impiegata gode delle proprietà che assicurano l’esistenza di uno steady state con crescita bilanciata: elasticità del saggio marginale di sostituzione tra consumo e qualità ambientale rispetto al consumo, η SMS (Ci , R );Ci , pari ad 1; elasticità dell’utilità marginale del consumo del bene i, η ΓC ;Ci ≡ C i Γ Ci Ci /Γ Ci , costante; elasticità della utilità marginale della i 14 Nel problema di massimizzazione intertemporale è conveniente esprimere le preferenze mediante la funzione di utilità indiretta corrispondente alla [15], Ut(E, R, pY, pZ), 24 dove E è la spesa per l’acquisto dei due beni di consumo. Il consumatore risolve il seguente programma di massimizzazione vincolata ∞ ∫ Max U t ( E , R ,pY , p Z )e − ρ t dt [16] 0 & (t ) = rΩ(t ) + wH + τP c sub E (t ) + Ω dove ρ è il tasso di sconto intertemporale e, nel vincolo di bilancio, Ω(t) rappresenta la ricchezza non umana. Il lato destro del vincolo di bilancio è il reddito del consumatore, dato dagli interessi sulla ricchezza non umana, il reddito da lavoro e i proventi dai permessi di inquinamento. Si ricorda che si sta postulando bilancio pubblico sempre in pareggio. Le proprietà della funzione di utilità consentono di scrivere la soluzione del problema [16] nella forma canonica:25 σ E& R& − ψ (1 − σ ) = r − ρ E R [17] L’ipotesi di piccolo paese implica che i prezzi dei due beni finali pY e pZ sono quelli mondiali. Inoltre, in assenza di movimenti di capitale la bilancia dei pagamenti é sempre in pareggio qualità ambientale, η ΓR ; R ≡ RΓ RR / Γ R , pari a 1 – ψ(1 - σ); soddisfacimento delle condizioni di Inada. 24 La funzione di utilità indiretta che è la soluzione del programma di ottimo per la funzione [15] in corrispondenza di una spesa E = pYY + pZZ ai prezzi pY e pZ , è data da: 1−σ 1 ER ψ . Ut(E, R, py, pz) = 1 − 1 − σ pYχ p 1Z− χ 25 L’equazione del sentiero di equilibrio della spesa è data in questo caso da: U E E& R& η U E ,E + η U E ,R = ρ − r , dove ηU E ,E ≡ − EE = −σ è l’elasticità dell’utilità marginale E R UE U ER R = ψ ( 1 − σ ) l’elasticità dell’utilità marginale della spesa UE rispetto alla qualità ambientale, calcolate relativamente alla funzione di utilità indiretta Ut(E, R, pY, pZ). della spesa e ηU E ,R ≡ − 15 E = pYY + pZZ [18] La condizione di equilibrio nei mercati dei capitali implica che non vi siano opportunità (di arbitraggio) profittevoli non sfruttate, ed è data dalla condizione di uguaglianza tra il rendimento atteso dell’attività il cui valore è v, ed il tasso di interesse sui titoli senza rischio r. Il rendimento atteso, a sua volta, è pari alla somma del tasso di profitto atteso (π/v) e del guadagno atteso in conto capitale ( v& / v ). Definendo l’inverso del valore aggregato del mercato azionario mercato 1 V≡ , la condizione di equilibrio può essere formulata nel seguente modo nv V& + γ = (1 − δ )α 3 EV − r V [19] dove γ ≡ n& / n è il tasso di innovazione. Il lato di sinistra della [19] corrisponde alla variazione in conto capitale con segno negativo (- v& / v ), ed il lato destro è dato dalla differenza tra il tasso di profitto, π/v, ed il tasso di interesse sui titoli senza rischio, r.26 Il modello si chiude con la specificazione della condizione di equilibrio sul mercato dei fattori, H e Pc hγ + (aHY + aHx a Xy )Y + (aHZ + aHx a XZ ) Z = H [20] ( a PY + a Px aXY )Y + ( aPZ + a Px aXZ )Z = P c [21] dove il lato sinistro di ciascuna espressione corrisponde alla domanda derivata (diretta ed indiretta) del fattore H e Pc, rispettivamente, dai due settori finali, Y e Z, e alla domanda derivata di capitale umano H dal settore R&S (solo per la [20]); il lato destro è l’offerta del fattore. Con aji si indica il coefficiente unitario del fattore j = H, Pc nella produzione del bene i = H, Z, con ajx quello del fattore j nella produzione del bene intermedio x, e con aXi il coefficiente unitario dell’aggregato dei beni intermedi X nella produzione del bene finale i. Essi minimizzano le rispettive funzioni di costo e variano con la remunerazione relativa dei fattori impiegati e lo stato della tecnologia. Si dimostra che in equilibrio le equazioni [20] e [21] possono essere riscritte come 26 Il profitto di ciascuna impresa nel settore dei beni intermedi è pari ad una frazione (1-δ) π E = (1 − δ )α 3 ≡ (1 − δ )α 3 EV . Cfr. G-H (1991). della spesa in beni intermedi α3E, ν n⋅v 16 hγ + bHY Y + bHZ Z = H [22] bPY Y + bPZ Z = P c [23] dove Y ≡ YAD− a3 e Z ≡ ZAD−α 3 sono l’output di ciascun bene finale corretto per le variazioni nella produttività totale dei fattori AD, ed i coefficienti bji, j = H, Pc e i = Y, Z danno gli input (diretti ed indiretti) dei fattori H e Pc per unità di output finale aggiustato per la produttività. Essi dipendono solamente dai prezzi relativi, ed in steady state sono costanti. 27 E’ conveniente, ora, definire il valore dell’output finale ed i prezzi dei fattori aggiustati per le variazioni nella produttività totale, ovvero, Q ≡ pY Y + pZ Z , w ≡ wAD− a3 e τ ≡ τAD− a 3 . Moltiplicando la [22] e la [23] per w e τ , rispettivamente, e sommando le due equazioni così ottenute si perviene ad una equazione del vincolo aggregato nell’uso delle risorse 28 w hγ + [1 − (1 − δ )α 3 ] Q = w H + τ P c [24] nella quale il lato destro costituisce il valore complessivo delle risorse impiegate H e Pc ed il lato sinistro mostra la sua distribuzione tra settore R&S e settore manifatturiero. A questo punto, si riconsideri l’equazione [19] dell’equilibrio nei mercati delle attività. Poiché in steady state i prezzi dei fattori crescono ad un tasso pari a A& 1 1 α 3 D , dalla condizione di arbitraggio [13] V ≡ = si ha AD nv wh V& V& w& A& = − = −α 3 D . Data, allora, l’equazione [11], si ottiene = −α 3 µγ , dove V V w AD µ =( 1− δ ) . Utilizzando l’espressione ottenuta nella [19], si perviene alla seguente δ (1 − δ )α 3 EV − γ + βµγ = r [25] da cui (1 − δ )α 3Q / hw + β ( µ − 1)γ = r 27 28 [25a] Cfr. l’Appendice A.2. La dimostrazione è in Appendice A.3. 17 Ora, in steady state se γ è costante lo sono anche Y e Z , sicché & E / E = α 3 µγ .29 Allora, il tasso di crescita della variabile R dell’equazione [14], ovvero R& P& c P& f = ε Pc c + ε P f f R P P [26] tenuto conto della [14a] può essere espresso come R& P& c Y& Z& n& = ε P c c + ε P f (ε Y + ε Z − ε n ) R Y Z n P [26a] Sostituendo la [26a] nella [17] e considerando che, in steady state, Pc è stato assunto costante e che i due settori finali crescono allo stesso tasso costante α3µγ , si perviene a σ [α 3 µγ ] − ψ (1 − σ )[ε P f (ε Y + ε Z − εn )]α 3 µγ = r − ρ α 3µ [27] che può essere anche riscritta come E& r−ρ = α 3 µγ = φ E [27a] εn )] . α 3µ L’equazione [27a] dà il sentiero di equilibrio di crescita della spesa per beni di consumo. Nei modelli di crescita endogena senza inquinamento in cui le preferenze sono espresse mediante una forma generale analoga alla [15], il saggio dove si è posto φ ≡ σ − ψ (1 − σ )[ε Pf (ε Y + ε Z − E& r − ρ = , dipendendo positivamente dalla σ E di crescita di steady state risulta differenza tra il tasso di interesse di mercato r ed il tasso di sconto intertemporale ρ, e negativamente dall’elasticità dell’utilità marginale del consumo, σ. Qui, la 29 Infatti, in condizioni di equilibrio della bilancia commerciale si ha: E = AαD3 ( pY Y + p z Z ) . Calcolando il tasso di crescita di E con Y e Z costanti si ottiene appunto l’espressione nel testo E& / E = α µγ . 3 18 differenza con la soluzione tradizionale dell’equazione di Ramsey-Keynes risiede nella presenza dell’esternalità ambientale, che modifica il denominatore dell’equazione, il termine φ nell’equazione [27a]. E’ immediato verificare che l’esternalità ambientale influenza il tasso di crescita di steady state nel caso in cui σ ≠ 1 , ovvero se la funzione di utilità non è additiva separabile, e se ε Pf > 0, ovvero nei casi in cui le emissioni inquinanti non controllate Pf influenzano la qualità dell’ambiente. Il risultato che emerge è che la presenza della variabile ambientale nelle preferenze dei consumatori determina una riallocazione intertemporale del consumo: infatti l’utilità marginale del flusso di consumo presente risente dell’evoluzione del danno ambientale, e ciò ha effetti sul tasso di crescita di equilibrio. In particolare, un aumento dell’importanza attribuita all’ambiente dai consumatori (ψ) ha effetti positivi o negativi sul tasso di crescita della spesa E a seconda che risulti, rispettivamente, σ > 1 ovvero σ < 1. Ciò deriva dal fatto che l’elasticità dell’utilità marginale del flusso di consumo rispetto alla qualità ambientale ψ(1 − σ) risulta negativa se σ > 1 e positiva se σ < 1. 30 Pertanto, se l’ambiente non entra nelle preferenze dei consumatori (ψ = 0), per una data differenza tra tasso di interesse e tasso di sconto intertemporale il profilo temporale di equilibrio della spesa dipende solo dall’elasticità di sostituzione intertemporale del consumo (1/σ ).31 Se, tuttavia, gli individui hanno una preferenza positiva per l’ambiente va considerato come l’utilità marginale del flusso di consumo presente varia con l’aumentare del danno ambientale (ovvero col diminuire di R). In particolare, se σ > 1 risulta ψ(1 − σ) < 0 cosicché al diminuire della qualità ambientale aumenta l’utilità marginale del flusso di consumo presente. In tal caso il profilo temporale di equilibrio della spesa implica un tasso di crescita che è tanto più elevato quanto maggiore è ψ. Se, invece, σ < 1 risulta ψ(1 − σ) > 0, per cui al diminuire di R, ovvero al crescere del danno ambientale, diminuisce l’utilità marginale del flusso di consumo presente. Conseguentemente il saggio di crescita di equilibrio del consumo diminuirà tanto meno quanto minore è ψ. In questo caso, 30 Si ricorda che l’elasticità dell’utilità marginale del consumo rispetto alla qualità U R dell’ambiente è data da - η U E ,R ≡ − ER = ψ(1 − σ). UE 31 Come noto, l’elasticità di sostituzione intertemporale tra consumo presente e futuro è il reciproco dell’elasticità dell’utilità marginale del consumo σ. Essendo quest’ultima pari a U E - η U E ,E ≡ - EE , un valore di σ elevato si ha in corrispondenza di un utilità marginale del UE consumo UE piccola, quindi di un livello del consumo presente elevato, e conseguentemente di un tasso di crescita del consumo di equilibrio relativamente basso. 19 una minore preferenza per l’ambiente (minore ψ) ha un effetto positivo sul tasso di crescita di equilibrio.32 Quanto a variazioni nell’elasticità della qualità ambientale rispetto alle emissioni “indirette” ε P f , gli effetti sul tasso crescita hanno segno opposto a quelli indotti da variazioni di ψ.33 Inoltre, una variazione di ε Y e ε Z , l’incidenza dei settori finali nelle emissioni “indirette”, ha lo stesso segno di una variazione di ε P f , mentre una variazione di ε n , l’incidenza del settore R&S nel ridurre le emissioni “indirette”, ha effetto di segno opposto. A questo punto, utilizzando l’equazione del vincolo delle risorse [24], la condizione di equilibrio dei mercati delle attività [25a], e tenuto conto della [27a] si perviene al seguente sistema di due equazioni w hγ + [1 − (1 − δ )α 3 ] Q = w H + τ P c [24] (1 − δ )α 3Q / hw + β ( µ − 1)γ = φα 3 µγ + ρ [28] Noti i prezzi dei fattori w e τ , le due equazioni consentono di determinare i valori di equilibrio di Q e di γ, ovvero l’allocazione ottimale delle risorse tra settore manifatturiero e settore R&S. In particolare, sostituendo il rapporto tra i fattori si perviene alla seguente espressione per il tasso di innovazione34 1 c α1 − β1 P H pY B + − (1 − B ) ρ h pZ h γ* = 1− δ 1 + α3 ( )(φ − 1)(1 − B ) δ [29] dove B ≡ (1 − δ )α 3 . 32 Questi risultati riguardo la crescita in steady state hanno analogie con quelli ottenuti in Elbasha e Roe (1996). 33 Si ricordi che ε P f < 0 , dal momento che le emissioni “indirette” Pf incidono negativamente sulla qualità ambientale R. Pertanto un aumento di f ε P f equivale ad una riduzione del peso di P nell’indice R. Nell’appendice A.1 sono calcolati i prezzi di equilibrio dei fattori H e Pc ed il tasso di innovazione γ. 34 20 Sostituendo la [29] nella [24] si ottiene il corrispondente valore di Q * . L’equazione [29] del tasso di innovazione diventa analoga alla corrispondente espressione in G-H (1991) se σ = 1. In tal caso, il denominatore diventa pari all’unità e non vi è alcun effetto esterno dell’ambiente sul tasso di innovazione. E’ possibile, a questo punto, svolgere alcune valutazioni di statica comparata. Innanzitutto, il tasso di crescita dell’economia γ dipende positivamente dalla dotazione dei fattori H e Pc, dalla produttività del capitale umano 1/h nel settore R&S, dal fattore di mark up 1/δ, e dall’elasticità di sostituzione intertemporale 1/σ, mentre è correlata negativamente con il tasso di sconto intertemporale ρ. Poiché il numero dei permessi è deciso dal governo, un loro aumento segnala un allentamento nella strategia di tutela ambientale. Quanto agli effetti delle preferenze dei consumatori per l’ambiente sul tasso di innovazione, esse sono catturate dalla variabile φ dell’equazione [29]. Pertanto, valgono le considerazioni già fatte in merito all’equazione [27a]. 3. Crescita, ambiente e commercio internazionale: alcune considerazioni in tema di benessere La condizione di piccola economia aperta, come quella descritta nel precedente paragrafo, ha diversi effetti sul benessere di natura sia statica sia dinamica, ed un modo di valutare detti effetti è di confrontare il caso di economia aperta così come è stato presentato nel precedente paragrafo con quello di autarchia, considerando le conseguenze della specializzazione e l’emergere di distorsioni.35 Innanzitutto, secondo quanto previsto dalla teoria tradizionale, lo scambio internazionale ha senz’altro i vantaggi statici derivanti dall’aumento dell’utilità del consumatore che si trova di fronte ad una riduzione del prezzo del bene di consumo importato. Tuttavia, vanno fatte considerazioni sia sul tasso di crescita e innovazione che sul livello e l’andamento della variabile ambientale. Quanto agli effetti sul tasso di crescita, si può considerare il ruolo di una variazione dei prezzi relativi pY/pZ, come conseguenza della specializzazione (incompleta) del paese nella produzione del bene Y a maggiore intensità del fattore 35 Un modo più generale anche adottato in letteratura è di procedere scomponendo il problema in due fasi, cosicché dapprima viene affrontata la questione da un punto di vista statico, assumendo data, in un certo istante di tempo, la distribuzione delle risorse tra settore manifatturiero e settore della ricerca, e successivamente si studia il problema dell’allocazione delle risorse tra settore manifatturiero e settore R&S che massimizza la funzione di utilità intertemporale. Ciò richiede che l’allocazione statica risulti efficiente in ogni istante di tempo, così da raggiungere l’ottimo dinamico. Cfr. Grossman e Helpman (1991) per il caso generale senza inquinamento. 21 relativamente abbondante, il capitale umano H. La partecipazione al commercio internazionale e la conseguente specializzazione, infatti, hanno l’effetto di aumentare il rapporto tra i prezzi dei fattori w/τ, come conseguenza dell’uso più intensivo del fattore H. Più in generale, nei modelli in cui la crescita si fonda sull’introduzione di innovazioni endogene da parte del settore R&S, settore che utilizza fondamentalmente capitale umano, l’effetto del commercio internazionale sul tasso di crescita dipende da quale è il settore dell’output finale ad espandersi in seguito alla scelta di specializzazione. Se è il settore a maggiore intensità di capitale umano, in quanto si trova a competere con il settore della ricerca per l’utilizzo del capitale umano, l’apertura agli scambi determina una contrazione del settore R&S ed una caduta del tasso di innovazione dell’economia.36 Pertanto, essendosi supposto in questo modello che l’apertura al commercio internazionale comporti la specializzazione del paese nella produzione del bene Y, che utilizza intensamente il fattore H, si avrà una riduzione del tasso di innovazione dell’economia. Quanto, poi, agli effetti sulla variabile ambientale R, da un punto di vista statico va considerata innanzitutto la differenza dei prezzi relativi dei fattori w/τ e dei beni pY/pZ nella situazione di commercio internazionale e di autarchia. Innanzitutto, se con lo scambio si determina una ragione di scambio internazionale che comporta un prezzo dei permessi minore di quello di autarchia τ < τA, nell’economia viene a crearsi una distorsione dovuta all’esternalità ambientale dalla componente “diretta” la quale non sarebbe presente in autarchia. Infatti in autarchia il numero dei permessi viene deciso in modo ottimale, per cui è tale che il prezzo dei permessi, τA, che rappresenta il costo marginale per le imprese di abbattimento dell’inquinamento, risulta pari al beneficio marginale per i consumatori di un più basso livello di inquinamento, misurato dalla disponibilità marginale a pagare per la riduzione dell’inquinamento – EPc.37 Si è poi assunto che 36 Cfr. Grossman e Helpman (1991). La disponibilità marginale a pagare per ridurre l’inquinamento è data dal danno marginale causato dalle emissioni inquinanti. Questo può essere misurato considerando la funzione di spesa associata alle preferenze del consumatore espresse dall’equazione [15], E( pY, pZ, R, U), che rappresenta il costo minimo per ottenere un dato livello di utilità istantanea U, dati i prezzi pY, pZ, e la qualità ambientale R. Esplicitando le diverse componenti inquinanti, dirette ed indirette, presenti in R, si può scrivere E( pY, pZ, Pc, Pf, U). Questa è concava e non decrescente nei prezzi dei beni finali, crescente in U e decrescente in Pc e Pf. Quest’ultima relazione si spiega con il fatto che un aumento delle emissioni determina un incremento del danno ambientale, per cui all’aumentare dell’esternalità negativa sopportata dal consumatore aumenta il costo minimo per ottenere un dato livello di utilità. Allora, il beneficio marginale della riduzione dell’inquinamento è ∂E ∂E per ciascuna componente rispettivamente E P ≡ e E PF ≡ . ∂P ∂PF 37 22 per le altre emissioni Pf libere, la tassazione τf è nulla, ovvero τf = 0. Quindi, se l’economia è chiusa agli scambi, esiste una distorsione dovuta alle emissioni non controllate, misurabile in termini della differenza EPf - τf. Con l’apertura al commercio internazionale, se l’economia si trova di fronte ad un prezzo dei permessi τ minore rispetto a quello che vigeva in regime di autarchia, ovvero τ < τA, si è in presenza di un incremento delle distorsioni misurabile in termini della differenza E P C − τ , che comporta una riduzione del benessere dei consumatori. Un miglioramento del benessere, in tal caso, richiederebbe di ridurre il numero dei permessi Pc.38 Se, però, si guarda al problema dell’ottimo dinamico, la riduzione dell’ammontare di permessi Pc implica la riduzione di uno dei fattori primari utilizzati nella produzione, e conseguentemente la caduta del tasso di crescita dell’economia γ, come è evidente dall’equazione [29]. Un altro effetto del commercio internazionale sull’utilità dei consumatori, tramite gli effetti sull’ambiente, è legato alla scelta di specializzazione dell’economia. Se, infatti, le emissioni “indirette” Pf sono legate alla composizione settoriale dell’economia, come risulta dall’equazione [14a], allora l’effetto della partecipazione al commercio internazionale sarà diverso a seconda della misura in cui i diversi settori concorrono alle emissioni non controllate. Nel caso in cui il settore Y sia meno responsabile di emissioni inquinanti rispetto al settore Z, ovvero se εY < εZ, allora la specializzazione può avere effetti positivi sul livello della qualità ambientale. Nel senso opposto va l’effetto di una contrazione relativa del settore della ricerca, essendo questo il settore pulito dell’economia. Oltre alle esternalità ambientali, statiche e dinamiche, legate al commercio internazionale, nel modello vi sono le distorsioni tipicamente riscontrate nei modelli di crescita con innovazioni endogene dove il tasso di innovazione può risultare diverso da quello ottimale per l’esistenza di spillover della ricerca.39 38 Cfr. Copeland (1994). Come è noto, nei modelli con innovazioni endogene vi sono tre tipi di esternalità: l’esistenza di spillover intertemporali nella ricerca, derivanti dal fatto che gli innovatori non tengono conto del beneficio arrecato con la loro innovazione alle generazioni future, sicchè il tasso di accumulazione può risultare inferiore rispetto a quello ottimale; un’esternalità dovuta al fatto che il surplus del consumatore generato dalla ricerca è superiore al surplus di cui si appropria l’innovatore; il business-stealing effect, ovvero l’esternalità della ricerca – in questo caso negativa – dovuta al fatto che l’innovatore non tiene conto della perdita dei profitti cui va incontro il monopolista che esce dal mercato allorché viene introdotto una nuova generazione del prodotto. Quest’ultimo tipo di esternalità è presente solo nei modelli con innovazione verticale, in cui la nuova generazione di un bene rende obsoleta quella precedente, il caso appunto di distruzione creatrice. Nei modelli con specializzazione produttiva, in cui sono presenti solamente le esternalità positive, il tasso di innovazione dell’economia è sempre inferiore rispetto a quello ottimale – del pianificatore sociale, 39 23 Infine, se si intende valutare l’efficacia di misure di politica economica volte ad aumentare il benessere dei consumatori, è necessario considerarne gli effetti complessivi, sia quelli diretti che quelli indiretti, statici e dinamici. Ciò deriva dalla circostanza che nell’economia in considerazione si è in presenza di molte distorsioni, e quando la mancanza di un numero sufficiente di strumenti rende impossibile conseguire il first best, per cui si attuano politiche di second best, vi è il problema che possono manifestarsi effetti di spillover negativi per cui agendo su una distorsione non necessariamente vi è un incremento di benessere, anzi talora esso può addirittura ridursi. Così, una data politica ottimale per un first best, può non risultare più tale per un second best in quanto produce effetti incrociati che ampliano le distorsioni esistenti,40 per cui agiscono negativamente sul benessere dei consumatori. Nel presente modello le distorsioni statiche presenti in autarchia sono riconducibili all’inquinamento “libero” Pf, non essendo tassato, e al monopolio nel settore dei beni intermedi; le distorsioni dinamiche riguardano gli spillover della ricerca. Lo scambio, oltre ai noti effetti positivi sul benessere dei consumatori può produrre effetti negativi legati all’ambiente, perché alle distorsioni presenti in autarchia dovute alle emissioni libere Pf, va ad aggiungere una distorsione relativa alle emissioni controllate Pc. Con l’apertura al commercio, ai nuovi prezzi relativi dei fattori lo stock di permessi può non risultare più quello ottimale, con la conseguente caduta di benessere dei consumatori. Si supponga che nell’economia si disponga di un solo strumento in presenza delle distorsioni (statiche) dell’inquinamento e di quella (dinamica) che causa un tasso di innovazione e quindi di crescita troppo basso. Se ad esempio lo strumento è lo stock dei permessi di inquinamento Pc e se l’intervento è la riduzione di Pc in modo da ricondurlo al livello di ottimalità, ciò penalizza il tasso di crescita ampliando l’esternalità (dinamica) già esistente, perché è equivalente alla mentre nei modelli neo-schumpeteriani può anche essere il caso che il tasso di innovazione di mercato risulti superiore a quello ottimale, nel caso in cui l’effetto di business-stealing superi i primi due effetti. 40 La questione è stata studiata tra gli altri da Baumol e Oates (1988) nel caso delle politiche ottimali per il commercio e per l’ambiente. Gli autori dimostrano che se il first best richiede una tassa sul commercio per migliorare la ragione di scambio ed una tassa per l’inquinamento per eliminare l’esternalità, e se è disponibile solo la politica commerciale, in presenza di inquinamento la tariffa ottimale può essere più alta o più bassa di quella di first best, perché vi possono essere effetti di spillover dalla tariffa al livello di inquinamento, il quale può di conseguenza aumentare o diminuire. Markusen (1975) e Krutilla (1991) dimostrano che se i livelli delle tariffe sono esogene, allora la tassa di inquinamento ottimale di second best può essere più alta o più bassa rispetto a quella che internalizzerebbe completamente l’esternalità, perché vanno calcolati gli effetti incrociati sulla ragione di scambio. 24 diminuzione di un fattore primario della produzione.41 Se si decide di tassare le emissioni inquinanti “libere” o “indirette”, una tassazione del settore più inquinante Z ha effetti positivi sull’ambiente, ma non risulta efficace per promuovere la crescita: non essendo Z un settore ad elevata intensità di capitale umano, è scarsamente significativo l’effetto sulle risorse di capitale umano che ne risultano liberate a favore del settore della ricerca.42 Se l’unico strumento di cui si dispone è un sussidio al settore della ricerca, ciò risulta senz’altro positivo sia per la crescita sia per l’ambiente, perché incentivando l’espansione del settore R&S in cui si realizzano guadagni di produttività di entità rilevante, si stimola la crescita e si tutela l’ambiente. In tal caso, la crescita può essere incoraggiata senza aumentare il fattore inquinante complessivo, né quello diretto né quello indiretto. Questa è una differenza rilevante rispetto alle analisi in cui non vi è distinzione tra tecniche sporche e pulite, laddove infatti l’economia che sceglie di preservare l’ambiente deve farlo accettando necessariamente il costo di un livello più basso dell'attività economica. Questo è quanto avviene ad esempio in Copeland e Taylor (1994) e (1995).43 Nel modello con innovazioni endogene qui analizzato il commercio internazionale potrebbe indurre distorsioni ambientali con effetti negativi sul benessere. Tuttavia, l’economia può continuare a crescere senza compromettere l’ambiente se la politica economica è rivolta ad incoraggiare l’espansione del settore della ricerca. Ciò può essere realizzato con un sussidio al settore della ricerca, o con altre politiche volte a promuovere le condizioni per la profittabilità degli investimenti innovativi, ovvero il funzionamento dei mercati, delle istituzioni, e delle leggi che incentivino la ricerca. E’ appunto in questo senso che può esservi un allentamento del trade off tra crescita e tutela dell’ambiente. Tuttavia, un’economia “vincolata” sotto il profilo della capacità di aumentare la propria dotazione di capitale umano, o di aumentare la produttività del settore R&S, o in generale di sussidiare il settore della ricerca, può essere indotta a ritardare l’adozione di misure unilaterali per il controllo dell’inquinamento, che causerebbero una caduta del tasso di crescita, con il risultato di un deterioramento dell’ambiente e di una caduta del benessere. Alla luce di ciò, emerge la necessità che gli accordi tra paesi volti a favorire la liberalizzazione degli scambi prevedano contestuali accordi di tutela dell’ambiente. In caso contrario, la globalizzazione dei mercati anziché promuovere la crescita e lo sviluppo rischia di produrre effetti perversi in termini di comportamenti strategici di dumping ambientale. 41 Ciò è evidente dall’equazione [29] del tasso di innovazione dell’economia. Si veda ancora G-H (1991). 43 Gli autori analizzano gli effetti dell’apertura al commercio internazionale per due tipi di paesi, il primo con una maggiore dotazione relativa di capitale umano e il secondo con una maggiore dotazione relativa di fattore inquinante, in un contesto di analisi statica. 42 25 4. Conclusioni Nel lavoro si presenta un modello di crescita di una piccola economia aperta che persegue una politica di controllo delle emissioni inquinanti. In generale, come noto dalla letteratura sulla crescita con innovazioni, gli effetti sul benessere della partecipazione al commercio internazionale saranno negativi o positivi a seconda della specializzazione del paese. In particolare, un’economia impegnata in attività di R&S che si specializzi nella produzione del bene ad elevata intensità del capitale umano – quindi a minore intensità di inquinamento - vedrà crescere la pressione sulle risorse impegnate in attività di laboratorio perché il settore del bene finale è in competizione con quello della ricerca per l’utilizzo del fattore capitale umano. Ciò comporterà una riduzione del suo tasso di innovazione e quindi di crescita. Nel lavoro sono stati evidenziati gli effetti sul benessere della partecipazione al commercio internazionale legati alle esternalità ambientali, confrontando il benessere dell’economia aperta, così come presentata nel modello, con quello dell’economia in autarchia, mettendo in luce le distorsioni esistenti in autarchia e quelle indotte dal commercio. In particolare, con la partecipazione al commercio internazionale viene a determinarsi una ragione di scambio internazionale che riflette una valutazione del prezzo relativo dell’inquinamento differente rispetto a quella di autarchia, il ché può dare luogo ad un aumento delle distorsioni complessive e alla riduzione del benessere dei consumatori legato all’inquinamento. L’effetto è tanto più forte quanto maggiore è la differenza del paese rispetto al resto del mondo negli standards ambientali e nella domanda di qualità ambientale. Nel lavoro si mostra che ciò può essere problematico in quanto spesso si è in presenza di second best, e quelle misure che ridurrebbero le estenalità negative ambientali potrebbero dare luogo ad effetti indesiderati sulla crescita, cosicché il paese si troverebbe di fronte al tipico problema del trade-off tra crescita e tutela dell’ambiente. Si argomenta, tuttavia, che suddetto problema può essere gestito con la promozione dell’innovazione e dell’investimento in capitale umano. Ciò lascia spazio per una visione ottimistica del problema della sostenibilità, anche se i processi di globalizzazione delle economie in atto, inducendo ciascun paese a guadagnare spazi nei mercati internazionali, sempre più competitivi, possono scoraggiare l’adozione di misure unilaterali, inevitabilmente costose, per la tutela del patrimonio naturale. Ciò soprattutto in fasi di rallentamento della congiuntura economica, quando maggiori sono i vincoli al finanziamento della ricerca e dell’innovazione. Alla luce di ciò, è pertanto indispensabile promuovere parallelamente il commercio internazionale ed il coordinamento internazionale tra paesi per la tutela dell’ambiente. 26 Appendice A.1. I prezzi di equilibrio dei fattori sono determinati dalle tre equazioni di prezzo [8], [9], [10] e [12a]. Sostituendo le ultime due nelle equazioni di prezzo dei due beni finali si perviene a α3 α1 pY = w τ α2 wς τ 1−ς ADδ [A1] β3 τ 1−ς pZ = w τ [A2] ADδ Dati i prezzi mondiali ed i parametri, il sistema di due equazioni [A1]-[A2] consente di ottenere i valori delle due incognite w e τ. Risolvendo, infatti, le due equazioni per w ed eguagliandole, tenuto conto delle relazioni tra i parametri: ∑ α s = 1, ∑s β s = 1 , α3 = β3, si perviene alla seguente espressione per τ β1 ς β2 w s β1 −α1 ( β1 +ςα 3 )(α1 +ςα 3 ) − 1 β1 +ςα 3 α 3 ( β1 −α1 ) ( β1 +ςα 3 )(α1 +ςα 3 ) 1 pY(α1 +ςα 3 ) β1 +ςα 3 β1 −α1 τ = pZ ( ADδ ) = pY che, moltiplicando e dividendo per pY , può essere riscritta come α1 + ςα 3 β1 −α1 pZ ( AD δ )α 3 α1 +ςα 3 p β1 −α1 τ = pY Y ( ADδ )α3 pZ [A3] Sostituendo quest’ultima in una delle due equazioni del sistema [A1]-[A2] si ottiene il valore di equilibrio di w p w = pY Y pZ α 1 + ςα 3 −1 β 1 −α 1 ( ADδ )α 3 [A4] A questo punto è immediato verificare dalla [A3] e [A4] che in steady state, assumendo che i prezzi mondiali pY e pZ siano costanti, i prezzi dei fattori e w& τ& p& A& dell’input intermedio crescono ad un tasso pari a = = x = α 3 D . w τ px AD Dalla [A3] e [A4] è agevole, a questo punto, calcolare il rapporto tra i prezzi dei fattori 1 w pY α1 − β1 [A5] = τ pZ che dipende solo dal rapporto tra i prezzi mondiali dei beni commerciati. Ciò, naturalmente, segue dall’ipotesi di piccola economia aperta. 27 Il tasso di innovazione dell’economia γ può ora essere ottenuto sostituendo la [A5] nell’equazione [24] del testo così riformulata 1 H τ P 1 H p α1 − β1 P 1 [1 − (1 − δ )α 3 ] Q = + Y [1 − (1 − δ )α 3 ] Q γ= + − − h w h wh h pZ h wh Utilizzando la [28] per eliminare Q e risolvendo per γ si perviene a 1 H pY α1 − β1 P − [1 − α (1 − δ )][(1 − δ )α ]−1 ρ + 3 3 p Z h γ= h 1 + α 3 µ (φ − 1)(1 − α 3 (1 − δ )) (1 − δ )α 3 da cui, posto B ≡ (1 − δ )α 3 , si perviene alla seguente formula per il tasso di innovazione 1 H p α1 − β1 P ) − (1 − B ) ρ B( + Y pZ h h γ= . 1 + α 3 µ (φ − 1)(1 − B ) A.2 Le equazioni [20] e [21], in cui i coefficienti unitari aji e ajx sono: a HY = α1 pY / w , a HZ = β1 pZ / w , a PY = α 2 pY / τ , a PZ = β 2 pZ / τ , a XY = α 3 pY / p x , a XZ = β 3 pZ / p x , a Hx = δζpx / w , a Px = δ (1 − ζ )1 p x / τ possono essere scritte come la [23] e [24], dove i coefficienti bji sono: −α3 , −α3 , bHY = (a HY + a Hx a Xy ) AD bPY = (a PY + a Px a XY ) AD bHZ = (a HZ + a Hx a XZ ) AD −α3 bPZ = (a PZ + a Px a XZ ) AD −α 3 . Sostituendo le espressioni corrispondenti ai coefficienti aji e ajx si perviene alle seguenti espressioni: α + δςα 3 α δςα 3 −α 3 , bHY = pY 1 + AD = pY 1 w w w β + δςβ 3 β δςβ 3 −α3 bHZ = pZ 1 + AD = pZ 1 w w w δ (1 − ς )α 3 −α3 α + δ (1 − ς )α 3 α bPY = pY 2 + AD = pY 2 , τ τ τ β + δ (1 − ς ) β 3 β δ (1 − ς ) β 3 −α 3 bPZ = pZ 2 + AD = pZ 2 τ τ τ 28 dove, si ricorda, w = wAD−α3 e τ = τAD−α3 sono i prezzi dei fattori aggiustati per le variazioni nella produttività totale. I coefficienti così ottenuti non variano su una traiettoria di equilibrio, essendo pY, pZ , w e τ costanti. A.3 L’equazione [24] del vincolo aggregato delle risorse è ottenuta moltiplicando le equazioni [22] e [23] per w e τ rispettivamente: w hγ + Y [ w bHY + τ bPY ] + Z [ w bHZ + τ bPZ ] = w H + τ P c Tenuto conto delle espressioni dei coefficienti bji, con alcuni passaggi si ha: α +δ (1−ς)α3 β1 +δςβ3 β +δ (1−ς)α3 α +δςα3 c +τpy 2 +τpZ 2 whγ +Y wpy 1 + Z wpZ = wH +τP w w τ τ da cui, ricordando le relazioni tra i coefficienti tecnologici: α1 + α 2 = β1 + β 2 = 1 − α3 = 1 − β3 , si perviene all’equazione [24] w hγ + Y pY (α1 + α 2 + δα 3 ) + Z pZ ( β1 + β 2 + δβ 3 ) = w hγ + [1 − (1 − δ )α 3 )Q = w H + τ P c Bibliografia Aghion, P. e Howitt, P. 1990. “A Model of Growth through Creative Destruction.” NBER Working Paper 3223. Cambridge, MA. Aghion, P. e Howitt, P. 1992. “A Model of Growth through Creative Destruction.” Econometrica 60: 323-51. Aghion, P. e Howitt, P. 1998. Endogenous Growth Theory. Cambridge: The MIT Press. Baumol, W.J. e Oates, W.E. 1988. The Theory of Environmental Policy. 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