Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Civile Sent. Sez. 5 Num. 23781 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 20/11/2015
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 26243 del ruolo generale
dell'anno 2010, proposto da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi,
n. 12, domicilia
- ricorrentecontro
s.r.l. Autofinitalia, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in
atti, dall'avv. Antonio Pimpini, col quale elettivamente
domicilia in Roma, alla via Poma, n. 4, presso lo studio
dell'avv. Elettra Bianchi
-intimata-
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per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale
dell'Abruzzo, sede staccata di Pescara, sez. 10, depositata in data 25
settembre 2009, n. 241/10/09;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 27
ottobre 2015 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
Luigi Cuomo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso
Fatto.
La società ha ricevuto notificazione di un avviso di accertamento
col quale l'Agenzia delle entrate ha recuperato iva, per l'anno d'imposta
2002, in ragione dell'indebita applicazione del regime del margine. Ciò
in quanto, sosteneva l'ufficio, il commerciante di autoveicoli che
invochi l'applicazione del regime del margine ha l'onere di verificare
che i beni oggetto dell'attività commerciale abbiano tutti i requisiti
necessari per la fruizione del regime in esame.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso
avverso l'avviso e quella regionale ha respinto l'appello dell'ufficio,
sostenendo che la contribuente avesse svolto tutti gli accertamenti
esigibili, controllando le caratteristiche delle vetture, il loro stato di auto
usate, il tempo dell'immatricolazione e la circostanza che fossero
commercializzate dal cedente con l'applicazione del regime del
margine.
Avverso questa sentenza propone ricorso l'Agenzia per ottenerne
la cassazione, che affida a tre motivi, cui la contribuente non replica.
Diritto.
1.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, comma 1, n.
4, c.p.c., l'Agenzia si duole della violazione e falsa applicazione
dell'art. 112 c.p.c., in quanto, lamenta, il giudice d'appello si è limitato
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udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
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a condividere la decisione di primo grado, senza esplicitare le ragioni di
tale condivisione.
Il motivo è infondato e va in conseguenza respinto.
L'art. 118 disp. att. c.p.c., anche nel testo novellato dalla 1. 18
giugno 2009 n. 69, il quale consente di rendere i motivi della decisione
ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento ai precedenti
conformi, può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza
non ancora passata in giudicato, purché resti autosufficiente,
riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma
valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa,
in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logicogiuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell'art. 360, 1° comma,
n. 4, c.p.c., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di
riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a
fondamento del dispositivo (Cass., ord. 8 gennaio 2015, n. 107).
In definitiva, è legittima la motivazione per relationem della
sentenza pronunciata in sede di gravame, purché il giudice d'appello,
facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure
in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione
ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso
argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze
risulti appagante e corretto (tra varie, sentenze nn. 13937/02, 979/09,
3367/11 e, tra le ultime, Cass. 11 maggio 2012, n. 7347).
Nella specie, la sentenza gravata individua il thema decidendum
introdotto in appello nella valutazione dei parametri di diligenza
dell'operatore commerciale e li identifica con quelli valorizzati dal
giudice di primo grado, anche alla luce, peraltro, di altra Commissione
tributaria regionale.
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attraverso una succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle
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2. La censura frammentata nei restanti due motivi, che per
-
questa ragione vanno congiuntamente esaminati, con i quali,
rispettivamente, l'Agenzia lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c. l'omessa motivazione in ordine al fatto decisivo
dell'individuazione degli elementi di fatto cui rapportare la
nonché, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione dell'articolo 36 del decreto legge n. 41 del 1995,
convertito dalla 1. n. 85 del 1995 e modificato dal d.l. n. 415 del
1995 e dell'art. 2969 c.c., là dove il giudice d'appello ha ritenuto
sufficienti a provare l'applicabilità del regime invocato gli elementi
desumibili dalle fatture e dallo stato dei veicoli (terzo motivo), è
fondata.
***
2.1.-L'articolo 26bis della sesta direttiva iva, introdotto
dall'articolo 1, numero 3, della direttiva numero 94/5, stabilisce un
regime particolare dell'iva applicabile ai beni d'occasione ed agli
oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione, stabilendo che le
cessioni di questi beni, compiute da un soggetto passivorivenditore, sono assoggettate ad imposta limitatamente all'utile
realizzato, ossia alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal
soggetto passivo rivenditore per il bene ceduto ed il prezzo
d'acquisto.
Questo regime, come chiaramente emerge dal terzo e dal quinto
considerando della direttiva numero 94/5, mira ad evitare le doppie
imposizioni e le distorsioni di concorrenza fra i soggetti passivi; e
ciò in quanto tassare, per l'interezza del suo prezzo, la cessione di
un bene d'occasione compiuta da un soggetto passivo rivenditore,
allorché il prezzo al quale questi ha acquistato il bene incorpori un
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valutazione di diligenza del medio imprenditore (secondo motivo),
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importo di Iva assolto a monte da un soggetto passivo, che né il
cedente né il rivenditore sono stati in grado di detrarre,
comporterebbe, appunto, una doppia imposizione (vedi Corte
giustizia 3 marzo 2011, C-203/10, Auto Nikolovi, punto 48; Corte
di giustizia 8 dicembre 2005, C-280/04, Jyske Finans, punto 38).
principio generale secondo il quale l'Iva è riscossa per ogni
cessione di beni compiuta a titolo oneroso da un soggetto passivo
(Corte giustizia 19 luglio 2012, C-160/11, Bawaria Motors,
concernente l'omologa norma della direttiva 2006/112/CE, punti 28
e 34; Corte giustizia sentenza Auto Nikolovi, punto 46; Corte di
giustizia sentenza Jyske Finans, punto 35).
Il che comporta che quando il soggetto passivo-rivenditore
rivende, ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, beni
d'occasione da lui acquistati in regime normale d'iva, il diritto
spettantegli di detrarre l'iva dovuta o assolta per i beni in questione
esclude qualsivoglia rischio di doppia imposizione,
conseguentemente escludendo l'applicabilità del regime di deroga
del margine (Corte di giustizia, sentenza Auto Nikolovi, punto 49).
La specialità del regime, la sua facoltatività e la sua
alternatività rispetto a quello ordinario emergono con chiarezza,
nell'ordinamento interno, dall'art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995,
numero 41, convertito con modificazioni dalla 1. 22 marzo 1995,
numero 85, che ha dato attuazione alla direttiva dinanzi richiamata
e che, in particolare, al comma 3, consente al cessionario di beni
d'occasione di <<applicare -per ciascuna cessione- l'imposta nei
modi ordinari a norma dei titoli I e II del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dandone comunicazione
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Esso è senz'altro un regime particolare, giacché deroga al
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al competente ufficio dell'imposta sul valore aggiunto nella relativa
dichiarazione annuale>>.
3.-È allora pienamente coerente l'orientamento della Corte
che, facendo leva sulla specialità del regime rispetto all'ordinario
regime impositivo IVA riguardante gli acquisti intracomunitari, fa
contestazione dell'amministrazione, la sussistenza dei presupposti di
fatto che giustificano la deroga invocata (Cass. 18 dicembre 2014,
n. 26852; 5 dicembre 2014, n. 25755; 19 novembre 2014, n. 24604;
20 marzo 2013, n. 6916; ord. 13 marzo 2013, n. 6399; 22 febbraio
2013, n. 4525; 12 settembre 2012, n. 15219; 1 giugno 2012, n.
8828; 30 maggio 2012, n. 8636; 31 gennaio 2011, n. 2227; 12
febbraio 2010, n. 3427).
Il rischio fiscale dell'operazione intracomunitaria, realizzata
con applicazione del regime del margine, ma in difetto dei
presupposti richiesti, ricade sul cessionario che, nei limiti imposti
dall'onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze,
non abbia verificato preventivamente la regolarità sostanziale della
operazione, e non soltanto la regolarità formale della fattura, anche
con riferimento alla condizione soggettiva del cedente; e tanto più
è elevato il grado di impegno esigibile nella predetta verifica,
quanto più specifica è la qualità professionale del cessionario,
qualora si tratti di operatore commerciale del settore, in base alla
regola generale stabilita dal 2° comma dell'articolo 1176 del codice
civile.
L'onere di verifica gravante sul cessionario-contribuente alla
stregua dei documenti negoziali in suo possesso appare senz'altro
coerente col s rincisio di vicinanza al atto o • • etto di srova, poiché
l'operatore commerciale viene a trovarsi, proprio in considerazione
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ricadere sul contribuente l'onere di provare, a fronte di una
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del rapporto che instaura con il soggetto emittente la fattura, in
posizione privilegiata per effettuare ex ante un controllo delle
condizioni di legge rispetto a quello operato soltanto ex post
dall'amministrazione finanziaria.
Ma l'onere di verifica è altresì coerente con le regole generali
ai fini dell'esercizio del diritto di detrazione dell'iva.
Buona fede, che secondo la Corte di giustizia, è configurabile
qualora il committente/cessionario, pur avendo adottato tutte le
ragionevoli precauzioni, non abbia avuto e non potesse avere la
consapevolezza di partecipare, col proprio acquisto, ad un illecito
fiscale dell'emittente delle fatture contestate (vedi, in particolare,
Corte giust. 31 gennaio 2013, C-643/11, LVK 56-E00D, punto 52,
che, nell'escludere che il principio di certezza del diritto osti al
<<diniego di detrarre l'iva a monte nei confronti del destinatario di
una fattura», fa leva sulla mancanza di qualsivoglia indizio <<che
faccia presumere che l'interessato non fosse in grado di orientarsi
in modo utile per quanto concerne l'applicazione di tali
normative»).
4.- Nel caso in esame, le circostanze valorizzate in sentenza e
sunteggiate in narrativa sono del tutto inconsistenti a fondare i
presupposti di applicazione del regime invocato, non bastando i dati
emergenti dalle fatture a dimostrare la sua applicazione da parte del
cedente ed essendo a tal fine del tutto irrilevante la condizione delle
autovetture.
5.41 ricorso va in conseguenza accolto. Ne deriva la cassazione
della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria regionale
dell'Abruzzo in diversa composizione, affinché riesamini la
vicenda.
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fissate dalla Corte di giustizia in tema di rilevanza della buona fede
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per questi motivi
La Corte:
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo
motivo, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2015.
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dell'Abruzzo in diversa composizione.