La stella di Florez infiamma il Salento

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La stella di Florez infiamma il Salento
S P E T TAC O L I
Domenica 13 Aprile 2003
FESTIVAL EUROPEO. Si è chiuso ieri.L’anteprima di Zanussi, il dibattito col sociologo Cassano
Cinema meridiano a Lecce
Vince il film portoghese:una Madre Coraggio in fuga
dal nostro inviato
LECCE - Capitale estiva degli
spettacoli pugliesi già da qualche anno, Lecce ora si «destagionalizza», per dirla con un
brutto, ma efficace neologismo
da assessori al turismo, puntando a diventare un centro di
fermenti culturali anche nelle
altre stagioni dell’anno. Merito
dei talenti organizzativi locali,
ma pure – crediamo – d’un silenzioso e tenace lavorio di
squadra delle istituzioni, dal
sindaco Adriana Poli Bortone
al presidente della Provincia
Lorenzo Ria, senza dimenticare il salentino Raffaele Fitto nel
cuore del potere regionale, là a
Bari, dove invece qualcosa del
genere si comincia a intravedere solo da poco, con l’arduo percorso della Fondazione che dovrebbe gestire i teatri cittadini.
Così, nella sola serata di venerdì, lo spettatore leccese poteva scegliere gli incontri della
Fiera libraria di Calimera per i
piccoli lettori curata da Anna
Grazia D’Oria (tra gli altri, c’erano Vincenzo Consolo e Nico
Orengo, Giuseppe Laterza e Nico Naldini), o bearsi nel misticismo della danza sacra rotatoria dei Dervisci Sara Gul ai
Cantieri Koreja. Ancora, poteva andare alla «prima» del donizettiano La fille du régiment
con la nuova star della lirica
Juan Diego Florez, oppure assistere all’anteprima italiana di
Supplement, l’ultimo film del
maestro polacco Krzysztof Zanussi, che nel capoluogo salentino è talmente «di casa» da aver acquistato qui i lampadari
per la sua casa di Varsavia.
Ospite della quarta edizione
del Festival del cinema europeo diretto da Cristina Soldano
e da Alberto La Monica, il cosmopolita Zanussi in italiano
fluente ha introdotto il film ricordando quanto il Vecchio
Continente – satollo di benessere, ma sempre più depresso –
abbia bisogno dell’energia
creativa dell’Est europeo, e degli stranieri in generale. Discorso coraggioso e tempestivo,
mentre in Iraq si apre un dopo-
Amélia Coroa e Ludovic Videira nel film portoghese «Mulher Policia» (Poliziotta) che ieri ha vinto il festival di Lecce
guerra non meno «problematico» del conflitto, che è riecheggiato nel convegno di ieri mattina sul «cinema meridiano»
organizzato nell’ambito del festival dal Sindacato critici cinematografici (SNCCI). Protagonista il sociologo Franco Cassano, autore dell’ormai classico
Pensiero meridiano (Laterza
ed., 1996), il quale ha accettato
l’invito del presidente del Sindacato, Bruno Torri, esponendo la sua speculazione teorica
agli sguardi di un’altra lingua,
il cinema, appunto.
Un’occasione preziosa perché, come è stato ricordato nel
convegno, non pochi artisti negli ultimi anni si sono dichiarati orgogliosamente «meridiani», facendo propri l’autonomia simbolica e il protagonismo del Sud che sono l’essenza
della riflessione di Cassano, valida peraltro per tutti i Sud, ovvero non confinabile nel vetusto meridionalismo.
RICONOSCIMENTI ANCHE PER «DINA» E «THE REUNION»
L
a Giuria della quarta edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce ha assegnato L’Ulivo d’Oro e una dotazione di 5000 euro al film portoghese
«Mulher policia» di Joaquim Sapinho con la seguente
motivazione: «Il regista ha avuto il coraggio di raccontare una storia commovente di una realtà spaventosa
con raffinatezza e sensibilità». Il premio per la Migliore
Sceneggiatura è andato a Hans Hergren e Hannes
Holm (The Reunion). Perché gli «sceneggiatori hanno
trovato un equilibrio tra leggerezza e profondità attraverso un dialogo divertente e sofisticato per un tema
serio». Il premio per la Migliore Attrice a Maria Bonne-
vie (I’m Dina) di Ole Bornedal (Sve),«Per essere riuscita a dare vita ad un personaggio molto difficile e complesso con fermezze e intensità».Miglior attore a Bjorn
Kjellman per il film «The Reunion», «per essere riuscito a rendere importante un personaggio apparentemente insignificante e indifferente con umorismo e tenerezza». Il Premio Speciale all’attore Arnel Taci per il
film «Paule und Julia»,perché «il coprotagonista di questo film è riuscito a catturare nel suo personaggio lo spirito del film». Il premio migliore cinematografia al film
«Mulher policia».Il Premio Fipresci a «I’m Dina» per la
creatività e la verità nella descrizione di un’epoca.
MUSICA. Due applauditi concerti a Taranto e a Bari
Il sax grintoso di Bob Mintzer
rivitalizza la JSO di Paolo Lepore
i volevano il sax e la penna di Bob Mintzer per scrostare quella patina di aurea
routine che da qualche tempo ricopriva le
performance della Jazz Studio Orchestra. E bene
ha fatto Paolo Lepore a invitare a Taranto e a
Bari l’ex «Yellowjacket», confidando sia sulle sue
capacità solistiche, sia – o forse soprattutto – sulle sue non comuni qualità di arrangiatore; una
marcia in più, quest’ultima, che ha reso subito
percepibile la differenza con gli altri pur validi
solisti impegnati in precedenti occasioni.
Galvanizzata da Mintzer, che ha evidentemente profuso il suo impegno anche come concertatore prima di andare in scena, la Jso ha ritrovato
il suo smalto migliore riuscendo, per una sera,
ad affrancarsi da un repertorio ormai sin troppo
standardizzato, per non dire a tratti consunto.
Tutte nuove le composizioni, a firma di Mintzer o quantomeno – come nel caso dello standard
April in Paris e del popolarissimo Oye como va di
Tito Puente – vestite di arrangiamenti realmente trascinanti. Una scrittura sapiente quella
di Mintzer, capace di esaltare gli intrecci tra le
sezioni di fiati, attraverso riff dalla meccanica
infallibile, come hanno pienamente dimostrato
Movin’ Some Fun e Home Basie, scritti in omaggio al «Conte», il latino Timeless e l’afrocubano
Chant. Composizioni nelle quali, accanto ai consueti solisti della JSO, si è messa in luce la ner-
C
U
Lo hanno ribadito gli interventi dei critici Silvana Silvestri e Anton Giulio Mancino.
La prima si è impegnata a esplorare ed elogiare la confusione delle acque mediterranee
sullo schermo, dai Balcani al
Maghreb al nostro Mezzogiorno: una provvida Babele in cui
per esempio, ha detto Silvestri,
il barese Nico Cirasola adotta
la stessa anarchia drammaturgica tipica del cinema arabo.
Invece Mancino ha evocato i
ltima tappa, stasera allo Sheraton di
Bari, di «Mudù in Tour», consistente
successo televisivo trasformato in
tournée per arroventare dal vivo i fan
multimediali. Uno show, creato da Uccio
De Santis, incentrato su un gruppo ormai
rodatissimo:Umberto Sardella,Antonella
Genga, Carmen Martorana, Saba Loconsole,Barbara Biasi,Pino Fusco,Max Diele.
E, dolce in fondo, Mariolina De Fano. Uccio, il burattinaio per scolaretti fattosi capocomico, è attivo sulla scena da più di 15
anni.
De Santis, la sua gloria le è stata recapitata
a casa dall’Auditel.Non teme di ritrovarsi
con le scarpe rotte,ricalcando il palcoscenico?
«Esibirmi di nuovo come commediante è
stato entusiasmante. Naturalmente teatro e televisione richiedono un linguaggio
film di Marra (Tornando a casa, di Incerti (Prima del tramonto) e dei teatranti siciliani
Sframeli e Scimone (Due amici)
quali modelli di un’estraneità
alla tirannide hollywoodiana e
quindi di libertà creativa «meridiana».
E certo è che soprattutto la
lentezza, uno dei cardini del
fortunato libro di Cassano,
quindi la scelta di un passo narrativo non ossessionato dalla
velocità televisiva, «sospeso»
sulle cose per comprenderle
meglio, può essere il germe di
di un cinema altro, euromediterraneo, ma non solo, dal greco Angelopoulos all’iraniano
Kiarostami, da Amelio al Lynch del lentissimo e bellissimo
viaggio americano di Una storia semplice.
Coerente in tal senso è il verdetto del festival leccese. La
giuria capitanata dal presidente dell’ANICA Gianni Massaro,
e composta fra gli altri dal regista barese Alessandro Piva e
dalla popolare attrice Barbora
Bobulova, ha infatti assegnato
l’«Ulivo doro» al film portoghese Mulher Policia del quarantenne Joaquim Sapinho. È la
storia di una Madre Coraggio
nel nord di una Lusitania desolata e onirica, nel quale la protagonista intraprende una fuga
senza fine col suo figliolo adolescente verso una salvifica Lisbona, che mai sarà raggiunta.
Puro «cinema meridiano», il
film di Sapinho, anche se qualcuno lo ha apparentato addirittura al cinema neozelandese
(sic), perché trasforma in estetica le pause, i silenzi, la meraviglia per il paesaggio, una sorta di sacralità «laica», ritrovando quel senso del tragico che è
la grande rimozione «made in
Hollywood». Film che viene
non a caso dai confini, come le
opere dei nostri Winspeare e
Piva, o come «The Sea» dell’islandese Baltasar Kormakur
molto applaudito qui a Lecce,
nel quale un villaggio di pescatori di quel nord estremo viene
sconvolto dalla globalizzazione.
Oscar Iarussi
IN PILLOLE
Banfi: un tour all’insegna del gospel
in estate tappa a Castel del Monte
Estate gospel per Lino Banfi. Coronando un vecchio sogno musicale,
Banfi ha annunciato a «Cartoons on the bay» in corso a Positano, almeno dieci serate tra luglio e agosto in arene storiche,di uno spettacolo che si sta ideando in queste settimane, dal titolo «Gospe-lino».
«Insieme a me ci sarà mia figlia Rosanna e un coro gospel tutto italiano di 22 elementi - ha detto - Saranno serate di musica e storia in luoghi come Paestum,Siracusa e Castel del Monte».Banfi,che domani a
Positano presenterà una iniziativa dell’Unicef, si è detto molto soddisfatto del ritrovato successo della nuova serie di «Un medico in famiglia», in onda la domenica sera su Rai Uno, e di ritenere però prematuro l’annuncio di un’ulteriore serie. Banfi, insieme al giornalista del
TG1 Francesco Giorgino, sarà protagonista il 17 maggio ad Andria di
una serata speciale benefica intitolata «Andrisani and Friends».
L’ex «Yellowjacket» Bob Mintzer
Laetitia Casta e Stefano Accorsi
un nuovo amore ’n’copp a Posillipo?
boruta e funkeggiante sezione ritmica con Ettore Carucci al pianoforte, Rocco Zifarelli alla
chitarra, Vito Di Modugno al basso e i fratelli
Michele e Maurizio Vurchio alle percussioni.
Ma ovviamente, Mintzer non ha mancato di
confermarsi anche come solista grintosissimo,
regalando alla platea anche un ispirato Body
and Soul in duo con la chitarra e un fantasioso
Greater Love in completa solitudine.
Successo meritatissimo. Ora ci auguriamo che
i benefici della «cura» durino a lungo.
Semplice amicizia o la nascita di un nuovo amore all’ ombra del Vesuvio? Letitia Casta e Stefano Accorsi, secondo quanto ha riferito «Il
Mattino»,sono in questi giorni a Napoli e tra loro sembra ci sia più di
una «semplice amicizia».La Casta è da alcune settimane a Napoli per
le riprese del nuovo film in costume per la televisione dei fratelli Taviani «Luisa Sanfelice» - ambientato ai tempi della Rivoluzione napoletana del 1799 - ed alloggia in una villa a Posillipo,Villa Lauro,insieme
con la figlia Satheene. Anche Stefano Accorsi - il trentenne in crisi
dell’«Ultimo bacio» di Gabriele Muccino - ultimamente è spesso a
Napoli. E Accorsi e Casta sono stati visti spesso insieme a Napoli, come una coppia di giovani innamorati. Nel cast del film dei Taviani, c’è
anche l’attore barese Emilio Solfrizzi.
Ugo Sbisà
MUDÙ IN TOUR. Stasera a Bari allo Sheraton la chiusura
Quelli delle barzellette
Uccio & company,il potere liberatorio della risata
molto diverso.Le gag che in tv funzionano
perfettamente perché basate su inquadrature particolari o primi piani,non possono essere utilizzate in teatro. Lì dentro
l’attore tiene conto di ogni singolo spettatore, fino all’ultima poltrona della galleria».
Voi comici pugliesi state finalmente dando
filo da torcere a romani,napoletani,toscani.
«Il nostro fenomeno è cominciato da tempo. L’ho toccato con mano alcuni anni fa,
esibendomi a Milano, dove ottenni grandi
consensi di critica.Il pugliese concede una
forte identità culturale. È una novità piacevole da scoprire, per simpatia, gioia di
vivere e soprattutto spontaneità».
Lo spettacolo si presenta come una vera e
propria miscela esplosiva di gag, scenette
e momenti musicali...
«Ad aprire lo spettacolo è Mariolina De Fano,nei panni della custode del palcoscenico. Dopo questa partenza accattivante si
continua all’insegna del vero e proprio varietà, con una carrellata dei personaggi
grotteschi,fra cui naturalmente non mancano i medici,i carabinieri e la messicana.
Come dolce finale, una canzone inedita
che prende spunto da una delle nostre gag
più riuscite: Devo andare alla stazione».
Francesco Monteleone
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LIRICA. Il tenore a Lecce nella «Fille du régiment»
La stella di Florez
infiamma il Salento
Pubblico in delirio al Politeama.Oggi alle 18 la replica
Il tenore peruviano Juan Diego Florez (al centro della scena) nella «Fille du régiment» di Donizetti
LECCE - Nella vasta e varia produzione operistica di Gaetano Donizetti, La fille du régiment – prima opera francese del maestro bergamasco andata in scena a Parigi nel 1840 –
spicca per l’indubbia abilità con la quale l’autore seppe adattare la propria vena creativa,
squisitamente italiana, ai gusti del pubblico
francese appassionato estimatore dell’opéra
comique. Nel contempo, però, va sottolineato
come, trasferita con ampi e spesso improvvidi
ritocchi dallo stesso autore in atmosfera italiana, l’opera in questa versione abbia a suo
tempo stentato ad affermarsi da noi.
In realtà, a ben guardare, si tratta di un’opera tanto fascinosa quanto difficile poiché richiede agli interpreti un impegno non soltanto vocale, quanto anche teatrale. Assortire un
cast dunque che renda piena giustizia alla
creazione donizettiana non è poi facile. È stata
quindi una vera scommessa che Katia Ricciarelli ha inteso fare con se stessa, in veste di
direttore artistico della stagione che la Provincia di Lecce presenta al Politeama.
Una scommessa vinta, poiché l’esito è stato
estremamente positivo. L’attesa ovviamente era per Juan Diego Florez, il giovane tenore
peruviano sul quale si punta, e giustamente,
l’attenzione dei melomani di tutto il mondo.
Ma – ed in questo rifulgono l’abilità e la sensibilità di Katia Ricciarelli – non si è trattato di
un allestimento imperniato su un solo, pur
straordinario interprete. Florez si è splendidamente incastonato in un gruppo di cantanti
altrettanto giovani (altro punto a favore delle
scelte della Ricciarelli) e dotati, che hanno ridato vita all’opera sull’onda di un sincero generale entusiasmo, mantenuto in esemplare equilibrio fra il frizzante ed il morbidamente
appassionato, e che ha così esaltato lo spirito
vitalissimo e coinvolgente della partitura.
Nell’opera – nella versione francese (che è
quella proposta a Lecce) ed in quella italiana –
non mancano ovviamente le «arie» che si possono definire «familiari» agli appassionati,
ma questi brani «di bravura» non meno che di
squisita fattura, riascoltati nel loro naturale
contesto risultano ancor più avvincenti.
Florez – che dichiaratamente si sente più vicino a Kraus (che il pubblico leccese aveva eletto a suo tempo suo beniamino, in quanto unico capace di far rivivere compiutamente il
repertorio del grande Schipa), che non a Pavarotti – rispetto al grande modello ha, ci sia
concesso, qualcosa di diverso, se non addirittura in più. Se la sicurezza di emissione, la
limpidezza squillante e pur morbida della voce (attesi ed esaltanti i famosi nove «do» consecutivi di Mes amis), possono rievocare Kraus, Florez appare sempre coinvolto con convinzione nello spirito del personaggio: la sua è
una prestazione viva, con un pizzico di giovanile sfrontatezza e sempre venata di appassionata partecipazione. In breve, ci sia concesso
l’aggettivo, è stata fenomenale e l’entusiasmo
del pubblico si è scatenato, ottenendo il bis della parte finale dell’aria-clou Mes amis.
Lecce ha ospitato la sua prima esecuzione italiana della Fille e l’avvenimento sarà sicuramente ricordato come una delle più riuscite
serate delle ormai straordinarie stagioni liriche leccesi.
Ma, come dicevamo, non meno valida la prestazione degli altri interpreti. Innanzitutto
Laura Giordano, che poi a ben guardare è, o
dovrebbe essere, la vera protagonista dell’opera. Spigliata nella recitazione, capace di cesellare con grande finezza, il contrasto che il personaggio vive fra il piglio militaresco e la riemergente delicatezza femminile, ha sfoggiato
una vocalità di suadente morbidezza, sicura
anche nei momenti di più spiccato impegno
virtuosistico e puntualmente improntata a seconda dei momenti, da languore o da brio.
Straordinaria la sua esecuzione della celebre
aria Il faut partir.
Trascinanti i duetti con Florez, ma non meno efficace quello con Sulpice, il rude paterno
sergente, ruolo sostenuto con vitalità, decisione e dovizia di pregevoli mezzi vocali dall’ottimo Paolo Bordogna, che ha dato al personaggio lo spiritoso rilievo che gli compete: basterà
pensare al raptus passionale per la Duchessa!
Non meno efficace Angela Masi nel ruolo della Duchessa, un ruolo, va pur detto, che impegna l’interprete sul piano teatrale non meno,
se non più di quello vocale. Ma impeccabile vocalmente, la Masi ha sfoggiato una verve scenica di grande efficacia, calibrata, ironica, ma
sempre mantenuta sul piano del buongusto.
Ugualmente riuscito è apparso il personaggio
di Hortensius, affidato a Gerardo Spinelli,
buona voce e scena impeccabile. Centrate infine le prestazioni di Paola Marra, Giovanni
Di Ciaula, Salvatore Selvaggio e Dionigi
D’Ostuni.
Un «bravo» di cuore al Coro Lirico leccese,
magnificamente preparato da Emanuela Di
Pietro, rivelatosi capace di cantare in francese senza alcun problema e di «fare scena» con
ricchezza impeccabile di movimenti.
La direzione di Riccardo Frizza (l’avevamo
apprezzato a Spoleto ed a Martina), sicura,
chiara e decisa ha impresso all’andamento
musicale il passo giusto, con coinvolgente esaltazione dei momenti più frizzanti e con sinceri abbandoni in quelli di più passionale impianto, ottenendo una piena rispondenza dall’orchestra leccese.
Regia, scene e costumi sono stati realizzati
da Massimo Gasparon, con felici intuizioni.
Gli spunti comici che la vicenda comporta, sono stati disegnati con eleganza, ma al tempo
stesso con preziosa incisività, che tutti gli interpreti hanno assimilato con franca partecipazione. La scena della lezione di musica al secondo atto è stata eccezionale e resa con estrema bravura dalla Giordano e dalla Masi. I costumi d’epoca erano molto belli e ricchi e la
scena, nella sua essenzialità, si è rivelata estremamente funzionale ed anche elegante.
Applausi anche a scena aperta, ai limiti del
tripudio. Anche in quest’opera c’è stato un
«cameo» e l’ha vissuto Katia Ricciarelli, apparsa fra gli invitati al matrimonio, annunciata come la «principessa Katiuscia Ricciarellowsky Baudova», un atto di presenza che ha
unito nel successo finale ai bravissimi interpreti, anche l’artefice del riuscito spettacolo: e
con quasi materno slancio è stata la stessa
Ricciarelli ad offrire i fiori alla Giordano.
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