Relax - Mensa Italia
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relax La rivincita dei videogiochi di Davide Tomei M olte persone, quando sentono la parola “videogioco”, pensano alla classica scatolona arcade che si trovava nelle sale gioco e alla scritta insert coin. Ancora oggi, per alcuni, la massima conoscenza dei videogiochi non va oltre Asteroids o Space Invaders1. All’inizio dell’era dei videogiochi, gli arcade erano infatti l’unico mezzo per poter giocare, poiché non era ancora disponibile una tecnologia che portasse nelle case l’intrattenimento videoludico. Sembrano passati tempi lunghissimi da quelle prime macchine per videogiochi, sicuramente più dei trent’anni che ci separano. Il primo a rendersi conto del potenziale commerciale fu, sulla scia del successo degli arcade, Nolan Bushnell (futuro fondatore dell’Atari), che inventò il famoso gioco Pong, primo vero videogioco commerciale. Fu, però, alla fine degli anni ’70 e ai primi degli anni ’80 che ci si accorse che il Mondo era veramente pronto per degli apparecchi domestici con cui intrattenersi. Le console erano dirette sopratutto ai teenager, così come i giochi, che complice anche la tecnologia “povera” dell’epoca, erano a dir poco essenziali, sia nella grafica che nel gameplay. Sta di fatto che sono di questo periodo alcune tra le console più famose di tutti i tempi, come l’Atari 2600 (del ’77) o il Nes 2 (quest’ultimo, fu in produzione dal 1983 al 1994), che generarono alcuni tra i protagonisti più famosi della storia dei videogiochi, come Pac-Man e Super Mario. La vera rivoluzione si ebbe negli anni ’90 con il lancio della prima Play Station, che fino ad oggi ha venduto 103 milioni di pezzi. La PS2 ne ha venduti 120. Le concorrenti Xbox e GameCube, dello stesso periodo, pur non arrivando a tali cifre, si attestano sempre su decine di milioni di console vendute. Anche i giochi divennero sempre più complessi: non più semplici trasposizioni di famosi arcade, come sulle prime console, ma nuovi, moderni e veloci giochi ispirati alla realtà così come dettati dalla più sfrenata fantasia degli sviluppatori. Il mercato dei videogiochi e delle console continuò a crescere, introducendo generazioni di macchine sempre più tecnologiche, arrivando, con le ultime PS3, Wii e Xbox 20 Memento - rivista del Mensa Italia - n. 1/2008 360, alla 7ma generazione. Dagli anni ’90, una grossa spinta la si ebbe con i PC, che ormai polivalenti, sostituirono le console delle prime generazioni, condannando le sale giochi ad un inesorabile declino. E’ sopraggiunta, con gli anni, anche la voglia del “gioca ovunque”; numerose sono state infatti le console portatili: dal GameBoy e Game Gear, al più recente DS, dalla PlayStationPortable ai cellulari dedicati, come il Nokia N-Gage. La massificazione dei videogiochi era ormai realtà. Da fenomeno di nicchia, in venti anni, l’industria videoludica è diventato il secondo fenomeno di intrattenimeto, dietro solo a quella cinematografica. Anche per fatturato, i discendenti di Super Mario sono secondi solo ad Hollywood: nel 2003, il valore del software e hardware collegato ai videogiochi ha raggiunto la cifra di 20 miliardi di euro. Le più grandi società di sviluppo e distribuzione di giochi hanno fatturati di tutto rispetto: la Elecronic Arts, la più grande per ora, ha fatturato nel 2006 quasi 3 miliardi di euro. E’ notizia di questi giorni che la Activision (creatrice, tra l’altro, di Guitar Heroes e della serie di successo Call of Duty), ha effettuato una fusione con un’altra software house, la Blizzard Entertainment (che ha dalla sua titoli come Diablo e la serie di Warcraft) per un valore complessivo di 13 miliardi di euro. Se si pensa che queste società non producono nulla di veramente tangibile e duraturo, i numeri risultano ancora più stupefacenti. Insomma, il videogioco è stato sdoganato dal vecchio stereotipo che lo voleva come una perdita di tempo, un inutile divertissement, così come il videogiocatore non è più considerato solo un ragazzino. Ciò è confermato dalle numerose rassegne e fiere annuali dedicate esclusivamente al mondo dei videogiochi, la più importante delle quali, l’E ³ (Electronic Entertainment Expo), attira annualmente circa 60 mila persone. Per dare un’idea del mercato italiano, nel 2005 sono stati venduti 5,6 milioni di giochi , considerando tutte le console in circolazione e il PC. Sempre nel 2005, l’introito del mercato videoludico italiano, considerando software e hardware, ha superato i 600 milioni di euro, e si stima che circa il 36% della popolazione sopra i 14 anni giochi ai videogames. Alla rivoluzione commerciale che ha avuto per protagonisti i videogiochi negli ultimi anni, sottende un’altra rivoluzione: quella socio-culturale. Le imponenti cifre che riguardano l’industria videoludica, infatti, non si potrebbero ottenere se i videogiochi non fossero diventati parte della vita (per alcuni quotidiana) di molta gente. La motivazione principale è da ricercare nella presa di coscienza che i videogiochi non sono destinati ad uso esclusivo dei teenager, ma possono essere fruiti (e ad oggi è proprio così) da una fascia di età molto più ampia. Un altro aspetto da tenere in considerazione è l’alto livello qualitativo raggiunto dai videogiochi. Sono molte le persone che optano per una serata passata a giocare ad un ottimo titolo piuttosto che vedere un film mediocre. Molti videogiochi hanno infatto raggiunto un livello di profondità della narrazione e della storia, di perfezione grafica e di coinvolgimento tale, che non hanno nulla da invidiare ai titoli cinematografici. Inoltre già da qualche tempo, le software house, fanno uso di famosi attori per dare voce ai protagonisti, prorpio per alzare il livello qualitativo del gioco. A ciò si aggiunga il fatto che i videogiochi sono interattivi, quindi non si subisce passivamente la storia come nei film. Proprio analizzando la storia dei videogiochi in relazione alla storia recente dei film, si possono trarre interessanti conclusioni. Sin dalla nascita dei videogiochi, questi hanno avuto uno stretto legame con i film. Più precisamente, si creavano dei videogiochi basati sui film di successo da poco usciti nei cinema con la speranza che la popolarità del film “tirasse” anche la vendita del videogioco. Si possono ricordare E.T. (tra i primi), Blade Runner, le dozzine di giochi basati su Star Wars e Star Trek, Indiana Jones, molti dei cartoni Disney, fino ai recenti Il Signore degli Anelli e Pirati dei Caraibi 4. Soprattutto negli ultimi anni per ogni blockbuster, immancabilmente è uscita la sua controparte in forma di videogioco. Può capitare, ovviamente, che quest’ultimo non riscuota il successo del film, anzi, tra i videogiocatori, i titoli su licenza godono di scarsa considerazione, in quanto spesso di bassa qualità. E’ successo però, che anche i produttori di Hollywood hanno capito l’importanza e la forza dei videogiochi. Molti hanno creato dei videogiochi che non riprendono il film vero e proprio, ma piuttosto che ne amplino e ne completino la storia. Degli spin-off, degli approfondimenti che hanno personaggi e situazioni proprie, ancora immersi nell’atmosfera del film, ma che del film originale hanno poco o nulla. Questo passaggio, che può sembrare solo un artificio commerciale, segna, a relax Memento - rivista del Mensa Italia - n. 1/2008 mio avviso, un importante passo avanti per il riconoscimento per videogiochi di un ruolo da comprimario e non solo come cugino povero di Hollywood. Per fare questo tipo di videogioco, non basta più prendere gli attori e la sceneggiatura del film, e renderli “giocabili”. Tali prodotti necessitano di nuovi personaggi, nuove sceneggiature, nuovi luoghi, oltre ad un collegamento, più o meno forte, con il film. Prendete un film come Star Wars. Oltre ai già citati adattamenti, negli ultimi anni, in concomitanza con i 3 prequel sono apparsi dei videogiochi che spaziano nell’intero universo di George Lucas, non limitandosi a coprire l’arco spaziotemporale dei film. Un esempio: siamo nel secondo episodio, Anakin, Obi-wan e Padmè sono prigionieri nell’arena del Pianeta Geonosis, quando Yoda arriva con l’esercito dei cloni e libera gli ostaggi, mentre infuria la battaglia. E’ proprio qui che inizia uno dei videogiochi 5, nel quale si deve prendere il comando di un gruppo di elite di cloni che, defilandosi dalla battaglia principale, deve portare a termine missioni cruciali per il proseguimento della guerra. Ora, il fatto saliente, è che nelle numerose cronologie del film, le azioni compiute dai soldati nel videogioco, vengono riportate accanto a quelle degli attori veri, come se ne fossero parte integrante. Omissioni di tale rilevanza, del resto, denoterebbero discontinuità nella narrazione. Altri film, di portata inferiore, utilizzano i videogiochi come veri e propri sequel o prequel. Nei film Pitch Black e The Chronicles of Riddick, il protagonista, il misterioso Richard B. Riddick, è un pericoloso assassino destinato a salvare l’Universo. film e dove il giocatore può scorpire (calandosi nei panni del protagonista) come Riddick sia scappato da un carcere di tripla sicurezza, per creare un credibile antefatto del film. Alcuni sono arrivati a dire, vista l’alta qualità del gioco, che questo sia in effetti addirittura meglio dei film. Ancora, ne Il Signore degli Anelli si racconta la guerra dell’Anello nel Sud della terra di mezzo, anche se come scritto nel libro, fu combattuta anche al Nord. Un recente videogioco 6 permette di combattere in prima questa parte della guerra dell’Anello, mai realmente narrata nei libri. Anche Indiana Jones ha compiuto delle avventure solamente nei videogiochi, ma queste vengono a tutti gli effetti contate come “autentiche”. Si può facilmente intuire che in questo tipo di giochi, molto più che nelle semplici trasposizioni, la storia e la qualità di gioco devono essere di primissimo livello, proprio per permettere al giocatore una immersione totale. La collaborazione film videogiochi, comunque, non è stata univoca. Molti videogiochi sono stati trasposti in film, tra i più famosi Resident Evil e Tomb Raider. Tomb Raider The Chronicles of Riddick Il videogioco Escape from Butcher Bay, è un prequel di Pitch Black, in cui si fanno la conoscenza di alcuni personaggi effettivamente presenti nei Complice la perdurante mancanza di creatività che sembra aleggiare negli Studios, negli ultimi dieci anni i videogiochi sono stati una vera fonte di ispirazione, con risultati, purtroppo non entusiasmanti. Se nel 1993 il film su Super Mario aveva fatto storcere il naso ai fan dell’idraulico italiano, gli appassionati dei già citati Tomb Raider e Resident Evil, di Doom e Alone in the dark 7 non hanno avuto destino migliore. Ma perché le trasposizioni (sia da videogioco che da film) sono spesso inferiori qualitativamente dell’originale? Entrambi hanno come obiettivo l’intrattenimento, ma il modo per raggiungerlo è molto diverso. Anzitutto un videogioco ha un tempo di produzione molto più lungo di un film. Doom Per un buon gioco, infatti, ci vogliono almeno 2 anni di lavoro, mentre per un film bastano 6-8 mesi. Anche la durata di un gioco è superiore di molto a quella di un film: un gioco può durare dalle venti alle trenta ore, contro le 2-3 di un film. E’ chiaro che queste differenze si riflettono in modo determinante sul contenuto. In venti ore di gioco, si possono approfondire i personaggi, la trama, le sfumature della narrazione, così come i colpi di scena. Alcune cose devono essere per forza tralasciate “comprimendo” il gioco in 2 ore di film. E’ vero anche che dipende dal tipo di gioco. Super Mario, il più classico dei platform 8, non lasciava molto spazio alla storia, ed è chiaro che un film che si basi su di esso, dovrà inventarne la maggior parte. Così come Doom, uno dei primi sparatutto 9, dove lo scopo è quello di andare in giro... sparando a tutto ciò che si muove: non c’è molto materiale su cui fare un film, ma essendo un cult, hanno pensato che ciò sarebbe bastato. Doom I recenti Tomb Raider e Resident Evil, con i relativi sequel, hanno riscosso un discreto successo poichè basati su giochi di avventura che oltre ad avere un numeroso seguito, hanno comunque una solida base narrativa da cui partire. 10 21 relax In generale, comunque, è evidente che per forza di cose, si rimane un po’ delusi da tale trasformazione. Un compromesso che non soddisfa né gli amanti del cinema, né quelli dei videogiochi. Ridurre un videogioco in 2 ore significa appiattirne la storia, eliminando molti elementi che ne hanno decretato il successo. Anche il processo inverso, già accennato, è stato infausto. Film di successo come Blade Runner, Il Padrino, Scarface, Ghostbusters, Ritorno al futuro (per citarne alcuni) sono stati adattati sulla scia del loro successo con scarsa fortuna. Sono veramete pochi i casi di successo, come le avventure grafiche 11 di Indiana Jones. Qui si è di fronte all’esatto opposto: “spalmare” in 10 o 20 ore un film risulta, il più delle 1 2 3 Memento - rivista del Mensa Italia - n. 1/2008 volte, in un gioco ripetitivo e senza pathos. Inoltre l’abitudine di attenersi troppo al film rischia di creare un effetto deja-vù, facendo perdere interesse nel videogioco, che invece dovrebbe essere un prodotto a sé, e non una semplice copia interattiva del film. I due generi sono quindi incompatibili? Non è detto. L’errore che è stato fatto, a mio avviso, è quello di aver usato dei videogiochi senza particolare trama (come gli sparatutto, come si è detto) o di aver trasposto videogiochi troppo vecchi che per forza di cose non avevano la stessa forza narativa di quelli moderni. Sono convinto che se si scegliesse il giusto videogioco adattandolo in maniera decente, verrebbe fuori un film godibile. Lo so, è più facile a dirsi che a farsi, ma la nuova generazione di videogiochi potrebbe dare una mano in questo senso. Di fatti, il trend videoludico recente è quello di creare videogiochi di difficile inquadratura dal punto di vista del genere. Ad una trma complessa ed avvince aggiungono elementi di avventura, sparatutto, elementi di giochi di ruolo o puzzle tipici delle avventure grafiche.Tali prodotti, che hanno riscosso notevole successo (come il recente Bioshock), possono offrire in effetti differenti spunti per una conversione, sempre che se ne sfruttino le potenzialità, che potrebbero finalmente far decollare l’unione tra film e videogioco. Staremo a vedere (e a giocare). Per chi non li conoscesse, erano 2 tra i più famosi videogiochi tra gli anni ’70 e ’80. Oggetto, insieme ad altri cassici, di innumerevoli restyling e cloni, il loro nome rimane indissolubilmete legato agli arcade. Molte altre console fecero il loro debutto in quegli anni. Nel 1983, anno della c.d. crisi dei vidogiochi, il mercato era inflazionato da ben 12 console contemporaneamente. Il valore esprime una quantità fisica. Sono 5,6 milioni di pezzi, cartucce o cd/dvd. Ogni gioco ha, ovviamente, prezzo diverso 4 Anche alcuni libri sono stati trasposti in videogiochi. Proprio Il Signore degli Anelli, prima che uscissero i film, era stato oggetto di numerosi adattamenti videoludici. Sono stati trasposti in videogiochi anche il personaggio di Sherlock Holmes, i racconti di H.P. Lovecraft e di Douglas Adams, per citarne alcuni. 5 Per chi fosse interessato, il gioco in questione è Star Wars: Republic Commando 6 7 Battaglia per la Terra Di Mezzo 2 Sono più numerosi di quanto si pensi i film tratti da videogiochi. Per citarne alcuni: Alone in the dark, Doom, Final Fantasy, Gears of War(annunciato), Hitman, Halo, Silent Hill, Street Fighters 8 Come suggerisce il nome, lo scopo in un platform è di passare da una piattaforma sospesa ad un’altra collezionando vari oggetti. 9 In inglese FPS (First Person Shooter): tradotto con sparatutto in prima persona, o più semplicemente sparatutto 10 Lara Croft è forse l’esempio più fragoroso della commsitione tra finzione videoludica e realtà. La Eidos, che ne detiene i diritti, cura l’immagine della procace eroina come una vera star, con fatturati milionari. 11 In una avventura grafica, il giocatore si cala nei panni del suo alter-ego per risolvere enigmi, puzzle, indovinelli o misteri, quasi sempre con una modalità punta-e-clicca, vale a dire con il solo uso del mouse. 22 relax Memento - rivista del Mensa Italia - n. 1/2008 Frammenti di un viaggio in Grecia La taverna di Zorbas di Renato de Rosa D opo avere trascorso un giorno ed una notte al mega centro Olympian Village, tra spiagge, animatori, piscine, turisti italiani e self service, ti viene voglia di cenare in un posto diverso e ciò per due motivi: per non dissanguare ulteriormente il tuo portafoglio ed per respirare l’aria autentica della autentica Grecia, per vivere il paese in cui ti trovi, insomma. Così ti ricordi che lungo la strada che porta al Centro hai notato la Taverna di Zorbas, un nome che è tutto un programma. Convinci così a fatica moglie e figlio senza rimuovere i comunque i loro dubbi profondi, li carichi in macchina ed arrivi al locale. Sono le venti e trenta e rimani perplesso: non c’è nessuno. Il cameriere, un giovanotto gentile sui trent’anni, vi corre incontro vi saluta, vi fa accomodare ad un tavolino sotto un pergolato e corre ad accendere un impianto stereo che diffonde nell’aria tramite una cassa posta proprio sopra la vostra testa, le musiche tradizionali greche. Lo stereo e la solitudine del locale ti lasciano perplesso e provocano le occhiate di disapprovazione della tua gentile consorte. Ma ormai ci siete e non potete più tornare indietro anche se, in un impeto di orgoglio, vi spostate in un tavolino distante dalla cassa dello stereo. Il cameriere vi porta il menù e in un buon inglese illustra cosa c’è e cosa non c’è. Speravate in una cena di pesce, ma l’unica pietanza ittica è costituita da calamari surgelati per cui decidete di cambiare programma. Così optate su piatti tipici della tradizione greca, che scegliete con fatalismo e quasi casualmente, senza porre troppe ed imbarazzanti domande sugli ingredienti e la preparazione. Infine arrivano le portate la prima delle quali è costituita dalla immancabile insalata greca, con feta, cetrioli, pomodori ed olive. Il locale nel frattempo si è riempito di indigeni che in verità sono assai cordiali ed amichevoli. Il servizio è lento, un po’ perché i greci non hanno alcuna fretta ed un po’ perché il cameriere adotta una strana procedura: gli hanno riservato un posto in uno dei tavolini centrali e, ogni volta che porta una pietanza o ritorna in cucina, si ferma e mangia qualcosa. Ma più che mangiare beve: ogni volta – all’andata ed al ritorno tracanna un bicchiere di vino e spesso tutti si alzano in piedi per un allegro brindisi. I piatti che vi porta traballando però sono buoni: un arrosto di pollo farcito di verdure e formaggi, pomodori ripieni con paprika e carne alla griglia. gastronomiche. Le riprenderà gradualmente, man mano che avrà notato nell’anziano Zorbas i segni dell’appannamento dei sensi provocato presumibilmente dall’alcool ingurgitato. Dopo uno squisito yogurt con miele, un caffè greco ed un bicchiere di Tempura, chiedi il conto che il cameriere sorridendo ti reca:. 31,50 euro, cioè la quinta parte di quanto avresti speso al Villaggio Globale, mangiando peggio e per giunta a fianco di turisti italiani. Ciao Zorbas, grazie di esistere: stai pure tranquillo, diffonderemo il tuo nome attraverso i misteriosi canali della rete e così sarai presto inglobato anche tu nel grande Villaggio della globalizzazione. Ad un tratto un evento: come John Wayne in un film western, entra in scena lui: Zorbas, il proprietario del locale. Zorbas è un signore anziano che indossa una elegante (per gli standard greci) camicia bianca e reca in mano un boccale di birra. Il suo ingresso prima che visto è annusato, perché si è versato addosso un intero flacone di Paco Rabanne e il profumo oscura persino il sapore dei cibi che state mangiando. L’ingresso di Zorbas è trionfale, passa da tutti i tavoli, compreso il nostro, e saluta sorridendo, poi sceglie dove sedersi: il tavolo di una anziana coppia assieme ai quali tracannerà senza indugio numerose altre birre. All’arrivo di Zorbas il cameriere diventa efficientissimo e solerte e sospende le proprie soste eno- 23 relax La cuoca pasticciona Memento - rivista del Mensa Italia - n. 1/2008 I rompicapo di Emma la pasticcera di Lorenzo Pescini L e serate a casa da sola sono di una noia mortale per Emma che sprizza di felicità quanto riceve un invito a cena soprattutto quando può cimentarsi nella preparazione di piatti anche particolarmente elaborati e complessi. Ma, a dispetto delle sue grandi doti da pasticcera, Emma, come cuoca, è una vera frana. Succede infatti spesso che lasci in forno l’arrosto, sbagli le quantità da usare o si dimentichi di qualche ingrediente fondamentale. Nonostante tutto questo però, nella sua cerchia di amici, Emma è sempre benvenuta sia per la sua esplosiva vitalità che per la profonda e sincera umanità. Quella sera era ospite da Vittorio, un amico di vecchia data, che da sempre ama festeggiare il suo compleanno con una sorta di cena in piedi “autogestita”: ad ogni invitato è richiesto di portare tutto il necessario per preparare il piatto preventivamente concordato. Ad Emma erano state assegnate due diverse portate: Spaghetti alla Posillipo e Strozzapreti Contadini. Aveva tutti gli ingredienti sul tavolo davanti a lei. Strinse il grembiule e dopo essersi gustata un sorso di Amarone della Valpolicella si mise gli occhiali e incominciò a leggere il suo personalissimo ricettario… SPAGHETTI ALLA POSILLIPO (Dosi x 4 persone) 400 gr. di spaghetti, 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva, uno spicchio d’aglio, 500 gr. di pomodorini, un chilo di frutti di mare misti, prezzemolo, sale e pepe q.b.. Fate soffriggere in un tegame l’aglio e l’olio, aggiungete i frutti di mare misti (che avrete risciacquato molto bene in acqua fredda) con un po’ d’acqua ed i pomodorini e coprite. Fate cuocere per circa dieci minuti. A parte lessate gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolateli al dente e versateli sopra al sugo, amalgamare bene il tutto e servire su un piatto di portata. STROZZAPRETI CONTADINI (Dosi x 4 persone) 360 gr. di strozzapreti, una salsiccia fresca, 100 gr. di pancetta affumicata, 40 gr. di funghi secchi, . 300 gr di pomodori passati, 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva, uno spicchio d’aglio, un bicchiere di vino, un chiodo di garofano, prezzemolo, sale e pepe q.b. Fate imbiondire in una pentola con l’olio l’aglio schiacciato; aggiungete quindi la salsiccia senza pelle e la pancetta a tagliata a dadini. Fate rosolare, bagnate con il vino e fatelo evaporare. Aggiungete i funghi secchi ammorbiditi precedentemente in acqua fredda, insaporite con gli aromi il sale e il pepe. Aggiungete un po’ dell’acqua dei funghi, versate il pomodoro e fate consumare il tutto per 20 minuti circa. Aggiungete la panna e spolverate con il prezzemolo tritato. Fate cuocere gli strozzapreti in abbondante acqua salata, scolateli al dente e conditeli con il sugo preparato. Servite a caldo Emma doveva preparare i due piatti simultaneamente e questo rendeva tutto molto più difficile. Dopo aver “carbonizzato” l’aglio ed aver esagerato con il pepe (trasformando gli strozzapreti in vere “bombe di fuoco” come ebbe a dire un invitato di quella sera) Emma volle recuperare un po’ di credibilità. Così ritornò su materie a lei più congeniali proponendo ai presenti il seguente rompicapo. “Carissimi, ho qui davanti a me un’oliera da circa mezzo litro e una bottiglia contenenti dell’olio extra vergine d’oliva; due tazzine vuote di dimensioni diverse: una con capienza pari a 4 cucchiai d’olio (n.d.a. “cucchiaio” nel senso di unità di misura), l’altra a 5 cucchiai. Visto le mie esigenze di cottura, ho necessità di avere contemporaneamente 2 cucchiai d’olio in ognuna delle tazzine così come richiesto nelle rispettive ricette…” Emma prese il fiato e dopo aver nuovamente sorseggiato il buon vino rosso veronese proseguì: “Ah, dimenticavo i vincoli del gioco. Si può solo effettuare operazioni di travaso, in numero non superiore a 10, tra i recipienti presentati senza alcuna perdita d’olio. La bottiglia, avendo l’erogatore, può essere solo svuotata...”. Il gioco accese un bel dibattito tra i presenti (anche perché Emma disse di avere in mente una soluzione ma che non escludeva la possibile esistenza di altre…), nel frattempo che l’intera compagnia completava la preparazione della cena. La serata fu piacevolissima, anche se nessuno seppe risolvere il problema. Emma, dal canto suo, continuava ad essere la cuoca pasticciona di sempre rimanendo però la vera cervellona del gruppo. Domanda: Se l’oliera è colma, quale sarà la quantità minima che deve essere presente nella bottiglia affinché il problema di Emma sia risolvibile? NdA (Se volete provare a realizzare per davvero le due ricette, vi suggerisco di evitare gli errori di Emma apportando le seguenti modifiche nelle quantità dell’olio richieste: un decilitro per gli spaghetti, quattro cucchiai per gli strozzapreti. Buon appetito!) 24