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EURIDICE
Morirò di paura
a venire là in fondo
maledetto padrone
del tempo che fugge
del buio e del freddo;
ma lei aveva vent’anni
e faceva l’amore
e nei campi di maggio
da quando è partita
non cresce più un fiore.
E canterò
stasera canterò
tutte le mie canzoni canterò
con il cuore in gola canterò:
e canterò
la storia delle sue mani
che erano passeri di mare
e gli occhi come incanti d’onde
scivolanti ai bordi delle sere.
Canterò le madri
che accompagnano i figli verso i loro sogni
per non vederli più la sera sulle vele
nere dei ritorni.
E canterò
canterò finché avrò fiato
finché avrò voce di dolcezza e rabbia
gli uomini semidimenticati
gli uomini lacrime nella pioggia
aggrappati alla vita che se ne va
con tutto il furore dell’ultimo bacio
nell’ultimo giorno dell’ultimo amore.
E canterò finché tu piangerai
E canterò finché tu perderai
Canterò finché tu scoppierai
e me la ridarai indietro.
Ma non avrò più la forza
di portarla là fuori
perché lei adesso è morta
e là fuori ci sono
la luce e i colori
dopo aver vinto il cielo
e battuto l’inferno
basterà che mi volti
e la lascio alla notte
e la lascio all’inverno.
E mi volterò (Le carezze sue di ieri)
Mi volterò (non saranno mai più quelle)
Mi volterò (e nel mondo su, là fuori)
Mi volterò (si intravedono le stelle)
Mi volterò perché l’ho visto il gelo
che le ha preso la vita
E io, io,
adesso nessun altro
dico che è finita
e ragazze sognanti
mi aspettano a danzarmi il cuore
perché tutto quello che si piange
non è amore.
E mi volterò perché tu sfiorirai
Mi volterò perché tu sparirai
Mi volterò perché già non ci sei
E ti addormenterai per sempre.
Confronto con il mito di Virgilio
Il testo della canzone si riferisce, come rivela il titolo, al mito di Orfeo e Euridice.
Quella presentata da Vecchioni non è però la versione tradizionale del mito: il suo Orfeo decide di voltarsi,
sceglie deliberatamente di abbandonare Euridice con un atto della volontà, non la perde fortuitamente a
motivo soltanto della propria debolezza.
L’Orfeo di Vecchioni conosce il dolore della libera scelta presa a seguito di una riflessione.
Che Orfeo rifletta e decida è dimostrato dall’uso del futuro semplice alla prima persona.
L’Orfeo di Vecchioni è moderno perché pensa e decide, mentre il destino dei personaggi mitologici era deciso
solo dagli Dèi.
Le azioni cruciali di Orfeo sono in anafora e in epifora (canterò)
La vittoria su Ade è segnata da un climax ascendente, accompagnato da un crescendo musicale: E canterò
finché tu piangerai/ E canterò finché tu perderai /Canterò finché tu scoppierai
Tema del tempo
Il tema del tempo è presente nel suo scorrere inesorabile: Ade è il signore del tempo che fugge, Euridice aveva
vent’anni ed aveva mani come passeri di mare, ed occhi come incanti d’onde scivolanti: l’accento è sulla grazia,
ma soprattutto sulla fugacità
Perché Euridice viene abbandonata?
Perché c’è un collegamento al tema del tempo come rinuncia al disperato tentativo di rivivere una stagione
della vita, ma anche perché ormai l’Oltretomba è il posto di Euridice, non più la terra: opposizione gelo che le
ha preso la vita e luce e colori.
Euridice è e resta morta: le carezze sue di ieri/ non saranno mai più quelle": un eventuale ritorno
comporterebbe solo sofferenza e "tutto quello che si piange/ non è amore"; "mi volterò perché già non ci sei",
dice Orfeo: non sta abbandonando nessuno, non sta uccidendo nessuno, perché nessuno è riuscito a riportare
in vita e voltarsi non è crudeltà, ma semplicemente naturale rifiuto di una ulteriore sofferenza.
Le madri citate all’inizio della canzone hanno a che fare con l’abbandono di Euridice?
La sorte di queste madri è legata a quella di Orfeo: come Orfeo, esse perdono coloro che amano più di ogni
altra cosa, ma come Orfeo sono destinate a comprendere che non c’è altra via se non quella di volere esse
stesse la separazione dai figli, proprio in nome dell’amore che le lega a essi: per questo le madri accompagnano
i figli verso i loro sogni, perché il destino dei figli è lontano da loro, e esse l’hanno compreso. Sottrarsi a questa
legge significherebbe soltanto procurare a sé e ai figli continue sofferenze, espresse mediante l’immagine delle
vele nere che segnano i ritorni.
Proprio per non vedere le vele nere che avrebbero inevitabilmente segnato il ritorno di Euridice, Orfeo
sceglierà di accompagnarla verso il suo destino, lontano da lui.
Euridice appartiene al regno dei morti, esattamente come Orfeo appartiene a quello dei vivi, e sa che "tutto
quello che si piange/ non è amore": la sofferenza che inizia a assaporare sul sentiero degli Inferi è solo l’inizio
di quella che lo attenderebbe se riportasse in vita la sposa: si tratterebbe di un atto di egoismo, come quello
delle madri che trattengono disperatamente a sé i figli.
Orfeo ha un’altra vita: "e ragazze sognanti/ mi aspettano a danzarmi il cuore": la vita lo chiama, esattamente
come le stelle che intravede all’uscita dell’Averno ("e nel mondo su, là fuori/ si intravedono le stelle") con la
voce delle ragazze: esse lo aspettano; vogliono danzargli il cuore: l’uso transitivo del verbo, solitamente
intransitivo e che qui ammette anche il complemento di termine espresso dal pronome, serve a creare
un’impressione piuttosto che una visione ben precisa: è la prospettiva della mente di Orfeo, che sente
l’attrazione naturale verso la felicità e immagina la propria gioia.
Ci sono richiami al mito come cantato da Virgilio?
Sì, nelle mani di Euridice e nella partecipazione della natura
Come leggere il riferimento agli uomini nella prima parte della canzone?
All’inizio della canzone al centro dell’attenzione ci sono gli uomini : di essi si evidenzia la solitudine, sono
innanzitutto semidimenticati e aggrappati; la metafora delle lacrime nella pioggia rende presente allo stesso
tempo il senso di smarrimento degli uomini persi e dunque "semidimenticati" e la sofferenza che accompagna il
precipitare di quelle gocce che finiscono per infrangersi e confondersi inevitabilmente, la stessa sofferenza di
chi è "aggrappato alla vita che se va", e a essa è tanto più strettamente avvinghiato (ecco il "furore"), quanto più si
avvicina il momento della separazione: è come l’ultimo bacio nell’ultimo giorno dell’ultimo amore.