Resoconto riunione - Ordine degli Avvocati di Cagliari

Transcript

Resoconto riunione - Ordine degli Avvocati di Cagliari
Verbale della riunione del 15 aprile 2014, alla quale hanno partecipato tutti i giudici del sottogruppo “Obbligazioni e contratti” e il Presidente dott. Angelo Leuzzi, avente ad oggetto lo studio delle problematiche più ricorrenti nei procedimenti tra utenti e la società Abbanoa
spa, nella sua qualità di gestore del servizio idrico integrato, e
l’individuazione di soluzioni condivise.
La società Abbanoa spa è il gestore, per l’intero territorio della Sardegna, del servizio
idrico integrato, servizio pubblico di rilevanza economica.
1. Giurisdizione
In alcuni procedimenti la società Abbanoa spa, nel costituirsi in giudizio, ha contestato, da un lato, la giurisdizione del G.O., e, dall’altro, la propria legittimazione passiva
in
relazione
alla
domanda
proposta
dall’utente
per
l’accertamento
dell’insussistenza del credito vantato dal Gestore per asseriti consumi ovvero per la ripetizione di somme non dovute.
Sulla base del costante orientamento giurisprudenziale (tra le altre, Cass. Sez.
U, n. 10976 del 2001; Cass. Sez. U, n. 5613 del 29/11/1978; Cass. Sez. U, n. 11720
del 14/05/2010) deve ritenersi pacifica la giurisdizione del G.O.
In più occasioni la Corte di Cassazione ha chiarito che il credito del Gestore del
servizio idrico non trova titolo in potestà impositiva, ma configura il corrispettivo previsto per il servizio garantito dal Gestore in forza di un rapporto contrattuale su basi
paritetiche. Ne consegue che la relativa controversia che attenga all'an ed al quantum
di detto credito, spetta alla cognizione del giudice ordinario.
I rapporti che si instaurano fra utente e societa concessionaria del servizio pubblico,
infatti, sorgono e si muovono nell'ambito di posizioni di diritto soggettivo perfetto.
2. Corrispettivo eterodeterminato e giurisdizione
1
Non influisce in alcun modo sulla individuazione della giurisdizione neppure il fatto
che il corrispettivo dovuto dall’utente per il godimento del servizio idrico sia determinato sulla base di tariffe stabilite dall’Autorità d’ambito (consorzio tra provincie e
comuni), tese a raccordare il prezzo del servizio idrico ai costi di gestione ed alla remunerazione del capitale investito, trattandosi, in sostanza, di uno dei tanti casi in cui,
per la rilevanza degli interessi in gioco, il contratto è integrato ex lege da disposizioni
imperative.
3. Legittimazione passiva
Talvolta la società Abbanoa spa ha contestato, nel costituirsi in giudizio, di essere
legittimata passivamente in relazione alle domande di accertamento negativo del credito proposte dagli utenti (così come in quelle per la ripetizione di somme indebitamente pagate dall’utente), deducendo di essersi limitata a gestire il servizio pubblico
affidatole in concessione secondo le disposizioni imposte dal regolamento predisposto
da altri (ATO) e di aver svolto, in sostanza, un’attività interamente vincolata, anche
con riferimento ai parametri tariffari.
La deduzione non può ritenersi fondata, poiché il gestore è parte del rapporto privatistico intercorso con l’utente ed è, pertanto, legittimato passivo della pretesa volta ad
accertare l’eventuale insussistenza del credito preteso per asserite somministrazioni
erogate. Non influisce sui rapporti di tipo privatistico tra gestore e utente la circostanza che le tariffe di abbonamento siano fissate dalla pubblica amministrazione secondo
metodi e procedure autoritative, perchè tali tariffe, una volta emesse, si inseriscono
come elemento necessario ed obbligatorio in un contratto di diritto privato, in tal modo eterointegrato ex lege, secondo uno schema più volte collaudato dal legislatore.
4. Regime tariffario
Il contratto stipulato tra il gestore e l’utente è inquadrabile nello schema del contratto di
somministrazione a titolo oneroso. In cambio dell’erogazione del servizio, l’utente paga un
2
corrispettivo, determinato sulla base di tariffe stabilite autoritativamente dall’Autorità
d’ambito con specifi provvedimenti amministrativi, da pubblicarsi nelle forme di legge ed
applicabili dal momento successivo all’avvenuta pubblicazione.
In molti procedimenti è stata contestata dall’utente l’applicazione di tariffe (più onerose)
in relazione a somministrazioni erogate in momenti antecedenti la pubblicazione dei provvedimenti di determinazione o modificazione del regime tariffario.
La pretesa del Gestore, in tali casi, deve ritenersi del tutto infondata in base ai principi
generali, puntualmente richiamati nella decisione del Consiglio di Stato n. 4301 del 2008,
che ha così statuito:” E’ infondato l’appello proposto dall’A.A.T.O. Sardegna, teso a contestare la sentenza del T.A.R. Sardegna n. 651/2007 nella parte in cui ha dichiarato
l’illegittimità del provvedimento tariffario pubblicato il 29.12.2005 per aver imposto il canone per il servizio idrico con decorrenza retroattiva a partire dal 01.01.2005.
Osserva la Sezione che la tariffa relativa ai consumi idrici introduce in via autoritativa ed
unilaterale una prestazione imposta per la fruizione di un servizio (fornitura d’ acqua) che
si qualifica come essenziale per il soggetto che se ne avvale. La delibera che approva il regime tariffario ha natura di atto amministrativo generale ed è destinata ad applicarsi per
tutto il periodo di vigenza e fino a revoca in base a “contrarius actus”.
La giurisprudenza amministrativa ha più volte posto in rilievo che la regola di irretroattività dell’azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni
imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto “ex ante” sulle situazioni soggettive del privato (cfr. Cons. St., Sez. IV^, n. 1317 del 07.03.2001; Sez. VI^, n. 2045 del
01.12.1999; Sez. IV^, n. 502 del 30.03.1998). Ulteriore limiti alla retroattività, in presenza
di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, discende
3
dalla regola di irretroattività degli atti a contenuto normativo dettata dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in genere. Detta regola può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che rapprsenta una normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto, solo in presenza di una
norma di legge che a ciò li abiliti, gli atti ed i regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva.
Le su riferite conclusioni trovano codifica nell’ art. 21 bis della legge n. 241/1990 introdotto dall’art. 14 della legge n. 15/2005. E’ ivi stabilito che “il provvedimento limitativo della
sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata” o, qualora la comunicazione non sia possibile, mediante
forme di pubblicità idonee stabilite dall’Amministrazione medesima.”
5. Le norme applicabili:
a) le disposizioni di rango primario
Le peculiarità del contratto di somministrazione stipulato dall’utente con il Gestore del
servizio idrico si colgono sia in relazione al bene somministrato (essendo l’acqua un bene
pubblico di prima necessità), sia in relazione al regime di monopolio della somministrazione.
Dette peculiarità, peraltro, non sono ostative all’applicabilità delle disposizioni di rango
primario (in primis quelle del codice civile) che disciplinano, in generale, i contratti a prestazioni corrispettive; di quelle che stabiliscono norme particolari in relazione alla categoria
dei contratti di somministrazione; e di quelle, ovviamente, che dettano una peculiare disciplina in relazione ai beni somministrati in regime di monopolio.
E’ quindi del tutto pacifica, in primo luogo, l’applicabilità della disposizione di cui
all’art. 2597 c.c., che stabilisce: “Chi esercita un’impresa in condizione di monopolio legale ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto
dell’impresa, osservando la parità di trattamento”.
4
Ugualmente pacifica è l’applicabilità al contratto in esame delle norme generali sui contratti a prestazioni corrispettive dettate dagli articoli: 1460 c.c. (eccezione di inadempimento); 1461 c.c. (sospensione fornitura per mutamento delle condizioni patrimoniali del contraente QUALCHE DUBBIO, tale norma non è infatti richiamata nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1232 del 2004, che, d’altro canto specificano come
il monopolista abbia l’obbligo di stipulare il contratto “indipendentemente dalla situazione
economica del richiedente, e, quindi, anche quando il suo stato patrimoniale renda incerto
il buon esito del rapporto”); 1453 c.c. e 1455 c.c. (risoluzione per inadempimento, gravità
dell’inadempimento); 1565 c.c. appositamente previsto per il contratto di somministrazione,
e che riconosce al somministrante la facoltà di sospendere la fornitura in caso di inadempimento dell’utente, stabilendo però l’obbligo del congruo preavviso in caso di inadempimento di lieve entità.
E’ altresì pacifico in giurisprudenza che tutte le suddette disposizioni normative debbano,
peraltro, essere applicate alla luce del fondamentale parametro della buona fede e correttezza, particolarmente pregnante quando il somministrante agisca in regime di monopolio.
Sull’applicabilità delle disposizioni appena richiamate anche in caso di contratto di somministrazione in regime di monopolio, talvolta specificamente contestata dagli utenti, è appena sufficiente richiamare le argomentazioni poste dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione a fondamento della sentenza n. 1232 del 2004. Le Sezioni Unite, componendo
il contrasto giurisprudenziale esistente tra le Sezioni semplici, alcune delle quali avevano affermato la non riconoscibilità, in capo al monopolista, della facoltà di sospendere la prestazione, quale ineludibile riflesso dell'art. 2597 cod. civ., hanno infatti affermato i seguenti
principi: “L'art. 2597 cod. civ. fa obbligo all'imprenditore in condizione di monopolio legale di contrattare con chiunque chieda la prestazione oggetto della sua attività, osservando
parità di trattamento. La norma espressamente si riferisce alla stipulazione, cioè al mo-
5
mento genetico del contratto, ed introduce una deroga al canone dell'autonomia negoziale
ed alla connessa libertà di scegliere l'altro contraente, concordando le clausole contrattuali
alle quali s'intenda subordinare la costituzione del rapporto (art. 1322 cod. civ.).
La ratio della compressione di detta libertà è rappresentata dalla posizione di esclusiva accordata al monopolista e dalla natura dei beni o servizi dallo stesso offerti, la cui inerenza
a bisogni di vita essenziali o comunque prioritari legittima e spiega l'opzione del legislatore
per il regime di privativa; senza quella delimitazione si potrebbero determinare abusi o discriminazioni in danno del consumatore.
Coordinandosi il dato letterale, caratterizzato dalla fissazione dell'obbligo di contrattare
con formula perentoria e senza l'apposizione di condizione alcuna, e le evidenziate ragioni
dell'eccezione all'autonomia negoziale, si deve condividere l'affermazione secondo cui l'obbligo medesimo sussiste indipendentemente dalla situazione economica del richiedente, e,
quindi, anche quando il suo stato patrimoniale renda incerto il buon esito del rapporto.(omissis).
Della fase di esecuzione del contratto, dopo la sua doverosa conclusione secondo le condizioni praticate dal monopolista alla generalità degli utenti, non si occupa ne' l'art. 2597
cod. civ., nè altra disposizione codicistica.
Pertanto, per i rapporti di natura privatistica (come quello avente ad oggetto l'erogazione
di energia elettrica ai sensi dell'art. 3 n. 11 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643), salva
eventuale previsione contraria da parte della legge speciale che introduce e disciplina il
monopolio (o da parte dei provvedimenti concessori che ne diano attuazione), la fase funzionale del rapporto rimane regolata dalle norme generali sui contratti a prestazioni corrispettive, anche con riguardo alla protezione del contraente adempiente o pronto all'adempimento, ove tali norme non risultino incompatibili con l'obbligo del monopolista di aderire
alla richiesta di stipulazione a prescindere dalle condizioni economiche del richiedente. Non
può dubitarsi, ne' si è dubitato con la sentenza n. 11350 del 1998 e con le pronunce che si
6
sono ad essa conformate, della compatibilità e quindi dell'applicabilità non solo dell'art.
1453 cod. civ., sulla risolubilità del contratto per inadempimento, ma anche dell'art. 1460
cod. civ., che accorda alla parte, la cui prestazione non sia dovuta prima della controprestazione, la exceptio inadimplenti non est adimplendum, vale a dire la facoltà di astenersi
temporaneamente dall'adempimento fino a che l'altra parte non adempia o non offra di
adempiere contemporaneamente la propria prestazione”.
Secondo la Cassazione, dunque, il riconoscimento anche al monopolista della possibilità
di avvalersi degli strumenti generali previsti per i contratti a prestazioni corrispettive evita
che un'eccezionale norma antidiscriminatoria, diretta a sottrarre il consumatore ad aprioristici dinieghi di accesso ai beni o servizi offerti dal monopolista, si traduca in un privilegio,
che il consumatore medesimo non godrebbe in un regime di libero mercato.
I medesimi principi sono stati ulteriormente ribaditi nella decisione n. 26977 del
20.12.2007.
Ricordata la pacifica applicabilità delle disposizioni appena richiamate, compresa quella
che attribuisce al somministrante la facoltà di “agire in autotula” sospendendo la fornitura, il punto cruciale è stabilire in quali casi l’esercizio di detta pacifica facoltà si possa qualificare quale abuso del diritto in quanto contrario alle norme di correttezza e buona
fede e non rispondente al criterio di proporzionalità più volte richiamato dalla Cassazione.
D’altro canto è lo stesso articolo 1460 c.c. a richiamare espressamente il criterio di buona
fede e correttezza, prevedendo che “ non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle
circostanze, il rifiuto è contrario a buona fede”.
Il tema sarà affrontato dettagliatamente nei paragrafi che seguono.
b) Le disposizioni di rango secondario
L’inquadramento normativo del rapporto tra la società concessionaria del servizio idrico e
l’utente si completa con riferimento alle disposizioni del c.d. Regolamento idrico integrato, emanate con atto amministrativo e, quindi, norme di natura secondaria, disciplinanti nel
7
dettaglio la fornitura.
In base al principio di gerarchia delle fonti, non vi è dubbio che dette norme secondarie
debbano essere interpretate in maniera tale da non risultare in contrasto con le norme di rango sovraordinato dettate dal codice civile e dai principi dell’ordinamento civile, tra cui, come già detto, i principi di correttezza e buona fede (art 1375 c.c), ribaditi, in tema di somministrazione dall’art. 1460, ult comma cod civ.
La concreta applicazione del suddetto principio, in base al quale non può trovare applicazione una norma di rango secondario qualora risulti incompatibile con una disposizione di
rango sovraordinato, e che impone, nei casi dubbi, di interpretare la norma di rango inferiore
in maniera tale che risulti in sintonia con la disposizione di fonte sovraordinata, costituisce il
criterio in base al quale risolvere diverse questioni problematiche poste da talune disposizioni del Regolamento idrico integrato, a prima vista di dubbia interpretazione e legittimità.
La correttezza dell’impostazione trova conferma nell’orientamento costante della giurisprudenza della Cassazione, ribadito, ad esempio, nella decisione n. 7997 del 2010, laddove
il Supremo Collegio (seppur con riferimento al servizio di telefonia) precisa come il regolamento di servizio per l'abbonamento telefonico, costituendo una norma di rango inferiore
alla disciplina generale dettata dal codice civile in materia di contratti, non può apportare
deroghe alla stessa, e va pertanto disapplicato per contrasto con gli artt. 1325 e 1326 cod.
civ. (nel caso in esame il regolamento imponeva la forma scritta, in contrasto con le disposizioni c.c. secondo cui il contratto è a forma libera e si perfeziona nel momento in cui il proponente ha conoscenza dell'accettazione del destinatario).
Alla luce dei suddetti principi vanno esaminati alcuni tra i casi più problematici.
6. Il momento genetico del rapporto. Obbligo a contrarre e MOROSITA’ PREGRESSA
PROFILI DI CRITICITA’.
Tutte le ipotesi in cui Abbanoa, avvalendosi delle disposizioni del regolamento idrico inte-
8
grato, subordina la stipulazione del contratto al pagamento di pregresse morosità sono legittime?
Come già detto, il principio cardine al quale fare riferimento è il seguente: il Gestore di un
pubblico servizio in regime di monopolio non può subordinare la conclusione del contratto
di fornitura ad adempimenti che siano in contrasto con la disciplina di rango primario.
E’ alla luce di detto principio che debbono essere interpretate le disposizioni del regolamento idrico integrato.
A) SUCCESSIONE NEL CONTRATTO
art. B.18 “Non è necessario stipulare un nuovo contratto, a condizione che non vi
sia variazione di tipologia d’uso, in tutti i casi in cui la Legge ne consente la successione.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, il presente articolo disciplina le successioni
ereditarie e le assegnazioni dell’abitazione coniugale in caso di separazione tra
coniugi. (omissis.) Nel caso in cui l’avente titolo non sia interessato alla prosecuzione del servizio, dovrà provvedere alla disdetta dell’utenza: è comunque responsabile di tutte le somme dovute al Gestore per il servizio precedentemente erogato.
La disposizione in esame, la quale subordina in caso di separazione tra coniugi, la SUCCESSIONE nel contratto da parte del coniuge separato al pagamento di tutte le somme dovute per il servizio precedentemente erogato, può ritenersi legittima solo distinguendo il caso in cui il coniuge subentrante abbia contribuito, in quanto convivente con il titolare
dell’utenza, ai consumi, dal caso in cui, per le specifiche circostanze di fatto, debba ritenersi
che detto coniuge non avesse in alcun modo usufruito del servizio erogato dal Gestore, in
quanto non convivente perché di fatto già separato ancor prima del provvedimento giudiziale di separazione.
Solo nel primo caso il gestore potrà legittimamente pretendere anche dal coniuge separato
non titolare dell’utenza il pagamento della morosità pregressa.
9
La stessa disposizione subordina la SUCCESSIONE nel contratto da parte degli eredi del
de cuius al pagamento dell’intera pregressa morosità senza distinguere il caso in cui TUTTI
gli eredi subentranti nella fornitura abbiano usufruito del pregresso servizio in quanto conviventi con il de cuius, dal caso in cui gli eredi, in quanto non conviventi con il de cuius,
non abbiano in alcun modo usufruito del servizio.
In quest’ultimo caso la disposizione in questione deve essere necessariamente coordinata
con il principio secondo cui le obbligazioni ereditarie si trasmettono in proporzione della quota ereditaria.
Pertanto, se agli eredi non possono essere imputati i consumi, in quanto non conviventi con
il titolare dell’utenza gravata dalla morosità, in applicazione delle regole che disciplinano le
obbligazioni ereditarie, il Gestore non potrà subordinare la successione nel contratto del singolo erede al pagamento dell’intera morosità, ma unicamente pretendere il pagamento in
proporzione della quota ereditaria.
Va osservato, d’altro canto, che anche in caso di giudizio ordinario intentato per il pagamento delle morosità pregresse imputabili al de cuius, il Gestore non potrà che richiedere (e
ottenere) la condanna di ciascun erede al pagamento delle morosità riconducibili a consumi
antecedenti la morte de cuius unicamente nei limiti della quota ereditaria di ciascuno.
B) UTENZA CONDOMINIALE
Art. B13
Al V comma l’articolo B13 dispone:
“Nel caso di insediamenti condominiali, siano essi edifici o villaggi o altre strutture caratterizzate dalla presenza di una rete interna di distribuzione posta in proprietà privata, possono essere stipulati:
� contratti individuali di utenza a condizione che i contatori siano posti al limite tra la
proprietà pubblica e quella condominiale, salvo deroghe accordate dal gestore;
10
� contratto condominiale concluso con il condominio, in persona dell’amministratore protempore, ed apposizione di un unico contatore generale posto al limite tra la proprietà pubblica e quella condominiale, qualora le condizioni tecniche non consentono singoli allacci.
Tutti i condomini saranno solidalmente responsabili del pagamento delle somme dovute a
fronte della somministrazione complessiva effettuata.
Quando la domanda di fornitura è conseguente al frazionamento di utenza principale e
questa risulti gravata da morosità, il Gestore subordina al saldo delle fatture non pagate
l’attivazione delle nuove forniture derivate dalla separazione.
La norma appare di dubbia legittimità nella parte in cui prevede l’obbligazione solidale di
tutti i condomini in relazione all’intera morosità registrata dall’utenza condominiale, risultando in contrasto con le disposizioni civilistiche in materia di obbligazioni condominiali
cosi come interpretate dalla nota sentenza della Corte di Cassazione n. 9148 dell’8 aprile
2008.
Nella sentenza in questione il Supremo Collegio, con specifico riferimento alle obbligazioni contrattuali assunte nei confronti di terzi dall’amministratore nell’interesse del condominio, ha stabilito, dissentendo dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza della stessa Corte, che, in difetto di una espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, trattandosi di una obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro (e perciò divisibile) e
vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti del mandato conferitogli in ragione delle quote di ciascuno, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio.
Pertanto le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio (o meglio della “collettività
dei condomini”) -tra cui rientrano certamente quelle assunte dall’amministratore con il Gestore del servizio idrico al momento della stipula del contratto di somministrazione-, si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri
11
simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie.
In particolare la Corte, dopo aver rimarcato che nelle obbligazioni assunte nell’interesse
del condominio – in realtà ascritte ai singoli condomini – aventi ad oggetto una somma di
danaro, la prestazione comune (al gruppo dei condomini, quale gruppo organizzato ma non
personificato) è naturalisticamente divisibile, e sottolineato altresì come nessuna norma di
legge disponga espressamente che il criterio della solidarietà si applichi alle obbligazioni dei
condomini, indica il fondamento normativo della affermata parziarietà dell’obbligazione
chiarendo quanto segue: “D’altra parte, nelle obbligazioni dei condomini la parziarietà si
riconduce all’art. 1123 cod. civ., interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità della obbligazione e quella della cosa. Si tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come
conseguenza dell’appartenenza in comune, in ragione della quota delle cose, degli impianti,
dei servizi e, solo in ragione della quota, a norma dell’art. 1123 cit., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni. (omissis). Né la solidarietà può riferirsi alla
asserita unitarietà del gruppo dei condomini. (omissis) Il condominio, infatti, non è titolare
di un patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni; la titolarità dei diritti sulle cose,
gli impianti e i servizi di uso comune, in effetti fa capo ai singoli condomini; agli stessi condomini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa
responsabilità (…)” .
Allo stesso modo, deve ritenersi di dubbia legittimità la disposizione di cui all’articolo in
esame nella parte in cui stabilisce che “ Quando la domanda di fornitura è conseguente al
frazionamento di utenza principale e questa risulti gravata da morosità, il Gestore subordina al saldo delle fatture non pagate l’attivazione delle nuove forniture derivate dalla separazione”.
Il problema non è di poco conto, poiché la società Abbanoa spa, il più delle volte, sospende la fornitura o rifiuta di procedere al frazionamento di utenze condominiali pretendendo, dal singolo condomino, il previo pagamento dell’intera pregressa morosità registrata
12
dall’utenza condominiale, nonostante della stessa abbia usufruito l’intera collettività dei
condomini.
In tali casi accade che il singolo condomino, nonostante abbia offerto il pagamento della
quota a lui riconducibile, sia costretto ad agire in via cautelare per ottenere il ripristino
dell’erogazione del servizio, ovvero il frazionamento dell’utenza comune, per evitare di dover (indebitamente) pagare cifre anche considerevoli a titolo di morosità per consumi ai quali ha contribuito solo in parte.
D’altro canto, vi è da chiedersi in base a quale criterio debba essere determinata la quota
riconducibile al singolo condomino, non essendo misurabile, in assenza di singoli contatori,
i consumi di ciascuno.
La soluzione potrebbe essere, appunto, quella offerta dall’art. 1123 c.c., che stabilisce il
principio della ripartizione “in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno”.
In questi casi dunque, la norma del regolamento che prevede che “Tutti i condomini saranno solidalmente responsabili del pagamento delle somme dovute a fronte della somministrazione complessiva effettuata” dovrebbe essere disapplicata, in quanto contrastante con i
principi espressi dalle norme di rango superiore, e, conseguentemente, ritenuta l’illegittimità
della condotta del Gestore, dovrebbe essere accolta l’istanza cautelare del singolo condomino volta all’ottenimento di una nuova utenza individuale, previo frazionamento dell’unica
utenza condominiale e pagamento della morosità nei limiti del valore della sua proprietà.
Da ultimo è opportuno osservare che il Gestore, in caso di insediamenti condominiali, è
autorizzato a provvedere all’apposizione di un unico contatore generale unicamente qualora
le condizioni tecniche non consentono singoli allacci.
Del tutto illegittimo appare, pertanto, il rifiuto della società Abbanoa spa di procedere
all’allaccio di distinte utenze individuali in capo a ciascun condomino (che ovviamente dovrà sopportare i relativi costi) qualora non sia dimostrata, dal Gestore, l’effettiva sussistenza
di insuperabili ostacoli tecnici che rendano necessaria l’utenza unica.
13
Resta da rilevare, tuttavia, come la recente riforma del condominio, introdotta con la legge
11 dicembre 2012 n. 220 (entrata in vigore il 18 giugno 2013), imponga l’esigenza di rivalutare sotto il profilo interpretativo le questioni relative alla utenza condominiale alla stregua
della nuova disciplina dettata per i debiti assunti dal condominio verso i terzi.
Le norme che vengono in questione sono contenute nell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, il quale prevede, da un lato, che l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi
(comma 1) e, dall’altro, che i creditori possono agire nei confronti dei condomini in regola
con i pagamenti solo dopo la preventiva infruttuosa escussione dei condomini morosi
(comma 2).
Quest’ultima disposizione configura in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato
la loro quota di contribuzione alle spese condominiali un’obbligazione verso il creditore,
sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficio di preventiva escussione nei confronti
dei condomini morosi ed avente ad oggetto le somme dovute da questi ultimi.
Orbene quale che sia la natura giuridica dell’obbligazione gravante a carico del condomino
del condomino moroso e di quello in regola verso il terzo creditore ( rapporto di sussidiarietà ovvero di solidarietà) è certo che la preventiva escussione richiede l’esaurimento effettivo
della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso prima di poter pretendere l’eventuale residuo insoddisfatto al condomino in regola; ancora che tale onere
comporta il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il condomino moroso e che il condomino in regola possa paralizzare l’azione del creditore, opponendo, in via d’eccezione, il
mancato esercizio ovvero l’utile esercizio del beneficio di preventiva escussione.
E’ chiaro, comunque, che solo l’esperienza sul campo dei prossimi mesi ci consentità di apprezzare adeguatamente le questioni nuove poste dalla riforma della disciplina del condominio anche con riferimento al contenzioso di Abbanoa, e ci consentirà di definire un orientamento condiviso dell’ufficio.
14
C) UTENZA DI CANTIERE
L’Art. B. 13 stabilisce che “quando la domanda di fornitura è conseguente al frazionamento di utenza principale e questa risulti gravata da morosità, il Gestore subordina al saldo delle fatture non pagate l’attivazione
delle nuove forniture derivanti dalla separazione”.
Spesso la società Abbanoa richiama la suddetta disposizione per giustificare il rifiuto di procedere al nuovo allaccio in assenza di pagamento della
pregressa morosità da parte del richiedente la nuova fornitura, anche nel
caso in cui detto richiedente non sia l’intestatario dell’utenza di cantiere
ma solo uno degli utilizzatori di fatto della stessa.
Peraltro, nel caso in esame non vi è spazio per la disciplina prevista dalla
disposizione in esame, applicabile unicamente alla diversa ipotesi in cui
l’utenza da “frazionare” sia formalmente intestata a più soggetti, tra cui
quello richiedente il frazionamento.
La disposizione appena richiamata trova, infatti, collocazione nella parte
dell’articolato riguardante la disciplina degli allacci posti al servizio di insediamenti condominiali e serviti da utenze attivate in seguito a “contratto
condominiale concluso con il condominio” (o, in generale, con una pluralità di utenti che abbiano stipulato il contratto quale unica parte complessa).
Il comma immediatamente precedente la suddetta norma dispone, infatti:“Nel caso di insediamenti condominiali, siano essi edifici o villaggi o
altre strutture caratterizzate dalla presenza di una rete interna di distribuzione posta in proprietà privata, possono essere stipulati:
� contratti individuali di utenza a condizione che i contatori siano posti al
15
limite tra la proprietà pubblica e quella condominiale, salvo deroghe accordate dal gestore;
� contratto condominiale concluso con il condominio, in persona
dell’amministratore pro-tempore, ed apposizione di un unico contatore
generale (ndr: l’unica utenza eventualmente da “frazionare” tra i vari
condomini) posto al limite tra la proprietà pubblica e quella condominiale, qualora le condizioni tecniche non consentono singoli allacci. Tutti i
condomini (ndr: contitolari dell’unica utenza eventualmente frazionabile
in plurime utenze singole, qualora tecnicamente possibile) saranno solidalmente responsabili del pagamento delle somme dovute a fronte della
somministrazione complessiva effettuata.
Il successivo VI comma, proprio con specifico riferimento alle fattispecie
sopra richiamate, dispone inoltre che: “Quando la domanda di fornitura è
conseguente al frazionamento di utenza principale e questa risulti gravata
da morosità, il Gestore subordina al saldo delle fatture non pagate
l’attivazione delle nuove forniture derivate dalla separazione.
La disciplina applicabile alla diversa ipotesi della UTENZA di CANTIERE deve dunque essere rinvenuta, non nella disposizione in questione,
quanto piuttosto nel combinato disposto degli articoli B13, secondo comma, B17, primo e terzo comma, e B19, secondo comma, del “Regolamento
idrico integrato”.
Il secondo comma dell’art. B13, proprio con riferimento all’ipotesi in cui
un nuovo utente subentri a quello precedente, dispone testualmente: “In
caso di morosità pendente, il gestore potrà richiedere, al momento della
richiesta del subentrante, di visionare l’atto di proprietà, il contratto di
16
locazione, o altro documento attestante la data di inizio del possesso
dell’immobile per accertare eventuali competenze, da saldare preventivamente, in capo al soggetto richiedente la fornitura”.
Per chiarire quali siano le “eventuali competenze, da saldare preventivamente, in capo al soggetto richiedente la fornitura” soccorre l’art. B19
che, da un lato, specifica cosa debba intendersi per subentro, precisando
testualmente che “Si ha subentro, previa sottoscrizione del contratto, nei
casi in cui la presa esistente debba essere utilizzata da nuovo fruitore”
(così chiaramente distinguendo detta peculiare ipotesi da quella, prima
analizzata, in cui la presa esistente sia cointestata ad una pluralità di persone o ad una collettività, quale appunto, la collettività dei condomini); e,
dall’altro, detta la disciplina per i casi in cui il formale subentro del nuovo
utente sia stato regolarizzato in ritardo, per avere il subentrante, per un
certo periodo, usufruito di fatto dell’utenza intestata al terzo, senza aver
previamente provveduto alla stipula di apposito contratto con il gestore del
servizio (come accaduto nel caso in esame).
Dispone, infatti, il secondo comma dell’art. B 19 che “Nei casi in cui il
nuovo utilizzatore abbia usufruito del servizio senza tempestiva regolarizzazione (60 gg.) della sua condizione di nuovo utente saranno applicate le
sanzioni di cui all’allegato D e verrà formalizzata la sottoscrizione del
contratto quale regolarizzazione della situazione di fatto e quindi con efficacia retroattiva”.
Sulla base della predetta disposizione deve dunque ritenersi che l’utente
di fatto di una utenza formalmente intestata a terzi sarà tenuto al pagamento del corrispettivo dovuto per le forniture delle quali abbia concretamente
17
usufruito come se il contratto con il quale sia stata formalmente regolarizzata la pregressa situazione di mero fatto fosse stato stipulato sin dalla data
della concreta erogazione del servizio.
Salva, l’applicazione delle sanzioni previste dall’allegato D del regolamento.
Ne deriva che il subentrante, fruitore di fatto del servizio idrico, non può
che ritenersi giuridicamente obbligato unicamente al pagamento del corrispettivo dovuto per i consumi a lui imputabili sin dalla data dell’effettiva
utilizzazione di fatto del servizio, come se il contratto relativo alla nuova
utenza da lui richiesta fosse stato stipulato sin da quella data, oltre che al
pagamento dell’ulteriore somma di euro 100,00, prevista dal regolamento
a titolo di sanzione.
Pertanto, la pretesa della società Abbanoa spa, volta ad ottenere dal richiedente la nuova utenza il pagamento dell’intera morosità addebitabile
all’utenza master, intestata ad un terzo (il soggetto titolare del cantiere e
che ha provveduto alla edificazione del complesso edilizio), appare del
tutto illegittima, essendo eccedente le somme pretendibili dal subentrante
quali corrispettivo delle prestazioni da lui ottenute, seppur in via di mero
fatto.
SUBENTRO NEL CONTRATTO
Art. B.13 (Titolarità), II comma:
“In caso di morosità pendente, il Gestore potrà richiedere, al momento della richiesta del
subentrante, di visionare l’atto di proprietà, il contratto di locazione o altro documento attestante la data di inizio del possesso dell’immobile per accertare eventuali competenze, da
saldare preventivamente, in capo al soggetto richiedente la fornitura.
18
art. B.19 (Subentro)
Si ha subentro, previa sottoscrizione del contratto, nei casi in cui la presa esistente debba
essere utilizzata da nuovo fruitore. Nei casi in cui il nuovo utilizzatore abbia usufruito del
servizio senza tempestiva regolarizzazione ( 60 gg.) della sua condizione di nuovo utente
saranno applicate le sanzioni di cui all’Allegato D. e verrà formalizzata la sottoscrizione
del contratto quale regolarizzazione della situazione di fatto e quindi con efficacia retroattiva.
Anche le predette disposizioni, che si occupano del subentro di un nuovo fruitore al precedente, in caso di trasferimento del possesso dell’immobile per locazione, affitto di azienda, comodato, etc, non possono essere interpretate nel senso di giustificare la indiscriminata
pretesa, talvolta avanzata dal Gestore nei confronti del nuovo possessore (comodatario, affittuario, proprietario dell’immobile), di subordinare il subentro nel contratto al pagamento
di pregresse morosità imputabili ad un terzo.
Siffatta interpretazione, si porrebbe, infatti, in contrasto:
1. con il principio di inopponibilità a terzi dell’inadempimento del precedente utilizzatore;
2. con l’obbligo a contrarre gravante sul gestore;
3. con lo stesso tenore letterale delle disposizioni appena richiamate, le quali, se correttamente interpretate, limitano tale facoltà all’ipotesi in cui il nuovo fruitore del servizio non
sia in grado di dimostrare di essere entrato nel possesso o nella disponibilità dell’immobile
servito dall’utenza riconducibile al precedente utilizzatore in epoca successiva ai consumi
registrati.
Conferma tale ricostruzione, come detto, lo stesso tenore letterale delle disposizioni di cui
al combinato disposto degli articoli B13 e B19, che, infatti, in caso di nuovo contratto relativo ad utenza in precedenza intestata a terzi, richiede documentazione attestante la data di
inizio del possesso dell’immobile “per accertare eventuali competenze, da saldare preventivamente, in capo al richiedente la fornitura”; e ciò, anche al fine (come specificato dalla di-
19
sposizione) di regolarizzare eventuali situazioni di fatto (godimento di fatto del servizio
idrico prima della stipula di nuovo contratto) con efficacia retroattiva, nel caso in cui detto
godimento di fatto del servizio sia riconducibile al richiedente la nuova fornitura.
art. B.11, (Avvio della fornitura), II comma:
“Il Gestore ha facoltà di rifiutare con atto motivato la domanda di fornitura o eventualmente subordinarla a determinate prescrizioni. Le cause di rifiuto possono riguardare: (omissis)
- il mancato pagamento di insoluti pendenti a carico del medesimo soggetto o di proprio
familiare o convivente all’interno dell’A.T.O., salvo il caso sia in corso un piano di rientro
definito secondo l’allegato E);
La norma non può essere richiamata dal Gestore per giustificare l’indiscriminato rifiuto di
erogazione del servizio qualora la morosità sia riconducibile a un proprio familiare o convivente all’interno dell’A.T.O , ma la disposizione può ritenersi in sintonia con i principi generali unicamente se interpretata secondo la ratio giustificatrice della norma stessa, orientata ad evitare abusivi comportamenti del somministrato finalizzati all’attivazione di nuove
utenze fittizie al fine di eludere l’obbligo del pagamento dei corrispettivi dovuti.
Una indiscriminata applicazione della suddetta disposizione si porrebbe, infatti, in contrasto, oltre che della clausola generale di correttezza e buona fede, valevole anche nella fase
precontrattuale, sia con le disposizioni di cui all’art. 3 della legge n. 287/90, che sanziona
ogni pratica commerciale che, imponendo condizioni o adempimenti preliminari che non
siano normalmente applicati o richiesti alla generalità degli utenti e tranducendosi, quindi,
in un aggravio economico arbitrario ed ingiustificato per il singolo, si sostanzi in un abuso
di posizione dominante (v. in tal senso provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato n. 17481 del 18 ottobre 2007); sia con le disposizioni di cui agli articoli
20 e seguenti del codice del consumo, tese alla repressione delle pratiche commerciali
ingannevoli ed aggressive e, in quanto tali, idonee a limitare considerevolmente la libertà
20
di scelta o di comportamento del consumatore, tanto da indurlo a prendere una decisione che
altrimenti non avrebbe preso (v. in tal senso provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato n. 18971 del 9 ottobre 2008 e n. 20029 del 1° luglio 2009).
In conclusione può ritenersi che la norma in questione possa concretamente trovare applicazione unicamente in relazione a quei casi in cui la qualità di familiare o convivente del
precedente utente rimasto moroso si inserisca in una situazione di fatto tale da far emergere,
come già detto, l’abusività del comportamento posto in essere, unicamente finalizzato ad assicurare, in relazione al medesimo nucleo familiare, la fruizione del servizio pur in assenza
del regolare pagamento dei corrispettivi dovuti per consumi ai quali il richiedente la fornitura abbia partecipato in quanto convivente con l’intestario dell’utenza.
IL MOMENTO FUNZIONALE DEL RAPPORTO
Sospensione della fornitura per morosità,
Articoli B6, B11, B13, II comma, B17, B18, B19, B21
1. Prova dei Consumi:
In caso di contestazione sulla effettività dei consumi per i quali si chieda il pagamento
del corrispettivo, è onere del Gestore dimostrare la corretta funzionalità del contatore.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10313 del 28/05/2004, ha chiarito, in tema di
riparto dell’onere probatorio: “(…) che l'obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di
traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l'utente
conserva il relativo diritto di contestazione e il gestore è tenuto a dimostrare il corretto
funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta”
21
2. Consumi anomali
I profili di criticità si manifestano in relazione ai consumi anomali, spropositati rispetto
ai consumi “ordinari” solitamente registrati.
Sul punto la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 13193 del 16/06/2011, ha chiarito: “In
tema di contratto di somministrazione relativo a utenza idrica e nell'ipotesi in cui l'utente
lamenti l'addebito di un consumo anomalo ed eccedente le sue ordinarie esigenze, una volta fornita dal somministrante la prova del regolare funzionamento degli impianti, è onere
dell'utente provare di avere adottato ogni possibile cautela, ovvero di avere diligentemente
vigilato affinché intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del
contatore”.
Gli stessi criteri sulla ripartizione dell’onere della prova debbono essere seguiti anche nel
caso in cui la domanda sia stata proposta dallo stesso utente per l’accertamento negativo del
credito vantato dal Gestore.
Discorso diverso, invece, va fatto in relazione alle domande, proposte dall’utente, per la
ripetizione di somme che egli ritenga di aver corrisposto al Gestore indebitamente.
In relazione alle domande di indebito, infatti, l’orientamento unanime della Cassazione è
nel senso che l’onere della prova sia dell’attore, costituendo, l’insussistenza del credito (indebitamente ) pagato, elemento costitutivo della domanda (v. Cass., n. 7501 del 2012).
In generale, dunque, a parte il caso specifico dell’indebito, la Cassazione distingue,
quanto alla ripartizione dell’onere della prova, tra prova del corretto funzionamento del
contatore, gravante sul Gestore, e prova di altre cause che abbiano, eventualmente, determinato un consumo anomalo non imputabile all’utente, gravante sull’utente stesso.
In caso di consumo anomalo non riconducibile ad uno scorretto funzionamento del contatore (e del quale non possa, dunque, ritenersi responsabile il Gestore), compete, pertanto,
all’utente dimostrare che l’anomalia non gli sia imputabile per difetto della dovuta diligenza; in mancanza di tale prova l’utente sarà tenuto al pagamento dei consumi effettivamente
22
misurati, anche se esorbitanti rispetto ai propri consumi medi (si pensi alla perdita occulta
d’acqua dovuta ad inefficienze dell’impianto idrico posto a valle del contatore, e quindi di
proprietà dell’utente).
Non vi è dubbio, infatti, sulla base dei principi generali e delle espresse disposizione del
regolamento, che anche in caso di anomali consumi conseguenti a perdite occulte d’acqua,
l’utente sia responsabile tutte le volte in cui la perdita si sia verificata nell’impianto di sua
proprietà.
Prevedono, a tale proposito, le disposizioni del Regolamento, in perfetta sintonia con i
principi generali:
- l’onere dell’utente di “verificare periodicamente il contatore allo scopo di individuare
eventuali anomalie o consumi eccessivi di acqua derivanti da perdite occulte a valle del
contatore stesso”(art. B35.1, comma II);
- che sia, “in ogni caso, cura dell’utente tenere sotto controllo i propri consumi abituali senza attendere il ricevimento della fattura” (art. B35.1, commaII);
- che l’utente debba “accertare le cause della mancata ricezione della fattura e chiedere il duplicato al fine di evitare l’applicazione di mora e di interessi per ritardato
pagamento” (art. B16, III comma ).
I suddetti obblighi, peraltro, debbono necessariamente essere coordinati con quelli,
di particolare rilevanza per la corretta gestione del rapporto di somministrazione, posti a carico del Gestore, e precisamente:
-
l’obbligo di “garantire il riscontro degli eventuali consumi presunti con un numero di letture non inferiore a due volte l’anno” (art. B16, comma I) ;
-
di “evidenziare in fattura eventuali consumi doppi rispetto a quelli registrati nel
periodo precedente”( Art. B35.1, II comma)
Anche la Carta del servizio idrico integrato (redatta in attuazione delle direttive impartite dal D.P.C.M. 27.1.1994 e dal D.P.C.M. 29.4.1999), che costituisce parte integran-
23
te del Regolamento, prevede espressamente:
all’Art. 6.2: “Nel periodo (bimestre) successivo l’utente riceverà la fattura con il conguaglio sui consumi reali registrati nel periodo (bimestre) precedente”;
all’art. 8 che “Il Gestore predispone procedure per la rilevazione e la segnalazione di
consumi anomali”.
Tanto premesso, il problema è stabilire, in caso di consumi anomali molto elevati e mancata lettura e fatturazione per anni, fermo il diritto del Gestore di ottenere,
comunque, il pagamento delle somme dovute per i consumi effettivamente accertati in
seguito ad ordinario giudizio di cognizione, se possa ritenersi legittimo l’utilizzo
dello strumento della sospensione della fornitura.
E’ del tutto pacifico che il mancato pagamento delle somme dovute in relazione ai
consumi effettuati costituisca grave inadempimento della prestazione a carico
dell’utente, e, in quanto tale, possa portare, all’esito del giudizio che accerti il credito
sia nell’an che nel quantum, sia alla condanna dell’utente al pagamento di quanto sia
risultato dovuto, sia alla risoluzione del contratto.
Non sempre, invece, può ritenersi giustificato l’utilizzo dello strumento della sospensione della fornitura (spesso utilizzata quale strumento di pressione per ottenere
l’immediato pagamento del corrispettivo), specie quando la morosità sia contestata e,
soprattutto, quando la stessa appaia del tutto anomala, e, quindi, indice di un momento
patologico del rapporto.
Nella decisione n. 2720 del 2009 la Cassazione aveva già indicato nel criterio della
proporzionalità e della buona fede lo strumento da utilizzare per valutare la legittimità o meno dell’eccezione di inadempimento (sospensione della fornitura)
chiarendo che : “Nel caso in cui venga opposta, nei contratti con prestazioni corrispettive, l'eccezione "inadimplenti non est adimplendum", occorre verificare, secondo
il principio di buona fede e correttezza sancito dall'art. 1375 cod. civ., in senso ogget-
24
tivo, se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all'incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull'equilibrio sinallagmatico
dello stesso, in rapporto all'interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, causalmente e proporzionalmente, la sospensione dell'adempimento dell'altra parte”.
Nei casi di conclamata patologia del rapporto, caratterizzati, da un lato, da gravi
inadempimenti dello stesso Gestore del servizio, specie con riferimento all’obbligo, di
fondamentale importanza per una corretta esecuzione del contratto di somministrazione, della regolarità delle letture comprovanti i consumi reali almeno due volte all’anno
e della fatturazione bimestrale, e, dall’altro, dalla abnormità dei consumi registrati rispetto a quelli medi del periodo precedente, ben può ritenersi, in considerazione delle
specifiche circostanze del caso concreto (e anche qualora risulti accertata la corretta
funzionalità del contatore), contrario a buona fede l’esercizio della facoltà di sospensione della fornitura, avendo lo stesso gestore contribuito causalmente, con il proprio inadempimento, a rendere spropositata la morosità, a meno che, valutato il
complessivo comportamento delle parti, non risulti la maggiore gravità
dell’inadempimento imputabile all’utente.
Non appare, infatti, corretta e rispettosa della buona fede contrattuale di cui all’art.
1337 c.c, specificamente ribadita con riferimento alla possibilità di sospensione
dell’adempimento, dall’ultimo comma dell’art. 1460 c.c. (“Tuttavia non può rifiutarsi
l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario a buona fede” la
condotta del Gestore del servizio che, omettendo letture e fatturazioni regolari,
faccia lievitare il proprio credito fino a farlo diventare di importi assai elevati, e
poi, non solo pretenda il pagamento dovuto per i consumi, il che POTREBBE
(salvo ipotizzare la possibilità di una adeguata diminuzione dell’entitità di detto
credito proporzionale all’accertata gravità della condotta colposa del gestore in
25
relazione allo smisurato ampliamento delle ragioni creditorie) ritenersi del tutto
legittimo, ma tenti, in situazioni caratterizzate da consumi del tutto anomali, di
garantirsi l’immediato adempimento provvedendo, strumentalmente, alla sospensione della fornitura.
Ovviamente, a meno che non risulti una comprovata malafede della controparte.
Aspetto di forte criticità è, dunque, stabilire se, in ragione della specificità del
caso concreto, possa ritenersi abusivo e illegittimo l’esercizio della facoltà – pur
prevista dalla legge – della sospensione e, decorsi i termini di legge, dello slaccio,
ancora prima di procedere, per le vie ordinarie, all’accertamento del credito nel suo
esatto ammontare e, in ipotesi di persistente morosità e gravità dell’inadempimento,
alla stessa risoluzione del contratto.
La soluzione potrebbe essere nel senso di ritenere detta abusività tutte le volte in cui
l’esercizio della facoltà di sospensione si inserisca in una situazione di grave patologia del rapporto di somministrazione in ragione delle gravi violazioni imputabili allo stesso Gestore (omissione di lettura e di fatturazione per anni) che abbiano
contribuito in maniera determinante all’accumulo della morosità.
A tale proposito, appare utile ricordare che la regolarità delle letture, necessarie per
l’accertamento dei reali consumi, e della conseguente fatturazione, si giustificano non
solo in relazione all’interesse del gestore al puntuale pagamento dei corrispettivi dovuti, ma sono altresì funzionali alla realizzazione dell’interesse dell’utente a tenere
sotto controllo i propri consumi e ad avere tempestiva consapevolezza delle eventuali
anomalie degli stessi, anche al fine di individuare carenze del proprio impianto, responsabili di perdite d’acqua, spesso non percepibili in quanto occulte.
3. Scorretto funzionamento del contatore (Art. B 35)
In caso di accertato malfunzionamento del contatore, le disposizioni di cui
all’art. B 35 distinguono il caso in cui ciò sia dovuto a cause imputabili
26
all’utente da quelli in cui sia imputabile al Gestore, e poi indicano criteri
parzialmente diversi per la ricostruzione dei consumi e del conseguente
corrispettivo.
In entrambi i casi, peraltro, identico è il criterio da utilizzare in via principale, indicato nella ricostruzione dei consumi sulla base di quelli rilevati
presso la medesima utenza negli anni precedenti, in analoghi periodi o
condizione.
La disposizione chiarisce inoltre che solo in caso di mancanza di dati storici utili può farsi luogo all’applicazione degli altri criteri, previsti in via
sussidiaria.
4. Sostituzione del contatore: profili problematici
Non appare corretta la prassi spesso seguita dalla società Abbanoa spa di
procedere alla rimozione e sostituzione del “vecchio” contatore (spesso
mal funzionante) in assenza di contraddittorio.
In questi casi, se l’utente contesta che il contatore possa essere stato manomesso, e non possa stabilirsi con ragionevole certezza che il contatore,
rimasto nella esclusiva disponibilità del Gestore in seguito alla sua rimozione, non abbia subito manomissioni, il Gestore potrebbe trovarsi nella
impossibilità di fornire la prova circa la effettiva sussistenza dei consumi
posti a fondamento della pretesa creditoria fatta valere.
5. Pagamento rateale: riconoscimento del debito?
In molti casi di consumi contestati (spesso perché anomali) la società
Abbanoa spa subordina il ripristino della erogazione alla sottoscrizione di
un piano di rientro rateale.
Quale valore attribuire a tale attività? E’ dubbio che a tale atto possa
sempre essere riconosciuta la valenza di un riconoscimento del debito,
27
con conseguente rinuncia alle contestazioni poste a fondamento del reclamo.
28