Il silenzio assenso tra amministrazioni e il rischio di eccesso di
Transcript
Il silenzio assenso tra amministrazioni e il rischio di eccesso di
Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo Silenzio assenso Il silenzio assenso tra amministrazioni e il rischio di eccesso di velocità nelle accelerazioni procedimentali di Marco Bombardelli L’art. 17 bis della L. 7 agosto del 1990, n. 241 introduce l’istituto del silenzio assenso per l’adozione di provvedimenti normativi ed amministrativi nei casi in cui sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nullaosta di altre PP.AA. o di gestori di beni o servizi pubblici e questi non vengano rilasciati entro un termine prefissato. Si tratta di uno strumento di semplificazione procedimentale molto problematico, anche perché è prevista la sua applicazione nei casi in cui l’atto di assenso debba essere rilasciato da amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili. Nel presente commento vengono considerate le principali criticità di questo istituto. Il silenzio assenso tra amministrazioni come strumento di semplificazione L’immagine negativa della P.A. - quella che le riforme susseguitesi con frequenza crescente a partire dagli anni ’60 dello scorso secolo avrebbero voluto modificare e che ora anche la L. 7 agosto 2015, n. 214 e i suoi decreti attuativi si prefiggono di cambiare - è prodotta in gran parte dall’eccesso di complicazione che i privati sono costretti a sopportare, o comunque avvertono, quando entrano in rapporto con essa (1). Le disposizioni normative troppo numerose e minuziose; le procedure lente e farraginose; le regole poco chiare, applicate in modo disomogeneo, spesso inutilmente formalistico e autoreferenziale; la disattenzione per le dimensioni dell’efficacia e dell’efficienza; gli intralci introdotti nell’attività dei privati, non sempre compensati dalla produzione di risultati utili alla collettività: sono tutti elementi che concorrono a far percepire ai cittadini e alle imprese una forte esigenza di semplificazione amministrativa. Il problema è noto, i tentativi di dargli soluzione sono stati numerosi e gli strumenti messi in campo, che la L. n. 124/2015 in parte riprende e aggiorna, sono molti. Non sempre, però, essi hanno funzionato e il problema della semplificazione amministrativa è sempre rimasto e rimane tuttora attuale, al punto che il richiamo ad essa è diventato praticamente una clausola di stile negli interventi di tutti coloro che nel tempo si sono proclamati e si proclamano fautori della riforma dell’amministrazione. Si è intervenuti sul piano della normazione, prevedendo la riduzione e il coordinamento delle leggi che disciplinano l’attività amministrativa; sono state introdotte modifiche nell’organizzazione amministrativa; si è cercato di ridurre gli oneri amministrativi e di semplificare la produzione, la gestione e la circolazione della documentazione amministrativa; si è tentato di potenziare il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e in generale si è intervenuti a più riprese e in vari modi sul procedimento amministrativo. Riguardo a quest’ultimo, le principali azioni di riforma sono state rivolte alla riduzione del numero dei procedimenti, con la soppressione di quelli inutili o con (1) Si veda la descrizione che ne fa già il Rapporto sui principali problemi dell’Amministrazione dello Stato presentato alle Camere nel 1979 da M.S. Giannini in qualità di Ministro per la Funzione pubblica, in Riv. trim. dir. pubb., 1979, 722 ss. Sul ruolo che alla semplificazione amministrativa è stato attribuito nei numerosi tentativi di riforma dell’amministrazione susseguitisi negli scorsi decenni sia consentito rinviare a M. Bombardelli, La semplificazione amministrativa: problemi e prospettive, in Scritti in onore di Giuseppe Palma, III, Torino, 2012, 1827 ss. 758 Urbanistica e appalti 7/2016 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo l’accorpamento di quelli che si riferiscono alla stessa attività; alla riduzione del numero delle fasi del procedimento e dei tempi necessari per il loro svolgimento; alla previsione di diverse possibilità di deroga alla struttura sequenziale dell’attività; alla semplificazione documentale e al potenziamento dell’uso dell’informatica; all’introduzione di strumenti di contrasto dell’inerzia dell’amministrazione nell’adozione del provvedimento. In questo quadro molto ampio di interventi hanno avuto una grande importanza, ma non sempre altrettanto successo, gli istituti di semplificazione procedimentale disciplinati dal capo IV della L. 7 agosto 1990, n. 241, che riguardano la diminuzione degli oneri gravanti sui privati; la riduzione dell’effetto condizionante di alcuni atti della sequenza procedimentale sui successivi; lo snellimento della modalità della valutazione degli interessi nel procedimento, con l’introduzione ad esempio della conferenza dei servizi; la previsione di moduli conclusivi del procedimento alternativi al provvedimento espresso. Nell’impianto originale, questi strumenti sono stati connotati in modo da bilanciare l’esigenza di semplificazione con quella di assicurare la valutazione degli interessi nel procedimento, mantenendo quindi un ruolo attivo dell’amministrazione nel ricorso a questi strumenti oppure escludendone l’applicazione nel caso di incidenza su alcuni interessi sensibili, come quelli della tutela ambientale o della salute dei cittadini. Su questo quadro la L. n. 124/2015 interviene in modo massiccio, direttamente o attraverso il rinvio ai decreti delegati, in parte modificando le modalità di funzionamento degli strumenti di semplificazione già esistenti, in parte introducendo strumenti nuovi. Nel farlo, si propone fra gli altri un obiettivo specifico - che per quanto si dirà più avanti a chi scrive non sembra condivisibile - quello di “correggere” l’impostazione “del passato” che riconosce una tutela rafforzata agli interessi sensibili attraverso la previsione di un regime di specialità nell’uso degli strumenti di semplificazione. Quest’ultima, in particolare, viene ora considerata un interesse da valorizzare in contrapposizione rispetto ai primi, cercando un maggiore “equilibrio” nel suo bilanciamento con essi (2). Fra i nuovi strumenti di semplificazione introdotti dalla L. n. 124/2015, particolarmente connotati in funzione di tale obiettivo, rientra il silenzio assenso tra PP.AA. e tra queste e i gestori di beni o servizi pubblici. In particolare l’art. 3 della L. n. 124/2015 aggiunge alla L. 7 agosto del 1990, n. 241 un art. 17 bis che introduce l’istituto del silenzio-assenso già previsto dall’art. 20 della L. n. 241/1990 per i procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi - anche per l’adozione di provvedimenti normativi ed amministrativi da parte di una P.A. nei casi in cui sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nullaosta comunque denominati di altre PP.AA. o di gestori di beni o servizi pubblici. Più specificamente, qualora questi non si esprimano entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, corredata dalla relativa documentazione, da parte delle amministrazione procedente, l’assenso, il concerto o il nulla osta si intende acquisito. Il termine può essere interrotto una sola volta e solo in caso esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso e decorre per altri trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento. È stato disposto che il silenzio assenso si formi anche in cui l’assenso, il concerto o il nullaosta debba essere rilasciato da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, con l’unica concessione al rilievo di questi interessi nel fatto che il termine previsto per provvedere è esteso a novanta giorni, salvo quello diverso già previsto dalle leggi di settore. Qualora poi il mancato accordo riguardi le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti, la decisione sulle eventuali modifiche da apportare allo schema di provvedimento è rimessa al Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera di quest’ultimo. Sono fatti salvi, come del resto è scontato visto il rapporto di preminenza del diritto europeo su quello nazionale, i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi (3). (2) G. Vesperini, La riforma della pubblica amministrazione. Le norme generali sulla semplificazione, in Giorn. dir. amm., 2015, 629 ss. (3) Sull’art. 17 bis della L. n. 241/90 si vedano S. Amorosino, La Valutazione Ambientale Strategica dei piani territoriali ed urbanistici e il silenzio assenso di cui al nuovo art. 17 bis L. n. 241/1990, in questa Rivista, 2015, 1245 ss.; F. de Leonardis, Il silenzio-assenso in materia ambientale: considerazioni critiche all’art. 17-bis introdotto dalla c.d. riforma Madia, in www.federalismi.it, 2015, 20, 1 ss.; M.A. Sandulli, Gli effetti diretti della legge 7 agosto 2015 n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio-assenso e autotutela, in www.federalismi.it, 2015, 17, 1 ss.; G. Corso, La riorganizzazione della P.A. nella legge Madia: a survey, in www.federalismi.it, 2015, 20, 1 ss.; R. Ferrara, Lo stato di diritto fa bene all’economia. Alcune note in margine alla c.d. legge Madia in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in www.diritto-amministrativo.org.; P. Marzaro, Certezze e incertezze sul silenzio assenso tra amministrazioni, in www.giust.- amm.it, 2015, 12, 1 ss.; F. Scalia, Il silenzio assenso nelle c.d. materie sensibili alla luce della riforma Madia, in questa Rivista, 2016, 11 ss.; P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni e silenzio assenso, Urbanistica e appalti 7/2016 759 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo Mediante tale novità si cerca di introdurre un sistema di accelerazione dell’azione amministrativa nel caso in cui il provvedimento finale di una amministrazione dipenda dall’acquisizione di pareri, assensi e nulla osta di altri soggetti pubblici, che con la loro inerzia possono ritardare o bloccare del tutto l’adozione dell’atto. L’idea di fondo è che dall’accelerazione possano derivare benefici immediatamente fruibili da cittadini e imprese, consistenti in primo luogo nella riduzione dei tempi necessari per ottenere i provvedimenti di cui necessitano per avviare o proseguire le proprie attività. L’opzione viene considerata priva di svantaggi, dando per scontato che la riduzione della tempistica comporterà automaticamente una riorganizzazione interna della P.A., capace di creare una maggiore efficienza delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili (4). Questo approccio identifica la semplificazione con l’accelerazione del procedimento e, di conseguenza, individua di per sé la velocità di quest’ultimo come un rimedio all’inefficienza dell’amministrazione. In questo senso esso è riconducibile a una posizione fortemente in crescita nel modo di intendere la P.A. - espressa di recente anche nei pareri che il Consiglio di Stato ha rilasciato sugli schemi dei decreti attuativi della L. n. 124/2015 - che valorizza una crescente “dimensione economica” del diritto amministrativo e in tale prospettiva ritiene l’accelerazione dei procedimenti amministrativi come un vero e proprio interesse pubblico, attribuendo al fattore tempo e alla velocità delle decisioni amministrative nelle materie che interferiscono con l’esercizio di attività economiche il rilievo di valori fondamentali dell’ordinamento, necessari per assicurare la piena espressione della libertà di iniziativa privata sancita dall’art. 41 della Cost. e con essa lo sviluppo che si ritiene derivi automaticamente dal suo esercizio (5). Ora, nella sua nettezza questa posizione non pare condivisibile, perché se è scontato che, a parità di operazioni svolte, la capacità di risparmiare tempo nel porle in essere è indice di efficienza ed è un obiettivo utile da raggiungere con la semplificazione, non si può dire lo stesso quando per accelerare in www.giust.- amm.it, 2016, 5, 1 ss. (4) Si veda in tal senso l’Analisi di impatto della regolamentazione relativa al disegno di legge, da cui è derivata la L. n. 124/2016, consultabile in Atti Senato, XVII Legislatura, Disegno di legge n. 1577, 23 ss. e in particolare 27. (5) Si veda espressamente, in questo senso il parere 15 aprile 2016, n. 929, reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, ai sensi dell’articolo 4 della L. 7 agosto 2015, n. 124”, che peraltro rinvia sul punto 760 si trascura di introdurre e confrontare alcuni dei molteplici interessi che invece nel procedimento dovrebbero essere ponderati. Non basta infatti considerare l’immagine lineare e sequenziale del procedimento amministrativo come percorso precostituito in cui la volontà dell’amministrazione si forma attraverso una successione di atti, che può essere semplificato semplicemente accelerando i tempi di percorrenza delle sue fasi, al limite omettendo l’acquisizione degli atti che vi dovrebbero trovare luogo. Occorre invece dare il dovuto peso al fatto che, prima che una sequenza di atti, il procedimento è la sede in cui sul piano sostanziale avvengono l’esercizio delle competenze delle amministrazioni coinvolte e il confronto dei diversi interessi rilevanti, in vista di un risultato di cura di questi interessi, che l’amministrazione ha l’obbligo di raggiungere in modo semplice ma anche efficace, senza rinunciare alla completezza del confronto fra gli stessi (6). In questa prospettiva appare problematico attribuire alla velocità in quanto tale un rilievo assoluto e, ancor di più, considerare il semplice trascorrere del tempo come un evento capace di produrre implicitamente effetti assimilabili a quelli della valutazione di un interesse da parte dell’amministrazione. In questo senso, l’accelerazione procedimentale operata con il silenzio assenso presenta i rischi tipici dell’eccesso di velocità nella guida dei veicoli, che crescono in modo proporzionale alla potenza del mezzo e alla mancanza di prudenza di chi sta al volante. L’impatto del silenzio assenso tra amministrazioni sul contesto normativo della semplificazione Il primo problema da considerare si manifesta con evidenza riguardo all’istituto in esame, ma riguarda in generale l’impatto che la L. n. 124/2015 ha sul contesto normativo che disciplina gli strumenti di semplificazione. Va osservato, cioè, come la L. n. 124/2015 presenti due criticità, perché favorisce la volatilità delle norme e l’inflazione normativa, che sono due fattori di ostacolo alla semplificazione normativa e, di conseguenza, anche di quella amgià al parere dell’Adunanza Generale del Cons. Stato 21 novembre 1991, n. 141. (6) Sui diversi modi di intendere il procedimento amministrativo v. G. Santaniello, Il procedimento amministrativo: linee di sviluppo, in Saggi in onore del cinquantenario del riordinamento della Ragioneria Generale dello Stato e della istituzione dei Servizi ispettivi di finanza, Roma, 1991, 455 ss.; A. Sandulli, Il procedimento amministrativo, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, II, II ed., 2003, 1035 ss. Urbanistica e appalti 7/2016 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo ministrativa (7). Sotto il primo profilo, essa modifica in modo significativo il quadro normativo esistente, confermando la tendenza del legislatore a intervenire di continuo per modificare il contenuto di testi normativi già vigenti, anche adottati di recente. Questo determina una significativa volatilità degli enunciati normativi e quindi una grande instabilità delle norme che ne possono essere ricavate dall’interprete, aumentando la difficoltà dell’amministrazione nel procedere in modo semplice e sicuro alla loro applicazione (8). Sotto il profilo dell’inflazione normativa, invece, la L. n. 124/2015 prevede un ricorso massiccio alla delega legislativa, confermando una prassi che - fra i vari effetti negativi - ha anche quello di alimentare in modo incontrollato la crescita del numero delle norme di rango primario che regolano l’attività amministrativa, associando a ogni testo di legge un alto numero di decreti delegati e costringendo quindi l’interprete all’utilizzo di un numero considerevole di testi normativi per trovare la regola del caso concreto, con evidente aumento anche da questo punto di vista della complicazione e dell’incertezza operativa (9). Le disposizioni sul silenzio assenso tra amministrazioni non vanno direttamente a modificare la disciplina di istituti già esistenti. Tuttavia, esse alimentano l’instabilità del quadro normativo perché calano in un contesto già fortemente strutturato quello appunto degli strumenti di semplificazione di cui al capo IV della L. n. 241/1990 - delle opzioni interpretative non pienamente coerenti, che creano incertezza per le amministrazioni chiamate ad applicarle e per alcuni aspetti introducono anche dei vincoli contrastanti con la disciplina di altri strumenti di semplificazione. Inoltre, le disposizioni in esame rientrano tra quelle immediatamente applicabili e per esse non è previsto specificamente il ricorso alla delega legislativa. Tuttavia, esse sono comunque interessate dal rinvio ai decreti delegati in una parte importante, perché l’art. 2 della L. n. 124/2015, dedicato alla conferenza di servizi, le richiama al comma 1, lett. p), prevedendo che con il decreto delegato in materia di conferenza dei servizi venga operato il “coordinamento delle disposizioni in materia di conferenza di servizi con quelle dell’art. 17 bis” della L. n. 241/1990 (10) . Le prime criticità del silenzio assenso tra amministrazioni come strumento di semplificazione derivano dunque dall’impatto di questo istituto con il contesto normativo esistente e dalle influenze che questo può avere sulla sua applicazione. In particolare, rilevano i numerosi trade-off, che come si è detto talora diventano veri e propri vincoli contrastanti, che le disposizioni che lo riguardano si trovano ad avere con quelle - sempre dettate dalla L. n. 241/1990 - che regolano strumenti analoghi (11). Il silenzio assenso mira in primo luogo ad evitare che l’inerzia di una amministrazione nel corso della sequenza procedimentale possa condurre ad allungare il percorso procedimentale o comunque a tenere bloccato il relativo iter fino al momento in cui tale amministrazione adotta l’atto intermedio di sua competenza, comunque necessario per la validità del provvedimento finale. In questo senso il silenzio assenso porta alla semplificazione del procedimento producendo una deroga all’effetto condizionante esercitato da un atto della serie procedimentale sui successivi, senza che la sua assenza vada ad inficiare la validità del provvedimento finale. Ciò conduce dunque ad accostare questo nuovo istituto alla disciplina dei pareri e delle valutazioni tecniche già prevista dall’art. 16 e dall’art. 17 della L. n. 241/1990, a cui non a caso il relativo articolo è fatto seguire. Però la disciplina di questi istituti presenta differenze significative. Innanzitutto, essa non prevede un automatismo per l’accelerazione della sequenza procedimentale, ma mantiene in capo all’amministrazione la possibilità di valutare caso per caso quale sia la modalità più idonea per valutare l’interesse che dovrebbe essere curato attraverso l’atto mancante. Nel caso del mancato rila- (7) Per un’analisi più specifica degli elementi che concorrono a incrementare la complicazione normativa sia consentito rinviare a M. Bombardelli, Semplificazione normativa e complessità del diritto amministrativo, in Dir. pubb., 2015, 992 ss. (8) Sul problema della volatilità e dell’instabilità dei testi normativi e sul ruolo che queste hanno nella svalutazione del valore della legge si vedano già, in epoche e in contesti diversi, ma con significativa coincidenza di valutazioni, F. Carnelutti, La crisi della legge, in Riv. dir. pubb., 1930, 426; L.L. Fuller, The Morality of Law, New Haven and London, II ed., 1969, 79 ss. Sul punto è da tener presente anche quanto affermato anche nella Relazione finale della Commissione Parlamentare per la semplificazione, di data 31 marzo 2014. Sulla frequenza delle modifiche che hanno caratterizzato in particolare gli enunciati normativi della L. n. 241/90, v. G. Manfredi, Il tempo è tiranno: l’autotutela nella legge Madia, in questa Rivista, 2016, 5. (9) Sui problemi causati dall’eccessivo ricorso alla delega legislativa si veda, fra i molti, V. Piergigli, Le regole della produzione normativa, Torino, 2012, 64 ss. Sulle cause molteplici dell’inflazione normativa sia consentito rinviare a M, Bombardelli, Semplificazione normativa, cit., 996 ss. (10) Va peraltro segnalato che la prima versione dello schema di decreto legislativo approvato dal Governo e su cui è già stato reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato il parere 7 aprile 2016, n. 890, non contiene queste disposizioni di coordinamento. (11) Sui problemi di complicazione che si creano a causa dei trade-off e dei vincoli contrastanti tra le diverse disposizioni normative sia consentito rinviare ancora a M. Bombardelli, Semplificazione normativa, cit., 1052 ss. Urbanistica e appalti 7/2016 761 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo scio del parere di cui all’art. 16 l’organo richiedente ha la facoltà e non l’obbligo di procedere anche senza l’acquisizione del parere, valutando quindi nel caso concreto, in base a criteri di necessità e proporzionalità, se sia più corretto omettere la valutazione di un interesse rilevante o mantenere fermo il procedimento. Nel caso invece in cui, ai sensi dell’art. 17, a mancare sia il rilascio delle valutazioni tecniche, la semplificazione viene raggiunta non certo riconoscendo all’amministrazione la possibilità di omettere la valutazione dell’interesse, bensì attribuendole l’obbligo di ottenerla diversamente, con la richiesta ad altri soggetti idonei. Per la semplificazione si segue quindi di fatto una regola di organizzazione, derogando alla competenza dell’organo consultivo, ma non mettendo in discussione l’esigenza di valutazione dell’interesse che questo deve curare. In ogni caso, sia l’art. 16 che l’art. 17 fanno salvi i casi in cui ad essere valutati debbano essere degli interessi sensibili. Queste disposizioni inseriscono quindi l’esigenza di semplificazione e gli interessi che immediatamente la esprimono in un bilanciamento con gli altri interessi considerati nel procedimento molto più equilibrato di quanto non faccia l’art. 17 bis. La loro differenza di funzionamento è significativa e determina delle incertezze per le amministrazioni chiamate ad applicare il nuovo istituto - come dimostrano ad esempio i dubbi già sorti, e giustamente risolti in senso negativo - riguardo alla possibilità di considerare anche i pareri come atti a cui possono essere applicate le previsioni dell’art. 17 bis (12). Il silenzio assenso tra amministrazioni ha poi l’obiettivo di togliere alle amministrazioni che rimangono inerti il potere di veto che di fatto esse si trovano ad avere rispetto alla conclusione del procedimento, facendo in modo che gli effetti dell’atto di consenso si producano anche senza il loro intervento esplicito. Da questo punto di vista il nuovo istituto assume caratteristiche simili a quelle del silenzio assenso previsto dall’art. 20 della L. n. 241/1990, che come è noto prevede che nei procedimenti a istanza di parte la richiesta del privato sia considerata accolta qualora allo stesso non venga comunicato un provvedimento di diniego entro il termine previsto. Rispetto a questo secondo istituto, però, il silenzio assenso tra amministrazioni presenta differenze significative (13). In primo luogo, perché riguarda un atto endoprocedimentale e non il provvedimento finale, per cui una volta formatosi rende problematico per l’organo competente ad adottarlo, che non è più lo stesso competente ad adottare il provvedimento finale, ricorrere a quei rimedi che l’autotutela può assicurare in via successiva all’interesse curato con l’atto sostituito dal silenzio assenso. Poi, quest’ultimo non riguarda direttamente un rapporto fra amministrazione e privato, ma un rapporto fra diverse amministrazioni e non può essere quindi di per sé essere attratto nella logica “garantistica” che ispira l’art. 20 della L. n. 241/1990, che mira a evitare che sia il privato a farsi carico dei ritardi e delle conseguenze negative prodotte dall’amministrazione con l’inerzia. Qui è in gioco un profilo di coordinamento tra amministrazioni, che per essere considerato ha ben altre possibilità rispetto a quella del silenzio. Infine, tra i due istituti è molto diverso anche il rilievo attribuito agli interessi sensibili, che nel caso dell’art. 20 rimangono opportunamente fatti salvi dalla previsione che il silenzio non si forma in relazione “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute, la pubblica incolumità”. Ciò crea evidentemente dei forti problemi di coerenza, specie quando una stessa amministrazione, in un stessa materia che coinvolge un interesse sensibile, può trovarsi soggetta alla formazione del silenzio assenso se è chiamata a intervenire in procedimenti di competenza di un’altra amministrazione, mentre se ne può trovare esclusa se il provvedimento finale è di propria competenza. Inoltre, per alcuni interessi, come la pubblica sicurezza, l’immigrazione, asilo e cittadinanza, la pubblica incolumità, nel caso dell’art. 20 è riconosciuta una posizione differenziata, mentre nel caso dell’art. 17 bis no - nemmeno nella misura ridotta dell’estensione a novanta giorni del termine per la formazione del silenzio assenso - con una ulteriore incongruenza suscettibile di incertezze applicative (14). (12) Sull’estensione della disciplina dell’art. 17 bis della L. n. 241/1990 ai pareri v. in senso possibilista S. Amorosino, La Valutazione Ambientale Strategica, cit., 1250 e in senso negativo M.A. Sandulli, Postilla, in federalismi.it, n. 20, 3. I problemi di coordinamento interni alla stessa L. n. 241/90 fra la disciplina degli artt. 16 e 17 da un lato e quella dell’art. 17 bis dall’altro, sono dovuti anche alla differenza nei termini previsti per il ricorso agli strumenti disciplinati, su cui v. M.A. Sandulli, Gli effetti diretti, cit., 5. (13) Sulle difficoltà di contemperamento tra la disciplina del silenzio assenso previsto dall’art. 17 bis e quello previsto dall’art. 20 della L. n. 241/90 si vedano anche le osservazioni di F. de Leonardis, Il silenzio-assenso in materia ambientale, cit., 4 s.; P. Marzaro, Certezze e incertezze, cit., 7 ss. e F. Scalia, Il silenzio assenso, cit., 15 ss. (14) Il problema delle incongruenze nell’individuazione degli interessi sottoposti a una disciplina differenziata, rispettivamente, nell’art. 17 bis e nell’art. 20 della L. n. 241/1990 è evidenziato da M.A. Sandulli, Gli effetti diretti, cit., 5. 762 Urbanistica e appalti 7/2016 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo In terzo luogo il silenzio assenso si presenta come uno strumento idoneo a risolvere - in modo per la verità piuttosto sbrigativo - problemi di coordinamento tra uffici preposti alla tutela di interessi diversi, quando i tempi di intervento di ogni ufficio condizionano quelli degli uffici chiamati ad intervenire successivamente nella sequenza procedimentale. In questo senso il silenzio assenso opera per ridurre i condizionamenti organizzativi derivanti dalla connotazione sequenziale del procedimento e assume così una logica di funzionamento assimilabile a quella della conferenza dei servizi. Rispetto ad essa, però, non offre la possibilità di rimediare ai problemi di scollamento nell’azione dei diversi uffici e di semplificare la modalità di valutazione dell’interesse curato con l’atto di assenso, ma funziona solo nel senso della accelerazione procedurale, senza curarsi della valutazione dell’interesse. Nell’attuale disciplina normativa della conferenza dei servizi, in procinto per altro di essere modificata dal decreto attuativo dell’art. 2 della L. n. 124/2015, è presente un vero e proprio vincolo contrastante con l’art. 17 bis della L. n. 241/1990, perché l’art. 14 comma 2 della stessa legge prevede che l’amministrazione sia obbligatoriamente chiamata a indire la conferenza quando “deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre PP.AA. e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta”. Si tratta esattamente della stessa situazione in cui l’art. 17 bis prevede il formarsi degli effetti del silenzio assenso e questo pone evidentemente le amministrazioni di fonte a una possibile impasse. Finora gli interpreti hanno risolto questo problema ritenendo che l’art. 17 bis vada applicato ai soli casi in cui l’atto conclusivo del procedimento sia un provvedimento unitario, rispetto alla cui emanazione gli atti di concerto, nulla osta o assenso comunque denominati, sono strumentali, mentre l’art. 14, comma 2 - come pure le previsioni di contenuto analogo del decreto delegato in fase di approvazione - continuano ad applicarsi nel caso di procedimenti connessi (15). Resta però il fatto che i vincoli contrastanti esistono ed è auspicabile almeno che il decreto delegato sulla conferenza dei servizi venga integrato in modo da prevedere un effettivo coordinamento tra i due istituti (16). Dunque, le criticità determinate dall’impatto del nuovo istituto del silenzio assenso tra amministrazioni sul contesto normativo degli strumenti di semplificazione amministrativa sono più d’una, i trade-off e i vincoli contrastanti con altri aspetti della disciplina normativa sono diversi e potrebbero aumentare se anziché limitarsi a considerare le disposizioni della L. n. 241/1990 si estendesse l’analisi al quadro complessivo delle disposizioni del nostro ordinamento in materia di semplificazione amministrativa (17). Questo crea problemi di coordinamento e di sovrapposizione fra gli interventi dell’amministrazione e riduce l’efficacia del nuovo strumento di semplificazione a causa della sua non piena sincronizzazione con gli altri strumenti già presenti nel sistema, ponendo significativi problemi di riordino e di revisione del suo funzionamento (18). (15) Sul punto si veda in modo approfondito P. Marzaro, Certezze e incertezze, cit., 7 ss.; e P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni, cit., 2 ss. (16) Sui problemi di coordinamento tra il modulo di coordinamento tra amministrazioni previsto nella disciplina delle conferenza dei servizi e quello implicito nel meccanismo del silenzio assenso previsto dall’art. 17 bis, L. n. 241/1990 si vedano P. Marzaro, Certezze e incertezze, cit., 7 ss. e F. Scalia, Il silenzio assenso, cit., 15 ss., P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni, cit., 2 ss. (17) L’effetto è stato considerato ad esempio da P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni, cit., 6 ss. con riferimento alle difficoltà di coordinamento tra le previsioni in materia di silenzio assenso di cui all’art. 17 bis, L. n. 241/1990 e regole settoriali come quelle previste nel Testo Unico dell’edilizia, nella disciplina dello Sportello unico per le attività produttive o nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui art. 146 del Codice dell’ambiente. (18) Insiste molto su questi problemi anche P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni, cit., 8 ss. Urbanistica e appalti 7/2016 Il silenzio assenso tra riduzione della complicazione e gestione della complessità Il silenzio assenso tra amministrazioni pone poi un secondo tipo di problemi, derivanti da quelli che si potrebbero definire “effetti collaterali” dell’intervento di semplificazione. Va considerato, infatti, che questo istituto consente di arrivare all’adozione di un provvedimento amministrativo in assenza di un atto di assenso, di concerto o di nulla osta, che però dovrebbe servire a dare una valutazione di un interesse rilevante nel quadro del complessivo assetto di interessi che quel provvedimento deve definire. Non c’è dubbio che attraverso il silenzio assenso il procedimento si chiuda e il provvedimento finale venga adottato in tempi più rapidi, ma non è affatto detto che, senza l’atto previsto, tutti gli interessi che l’amministrazione è chiamata a valutare siano composti in modo ottimale e che venga raggiunto un risultato efficace di cura dell’interesse pubblico. Optando per il ricorso al silenzio assenso, il legislatore si dichiara di fatto disposto a rinunciare a questo risultato, preferendo al suo posto quello di un incremento meramente quantitativo dell’effi- 763 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo cienza, intesa come direttamente coincidente con l’accelerazione della velocità del processo decisionale. Da questo punto di vista, dunque, il silenzio assenso rientra nella categoria delle semplificazioni con diminuzione del risultato, perché non prevede un modo più semplice per valutare un interesse, ma ammette di fatto tout court la rinuncia alla valutazione di quell’interesse (19). La ponderazione degli interessi affidata in cura all’amministrazione viene sostituita da una indicazione automatica, operata dalla legge, di prevalenza dell’interesse di chi ha richiesto il provvedimento all’amministrazione. Di fatto si eleva l’inefficienza a carattere presuntivo dei ritardi dell’amministrazione e si ritiene prioritario rimuoverne non tanto le cause, quanto piuttosto gli effetti. Se c’è il ritardo, la decisione deve essere presa in senso favorevole alla richiesta del privato: l’amministrazione procedente si trova a non avere più alcuna alternativa rispetto all’adozione del provvedimento e l’amministrazione consultiva non è in grado far valere le proprie esigenze istruttorie - anche quando queste sono effettive e motivate - se non nei modi molto limitati della richiesta di proroga per una sola volta del termine previsto. È così riscontrabile l’implicita convinzione che per semplificare si debba fronteggiare solo la complicazione, evidentemente inutile e come tale da eliminare, e non anche la complessità (20), che invece in un ordinamento democratico e pluralista è inevitabile e deriva proprio dalla molteplicità degli interessi - pubblici e privati, come pure interessi pubblici fra loro contrastanti - che l’ordinamento ritiene rilevanti e che l’amministrazione è chiamata a valutare (21). Con l’introduzione del silenzio assenso ci si accontenta cioè di aggredire la complicazione del procedimento, inteso come sequenza lineare di atti predefinita dalla norma, che può sovraccaricarsi quan- do il numero di atti necessari all’introduzione degli interessi rilevanti cresce troppo e diventare quindi cum-plicatum, ovvero ricco di molti elementi omogenei tra loro che ripiegandosi uno sull’altro danno origine a molte “pieghe”. Si cerca quindi di arrivare alla semplificazione attraverso la “spiegazione” del procedimento, cioè attraverso la diminuzione di queste pieghe, operata appunto con la riduzione degli atti, intesi come elementi discreti che lo compongono. Non si considera invece che la semplicità del procedimento può essere compromessa non solo dall’eccesso di atti, ma anche dalla varietà degli interessi in gioco e dalle esigenze del loro confronto. Non si tiene conto, quindi, che il procedimento si connota come un fenomeno cum-plexus, ovvero ricco di intrecci che riuniscono le sue componenti in una trama dove i singoli interessi non assumono rilievo solo nel loro carattere singolare e discreto, ma anche al livello del tessuto che vanno a comporre, il quale deve sempre essere considerato in termini complessivi, tenendo conto di tutte le sue componenti e delle relazioni tra esse, pena la sua lacerazione. Lo strumento del silenzio assenso appare così ispirato alla logica tipica del “pensiero semplificante” (22) per il quale la complessità viene confusa con la complicazione e diventa un problema da risolvere, mentre invece dovrebbe essere considerata un aspetto caratteristico e ineliminabile del sistema giuridico di una società democratica e pluralista, di cui si deve prendere atto e che si deve imparare a gestire in modo adeguato. La complessità non deriva dal sovraccarico di parti omogenee, quali sono sul piano formale gli atti del procedimento, riconducibili a una medesima logica di funzionamento, che si relazionano in modo lineare e su cui si può intervenire con la riduzione, il riordino e, soprattutto, come nel caso del silenzio assenso, con l’eliminazione. Piuttosto, essa è determinata dalla presenza di elementi vari ed eterogenei, quali sono sul (19) Sui diversi effetti della semplificazione a seconda che la stessa sia intesa o meno a parità di risultati ottenuti v. G. Falcon,, La normativa sul procedimento amministrativo: semplificazione o aggravamento?, in Riv. giur. urbanistica, 2000, 119 ss. (20) La distinzione tra complicazione e complessità sta alla base delle ricerche interdisciplinari dedicate alla elaborazione della teoria della complessità, su cui si veda la sintesi proposta in M. Mitchell, Complexity. A guided tour, Oxford, 2009. Per il rilievo che la suddetta distinzione assume anche per il diritto si vedano ad esempio F. Ost, M. Van de Kerkove, Pensare la complessità del diritto: per una teoria dialettica, in Soc. dir., 1997, 5 ss.; sia inoltre consentito rinviare a M. Bombardelli, Semplificazione normativa, cit., 1029 ss. (21) A differenza della complicazione, infatti, la complessità è “... qualcosa di cui la nostra società non può fare a meno”, perché esprime da un lato la pluralità e l’intreccio degli interes- si presenti nella società e dei rapporti che tra essi si pongono, dall’altro la molteplicità e la grande differenziazione delle istituzioni che la organizzano: si veda in tal senso G. Arena, Semplificazione normativa: un’esperienza e alcune riflessioni, in Regioni, 1999, 849 ss. e 873. (22) Sui limiti del pensiero semplificante “... sottomesso all’egemonia della disgiunzione, della riduzione e del calcolo, che non concepisce che oggetti semplici che obbediscono a leggi generali”, che “... considera il cosmo, la vita, l’essere umano, la società come delle macchine deterministiche, triviali, di cui si potrebbe prevedere ogni output se si conoscessero gli input” e che “... seleziona come sempre vera la soluzione più semplice, in virtù non più del rasoio d’Occam, ma di una tronchese che elimina per principio il complesso”, si veda E. Morin, La sfida della complessità, in A. Anselmo, G. Gembillo (a cura di), La sfida della complessità. La défi de la complexité, Firenze, 2011, 37. 764 Urbanistica e appalti 7/2016 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo piano sostanziale gli interessi che l’amministrazione è chiamata a ponderare nel procedimento. Questi richiedono che le situazioni su cui l’amministrazione adotta le proprie decisioni siano considerate da più punti di vista e secondo la pluralità di logiche diverse che stanno dietro la specificità di ognuno di essi, tenendo conto di causalità multiple e circolari e di sequenze non solo lineari ma anche ricorsive (23). Gli sforzi di semplificazione devono quindi essere orientati prima di tutto alla individuazione di strategie e metodi per affrontare questa varietà senza farsi sopraffare da essa, ma al tempo stesso senza annullarla, basati su un più efficace coordinamento tra le diverse amministrazioni, su una migliore circolazione delle informazioni e sul potenziamento delle capacità di comprensione dei fenomeni del mondo reale (24). Nella prospettiva della complessità il meccanismo del silenzio assenso tra amministrazioni non risulta essere uno strumento idoneo e rischia anzi di essere del tutto controproducente. Se infatti da un lato può contribuire a ridurre almeno in parte la complicazione, eliminando le conseguenze dei ritardi che l’amministrazione chiamata a dare il suo assenso crea per il fatto di operare in modo inefficiente, dall’altro rende possibile che situazioni oggettivamente complesse vengano affrontate senza che l’amministrazione competente possa intervenire perché oggettivamente impossibilitata a farlo. Si rischia così di cristallizzare in un automatismo una situazione contingente di difficoltà operativa dell’amministrazione e di impedire che la stessa possa sviluppare la sua capacità di comprendere e di affrontare le situazioni del mondo reale attivando quegli strumenti di gestione della complessità che si basano sulla continua acquisizione di informazioni e sulla creazione di schemi di comportamento idonei ad affrontare queste situazioni in modo flessibile e dinamico (25). Capacità che invece è molto importante e che viene ad esempio implicitamente richiamata nella posizione più volte ribadita dalla Corte di Giustizia europea e dalla Corte costituzionale italiana, che di fronte all’esigenza di valutare interessi sensibili richiedono che la stessa avvenga tramite un provvedimento espresso, in cui si deve dare conto dell’istruttoria svolta, dei differenti interessi ponderati e del percorso seguito nel loro confronto e nella loro composizione (26). Non c’è dubbio che in molti casi sorgano dei problemi per i cittadini e per le imprese perché le amministrazioni chiamate a intervenire attraverso l’assenso, il concerto o il nullaosta non riescono a farlo in tempi rapidi. Però la soluzione di questi problemi non può stare in un palliativo come il silenzio assenso - che agisce solo sugli effetti del ritardo e produce i preoccupanti effetti collaterali di cui si è detto - e va invece cercata intervenendo sulle cause, che in gran parte risiedono all’interno dell’organizzazione amministrativa. Non si può certo confidare che questa riesca a superare i suoi limiti in modo automatico attraverso una riorganizzazione indotta dalle esigenze operative imposte dalla riduzione dei termini per l’adozione del provvedimento o per la formazione del silenzio assenso (27). Come è stato giustamente evidenziato, essa deve avvenire prima di tutto, da un lato, verificando e razionalizzando l’effettivo carico di lavoro delle varie amministrazioni competenti al rilascio degli atti di assenso, di concerto e di nullaosta e, dall’altro, cercando di reclutare e formare al loro interno funzionari specificamente competenti nelle materie in cui tali atti sono richiesti, spesso notevolmente complesse anche sul piano tecnico (28). Ma poi, più in generale, la riorganizzazione deve (23) Si vedano in tal senso F. Ost, M. Van de Kerkove, Pensare la complessità del diritto, cit., 5 s. (24) Interventi che peraltro sono previsti dal nostro ordinamento e quindi già immediatamente operabili dalle PP.AA. interessate: si pensi, solo per richiamare alcuni esempi significativi, alle previsioni dell’art. 2, comma 1, lett. a), b), c), D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che introducono come criteri organizzativi la flessibilità e il coordinamento orizzontale tra amministrazioni, oltreché esplicitamente la loro interconnessione informatica; o anche alle disposizioni 41, 50 e 58 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, in materia di amministrazione digitale. (25) Sulla necessità che la complessità venga affrontata, fra l’altro, potenziando la capacità di gestire l’informazione e quella di creare in modo flessibile schemi di comportamento adeguati v. ad esempio, con specifico riferimento alla materia ambientale, S. Levin, Fragile Dominion. Complexity and the Commons, Cambridge, 1999, 195 ss. (26) Sulle posizioni della Corte di Giustizia e della Corte costituzionale italiana sull’ammissibilità del silenzio assenso, in particolare nelle materie in cui sono coinvolti interessi sensibili, si vedano i riferimenti contenuti in F. de Leonardis, Il silenzioassenso in materia ambientale, cit., 5 ss.; F. Scalia, Il silenzio as- senso, cit., 13 ss.; e, con una lettura volta a ridurre il peso attribuito alla natura “sensibile” degli interessi nelle pronunce delle Corti, G. Sciullo, ‘Interessi differenziati’ e procedimento amministrativo, in www.giust.-amm.it, 5, 2016, 10 ss. (27) Come invece fa l’Analisi di impatto della regolamentazione relativa al disegno di legge, da cui è derivata la L. n. 124/2016, consultabile in Atti Senato, XVII Legislatura, Disegno di legge n. 1577, 23 ss. e in particolare 27. Sulle criticità derivanti dalla mancata considerazione del contesto organizzativo in cui effettivamente si trovano ad operare le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili v. F. de Leonardis, Il silenzio-assenso in materia ambientale, cit., 9 ss. (28) Sul punto v. ancora F. de Leonardis, Il silenzio-assenso in materia ambientale, cit., 9 ss. Si deve considerare, in particolare che se l’amministrazione non viene dotata di strutture, personale e mezzi effettivamente idonei a svolgere i propri compiti entro i termini fissati dalla legge, questa di fatto si trova ad essere una legge “che chiede l’impossibile” e che dunque risulta criticabile nella sua stessa natura di fonte del diritto, secondo quanto evidenziato in L.L. Fuller, The Morality of Law, cit., 70 ss. Urbanistica e appalti 7/2016 765 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo derivare da un intervento complessivo rivolto in modo specifico a modificare sia le relazioni tra amministrazioni diverse, sia quelle tra amministrazione e privati. Nei rapporti fra amministrazioni, in particolare, occorre superare le difficoltà del dialogo e annullare in radice quella sorta di “potere di veto” che sulla base della distribuzione formale delle competenze ogni amministrazione è in grado di esercitare rispetto al flusso complessivo dell’attività, introducendo in essa rilevanti fenomeni di complicazione. Per questo, ad esempio, occorre cominciare a prendere finalmente sul serio i criteri organizzativi già previsti dall’art. 2 del D.Lgs. n. 165/2001 - vale a dire il dovere di comunicazione interna ed esterna, l’interconnessione, l’ampia flessibilità e la funzionalità rispetto ai compiti - imponendo all’amministrazione di metterli in pratica anche quando questo richiede di superare la distinzione verticale delle competenze. Dall’altro lato, invece, occorre operare per migliorare la capacità del privato di interagire con la P.A., favorendo un percorso di “capacitazione” dei cittadini e delle imprese (29), rivolto a renderli consapevoli di come è articolata e come si svolge l’attività dell’amministrazione e di porsi quindi di fronte ad essa su un piano maggiormente paritario, con capacità propositiva e con un atteggiamento collaborativo, idoneo come tale a ridurre la complicazione. La semplificazione come esigenza propria di tutti gli interessi coinvolti nel procedimento La previsione del silenzio assenso tra amministrazioni pone ancora un terzo problema. In quanto strumento di semplificazione, esso viene considerato come rivolto alla realizzazione di un interesse alla semplificazione concepito in termini finalistici, come interesse autonomo che di per sé si contrappone agli interessi curati dalle amministrazioni competenti per il rilascio degli assensi, dei concerti o dei nullaosta. Il silenzio assenso si configura così come istituto che può incidere negativamente su questi interessi, in virtù del fatto che è uno strumento di semplificazione e che questa è un interesse che si vuol far prevalere sui primi. Anche a voler ammettere questa preminenza dell’interesse alla semplificazione, nel passaggio ora (29) Sull’esigenza di fondare il rapporto fra privato e P.A. puntando anche sulla “capacitazione” del primo si vedano G. Arena., Valori costituzionali e ruolo dell’amministrazione, in Studi in onore di Vittorio Ottaviano, 1993, I, 3 ss.; U. Allegretti, Valori costituzionali e pubblica amministrazione: un nuovo inizio, in U. Allegretti, Amministrazione pubblica e Costituzione, Padova, 1996, 218 ss.; U. Allegretti, L’amministrazione dall’attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Milano, 2009, 324. 766 evidenziato esiste un fraintendimento, che deve essere chiarito. La semplificazione, infatti, è un principio di portata generale, che va collegato all’esigenza di migliorare l’efficienza dell’amministrazione nel ponderare tutti gli interessi che si confrontano nel procedimento e di aumentare la sua efficacia nel raggiungere un risultato di cura di questi interessi. Come tale, la semplificazione non può essere appiattita su uno solo degli interessi in gioco, quello di chi ha richiesto il provvedimento all’amministrazione, né identificata con i soli strumenti in grado di accelerare lo svolgimento della procedura diretta all’adozione di quest’ultimo. Così facendo, infatti, si finisce per mascherare con l’esigenza di semplificazione un’aprioristica preferenza nei confronti di questo interesse, che oggi - all’interno di quella che si è già avuto modo di ricordare come la nuova “dimensione economica” del diritto amministrativo - è identificato essenzialmente nella libertà di iniziativa economica o comunque in un interesse connesso allo sviluppo e alla crescita economica (30). Non è corretto considerare la semplificazione in riferimento ad una sola tipologia di rapporto fra privato e P.A., quella in cui, da un lato, il privato vuole espandere la propria sfera soggettiva intraprendendo un’attività che è in grado di svolgere da solo e, dall’altro, l’amministrazione interviene ponendo dei limiti, che per semplificare devono essere gestiti diversamente o rimossi. In questa prospettiva semplificare vuole dire solo diminuire gli adempimenti richiesti dall’amministrazione ed eliminare gli ostacoli e i ritardi che l’azione amministrativa può introdurre rispetto alla libera iniziativa dei privati: se si porta questa impostazione alle sue conseguenze ultime, il massimo della semplificazione può chiaramente essere ottenuto con l’eliminazione stessa dell’intervento amministrativo (31). Ma a parere di chi scrive non è certo auspicabile la rinuncia dell’amministrazione al proprio intervento nella cura degli interessi individuali, sociali e ambientali - variamente contrapposti al libero esplicarsi dell’iniziativa economica - che pure le sono affidati in cura dall’ordinamento. Si deve quindi evitare di adottare una visione riduttiva e unilaterale della semplificazione, tenendo presente che in molti casi l’intervento dell’amministrazione, che ri(30) Si veda espressamente, in questo senso il già citato parere del Cons. Stato n. 929/2016. (31) Sui rischi di sottovalutazione che la considerazione del bene comune può subire a causa di una lettura della semplificazione tout court come “deamministrazione”, si veda quanto affermato, in una prospettiva più generale, da U. Allegretti, L’amministrazione, cit., 167 ss. Urbanistica e appalti 7/2016 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo solo l’interesse di chi aspira ad ottenere in tempi rapidi un provvedimento ampliativo della sua sfera soggettiva. L’amministrazione deve poter continuare a operare un bilanciamento tra questo interesse e gli altri interessi in gioco e la semplificazione deve fare in modo che questo bilanciamento avvenga in modo efficiente e in tempi rapidi, ma - nel rispetto del principio di imparzialità - sempre con una piena considerazione di tutti gli interessi coinvolti. Non c’è uno o l’altro di essi che possa essere identificato con l’interesse alla semplificazione e che dunque possa di per sé prevalere sugli altri in conseguenza dell’affermazione della priorità di quest’ultima, né per converso uno o l’altro di essi che possa essere di per sé contrapposto alla semplificazione e che di conseguenza debba soccombere rispetto ad essa, che è sicuramente un’esigenza fondamentale e incontestabile, ma riguarda tutti. spetto all’iniziativa di alcuni si presenta come un fattore di complicazione, è per altri lo strumento attraverso cui viene assicurata la tutela di interessi rilevanti, di livello almeno pari a quello che può subire gli effetti negativi della complicazione. Si tratta quindi di un intervento che può e deve essere razionalizzato e reso il più proporzionato possibile al sacrificio che impone, ma non può mai essere eliminato a priori, a meno di non voler affermare la perdita di rilevanza degli interessi per la cura dei quali viene attuato (32). Per questo la semplificazione non può essere considerata solo in senso sottrattivo, come riduzione o eliminazione degli interventi dell’amministrazione. Essa va concepita secondo una strategia complessiva, capace di predisporre, utilizzare e coordinare interventi diversi, distinguendo a seconda che gli effetti della semplificazione siano interni all’amministrazione e coinvolgano le relazioni tra uffici, oppure siano esterni all’amministrazione e coinvolgano relazioni con altre pubbliche amministrazioni, o ancora siano esterni e riguardino relazioni con i privati. In quest’ultimo caso occorre fare un’ulteriore distinzione fra gli interventi da cui la semplificazione può essere ottenuta con una riduzione dell’intervento dell’amministrazione che deve “lasciar fare” i titolari degli interessi sufficientemente “forti” da poter perseguire da soli la propria realizzazione e gli interventi in cui la semplificazione deriva da un aumento dell’efficienza e dell’efficacia di un’amministrazione “che fa” a vantaggio degli interessi “deboli” che hanno bisogno del suo intervento per poter essere tutelati (33). Si deve quindi assolutamente evitare di contrapporre l’interesse alla semplificazione e gli interessi curati dalle amministrazioni la cui inerzia dà luogo a fenomeni di complicazione, come se questi fossero favoriti dai ritardi e dalle inefficienze dell’amministrazione che è chiamata ad occuparsene. Al contrario, anch’essi vengono danneggiati dalla complicazione e dalle lentezze dell’attività amministrativa e hanno quindi bisogno di essere supportati dall’intervento di semplificazione, che dunque non può di per sé essere progettato in modo da favorire Il problema ora considerato appare ancora più rilevante in relazione a quella che è sicuramente la parte più controversa della disciplina dell’istituto che si sta considerando, quella dettata dal terzo comma dell’art. 17 bis della L. n. 241/1990, che estende il silenzio-assenso anche ai casi in cui sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti, nullaosta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, derogando così al regime speciale di tutela abitualmente previsto per gli interessi sensibili (34). Si è detto che il meccanismo del silenzio assenso non è giustificabile tout court alla luce delle esigenze di semplificazione connesse alla tutela dell’interesse di chi ha richiesto il provvedimento all’amministrazione, anche quando questo sia collegato alla promozione della crescita e dello sviluppo economico. La semplificazione va sempre considerata in termini generali e dunque applicata alle modalità di bilanciamento degli interessi in gioco, non va invece utilizzata in modo strumentale alla realizzazione di uno solo di essi. Quantomeno, dunque, (32) È quindi sicuramente da condividere quanto affermato da P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni, cit., 8, secondo la quale chi si occupa di semplificazione deve “... chiedersi quanto degli interessi pubblici e privati coinvolti nel funzionamento del sistema economico debba, possa, essere sacrificato alla crescita, alle esigenze di sviluppo, che costituiscono senza dubbio un interesse prioritario dell’ordinamento, ma senza che siano fornite adeguate garanzie di valutazione degli altri interessi in gioco, come se venissero ridotti quasi a dei fattori di disturbo dell’interesse pubblico alla crescita”. (33) Per più ampie considerazioni su quella che dovrebbe essere la strategia della semplificazione amministrativa sia consentito il rinvio a M. Bombardelli, La semplificazione amministrativa, cit., 1861 ss. (34) La questione viene individuata come centrale in tutti gli studi finora dedicati art. 17 bis della L. n. 241/1990, per i quali si rinvia supra, alla nota 3, che assumono in genere una posizione critica - e in quanto tale a parere di chi scrive pienamente condivisibile - rispetto all’estensione dell’applicazione del silenzio assenso anche nelle materie in cui è in gioco la tutela di interessi sensibili. In senso favorevole v. però M.A. Sandulli, Gli effetti diretti, cit., 4 s.; G. Corso, La riorganizzazione, cit., 3 e, pur con diversi distinguo, F. Scalia, Il silenzio assenso, cit., 11 ss. Urbanistica e appalti 7/2016 Il silenzio assenso tra amministrazioni e gli interessi sensibili 767 Sinergie Grafiche srl Opinioni Procedimento amministrativo quando lo strumento di semplificazione incide su interessi rilevanti contrapposti si deve riconoscere all’amministrazione competente la possibilità di valutare le modalità della sua applicazione e non affidare la stessa all’automatismo del decorso di un termine. Quando poi entrano in gioco gli interessi sensibili, la cautela deve diventare ancora maggiore, perché nelle considerazioni da fare per l’uso dello strumento di semplificazione l’amministrazione deve tener conto del rilievo di questi interessi. In particolare, si deve tener presente che la giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte costituzionale, almeno a cominciare dai primi anni ‘90 del secolo scorso, hanno più volte affermato che le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, specie in materia ambientale, devono sempre concludere il procedimento in forma espressa, a seguito di un’adeguata istruttoria e di cui deve essere dato conto nel provvedimento finale (35). Semplificare può dunque essere sicuramente necessario anche nei procedimenti in cui vengono valutati questi interessi, ma le modalità per farlo non possono prescindere dallo svolgimento dell’istruttoria da ultimo indicata. Rispetto agli interessi sensibili, quindi, non solo non è corretto rendere automatici gli effetti dello strumento di semplificazione, sottraendoli ad una possibilità di valutazione dell’amministrazione riguardo al loro utilizzo, ma è necessario che gli stessi siano congegnati in modo da non precludere la possibilità di svolgimento di una istruttoria adeguata, in cui sia possibile per l’amministrazione competente operare le opportune valutazioni e al termine della quale si possa dare conto della ponderazione operata dall’amministrazione. Si deve considerare infatti che in generale nei confronti degli interessi sensibili è molto problematico impostare una analisi preventiva da cui risulti se i costi della regolazione siano o meno superiori ai benefici che essa consente di ottenere e per converso, come nel caso considerato, se i benefici in termini di incremento allo sviluppo e alla crescita economica prodotti dall’uso di uno strumento di semplificazione siano proporzionati ai costi in termini di minor tutela degli interessi sensibili. Questi infatti sono molto difficili da calcolare in modo preciso, perché richiedono di contemplare gli effetti che la scelta attuale produce in una prospettiva spaziale e temporale non immediata, che tenga conto fra l’altro anche di chi vive in luoghi diversi da quello in cui il provvedimento produce effetti diretti e delle generazioni future (36). Per la loro valutazione, quindi, lo svolgimento di un’istruttoria procedimentale che consideri tutte le peculiarità del caso concreto non è in nessun caso prescindibile. Sembra quindi davvero che quando sono in gioco interessi sensibili il silenzio assenso non trovi giustificazione. Se dunque per i casi diversi da quelli in cui sia in gioco la cura di questo tipo di interessi il funzionamento di questo strumento potrebbe forse essere bilanciato con la circoscrizione delle sue ipotesi di applicazione a provvedimenti vincolati o caratterizzati da un basso tasso di discrezionalità e comunque non conformativi (37), o in ogni caso a procedimenti semplici e non connessi in cui sia previsto un solo atto di consenso (38), per i casi in cui sono coinvolti interessi sensibili l’unica strada corretta sembra quella dell’introduzione di una regola che ne escluda l’applicazione. Una strada che passa inevitabilmente per la abrogazione del comma 3 dell’art. 17 bis della L. n. 241/1990 e per la sua sostituzione con una previsione di contenuto analogo a quella del comma 4 dell’art. 20 della stessa legge, che correttamente esclude la possibilità del ricorso a questo strumento di semplificazione in presenza di interessi sensibili. (35) Su tale giurisprudenza v. gli A. citati supra alla nt. 26. (36) Sul fatto che quando sono in gioco interessi sensibili, in particolare nella materia ambientale, la ricerca di efficienza effettuata attraverso interventi di deregolamentazione, anche diretti a favorire l’iniziativa economica, non possa essere operata sulla base di una semplice analisi dei costi e dei benefici della regolamentazione, essendo molto difficile calcolare esattamente i costi ambientali, che dipendono dalle dinamiche di un sistema caratterizzato da elevati livelli di complessità, si vedano le condivisibili considerazioni di D.A. Kysar, Regulating from Nowhere. Enviromental Law and the Search of Objectivity, New Haven and London, 2010, 99 ss. (37) In tal senso F. Scalia, Il silenzio assenso, cit., 20. (38) In tal senso P. Marzaro, Coordinamento tra Amministrazioni, cit., 5. 768 Urbanistica e appalti 7/2016