Eventi - Garda Trentino
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Eventi - Garda Trentino
54 Sabato 20 Giugno 2015 Corriere della Sera # Eventi Tre paesi doc Tra vicoli, portici e mercatini: i borghi «fiore all’occhiello» Tre paesi del Trentino tra i Borghi più belli d’Italia. Borghi come Canale di Tenno, di origini medievali (se ne ha notizia dal 1211) sopravvissuto quasi intatto nella sua struttura fino ai giorni nostri. Con le sue tipiche volte a botte, i sottopassi, i vicoletti, i ballatoi affumicati dal tempo. Borghi come Rango, il gioiello dell’altopiano del Bleggio e delle Valli Giudicarie. Con le sue antiche dimore addossate le une alle altre e collegate da portici, androni e corti interne, tanto da sembrare un abitato fortificato. Ogni anno Rango si accende di luce e si profuma dell’aroma di tante specialità gastronomiche trentine in occasione del tradizionale appuntamento con il mercatino di Natale. La terza meraviglia è San Lorenzo, vegliato dalle Dolomiti di Brenta. Un antico borgo contadino nato dalla fusione di sette ville: Berghi, Pergnano, Senaso, Dolaso, Prato, Prusa e Glolo. All’imbocco della Val d’Ambièz, il borgo è la porta di accesso al Parco Naturale Adamello Brenta. Il reportage Le Alpi Ledrensi e Judicaria, area sud occidentale della provincia di Trento, hanno ottenuto un importante attestato di eccellenza per la biodiversità. Frutto anche del senso di responsabilità assunto da agricoltura e turismo di Marcello Parilli L o scorso 10 giugno a Parigi venti nuove zone del mondo hanno ricevuto il riconoscimento «Riserva della Biosfera dell’Unesco» nell’ambito del programma «Man and Biosphere» (MaB) dell’associazione internazionale, entrando così a far parte del World Network of Biosphere Reserves, che adesso conta 651 siti in 120 Paesi diversi. È nata così, dopo un percorso avviato all’inizio del 2013 dalla Provincia autonoma di Trento e dal ministero dell’Ambiente, la «Biosfera delle Alpi Ledrensi e Judicaria», un territorio di circa 47 mila ettari e lungo meno di 30 chilometri situato tra il nord del Lago di Garda e la Cima Tosa, la più alta delle Dolomiti di Brenta, che presenta caratteristiche del tutto uniche. «È in questa zona che si incontrano tre ambienti caratterizzati da un’orografia complessa e molto diversi tra loro per morfologia, clima e vegetazione: a Ovest, l’area glaciale dei monti Adamello e Presanella, con formazioni rocciose granitico-cristalline, scure, tipicamente occidentali; a Est, la roccia calcarea delle Dolomiti di Brenta, più chiara; a Sud, i territori più dolci che portano fino al Lago di Garda — spiega Annibale Salsa, già accademico a Genova, oggi tra i massimi esperti di Alpi italiane e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Dolomiti-Unesco nonché, dal 2004 al 2010, presidente generale del Club alpino italiano (Cai) —. In questa parte di Trentino, nel giro di qualche decina di chilometri, si possono osservare mondi opposti: si passa dal clima estremamente umido e piovoso della Val Rendena a quello secco di Arco, apprezzato nell’800 per la cura delle malattie polmonari, fino a quello prettamente rivierasco e mediterraneo LA CIVILTÀ DEL TERRITORIO la percentuale di comuni del Trentino situati ad oltre 1.000 metri di quota 30 la percentuale della provincia soggetta a tutela ambientale IL PATTO UOMO-NATURA DEL TRENTINO UN ESEMPIO MONDIALE DI VALORIZZAZIONE 146 del Garda caratterizzato dalla macchia e dalla coltivazione dell’olivo e della vite». Tutte caratteristiche che, nei territori più circoscritti della nuova Riserva, hanno dato vita a un unicum paragonabile, in ambito alpino, solo ai territori delle Alpi Marittime e Provenzali. Vi si trovano ben 1.600 specie botaniche (di cui 33 esclusivamente locali), passando dalla flora glaciale alla macchia mediterranea, dall’ambiente alpino intatto a quello plasmato dall’uomo e noto per i suoi vitigni di pregio e la sua produzione olivicola non lontana da quella della Liguria di Ponente. La fauna selvatica è imponente, con 10 mila cervi, 27 mila camosci e 30 mila caprioli, oltre alle rare aquile reali (se ne contano oggi 60 coppie), alle pernici bianche, ai galli cedroni e ai francolini di monte, e poi anfibi e rettili in quantità. Questo è anche il territorio dove convivono (e l’evento non è così comune) i tre grandi carnivori delle Alpi: la lince, il lupo e l’orso. Tutto sommato una scommessa vinta sul piano della convivenza uomo- Sul Garda Olivi, cipressi, il lago e la montagna: una bella sintesi della biosfera trentina sui sentieri della Forra del Ponale fauna selvatica, tenendo presente che in Trentino, territorio sottoposto per il 30% a forme di tutela, vivono e lavorano 530 mila persone. Forse l’unica criticità riguarda proprio l’orso, che prima degli anni Duemila ha rischiato di scomparire dagli unici territori alpini dove non si era mai estinto. La politica di «rinsanguamento» ha però dato risultati superiori alle aspettative e oggi l’orso (circa 60 esemplari) è una presenza in crescita esponenziale (da qui è arrivato in Svizzera e Valcamonica) e da molti ritenuta pericolosa: l’attacco diretto a un podista una settimana fa vicino a Trento, poi, non ha fatto che soffiare sul fuoco delle polemiche. Una simile biodiversità si è comunque sposata alla perfezione con l’inclinazione locale al lavoro duro e ben fatto, che da questo territorio ha cercato di tirar fuori L’idea dell’Unesco: proteggere senza zone off limits all’uomo di Anna Meldolesi na biodiversità sorprendente, ma anche una lunga e fortunata convivenza tra uomo e natura. Il Trentino sud occidentale è un laboratorio a cielo aperto di sviluppo sostenibile, perfetto per aggiudicarsi il riconoscimento di «riserva della biosfera dell’Unesco». Ce ne sono altre 600 in tutto il mondo o poco più. Ad accomunare queste aree è il fatto di promuovere al tempo stesso la conservazione e l’utilizzo del territorio, in armonia con i valori culturali locali, superando il vecchio concetto dei parchi off limits per le attività antropiche. Il programma «Man and the Biosphere» parte all’inizio degli anni Settanta, nel periodo in cui molti collocano la nascita della moderna coscienza ambientale. L’idea che l’uomo sia più intimamente connesso alla natura di quanto voglia ammettere ha già iniziato a diffondersi con il libro Primavera silenziosa di Rachel Carson. La Terra vista dallo spazio appare all’umanità come una casa sperduta e fragile. La Guerra fred- da proietta un alone di paura. È proprio l’Unesco a rendere popolare la parola «biosfera», coniata dal geologo austriaco Eduard Suess e confinata a lungo al gergo scientifico. Indica quella parte del pianeta che può sostenere la vita. Aria, suolo e acqua costituiscono un sistema complesso insieme agli organismi che vi abitano. La biosfera è un ecosistema dunque, o meglio un insieme di ecosistemi, e l’ecologia può essere ben definita come la «scienza della biosfera». L’espressione «sviluppo sostenibile» si affermerà ancora più tardi, con il Rapporto Brundtland prodotto dalle Nazioni Unite nel 1987. Il programma dell’Unesco in tutto questo tempo ha conosciuto alti e bassi. All’inizio ha attirato sponsor politici di alto profilo, come Breznev L’idea di sviluppo sostenibile Percorso con alti e bassi: Breznev e Nixon tra gli sponsor, poi delusione per i grandi accordi «stile Kyoto» il meglio, dall’agricoltura fino all’allevamento: dell’olio e del vino si è detto, ma come dimenticare eccellenze come i marroni di Pranzo, le noci del Bléggio, le patate «montagnine», gli ortaggi, le mele, l’ottima polenta fatta con il mais di Storo, la carne salàda di Tenno, formaggi come la spressa delle Giudicarie Dop o la ciuìga del Banale, un tipico insaccato di carne e rape, presidio Slow Food. E ovviamente, in un territorio così mosso e meno uniforme del Trentino orientale, disseminato di boschi e laghi come di castelli, chiese e palazzi (con il comprensorio sciistico di Madonna di Campiglio a un passo), l’industria del turismo è in prima fila. «L’italiano non è mai stato molto attento a un’offerta troppo raffinata — dice Salsa —. Ma le cose stanno cambiando, si sta finalmente passando da un turismo banale se non volgare a uno più critico ed esigente. E in fondo il turismo “balneare” dell’alto Garda e quello più meditativo della montagna sono anche loro due facce della stessa medaglia». i rifugi ai piedi delle cime più belle, che fanno capo a 1.165 sentieri censiti nella provincia 67 le migliaia di camosci, caprioli e cervi presenti sul territorio 10,2 le migliaia di addetti impegnati nel settore turistico alberghiero © RIPRODUZIONE RISERVATA Riconversione Campi di caffé in Colombia, Paese dove l’Unesco ha sostenuto un utilizzo diverso delle piantagioni di coca La biosfera, figlia della Guerra fredda e dei satelliti U 75 e Nixon. Poi ha sofferto per il taglio dei finanziamenti di Stati Uniti e Gran Bretagna. Convincere la comunità scientifica a interessarsi a un approccio tanto interdisciplinare (sociologico e naturalistico insieme) non è stato facile. La stagione dei grandi accordi (dalla Convenzione sulla diversità biologica al Protocollo di Kyoto) ha un po’ deluso le aspettative. Ed è così che anche il programma Unesco ha cercato di evolversi, spostando l’accento dalla conservazione allo sviluppo rispettoso dell’ambiente, all’economia di qualità, alla green economy. L’idea di base è che la protezione della biodiversità non possa più essere considerata in modo indipendente dai bisogni umani. L’attività economica integrata con il territorio, anzi, va considerata un elemento fondamentale per la difesa della natura a lungo termine. Intanto le biosfere dell’Unesco sono aumentate di numero, cambiando dimensioni e composizione. Non più solo parchi, ma riserve costituite da tre zone interdipendenti: il cuore centrale giuridicamente protetto, la «zona cuscinetto» che autorizza un utilizzo soft, leggero delle risorse, e quella di cooperazione che offre il supporto logistico. Le biosfere piccole e contigue si sono unite per raggiungere risultati migliori. Quelle poco virtuose sono state private del riconoscimento. In alcuni Paesi è stata studiata e promossa la riconversione ad attività economiche meno problematiche. La coltivazione del caffè al posto della coca in Colombia, per esempio. La produzione del tè al posto dello sfruttamento del bambù in Cina. Tutto cambia, diceva Eraclito, tanto più in tempi di riscaldamento globale. E ora le «riserve della biosfera» vorrebbero diventare anche aree privilegiate di studio sugli effetti dei mutamenti climatici e sulle strategie di adattamento e mitigazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA EVENTI Corriere della Sera Sabato 20 Giugno 2015 55 # Dal lupo alle palafitte Da sinistra, il lupo, tornato da qualche anno in Trentino a 150 anni dalla sua scomparsa; la cascata del Varone; le palafitte del lago di Ledro, patrimonio culturale dell’Umanità dell’Unesco, con quelle di Fiavé, dal 2011; la piazza di Riva del Garda con la torre civica (foto: Lucio Tonina) Scarica l’«app» Eventi Eventi Informazione, approfondimenti, gallery fotografiche e la mappa degli appuntamenti più importanti in Italia. È disponibile sull’App Store di Apple la nuova applicazione culturale del «Corriere della Sera Eventi». È gratis per 7 giorni. Ritorno alla terra Un allevamento di capre tra Vallagarina, Val di Gresta e Valle San Felice (Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A., foto di Daniele Lira) Il commento L’armonia che vince sui teatri delle guerre La storia di Francesco Cargnelutti di Franco Brevini S ono due spettacolari territori come le Dolomiti di Brenta e il Lago di Garda a incorniciare la nuova Riserva della Biosfera Unesco Alpi Ledrensi e Judicaria. Se da una parte troviamo un severo gruppo dolomitico e dall’altro il più mediterraneo dei laghi prealpini, nelle valli delle Alpi di Ledro e nelle Giudicarie il visitatore è atteso da un’area diversa. Qui la vocazione turistica si coniuga con un’economia fondata sulle attività silvo-agricole e zootecniche, scegliendo la sostenibilità e il rispetto della biodiversità. La natura può essere salvata senza estromettere l’azione dell’uomo e imbalsamare il territorio? È possibile istituire una relazione equilibrata fra la gente e gli ecosistemi? Le popolazioni trentine si sono assunte una responsabilità verso la comunità internazionale, accettando la scommessa più rischiosa. Ma basta viaggiare per queste valli fuorimano, appena sfiorate dai grandi flussi turistici, per capire che la scommessa è vinta. Qui il legame armonico tra la popolazione e il paesaggio è nell’aria. Si può crescere senza distruggere è la lezione che ci viene da questo nuovo prestigioso laboratorio: la casa comune dell’uomo può essere salvata, per dirla con le parole dell’ultima enciclica papale. Quelle delle Alpi Ledrensi e delle Giudicarie sono valli rasserenanti, punteggiate di villaggi con nitide architetture, fra boschi e specchi d’acqua. Eppure la storia è passata di qui. A Bezzecca, dove Garibaldi pronunciò il celebre «Obbedisco», si combatté una battaglia decisiva della III guerra di Indipendenza. Ma la zona è famosa anche per i combattimenti della I Guerra mondiale, che ha lasciato una serie imponente di opere di difesa costruite in primo luogo dagli austriaci. A vincere però sono state alla fine le opere e i giorni dell’uomo e oggi questi luoghi ci ricordano che il paesaggio offre il suo volto migliore quando la natura è osservata con gli occhi della cultura. © RIPRODUZIONE RISERVATA P er Bernardo di Chiaravalle l’uomo può trovare di più nei boschi e nella terra che nei libri. «Gli alberi e le rocce — scrisse — ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà». Le parole dell’abate francese sono intagliate sul retro di uno dei menu dell’agriturismo Bordolona di Luca Alessandri, piantato a milleottocento metri d’altezza in uno dei luoghi più caratteristici del Trentino, la Val di Non. La valle delle mele. Luca, però, alle mele ha preferito il formaggio, prendendo in gestione tre anni fa una malga, con annesso agriturismo, sotto le vette del gruppo delle Maddalene. Una scelta che rappresenta l’ennesima tappa di un percorso iniziato quindici anni fa con la decisione di lavorare circondato da ciò di cui sentiva la mancanza fino ad allora. È da qualche anno che in Italia si parla di ritorno dei giovani alla terra. Da un’indagine presentata l’anno scorso dalla Coldiretti è emerso che il 50% degli under 35 preferisce un lavoro in azienda agrituristica piuttosto che in banca (23%) o in una multinazionale (19%). Un fenomeno che tocca (e tanto) da vicino anche il Trentino: quasi un suggello della sua vocazione al «territorio colto». Capire il perché di questa riscoperta della terra può fornire elementi in più per capire la società contemporanea e le sue contraddizioni. Una società che, a detta di Alessandri, soffoca l’uomo e lo costringe ad una vita alienante. «La passio- Luca, filosofo dell’alpeggio «Qui ho ritrovato serenità» ne per la natura e per il lavoro in malga nasce da una mia irrequietudine alimentata dal vivere in una realtà che non mi piaceva — racconta il trentottenne trentino —. Ero e sono tuttora allergico a un sistema che soffoca qualsiasi pensiero che si allontani da una presunta normalità. In più, non volevo vivere una vita artificiosa, che aliena l’uomo dal risultato del proprio lavoro». La soluzione, per Alessandri, è stata quella di trovare maggiore serenità iniziando a lavorare in una malga a 23 anni, dopo diversi altri lavori, come quello del muratore. «Prima di allora non avevo mai avuto esperienze del genere — racconta —. Nelle mie prime stagioni in montagna ho imparato a fare il formaggio e a badare al bestiame. Un lavoro duro, che, tuttavia, mi dava la possibilità, di realizzare qualcosa con le mie mani e di vedere il risultato concreto del mio impegno quotidiano. A quindici anni da allora e dopo tante altre esperienze nel mezzo, ho avviato la gestione di questa malga e posso dire che, nonostante le difficoltà, è un sogno che si realizza e un modo per crescere al di La concretezza «Ho imparato a fare il formaggio e a fare il bestiame. A realizzare qualcosa con le mani» La riflessione «Iscritto alla facoltà di Trento: cerco le parole giuste alla mia allergia per questa società» Il ritmo delle cose semplici Luca Alessandri (38 anni) titolare della Malga Bordolona in Val di Non alle prese con la mungitura Iniziative In Trentino sono più di 400 le malghe in attività, 170 producono il latte e 96 lo trasformano in prodotti caseari. Una trentina offre ristorazione. Con l’iniziativa «Albe in malga», dal 4 luglio al 12 settembre, ci si cala nella vita d’alpeggio (visittrentino.it/ albeinmalga) Con 146 rifugi tra i 600 e i 3.500 metri il Trentino permette di vivere una notte nelle «case degli alpinisti». Sono rifugi panoramici come Doss Sabiòn, Viviani o Rosetta fuori di una società che mi ha dato più confusione che altro. Un sogno, tengo a dirlo, distante dalla visione bucolica che potrebbe avere qualcuno: è un’attività che mi tiene attivo dalle 3 e mezza del mattino alle nove e mezza di sera, impegnato in compiti che vanno dalla mungitura alla manutenzione del pascolo». Nel frattempo, Alessandri ha aperto un altro capitolo della sua vita, iscrivendosi alla facoltà di Filosofia a Trento. «Sentivo la necessità di trovare le riflessioni e le parole giuste per la mia allergia alla società in cui viviamo. Le ho trovate, ad esempio, nell’opera dell’antropologo e biologo Gregory Bateson, sul pensiero del quale sto scrivendo la tesi di magistrale. Il mondo, secondo Bateson, è fatto di relazioni che dipendono anche dal rapporto che lega l’uomo alla natura. Nel momento in cui l’uomo si separa da questa, il dinamismo e l’evoluzione di queste relazioni viene meno. Ed è proprio ciò il baratro verso cui ci spinge la nostra società». La natura, quindi, come anello necessario della più ampia catena dell’empatia. «Senza un contatto con l’ambiente che ci circonda — dice Luca Alessandri —, non siamo in grado di coltivare rapporti significativi con le altre persone». Sembra proprio questo quell’insegnamento in più che, per l’abate di Chiaravalle, gli alberi e le rocce possono regalare all’uomo. © RIPRODUZIONE RISERVATA