QUANDO LA SCIENZA VAGA FRA LE NUVOLE
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QUANDO LA SCIENZA VAGA FRA LE NUVOLE
AMBIENTE QUANDO LA SCIENZA VAGA FRA LE NUVOLE S embra proprio che ai ricercatori dell’Università di Manchester, in Gran Bretagna, l’azione operata dal sole sull’evaporazione dei mari non basti più. Gli studiosi inglesi, infatti, hanno ipotizzato la realizzazione di decine di navi di nuova concezione e dalle funzionalità inedite. Il compito di questa flotta “sui generis” sarebbe quello di solcare arcipelaghi e oceani in ogni angolo del Globo, nebulizzando l’acqua del mare e sparandola alla maggiore altezza possibile. In pratica, una sorta di “geiser” meccanizzati e semoventi. L’aerosol di acqua di mare, secondo i ricercatori, favorirebbe la creazione di nuvole artificiali in alta quota. Questi strati di nuvole sarebbero a loro volta capaci di schermare una buona parte dei raggi solari, impendendo loro di raggiungere la superficie del Pianeta. Come logico risultato, ciò porterebbe anche al raffreddamento dapprima degli Oceani e poi del Globo intero. Un’idea coraggiosa e alquanto originale, un ombrello di nubi, capace cioè di riflettere la luce del sole anziché farla arrivare al mare. Peccato che tale pensata implichi anche severi dubbi di ordini differenti. In prima battuta, va ricordato come sia proprio il Sole a causare l’evaporazione dell’acqua di mare, reimmettendola nel circolo naturale delle piogge. Si deve quindi al Sole se l’acqua dell’Oceano Indiano finisce prima o poi per precipitare in India durante la stagione dei Monsoni. Limitarne l’incidenza sul Pianeta ne limiterebbe quindi le potenzialità d’evaporazione controbilanciando l’intervento umano. In secondo luogo, la diminuzione della luce potrebbe influire a livello locale sulle dinamiche di popolazione delle alghe alla base della catena alimentare marina a tutto danno anche di forme di vita di ordine superiore. Infine, l’energia necessaria per sparare in aria milioni di tonnellate di acqua di mare non è ben chiaro da quale fonte i ricercatori inglesi pensino di ricavarla. Forse sarebbe meglio che la ricerca tenesse meno la testa fra le nuvole e di più i piedi per terra. LA FOTOSINTESI DIVENTA HI-TECH A quanto pare la Natura sta sempre più faticando a compensare i danni prodotti dall’Uomo. La deforestazione di ampie porzioni di Amazzonia e delle fore- ste tropicali africane ed estremo-orientali, ha drasticamente tagliato le capacità della Terra di captare anidride carbonica dall’atmosfera, amplificando così l’effetto serra. Urge quindi un intervento umano capace di integrare l’azione delle foreste e Panasonic, uno dei marchi più diffusi nel campo dell’elettronica, pare intenzionata proprio ad accettare tale sfida. La Casa sta infatti investendo per mettere a punto nuovi sistemi artificiali capaci di simulare la fotosintesi operata dalle piante. In natura, ERE GLACIALI E’ stato appurato che il Polo Sud era coperto di vegetazione e mostrava temperature fra i 20 e i 27 gradi. Questo 52 milioni di anni fa, quando il biossido di carbonio raggiunse i massimi livelli registrati sulla Terra a causa di intense attività eruttive globali. 26 sono infatti le foglie a catturare il biossido di carbonio per poi unirlo alle molecole di acqua e trasfomarlo in zuccheri semplici grazie al processo di fotosintesi alimentato dalla luce solare. I ricercatori del Sol Levante hanno progettato delle strutture fisse, di proporzioni paragonabili a palazzi di vari piani, entro le quali opereranno come “fotoelettrodi” dei semiconduttori composti da nitruri. Questi sali, a base di alluminio o di gallio per esempio, sono in grado di condurre elettroni e possono quindi simulare la reazione chimica che porta all’estrazione dall’aria dell’anidride carbonica. Anche questo sistema necessita della luce per funzionare, proprio come la fotosintesi. L’efficienza del sistema proposto da Panasonic è dichiarato pari allo zero e 2 per cento, un valore di per sé non elevato, ma comunque comparabile all’efficienza fotosintetica mostrata da certe piante. A differenze di queste ultime, che come risultato finale ottengono glucosio, i catalizzatori artificiali produrrebbero acido formico, sostanza organica comunemente utilizzata nell’industria chimica. UN’IDEA IMBARAZZANTE L’ammoniaca è in grado di reagire con l’anidride carbonica sequestrandola dall’aria. Un team di ricercatori spagnoli ha quindi ipotizzato l’uso di urina per abbattere i gas serra. L’ammoniaca presente nella deiezione potrebbe abbassare dell’uno per cento il contenuto atmosferico di anidride carbonica. Resta però il dubbio su come utilizzare l’urina evitando imbarazzanti condizioni d’uso. UNA RISORSA DA SALVAGUARDARE A volte si trova dove meno ce la si aspetterebbe. Si parla dell’acqua, una risorsa sempre più limitata e pertanto sempre più importante e delicata da sfruttare. Specialmente nel Continente Nero, ove la siccità genera sovente gravi carestie, come pure la sua diffusa contaminazione ne rende impossibile o comunque molto rischioso l’utilizzo. Ora, per la fortuna delle popolazioni locali, è stata scoperta in Namibia una falda acquifera di grandi proporzioni. Questa repubblica dell’Africa meridionale è nota per il deserto del Kalahari e per avere la seconda più bassa densità di popolazione al Mondo dopo quella della Mongolia, solo due abitanti e mezzo per chilometro quadrato. A una profondità di circa 300 metri, alcuni ricercatori tedeschi hanno scoperto una grande riserva di acqua sotterranea la cui esistenza è databile in 10 mila anni circa. Si tratterebbe di volumi stimati in 5-8 miliardi di metri cubi, capaci quindi di dissetare la nazione Africana per un lasso di tempo compreso fra le decine e le centinaia di anni. Inquinamenti e sprechi a parte, ovviamente. ottobre 2012