Bollettino numero 8 1994
Transcript
Bollettino numero 8 1994
LETTERA APERTA A TUTTE LE DONNE E TUTTI GLI UOMINI CHE FANNO LA NOSTRA POLITICA, Fare politica, secondo la mia opinione, significa avere una visione più ampia e lontana nel tempo dei problemi e amministrare saggiamente le risorse del Paese nell'interesse della sua gente. La nostra gente è composta da una moltitudine eterogenea di uomini e donne, di ogni età, cultura e censo. Gli avvenimenti che si sono succeduti nel mondo in questi ultimi anni hanno modificato anche la gente del nostro Paese. Le persone di diverse culture e razze sono aumentate notevolmente. Ma anche le tradizioni della nostra società sono mutate; l'aumento dei divorzi, la nuclearizzazione della famiglia, la corsa sfrenata al guadagno e al consumo, la perdita dei valori interiori a favore di quelli più esteriori hanno portato ad una diminuzione della solidarietà e ad un aumento dell'egoismo e della violenza. I più esposti a questi mutamenti sono i bambini e i giovani. Anche se oggi voi non vedete quanto è grande il disagio e importante la sofferenza alla quale sono esposti, dovete nell'interesse degli adulti di domani rivolgere la vostra attenzione a quegli "indicatori sociali" che sono sotto i vostri occhi ma non vengono visti: dovete prestare orecchio a coloro che vi vogliono trasmettere il grido di sofferenza di coloro che per tradizione, posizione ed età non possono e non osano farsi sentire. Le violenze, le malattie psichiatriche, i disturbi psicosomatici, il suicidio dei giovani, le tossicomanie, l'insuccesso scolastico e il cattivo inserimento sociale affondano le loro radici, anche gli specialisti se ne rendono sempre più conto, nell'infanzia e nell'adolescenza maltrattata. Un adulto con problemi sociali causati dai maltrattamenti subiti nell'infanzia costa, anche in termini di soldi, più di un milione di franchi! Se tutto andrà come previsto tra 15 anni raggiungeremo da Lugano Arth-Goldau in 40 minuti circa su un treno che a 200 km all'ora sfreccerà nella galleria più lunga del mondo costata almeno 10 miliardi di franchi. Ma che cosa è previsto per le famiglie disabili, per l'infanzia che soffre e per i giovani a rischio? Quante delle oltre 130 raccomandazioni del rapporto del 1992 sull'infanzia maltrattata in Svizzera sono state discusse e accettate a livello politico? Quelle poche occasioni che vi vengono sottoposte e che potranno modificare lo stato attuale delle cose migliorando, non la velocità dei treni transalpini, ma il benessere psicofisico della nostra società di domani vanno sostenute con impegno e convincimento e accettate all'unanimità. In Ticino, ma anche nel resto della Svizzera siamo allo stesso punto, la legge federale di aiuto alle vittime di atti di violenza (LAVI) entrata in vigore il primo gennaio del 1993 non ha ancora la sua legge cantonale di applicazione. Il nostro Cantone sta ora discutendo a livello commissionale la proposta di legge nella quale, per la prima volta, timidamente si propone di centralizzare il problema dell'aiuto alle vittime di violenza, minorenni compresi, e quello della sua prevenzione nelle mani di un "delegato". Un atto di coraggio ci vorrebbe! Una partecipazione sentita ed impegnata di voi politici è necessaria se il futuro che volete costruire sia veramente migliore. Il progetto di una nuova legge cantonale sugli assegni familiari, della quale si è parlato sulla nostra stampa in questi ultimi mesi, rappresenta un notevole contributo alla lotta contro il maltrattamento dei minori e al miglioramento della struttura familiare. Ma quanti di voi sono pronti a battersi per sostenerla? A parole tutti sono impegnati in questo anno dedicato alla famiglia a sostenere attività centrate sulla famigliaÉ ma quante iniziative lungimiranti e concrete di aiuto verranno sprecate? Se oggi vi scrivo questa lettera è perché sono convinto che molti di voi non si sentono toccati da questi problemi. Il Gruppo parlamentare alle Camere federali per la politica familiare raccoglie oltre la metà dei nostri 249 rappresentanti. Quanti di questi hanno letto il rapporto dello speciale gruppo di lavoro sull'infanzia maltrattata in Svizzera consegnato al Capo del Dipartimento degli Interni quasi due anni fa? Poco più di una decina di rappresentanti di questo gruppo si erano iscritti per una discussione, a Berna, sul rapporto il 2 marzo ultimo scorso. Ma la delusione dei relatori è stata grande quando solamente due persone si sono presentate! Questo rapporto verrà forse, il forse è ancora d'obbligo, discusso quest'anno, due anni dopo la sua consegna. La Confederazione, per bocca della sua massima autorità, la Cons. Federale Ruth Dreifuss, dice che non ha la possibilità di dotarsi di competenze per la lotta ai maltrattamenti sui minori e che centri di cura e formazione specializzati per migliorare le grave carenze di chi oggi tratta questi problemi non rientrano nei compiti della Confederazione. A Voi mi rivolgo, parlamentari di ogni tendenza, a livello cantonale e federale, dovete essere voi, coscienti che il problema è importante, a chiedere a viva voce di discuterne e a proporre la realizzazione di quelle raccomandazioni che sono citate nel rapporto. Siate lungimiranti e ricordatevi che la prevenzione in questo ambito non va fatta con il contagocce. Per questo vostro impegno avrete il ringraziamento di tutti quei bambini e adolescenti che non dovranno più soffrire e domani potranno essere degli adulti responsabili che contribuiranno a migliorare questo nostro mondo. GRAZIE! dr. med. Amilcare Tonella EDITORIALE Care lettrici e cari lettori, questo è il primo numero di questo anno 1994 dedicato alla famiglia, mi sembrava perciò molto importante segnare questa speciale ricorrenza e la nostra attività con una azione particolare. La lettera ai politici che precede questo editoriale con questo nostro Bollettino verrà distribuita a tutti i nostri Consiglieri di Stato e Gran consiglieri, ai Consiglieri Federali e ai Parlamentari delle due Camere Federali. Con questa azione io spero di attivare il discorso sul rapporto federale sull'infanzia maltrattata in Svizzera e di scuotere la coscienza dei nostri politici. Illusione? il prossimo me lo dirà, voglio credere a quel anonimo brasiliano che scriveva: sogno che si sogna da soli può essere illusione, sogno che si sogna insieme è segno di soluzione e io non credo di essere da solo! In questo numero troverete due articoli "tecnici", il primo scritto dall'avv. Patrizia Pesenti sui maltrattamenti ai minori e il nostro codice penale che in questi ultimi anni ha subito delle modifiche e il secondo firmato dall'avv. Reto Medici sulla protezione del minore garantita dagli articoli del codice civile svizzero. Questi articoli dovrebbero contribuire a chiarire i concetti legali di coloro che si occupano di minori maltrattati e abusati. I due articoli che seguono sono più di carattere "sociale". La dottoressa Silvia Berke con la sociologa Annerose Schneider vi propongono un tema poco noto quello dei figli dei tossicodipendenti, una categoria di minori dimenticata da tutti, anche da coloro che lavorano con i tossici e maltrattata perciò due volte. Un maltrattamento che può condurre alla morte e vi ricordo e vi ricordo la tragedia di Spreitenbach nel Canton Zurigo dell'anno scorso! L'ultimo articolo è stato scritto dalla psicologa ticinese che abita a Berna Marina Frigerio Martina. La Frigerio è la coautrice di un libro uscito nel 1992 sui bambini clandestini in Svizzera (titolo del libro: Versteckte Kinder, edizione Rex) e con questo contributo riporta il discorso sul problema dei bambini dei lavoratori stagionali e delle famiglie vittime della guerra in Jugoslavia che vivono emarginate del nostro sistema sociale. Questi bambini sono troppo spesso ignorati, non fanno parte della "nostra gente", non hanno diritto ad esistere! La Svizzera è considerata una nazione efficiente e meticolosa, in Svizzera conosciamo grazie ai censimenti tutto anche sul numero degli ovini e delle automobili fuoristrada potenzialmente requisibili per l'esercito… ma non sappiamo niente sui bambini e adolescenti maltrattati e abusati, sui bambini clandestini e sui giovani che tentano il suicidio. Dopo questi articoli troverete i conti del nostro Gruppo Regionale per l'anno 1993 e una lunga lista di date di conferenze ed incontri che vi potranno interessare. Il Bollettino termina come solito con la segnalazione di alcuni libri. Vi auguro una buona lettura nella speranza che l'interesse sul problema dei maltrattamenti diventi sempre più grande ma contemporaneamente diventi ancora più concreto l'aiuto che ognuno di noi potrà dare per aiutare i minori che soffrono e le loro famiglie e per prevenire il maltrattamento. Amilcare Tonella LA PROTEZIONE GIUDIZIARIA DELLE VITTIME MINORENNI NEL PROCESSO La sensibilizzazione dell'opinione pubblica in ordine alle violenze fisiche e sessuali inflitte all'infanzia è un fenomeno relativamente recente. Probabilmente questo tipo di violenza da parte dell'adulto è sempre esistita. L'accresciuta attenzione nei confronti dell'infanzia negli ultimi anni ha però mostrato l'ampiezza del fenomeno e la sua diffusione. Le violenze sui bambini non costituiscono casi isolati, dovuti alla patologia di un singolo adulto, ma sono anche espressione di un modo generale di considerare l'infanzia terra di conquista e il bambino un oggetto senza diritti. Attualmente il diritto federale assicura una buona protezione dalle violenze fisiche e sessuali, ma purtroppo le procedure penali non sempre garantiscono un efficace e rispettoso trattamento della vittima minorenne. I bambini sono infatti le vittime più vulnerabili e meno protette dalla giustizia penale. Per loro il procedimento penale, con i suoi interrogatori ripetuti, l'obbligo di testimoniare al processo, il confronto con l'imputato, impone situazioni che causano un ulteriore trauma psichico. Negli ultimi decenni l'atteggiamento di condanna nei confronti delle violenze inferte all'infanzia è profondamente mutato. Anche nel nostro paese questa svolta ha indotto importanti cambiamenti a livello giuridico-normativo. Nel 1990 vi è stata una revisione del Codice Penale svizzero che esprime proprio la volontà di proteggere meglio i bambini dalle violenze fisiche, permettendo alla giustizia d'intervenire d'ufficio anche in situazioni che finora non erano ritenute abbastanza gravi. Ma benchŽ le nuove norme penali abbiano concretamente migliorato i presupposti dell'intervento giudiziario, definendo con chiarezza l'illiceità di certi metodi "educativi", le disposizioni cantonali di procedura continuano a non proteggere adeguatamente le vittime di questi reati. Nel processo penale, quando le vittime sono minorenni e hanno subito violenze fisiche o sessuali si parla giustamente di "vittimizzazione secondaria", intendendo così che la vittima subisce un trauma ulteriore. Questo a causa delle esigenze del procedimento penale dove la vittima, soprattutto di reati sessuali, rappresenta spesso l'unica prova a carico della pubblica accusa. In questo ruolo la sua partecipazione alle diverse fasi processuali diventa essenziale. Purtroppo la vittima interessa la giustizia solo nel suo ruolo di testimone a carico. D'altro canto per l'imputato la falsificabilità delle dichiarazioni della vittima diventa vitale nella sua difesa. Così la vittima anche minorenne si trova esposta a situazioni particolarmente sgradevoli. Nei casi di violenze fisiche o sessuali la testimonianza della vittima è sovente l'unico mezzo di prova a carico dell'imputato. Proprio per questo motivo la questione della sua credibilità assume una importanza cruciale. La confutazione della deposizione inizia già nella fascia predibattimentale, non solo ad opera nella difesa, ma inevitabilmente anche da parte di chi rappresenta l'accusa, per non incorrere in un procedimento penale che deve poi essere abbonato. Per molto tempo la giustizia ha considerato i minorenni come incapaci di testimoniare o comunque inattendibili. Fino a non molto tempo fa la testimonianza di un bambino non aveva valenza di prova perchŽ la si riteneva regolarmente inveritiera. Fortunatamente, e grazie alla moderna psicologia, si è capito che anche durante la prima infanzia i bambini non necessariamente fantasticano. Tuttavia anche oggi, la credibilità della vittima continua a rappresentare un problema che condiziona fortemente la fase predibattimentale. Lo scetticismo di chi indaga conduce a ripetere gli interrogatori, sovente per accertare dettagli inutili. Spesso le domande sconfinano nella sfera intima, preoccupati vagliare più la credibilità della vittima che la fattispecie. Ogni imprecisione desta il sospetto che il bambino si sia inventato tutto. Evidentemente i verbali di interrogatorio di un bambino anche in età scolare, non possono essere dettagliati e precisi come quelli di un adulto. Contrariamente ad una opinione diffusa la verità traspare soprattutto quando la giustizia si preoccupa anche del benessere della vittima. Un bambino interrogato con durezza o con scetticismo racconterà solo una piccola parte della sua verità o risponderà in modo compiacente soprattutto se ha l'impressione di non essere creduto. Finora la situazione della vittima, anche maggiorenne, era decisamente negletta dalla procedura penale. La legge garantisce molti diritti all'imputato, e giustamente, ma non ne garantisce altrettanti alla vittima. Non si tratta certo di sopprimere fondamentali diritti della difesa ma di tenere conto in modo migliore della particolare situazione delle vittime di violenze fisiche o sessuali, soprattutto se minorenni. La vittima coinvolta in qualità di testimone al processo, non può sottrarsi a questo obbligo di testimoniare, se non nei confronti di parenti stretti. Tuttavia in questo ruolo non beneficia di alcuna tutela. PoichŽ il diritto al contraddittoria è una garanzia fondamentale, la vittima è esposta alle domande da parte dell'imputato e della difesa, domande che possono sconfinare anche nella sfera privata della vittima. Naturalmente è facile immaginare che, soprattutto nei casi di violenze sessuali, spesso la strategia difensiva si fonda sull'intento di discreditare quanto più possibile la vittima. La legge garantisce all'imputato in ogni caso un difensore, mentre la parte lesa, che compare in aula in qualità di testimone, non ha diritto ad essere patrocinata. Se decide di costituirsi parte civile e di chiedere un risarcimento qualsiasi, può farsi patrocinare da un avvocato, però a sue spese. Per un bambino, tenuto a testimoniare delle violenze subite, la situazione è particolarmente drammatica. PoichŽ la maggior parte di questi reati avviene in famiglia e il bambino non può contare neppure sul sostegno dei genitori. Principalmente sono tre gli aspetti del processo penale che attualmente espongono il bambino ad ulteriori sofferenze: i ripetuti interrogatori da parte di persone diverse, il confronto diretto con l'imputato o con il suo difensore e la presenza al dibattimento in aula. La procedura attualmente garantisce all'imputato una serie di diritti fondamentali che sono in netto contrasto con gli interessi della vittima. Anzi è proprio l'esercizio di questi diritti dell'imputato a causare oggi il maggior disagio della vittima. Naturalmente non si tratta di togliere queste garanzie processuali all'imputato, ma di garantirle con le necessarie precauzioni in modo tale da non traumatizzare la giovane vittima. Dal 1993 è in vigore la Legge federale di aiuto alle vittime. Uno degli obiettivi principali della legge è quello di rafforzare la posizione della vittima e contribuire così a fare in modo che non rinunci a presentare la sua denuncia. In sostanza la legge rafforza la posizione della vittima soprattutto per diversi aspetti: alla vittima di reati sessuali è accordato di essere ascoltata in fase d'inchiesta da una persona dello stesso sesso. Inoltre la vittima può rifiutarsi di deporre su aspetti che concernono la sua sfera intima e potrà farsi accompagnare da una persona di fiducia. Anche l'opportunità o meno di essere messa a confronto con l'imputato viene valutata di volta in volta. Queste disposizioni migliorano molto la situazione per rapporto al passato, ma sono facilmente attuabili a livello procedurale, nel senso che molto spesso il giudice riterrà assolutamente necessario il confronto o la comparizione in aula o almeno l'interrogatorio della vittima da parte della corte giudicante. Il Canton Ticino conosce già da tempo una soluzione particolarmente nei confronti delle giovani vittime che durante la fase predibattimentale vengono interrogate non dalla polizia, ma dal magistrato dei minorenni. Purtroppo però possono essere risentite dal procuratore pubblico, dal giudice e sono tenute, in qualità di testimoni a carico, a rispondere alle domande della difesa. La speciale Commissione che nel nostro cantone si è occupata dell'applicazione della Legge federale di aiuto alle vittime ha proposto al parlamento l'introduzione di alcune norme procedurali che potessero assicurare alla vittima una efficace protezione durante l'inchiesta e il processo, garantendo al contempo all'imputato il pieno esercizio dei suoi diritti. Si tratta della possibilità di registrare la deposizione del bambino con un mezzo audiovisivo e di trasmettere la registrazione alla corte giudicante, senza obbligare il bambino alla presenza in aula. Nel caso di necessità di un contraddittorio immediato durante il processo deve essere data la possibilità di assumere la deposizione testimoniale del bambino non nell'aula dove si svolge il processo, ma in un locale separato collegato con un mezzo audiovisivo all'aula penale. In questo modo si garantisce la massima protezione alla vittima, ma anche il serio rispetto dei diritti della difesa. PATRIZIA PESENTI HUBER Giudice Magistratura dei minorenni, Lugano LE MISURE DI PROTEZIONE DEI MINORI I. L' AUTORITà PARENTALE Per il legislatore il bene del figlio è garantito dalla comunità famigliare. L'art. 272 del Codice Civile Svizzero (di seguito CCS) obbliga i genitori ed i figli a vicendevole assistenza, riguardo e rispetto che il bene della comunione richiede. Il legislatore non si è limitato a questa dichiarazione di principio ma ha specificato negli articoli 270-327 ruoli, diritti e doveri dei genitori e dei figli. A queste norme devono attenersi tutte le persone. L'autorità parentale, garantita dalla legge, è il potere e il dovere dei genitori di prendere le decisioni necessarie per il figlio. L'autorità parentale costituisce la base legale per l'esercizio dell'educazione, la rappresentanza del figlio e l'amministrazione dei suoi beni. L'autorità parentale non è un diritto soggettivo che permette ai genitori di comportarsi come vogliono ma deve sempre essere esercitata nell'interesse del figlio. I genitori hanno però ampia libertà nella sua attuazione. Il contenuto dell'autorità parentale è definito agli articoli 301304 CCS. I più importanti diritti e doveri dei genitori sono: • la cura e l'educazione per il bene del figlio (art. 301 cpv. 1 CCS). Il dovere di educazione viene definito più dettagliatamente nell'art. 302 CCS. I genitori devono educare il figlio secondo la loro condizione promuovendone e proteggendone lo sviluppo fisico, intellettuale e morale. • la scelta del luogo di residenza del figlio (diritto di custodia) giusta l'art.. 301 cpv. 3 CCS. - la competenza esclusiva dei genitori di disporre dell'educazione religiosa secondo l'art. 303 cpv. 1 CCS. Il figlio che ha compiuto il sedicesimo anno di età decide liberamente circa la propria confessione religiosa. • la rappresentanza legale verso i terzi (art. 304 CCS). Il principio generale che deve sempre essere seguito nell'esercizio dell'autorità parentale è il bene del figlio (art. 301 cpv. 1 CCS). Questo concetto deve essere rispettato anche dal curatore, dal tutore, dalle autorità di tutela (Delegazione tutoria, Autorità di vigilanza sulle tutele) e dai giudici di ogni ordine e grado. Ciò significa che nell'affrontare una situazione concreta si deve adottare la soluzione idonea al benessere psicofisico e affettivo del minore. Non esistono pertanto delle risposte generali applicabili a tutti i casi. L'autorità parentale appartiene durante il matrimonio entrambi i genitori (art. 297 cpv. 1 CCS). In caso di decesso di un genitore l'autorità parentale compete per legge al coniuge superstite (art. 297 cpv. 3 CCS). Se i genitori non sono uniti in matrimonio l'autorità parentale spetta alla madre (art. 298 cpv. 1 CCS). In caso di sospensione della comunione domestica da parte dei genitori, nell'ambito di misure di protezione dell'unione coniugale (art. 172 e seguenti CCS) o di misure provvisionali nella procedura di divorzio (art. 145 CCS) o in caso di separazione giudiziale per una provata causa di divorzio (art. 146 CCS), il giudice può attribuire l'autorità parentale a uno solo di essi (art. 297 cpv. 2 CCS). In caso di divorzio il giudice deve attribuire l'autorità parentale ad un solo genitore (art. 297 cpv. 3 CCS). Se sono dati i presupposti prescritti dagli art. 311 e 312 CCS può però privare entrambi i genitori dell'autorità parentale e mettere il figlio sotto tutela (art. 156 CCS in combinazione con l'art. 315a cpv. CCS). Il genitore a cui è stata tolta l'autorità parentale dal giudice del divorzio può ritornerà solamente in una procedura di modifica delle circostanze secondo l'art. 147 CCS davanti al medesimo giudice. Le autorità di tutela sono invece competenti per la limitazione o la privazione dell'autorità parentale del genitore a cui è stata attribuita dal giudice del divorzio (art. 315a cpv. 3 CCS). Non possono detenere l'autorità parentale: • i genitori minorenni o interdetti. Per i loro figli deve essere istituita una tutela (art .368 cpv. 1 CCS); • il patrigno e la matrigna. Essi possono rappresentare il detentore dell'autorità parentale in sua assenza (art. 299 CCS); • i genitori affidatari (affilianti). La posizione dei genitori affidatari è abbastanza debole. Essi devono essere uditi prima di ogni decisione importante (art. 300 CCS). I genitori affidatari possono invece ottenere autorità di natura tutoria con un mandato da parte della Delegazione Tutoria. II. IL QUADRO DI RIFERIMENTO PER LA PROTEZIONE DEI MINORI Nel presente articolo vengono trattate unicamente le misure di protezione di diritto civile o tutorio. Il quadro di riferimento è però ben più vasto come risulta dallo schema annesso. Di particolare rilevanza sono le misure di protezione volontarie poichŽ la consulenza e la terapia richieste liberamente e consapevolmente danno di regola risultati migliori in tempi più brevi di quelli imposti d'autorità. III. LE MISURE DI PROTEZIONE DI DIRITTO CIVILE 1. Principi che regolano l'intervento dell'autorità tutoria • Le decisioni sono prese in favore del figlio che necessita di assistenza, indipendentemente se egli è colpevole del suo stato e indipendentemente dalla colpa o dal grado di responsabilità dei genitori. • Le misure di limitazione e privazione dell'autorità parentale sono decise solo se il minorenne e i genitori non sono in grado do ottenere un aiuto volontario da terzi che possa ovviare al disagio (sussidiarietà). • Le misure di limitazione e privazione dell'autorità parentale devono essere adeguate alle necessità. Non è lecito decidere misure di protezione severe, quando il necessario aiuto può essere dato con un provvedimento meno incisivo (proporzionalità). 2. Presupposti per la decisione di misure di protezione dei minori La salvaguardia del bene del figlio è innanzitutto un dovere dei genitori. L'autorità tutoria può intervenire unicamente se sono dati cumulativamente le seguenti condizioni (art. 307 cpv. 1 CCS): • • il bene del figlio è minacciato; i genitori non vi rimediano o non sono in grado di rimediarvi. La minaccia riguardo al bene del figlio deve avere rilevanza giuridica. Ognuno, minorenne o maggiorenne, è confrontato con problemi, difficoltà ed il suo benessere può risultare minacciato. Ci possono per esempio essere conflitti familiari, il decesso di un genitore o di un fratello. Tutti questi fatti fanno parte delle preoccupazioni della vita. Essi non rappresentano tuttavia necessariamente una minaccia ma possono contribuire allo sviluppo e alla maturazione della persona. Il figlio stesso e il suo ambiente, in particolare i genitori, magari con l'aiuto di parenti, amici e servizi di consulenza, sviluppano normalmente le risorse e le energie necessarie per superare queste situazioni di minaccia. La minaccia deve essere chiaramente rilevante per giustificare l'intervento della Delegazione Tutoria. Essa ha l'obbligo di agire e non può attendere l'avverarsi di un danno per intervenire. Il coinvolgimento di esperti da parte della Delegazione Tutoria è raccomandato poichŽ una valutazione attendibile e oggettiva di una situazione di minaccia è un lavoro molto complesso e delicato. 3. Misure opportune Art. 307 CCS 1 Se il bene del figlio è minacciato e i genitori non vi rimediano o non sono in grado di rimediarvi, l'autorità tutoria ordina le misure opportune per la protezione del figlio. 2 L'autorità tutoria vi è parimenti tenuta riguardo ai figli collocati presso genitori affilianti o viventi altrimenti fuori della comunione domestica dei genitori. 3 L'autorità tutoria può segnatamente ammonire i genitori, gli affilianti od il figlio, impartire loro istruzioni per la cura, l'educazione o l'istruzione e designare una persona o un ufficio idoneo che abbia diritto di controllo e informazione. Il cpv. 1 illustra i presupposti per l'intervento dell'autorità tutoria di cui si è già detto sopra. Il cpv. 2 contiene l'importante precisazione che le misure di protezione possono essere adottate anche a favore di minori in affidamento famigliare o viventi fuori dalla comunione domestica. Il cpv. 3 contiene un elenco non esaustivo di provvedimenti concreti. L'autorità tutoria può per esempio procedere direttamente con un intervento di consulenza o raccomandare di rivolgersi ad un servizio specializzato. L'ammonimento nei confronti dei genitori, dei genitori affidatari, del figlio a rispettare i propri doveri può avere senso se si ritiene che sussiste la capacità e la volontà di educare. Attraverso indicazioni l'autorità tutoria obbliga l'interessato ad agire, ad astenersi di agire o a tollerare certi comportamenti. Esse sono uno strumento idoneo se la minaccia può essere rimossa con un'unica indicazione. Alcuni esempi di indicazioni/istruzioni vincolanti: • ingiunzione ai genitori di farsi consigliare in modo competente; • obbligo di far visitare il figlio da uno specialista (medico, psichiatra, psicologo, ecc.). A ciò può essere collegato un mandato di allestimento di una perizia; • istruzioni relative all'alimentazione e all'abbigliamento; - divieto di coinvolgimento del figlio in particolari attività (per esempio lavori molto pesanti e di lunga durata); • disposizioni in merito alle scelte scolastiche e alla formazione professionale; • sostegno di attività per il tempo libero e di partecipazione ad attività associative; - in caso di insufficienti cure durante il giorno, istruzioni a voler collocare il figlio in una culla o asilo; • collocamento transitorio del figlio in ospedale per osservazione e cure. Un ulteriore presupposto è che l'interessato sia soggettivamente e oggettivamente in grado di seguire le istruzioni. Nell'ambito delle misure opportune è possibile una limitazione dell'autorità parentale. La designazione di una persona o di un servizio idoneo che abbia diritto di controllo e di informazione è risultata essere la misura più usata. Nella pratica la persona designata può con il tempo creare un rapporto di fiducia con i genitori e ottenere migliori risultati rispetto a una relazione basata essenzialmente sul controllo. 4. La curatela educativa giusta l'art. 308 cpv. 1 CCS Art. 308 CCS 1 Se le circostanze lo richiedono, l'autorità tutoria nomina al figlio un curatore, perchŽ consigli ed aiuti i genitori nella cura del figlio. Presupposto è l'esistenza di una situazione di minaccia riguardo al bene del figlio, a cui non è possibile rimediare con le misure opportune previste dall'art. 307 CCS. In questi casi risulta necessario un intervento più intenso da parte di un curatore. Il curatore ha competenza d'intervento verso i genitori, che attua attraverso inviti, raccomandazioni, istruzioni per l'educazione del figlio. Egli non può dunque limitarsi al controllo come previsto dall'art. 307 cpv. 3 CCS. Nella pratica odierna si constata una prevalenza della misura della curatela educativa rispetto alla misura dell'educazione vigilata. 5. La curatela educativa giusta l'art. 308 cpv. 2 CCS Art. 308 CCS 2 L'autorità tutoria può conferire al curatore speciali poteri, segnatamente la rappresentanza del figlio per salvaguardarne il diritto al mantenimento o diritti d'altra natura e la vigilanza delle relazioni personali. In base all'art. 308 cpv. 2 CCS al curatore possono venir conferiti speciali poteri, che per i genitori significano limitazioni dell'autorità parentale (art. 308 cpv. 3 CCS). L'elenco contenuto nella legge non è esaustivo. Per esempio la salvaguardia del diritto al mantenimento può essere estesa dall'autorità tutoria all'azione di mantenimento (art. 279 CCS), alla presentazione di una querela penale per trascuratezza dei doveri di assistenza famigliare giusta l'art. 217 CPS. Nell'ambito della vigilanza delle relazioni personali il compito del curatore è soprattutto di consigliare e mediare tra le parti. Egli può inoltre definire le modalità per l'esercizio del diritto di visita (per esempio il luogo dell'affidamento all'altro genitore). La determinazione della frequenza del diritto di visita è invece di competenza dell'autorità tutoria o del giudice. 6. L'accertamento di paternità giusta l'art. 309 CCS Art. 309 CCS 1 L'autorità tutoria, a richiesta della nubile gravida o tosto che sia informata del parto, nomina al nascituro o all'infante un curatore che provveda all'accertamento della filiazione paterna e consigli e assista la madre nel modo richiesto dalle circostanze. 2 L'autorità tutoria prende la stessa misura qualora la filiazione sia stata tolta per contestazione. 3 Se la filiazione è stata accertata o se l'azione di paternità non è stata promossa entro due anni dalla nascita, l'autorità tutoria, su proposta del curatore, decide se si debba por fine alla curatela o ordinare altre misure per la protezione del figlio. Il Tribunale Federale ha avuto modo di precisare nella sentenza 107 II 312 e seguenti che la Delegazione Tutoria, contrariamente al testo di legge, non deve istituire obbligatoriamente una curatela a favore del nascituro. Essa diventa necessaria se in un certo lasso di tempo (1-2 mesi) il padre non procede al riconoscimento del figlio. 7. La privazione della custodia parentale giusta l'art. 310 CCS Art. 310 CCS 1 Quando il figlio non possa essere altrimenti sottratto al pericolo, l'autorità tutoria deve toglierlo alla custodia dei genitori, o dei terzi presso cui egli si trova, e ricoverarlo convenientemente. 2 L'autorità tutoria, ad istanza dei genitori o del figlio, prende la stessa misura nel caso in cui le relazioni siano così gravemente turbate che non si possa più esigere ragionevolmente la convivenza ulteriore e, secondo le circostanze, non si possa rimediare altrimenti. 3 L'autorità tutoria può vietare ai genitori di riprendere il figlio vissuto per lungo tempo presso genitori affilianti qualora il suo sviluppo possa esserne seriamente pregiudicato. Si tratta di un'importante limitazione dell'autorità parentale che è consentita solamente quando non si può più intervenire con una misura prevista dagli art. 307 e 308 CCS. La limitazione dell'autorità parentale riguarda il diritto a stabilire il luogo di soggiorno del figlio; questa competenza passa pertanto alla Delegazione Tutoria. La richiesta di privazione della custodia parentale può essere presentata dai genitori e dal figlio, indipendentemente dalla colpa. La sospensione del diritto di custodia può essere ordinata per la protezione della personalità dei genitori o del figlio o di entrambi. Il cpv. 3 stabilisce che la Delegazione Tutoria può vietare ai genitori di riprendere il figlio vissuto per lungo tempo presso genitori affidatari o in istituto, qualora il suo sviluppo possa seriamente esserne pregiudicato. Si tratta di casi dove il collocamento famigliare è avvenuto volontariamente da parte dei genitori, i quali in seguito decidono di revocarlo pregiudicando il figlio. Per queste soluzioni la Delegazione Tutoria ha pertanto la possibilità di revocare a posteriori il diritto di custodia parentale. 8. La privazione dell'autorità parentale giusta gli art. 311 e 312 CCS Art. 311 CCS 1 Se altre misure per la protezione del figlio sono rimaste infruttuose o sembrano a propri insufficienti, l'autorità di vigilanza sulle tutele priva i genitori della loro autorità: cifra 1. quando per inesperienza, malattia, infermità, assenza o analoghi motivi non sono in grado di esercitarla debitamente; cifra 2. quando non si sono curati seriamente del figlio o hanno violato gravemente i loro doveri nei suoi confronti. 2 Quando l'autorità parentale sia tolta ad entrambi i genitori, si procede alla nomina di un tutore. 3 Salvo esplicita disposizione contraria, la privazione dell'autorità parentale vale anche riguardo ai figli nascituri. La privazione dell'autorità parentale presuppone l'esistenza di una situazione particolarmente grave. Da un lato devono essere senza prospettiva le già citate misure di protezione dei minori e dall'altro lato deve sussistere uno dei motivi di privazione elencati nella legge. Le fattispecie si possono suddividere in die gruppi: • I genitori sono oggettivamente incapaci di esercitare debitamente l'autorità parentale per inesperienza, malattia, infermità, assenza o analoghi motivi. • I genitori non si sono curati seriamente del figlio o hanno violato gravemente i loro doveri nei suoi confronti. La privazione dell'autorità parentale secondo l'art. 311 CCS è di competenza dell'Autorità di vigilanza sulle tutele. La Delegazione Tutoria può privare i genitori dell'autorità parentale unicamente nei casi previsti dall'art. 312 CCS. Art. 312 CCS L'autorità tutoria priva i genitori della loro autorità: cifra 1. quando ne facciano richiesta per motivi gravi; cifra 2. quando abbiano dato il consenso ad un'adozione futura del figlio da parte di terzi non designati. Questo articolo riguarda due casi ben distinti. La situazione prevista alla cifra 1 implica di regola l'esistenza di motivi analoghi a quelli elencati nell'art. 311 cpv. 1 cifra 1 CCS e la consapevolezza dei genitori di non essere in grado di rimediarvi. La fattispecie prevista alla cifra 2 riguarda la privazione dell'autorità parentale avendo dato il consenso all'adozione, per cui il figlio non vive con i genitori. A favore dei figli di genitori privati dall'autorità parentale è obbligatoria l'istituzione di una tutela (art. 368 CCS). I genitori hanno diritto di conservare col figlio minorenne, che non si trova sotto la loro autorità o custodia, le relazioni personali indicate dalle circostanze (art. 273 CCS). L'autorità tutoria o il giudice competente in una procedura di protezione dell'unione coniugale deve stabilire il diritto alle relazioni personali. Il diritto alle relazioni personali può essere negato o revocato se pregiudica il bene del figlio (art. 274 CCS). IV. CONCLUSIONE Le norme vigenti di protezione dei minori permettono di intervenire senza limitare più dello stretto necessario l'autorità parentale dei genitori. Gli strumenti a disposizione sono efficaci. Le difficoltà emergono nell'applicazione della legge. L'organizzazione della Delegazione tutoria a livello comunale comporta enormi problemi di formazione dei membri in ambiti molto delicati quali la protezione della personalità. Le Delegazioni tutorie, ad eccezione di quelle professionali, raramente sono in grado di trattare in modo competente le situazioni di maltrattamento di minori. Bibliografia - HŠfeli Christoph: Wegleitung fŸr VormŸnder und Vormundschafts behšrden, WŠdenswil 1989 - Hegnauer Cyril: Droit suisse de la filiation, Berne 1990 - Stettler Martin: Le droit suisse de la filiation, in: TraitŽ de droit privŽ suisse, Fribourg 1987 Avv. RETO MEDICI I FIGLI DEI GENITORI TOSSICODIPENDENTI Per la prima volta, preparando questo lavoro, ci siamo accorte quanto grandi erano le nostre mancanze di conoscenze e quanto distorte le percezioni del destino dei figli dei tossicomani che venivano regolarmente in consultazione nel nostro consultorio. La prima cosa che ci balzò all'occhio fu che il numero dei bambini dei nostri tossicomani era più elevato di quello che noi ci immaginassimo. I 523 clienti del nostro consultorio di Liestal nel Canton Basilea Campagna (dati del novembre 1993) avevano 66 bambini, di questi solo 16 erano ben conosciuti al nostro servizio, 26 erano venuti saltuariamente al nostro consultorio e ben 24 erano completamente sconosciuti. Ci accorgemmo inoltre che solo di pochi di questi bambini potevamo dare una valutazione approssimativa della loro situazione. Da ultimo scoprimmo che della stragrande maggioranza di questi bambini non sapevamo niente riguardo alla loro situazione sociale e ai servizi che potevano essere coinvolti nelle loro cure. Cercando nella letteratura per la preparazione di questo lavoro ci siamo accorte che queste nostre mancanze erano condivise da molte altre istituzioni simili alla nostra. I figli dei tossicodipendenti vengono facilmente dimenticati o velocemente scompaiono dagli occhi degli operatori dei servizi che si occupano dei genitori. Questo destino non lo hanno solamente i figli dei consumatori di droghe illegali ma anche i figli degli alcolizzati o di coloro che sono dipendenti da medicamenti. Sinteticamente possiamo dire che quanto abbiamo osservato è strettamente dipendente dalla stessa dinamica della tossicodipendenza caratterizzata da grande virulenza degli avvenimenti, da situazioni di necessità spesso esplosive, di grande pressione psicologica e da una grande tendenza a nascondere dietro ai tabù i problemi dei figli. è interessante rilevare che la tendenza a nascondersi dietro ai tabù della droga avviene anche nei luoghi dove i bambini presentano le prime difficoltà, ad esempio nella scuola materna o nella scuola oppure nei servizi preposti alle cure come avviene nei consultori dei servizi medico-psicologici o nei servizi del sostegno pedagogico (1). In diversi lavori (2,3) si riferisce che i figli dei tossicodipendenti presentano un rischio aumentato di diventare più tardi dei tossicodipendenti o di presentare disturbi psichici di varia natura ma specialmente nella sfera dell'alimentazione oppure di scegliersi una partner tossicodipendente. Per questi motivi, per meglio e concretamente aiutare questi bambini e le loro famiglie, per riconoscere e combattere quei pregiudizi che si sono creati attorno al mondo della droga e infine per realizzare una prevenzione dobbiamo studiare più a fondo queste problematiche e sensibilizzare la gente. Come possiamo descrivere le particolari situazioni dei figli di genitori drogati? Dobbiamo premettere che le situazioni che definiscono la "famiglia di drogati" possono essere molto differenti da caso a caso. Per valutare il possibile rischio dei bambini bisogna dapprima considerare le situazioni di vita dei genitori secondo i seguenti parametri: Come è la situazione dei genitori nei confronti della droga? • • ambedue i genitori sono drogati? o uno dei genitori non consuma droga? il genitore o i genitori sono stati sostituiti? Come si presenta il problema dell'alloggio? Come sono soddisfatti i bisogni essenziali della vita quotidiana? • bisogni di tipo esteriore come la scuola materna, la scuola elementare, il mangiare e l'igiene Come vengono soddisfatti adeguatamente i bisogni emotivi ed effettivi dei bambini? • ad es. i bambini devono assumersi delle responsabilità dei genitori? Quanto sono coinvolti i bambini sulla scena della droga e nella ricerca della droga stessa? I bambini corrono rischi per la loro salute? Ci sono casi di SIDA in famiglia? Come è l'ambiente sociale della famiglia e la rete di aiuto? • ad es. i parenti sono coinvolti nella cura e nell'educazione dei bambini?(5) La situazione delle cure ai bambini riflettono le diverse situazioni di vita della famiglia di tossicodipendenti. Van Soer riferisce che secondo la sua esperienza circa un terzo delle famiglie offre cure adeguate ai propri figli, un terzo con l'aiuto della rete offre un sostegno accettabile mentre un terzo presenta grosse lacune al riguardo (6). GRAVIDANZA, PARTO E PUERPERIO. Van Soer e Stratenwerth descrivono dapprima le particolarità della relazione della madre drogata nei confronti di suo figlio durante la gravidanza, al parto e nel puerperio. In genere queste madri hanno poco tempo a disposizione per prepararsi all'idea di avere un figlio. A causa del loro ciclo mestruale spesso irregolare e alla loro limitata fecondità le donne dedite alla droga sono spesso sorprese e scioccate dall'idea di essere incinte, cosa che rimarcano spesso solo a gravidanza inoltrata. Per questi motivi tutta la rete assistenziale a disposizione delle altre donne incinte come le visite mediche durante la gravidanza, i corsi di preparazione al parto e i corsi di ginnastica speciale vengono di regola a mancare. Per contro alcune future mamme vedono nella gravidanza la possibilità di uscire dal tunnel della droga e di iniziare una vita normale. In queste situazioni il futuro bambino corre il pericolo di essere sovraccaricato dalle speranze di guarigione materna. Quando una tossicomane annuncia di essere incinta le reazioni delle persone del suo ambiente a questa notizia sono quasi sempre negative e scoraggianti. Questi atteggiamenti rappresentano un ulteriore impedimento alla nascita e alla crescita di una relazione madrebambino positiva e rinforzano l'insicurezza materna a diventare una buona madre e i sentimenti di colpa nei confronti del futuro bambino. L'insicurezza materna e i sentimenti di colpa vengono inoltre ingigantiti dal fatto che spesso la gravidanza viene diagnosticata molto tardivamente e pertanto la donna non ha modificato le sue abitudini e preso delle misure per proteggere il feto. Quasi sempre poi le nostre drogate vivono in grosse difficoltà socio-economiche e non possono fare affidamento sul loro partner. Molte hanno avuto fino a quel momento una vita caotica e poco sana. La futura madre poi corre il rischio che l'annuncio della gravidanza incrementi il controllo sociale dello stato sulla sua vita. Gli operatori dei servizi non credendola, in genere, una futura buona madre responsabile del proprio bambino, spesso le prospettano un eventuale affidamento del nascituro a una famiglia o a un istituzione e questo peggiora psicologicamente l'attesa della nascita. Sempre van Soer e Stratenwerth riportano anche grosse difficoltà relazionali madre-bambino al momento del parto e nel puerperio. Il bambino presenta spesso subito dopo la nascita sintomi di carenza di droga e viene spesso, per le cure del caso, separato dalla madre anche per intere settimane. Questi problemi medici ritardano o impediscono che la madre possa riconoscere il suo bambino e peggiora la già labile situazione relazionale. Il bambino perde la sua reale esistenza agli occhi della madre. La madre in questo periodo riuscirà difficilmente a calmare il suo bambino che sarà particolarmente agitato, piangerà spesso e sarà molto nervoso e questo accentuerà quel sentimento di essere una cattiva madre che aveva alimentato durante la gravidanza e ora glielo confermerà. In questo periodo della vita del bambino, secondo van Soer e Stratenwerth, un aiuto caloroso, coinvolgente e ottimistico del personale dell'ospedale e dell'ambiente della donna potrebbe rinforzare il senso di autostima materna e migliorare la relazione madre-bambino. Spesso l'allattamento viene sconsigliato ma va ricordato che l'allattamento favorisce la relazione tra la mamma e il bambino e che una donna che riceve meno di 80 mg di Metadone al giorno può allattare il suo bambino (7). Particolarità della famiglia con problemi di droga. La famiglia con problemi di droga vive spesso isolata socialmente per la criminalizzazione che si fa della droga e per la grande importanza che questa riveste per la società. Il contatto si restringe ai soli parenti e alle persone ugualmente toccate dalla droga. Non vi sono contatti con altre famiglie giovani "normali" e pertanto manca la possibilità di uno scambio di esperienze e di aiuto reciproco. I genitori o il genitore e i propri figli hanno un grande segreto da proteggere e temono che se questo segreto viene meno interventi esterni li costringano a separarsi. L'isolamento sociale contagia i bambini che spesso non intrattengono relazioni con i coetanei e spesso non invitano nessuno a casa loro. Spesso i genitori (o il genitore) drogato sono colpiti anche da quei problemi che toccano in modo preponderante i gruppi emarginati come la disoccupazione, i debiti, la dipendenza dai servizi assistenziali e le difficoltà logistiche. Hanno pertanto una possibilità limitata ad accedere ai servizi di sostegno come le madri diurne o l'aiuto domestico e a usufruire delle occupazioni gratificanti del tempo libero o delle vacanze. Il bambino nella famiglia di tossicomani. I figli dei tossicomani vivono spesso un clima di grande instabilità e insicurezza. Sono spesso colpiti da momenti di separazione e di abbandono dai propri genitori per problemi connessi alla giustizia, alla malattia o alla morte. Vivono spesso esperienze di grande aggressività, di trascuratezza, di emotività e sessualità senza limiti e possono correre reali pericoli di vita. Van Soer e Stratenwerth sono dell'avviso che i rischi di maltrattamento fisico e di abuso sessuale nelle famiglie tossicomani sono meno pronunciati che non nelle famiglie di alcolisti. Per contro le famiglie di tossicodipendenti vi possono essere problemi dovuti a un grande investimento di "amore" nei confronti dei figli. Questi bambini devono abituarsi a vivere con promesse che non vengono mai mantenute, ricatti, litigi, cambiamenti repentini di umore dei genitori e comportamenti inadeguati alle situazioni. Vivono i cicli della droga dei loro genitori in modo diretto e sono confrontati brutalmente con i vari stati emotivi e fisici del genitore in fase di manco o sotto l'influsso della droga. Vivono l'agitazione, il nervosismo, e i disturbi della percezione degli stati di carenza di droga e il distacco emotivo, per loro incomprensibile, del genitore drogato. I bambini sono spesso coinvolti anche nei processi di trattamento dei genitori e per questo anche nell'altalena di speranze e delusioni che tali trattamenti comportano. Gunther Schmidt descrive molto bene le direttive interiori che i bambini figli di drogati eleborano e convertono poi in comportamenti e cioè: 1. Controlla i tuoi sentimenti e nascondi tutti quei sentimenti che potrebbero essere interpretati come dei cosiddetti desideri verso altri oppure che potrebbero mostrare la tua dobolezza e la tua vulnerabilità emotiva. 2. I bisogni degli altri in una situazione di emergenza in famiglia sono più importanti dei tuoi 3. Non ci se deve pertanto limitare e lasciare la responsabilità agli altri. Se lo si facesse si diventerebbe spietati e si diventerebbe colpevoli. 4. Nelle relazioni vi sono solo due modalità di funzionamento. O ci si assume delle responsabilità e allora lo si diventa per tutto oppure non ci si assume delle responsabilità e allora si si comporta completamente in modo irresponsabile. 5. Se si entra in relazione con qualcuno allora bisogna essere completamente disponibile per l'altro (fino all'autorinuncia come hanno visto fare dei genitori). 6. Da un lato bisogna diventare molto autonomi e pieni di risorse per superare le situazioni di grave emergenza nelle quali spesso versa la famiglia, per risparmargliene delle altre e magari per fare qualche cosa affichè la famiglia ne possa godere. D'altro canto nella famiglia si può vivere solo in modo limitato tutto quanto è necessario per uno sviluppo confacente siccome ciò potrebbe comportare troppe drastiche limitazioni e orientamenti verso l'autoresponsabilità. Se poi uno ha successo e sta bene ecco che gli si manifestano dei sentimenti di colpa poichŽ le persone della sua famiglia stanno invece male. Se qualcuno sta bene, questo viene interpretato come una mancanza di coinvolgimento e di distacco dalla famiglia. 7. I propri bisogni, se mai, devono essere presentati come i bisogni di altri. 8. I conflitti, anche con il proprio futuro partner, non devono essere espressi direttamente perchŽ questo potrebbe comportare degli effetti distruttivi sulla relazione. Per questo conflitti, ma anche attrazione o repulsione devono essere espressi don l'interposizione di altri fenomeni (es. sintomi) o persone. 9. O si è molto forti e allora bisogna assumersi tutte le responsabilità oppure si è molto deboli e allora non si ha nessuna responsabilità I disturbi e le anomalie comportamentali descritte nella letteratura sono poco specifiche e di vario genere, vanno dai disturbi del linguaggio all'enuresi e alle difficoltà di apprendimento così possiamo solo consigliere tutti gli operatori che vengono in contatto con i bambini problematici a ricercare nella storia famigliare anche il problema "droga". Le nostre osservazioni sono simili a quelle riferite da vari autori, non esiste il bambino tipico figlio di genitori drogati ma ci sono dei comportamenti che possiamo definire tipici che limitano il bambino nel suo sviluppo, nella sua vitalità e nelle sue possibilità. Questi comportamenti sono così ben interiorizzati che il bambino li conserva anche fuori dalla sua famiglia, ad esempio nella scuola materna, al parco giochi o nella scuola. Crediamo che sia molto importante discutere di questi comportamenti per aumentare l'attenzione delle persone che vengono in contatto con questi bambini così pesantemente provati. I comportamenti o meglio i ruoli di cui vogliamo parlare sono i seguenti: • • • • l'eroe, l'eroina il capro espiatorio il sognatore, la sognatrice il clown L'eroe, l'eroina Il comportamento dell'"eroe" e dell'"eroina" è caratterizzato dall'assumersi una grandissima responsabilità verso i fratelli e i genitori stessi, dal tentativo di venire a capo di tutte le difficoltà e le richieste che arrivano alla famiglia, di aiutare e di adattarsi. Questi bambini si assumono quasi le funzioni parentali. Per questo loro ruolo vengono molto gratificati e questo aumenta perciò la loro perseveranza. Ogni loro esigenza personale viene eliminata. I propri problemi, la loro sensazione di essere sovraccaricati di responsabilità o i sensi di colpa di non avere fatto abbastanza per salvare i genitori vengono rimossi per non mettere in pericolo la relazione genitore-bambino. Il capro espiatorio. Il ruolo del capro espiatorio è caratterizzato dai continui tentativi di attirare su di se l'attenzione negativa di attirare su di se l'attenzione negativa dei genitori o dell'ambiente. Si potrà così avere dei comportamenti patologici come marinare costantemente la scuola, atteggiamenti aggressivi ecc. Il bambino cerca diventando il "cattivo di turno" di distogliere l'attenzione di tutti dal problema della dipendenza dei genitori, creando all'interno della famiglia altri problemi. Il sognatore, la sognatrice. Questi bambini cercano di difendersi dal problema con un altro atteggiamento. Essi si ripiegono su loro stessi, diventando di primo acchito dei bambini senza problemi e facili da gestire. Giocano per lo più da soli, stanno volentieri da soli e si creano un mondo bello, tutto loro. In fondo non sembrano molto toccati dalla problematica famigliare e vengono ben sopportati dai genitori ma questo lo comportamento li penalizzerà nello sviluppo di capacità sociali e dovranno sviluppare un grosso lavoro di rimozione. Questi bambini che sembrano senza problemi e contenti danno il loro contributo alla dinamica problematica della famiglia trasmettendo a tutti il messaggio "non va poi così male!". Secondo Dilger questi bambini svilupperanno poi disturbi dell'alimentazione, asma e saranno spesso vittime di incidenti. Il clown Il clown è caratterizzato da una ipercinesia importante, da un atteggiamento sempre alla ricerca di far ridere e di tener allegra la compagnia e perciò di diminuire la tensione esistente i di farla completamente sparire. Questi bambini imparano ad evitare i conflitti invece di risolverli attivamente. Sono considerati come bambini gentili ma spesso non vengono presi sul serio. La paura e la tensione dietro alla maschera allegra non viene riconosciuta. Questo atteggiamento di pagliaccio aiuta a mantenere una dinamica famigliare accettabile. Ognuno di questi "personaggi" ha in comune il bisogno di posporre i propri interessi a quelli dei genitori che diventano prioritari. Le loro esigenze vengono rimosse, perdono la facoltà di verbalizzarli e non le distinguono più da quelli degli altri. Questa struttura mentale crea la base di una propria problematica di dipendenza e/o della ricerca di un/una partner dipendente dalla droga. Considerazioni conclusive. Sinteticamente possiamo dire che molti drogati hanno dei figli e con questi vivono in situazioni di grave disagio. Possiamo anche aggiungere che i bambini a causa della dipendenza dalla droga dei genitori ne soffrono in modo più o meno marcato. PoichŽ i drogati, spesso anche nei centri loro riservati, non sono riconosciute come potenziali genitori, ne consegue che i loro eventuali figli vengono spesso esclusi dalla presa a carico che è più centrata sul problema adulto-droga. Sarebbe pertanto auspicabile che venisse fatta una migliore informazione degli operatori del settore droga e di tutti i coloro che hanno a che fare con i bambini. Questo nostro breve rapporto dovrebbe aiutare tutti a chinarci sull'argomento. Dopo aver cercato nella letteratura ci siamo rese conto che esiste una grave carenza di studi su questo argomento. Terapisti sistemici della famiglia hanno iniziato a parlarne, ma mancano ancora lavori di ricerca psiconalitica. Oltre alla ricerca teorica mancano sostegni terapeutici collaudati e differenziati per bambini disturbati o a rischio di disturbi che crescono in famiglie di drogati. Mancano studi epidemici sulle famiglie con problemi di droga sui quali poi potersi passare per organizzare una rete di intervento. Lodevoli eccezioni sono lo studio "Amsel" del "Projektgruppe Rauschmittelffragen 1991"e uno studio empirico di Hanel del 1988 sul tema"Therapieverlauf bei drogenabhängigen Frauen" (11). Scopo delle ricerca e della sensibilizzazione è naturalmente la determinazione del bisogno di aiuto e di sostegno che le famiglie di drogati e i loro figli anno bisogno. Come abbiamo descritto sopra, da famiglia a famiglia e da bambino a bambino i bisogni potrebbero essere diversi. Secondo noi tutto dovrebbe essere intrapreso affinchŽ la famiglia possa essere mantenuta. Secondo noi solo con questo convincimento e su questa base si potrà ottenere la fiducia delle famiglie e organizzare una collaborazione redditizia per genitori e bambini. Genitori drogati abbisognano a differenti livelli un sostegno percepire la responsabilità che hanno nei confronti dei bambini da porter gestire la propria vita con quella dei figli. Fatta eccezione per la distribuzione del metadone ai genitori e alle offerte di aiuto terapeutico diretto, queste famiglie hanno bisogno anche di aiuti concreti per lo svolgimento della vita di ogni giorno con i bambini. Corsi nella cura al neonato e al lattante, corsi di economia, domestica, offerte di piazzamenti a tempo parziale in culle o asili nido o presso mamme di giorno. Si potrebbe pensare anche ad aiuti diretti alla famiglia, alla ricerca di appartamenti adatti alle esigenze di una famiglia con bambini, a tutto quello che può garantire il minimo vitale. Secondo noi i comuni e i servizi sociali sono ancora troppo poco coscienti della problematica particolare delle famiglie tossicodipendenti con figli. In Svizzera ci sono troppo poche comunità di terapia per drogati che accettano di prendere famiglia complete. Le poche istituzioni che lo fanno prendono solo un genitore con il figlio (in genere la madre ndt.). Una eccezione sono alcuni comunità di ispirazione cattolica che però molti dei nostri clienti rifiutano per i caratteri religiosi di fondo. Le esperienze raccolta in altri paesi dell'Europa dimostra che è possibile creare e gestire tali comunità come è per esempio il caso del centro "Sozialtherapeutische ZentrumFreiolsheim" nelle vicinanze di Gagenau in Germania. Dopo la lista delle citazioni bibliografiche il lettore troverà una lista di centri che danno un aiuto durante la giornata a famiglie di drogati con figli con una descrizione sintetica delle loro caratteristiche di intervento. Speriamo che questo nostro lavoro e i riferimenti a servizi che già funzionano sia di stimolo a tutti gli interessati e che dalle discussioni nascano iniziative concrete di aiuto. Bibliografia citata nel testo. 1. Huck Wilfried e Arenz-Greiving Ingrid-Das Kind als Symptomträger in der Kinder - und Jugendpsychiatrie. In: Brakhoff Jutta Kinder von Suchtkranken - Situation, Prävention, Beratung und Therapie. Edizione Lambertus, Friborgo in Brisgovia, 1987, pag. 137 -148. 2. Arenz-Greiving Ingrid-Was Kann / soll für Kinder von Suuchtdranken getan werden? - Eine Problemanzeige. In: Jungeblodt Ursula Suchtkranke am rande-übersehen, vergessen, vernachlässgt. Edizione Lambertus, Friborgo in Brisgovia, 1990, pag. 29 - 57. 3. Winkelmann Arno - Psychologie Heute. 1990 4. Palette e. V. / IGLU - Projekt Drogen, Schwangerschaft und das Neugeborene. Tradotto dall'origine inglese "Drug, Pregnancy, Childcare - a guide for professionals" 1990, edizione Institute for the study of drug dependence ISSD da Linda Eckart. Edizione Rasch e Röhring, Amburgo, 1992, pag. 36-38. 5. Van Soer Josh e Stratenwerth Irene - Süchtig geboren, Kindervon Drogenabhängigen Edizione Rasch e Röhring, Amburgo, 1991. 6. Palette e. V./IGLU-projekt-Drogen, Schwangershaft und das Neugeborene Edizione Rasch e Röhring, Amburgo, 1992, pag. 29. 7. Schmidt Gunther - Beziehungsmster und Glaubensysteme bei Kindern von Suchtpatienten eine systemische Betrachtung. In Brakgoff Jutta Kinder von Suchtkranken Situation, Prävention, Beratung und Therapie. Edizione Lambertus, Friborgo in Brisgovia, 1987, pag. 25-53. 8. Huck Wilfried e Arenz-Greiving. Ingried - vedere punto 1 9. Schmidt Gunther - vedere punto 7. 10. Dilger Helga-Der vergessene Rest: Kinder von Suchtkramken. In: AGJ Nachrichten gen./feb; 1993, Friborgo in Brisgovia 1993. 11. Sickinger Richard, Kindermann Walter, Kindermann Susanne, Lind-Krämer Renate, Timper-Nittel Angela Wege aus der Drogenabhängigkeit, gelungene und gescheiterte Ausstiegsversuche. Edizioni Lambertus, Friborgo in Brisgovia 1992. ESEMPI DI CENTRI DI AIUTO E LORO MODALITA' DI INTERVENTO. KDO-Büro, (Indirizzo: GG & GD, Nieuwe Achtergracht 100, NL-1018WT Amsterdam Tel 0031 20 55 55 444) Centro che lavora dal 1986 come centrale di coordinamento per tutti i servizi che si occupano dei figli di drogati. Tutti i neonati che nascono nei reparti di ostetrica della regione vengono annunciati a questo centro che successivamente contatterà i genitori. Consulenza e aiuto ai genitori cercando di mantenere intatta la famiglia. Le competenze educative dei genitori non vengono pregiudicamente dalla gravità del consumo di droga. Secondo la loro esperienza 1/3 dei genitori alleva i propri figli in modo ottimale, 1/3 in maniera accettabile e un ultimo terzo in malo modo o li trascura completamente. Un esempio di centro associato al KDO-Büro è il DOK (Tageszentrum Hilfe für Eltern + Kinder) che segue 15 - 20 famiglie. In questo centro diurno i genitori ricevono il metadone, un sostegno ai loro problemi materiali e giuridici, corsi sulla cura al lattante, sull'educazione dei bambini e sulla gestione dell'economia domestica, un pasto caldo al giorno, docce e lavatrici per la biancheria. I bambini vengono inoltre seguiti da un punto di vista sanitario. In ogni caso i genitori devono accudire personalmente ai loro figli. AGJ-Kindergruppe (Indirizzo: Helga Dilger PSB Karhäusrstrasse 77, D-7800 Freiburg Tel. 0049 761 33 388) Centr o che opera dal 1990 con 3 gruppi da 6 a 10 bambini che si riuniscono regolarmente una volta alla settimana per 1 ora e mezzo. Con questo intervento si cerca di modificare i ruoli patologici che i bambini presentano (vedere il testo sopra), di offrire un vissuto infantile normale e di interrompere l'isolamento con altri bambini e combattere la congiura del silenzio. Progetto federale a Wiesbaden (Indirizzo: Oase, Jugend-und drogenberatung, Stiftstrasse 12, D-65183 Wiesbaden) Progetto iniziato solo dal maggio 1993 che è centrato sui bambini e la loro famiglia. Scopo principale è quello di mantenere la famiglia come tale facendo una prevenzione della tossicomania sui bambini, riorganizzando la stessa dopo la detenzione di uno o dei genitori, eleborando la perdita di un genitore per morte e lavorando con un approccio sistemico su tre generazioni. Progetto IGLU (Indirizzo: Iglu-projekt Paulinenallee 32, D-2000 Hamburg Tel. 0049 404399071) Progetto scaturito dal progetto più globale "Palette" (Palette Drogenprojekt e.v. Bartelsweg 12, D-2000 Hamburg, Tel. 0049 433 053) indirizzato ai genitori che seguono una terapia sostitutiva e che vengono ambulatoriamente sostenuti da interventi socio-psicoterapeutici come ad es: • i futuri genitori vengono contattati il più presto possibile • aiuto per il disbrigo delle normali necessità della vita quotidiana (come la ricerca dell'alloggio, i problemi economici) • l'abilità genitoriale viene sostenuta da offerte di corsi informativi particolari. • aiuto alla creazione di una rete di contatti sociali • controllo dello stato di salute del bambino e dello sviluppo sociale. Consultorio per i bambini e le loro famiglie che presentano problemi di SIDA a Basilea, Römergasse 8, 4005 Basilea (progetto pilota durata di 3 anni al Kinderspital di Basilea città). Indirizzo delle autrici: Silvia Berker SAB Liestal, Wieden - Hubenstrasse 55, CH- 4410 Liestal Tel. 061/921 24 14 Annerose Schneider SAB Reinach, Basel strasse 1, CH-4153 Reinach Tel. 061/7121515 1. Traduzione dal tedesco a cura di A. Tonella SILVA BERKE med. dipl. e ANNEROSE SCHNEIDER dipl. sc. soc. LONTANI DAGLI OCCHI LONTANI DAL CUORE Dai figli degli stagionali ai profughi dell'ex Jugoslavia "Vivere come Anna Frank": alcuni anni fa su un settimanale sindacale ticinese era apparso un mio articolo sulla vita dei bambini clandestini. Si trattava di figli di stagionali. Il redattore aveva scelto un titolo che accomunava questi bimbi ad Anna Frank, che nel suo diario ci ha lasciato la testimonianza impressionante di cosa significhi vivere nascosti in casa. Da allora sono successe ta nte cose: il consiglio federale ha adottato la cosiddetta "politica dei tre cechi" che prevede tra l'altro la sostituzione dello statuto dello stagionale con permessi di soggiorno di breve durata (3 o 6 mesi) riservata a lavoratori provenienti da paesi aderenti alla CEE o all'ALS (i cittadini della ex Jugoslavia sono dunque esclusi). Il numero degli stagionali si è drasticamente ridotto a causa della crisi economica. Nella vicina regione dell' Ex Jugoslavia è scoppiata una guerra terribile, che ha costretto centinaia migliaia di civili alla fuga. Il numero dei bambini clandestini figli di stagionale si è fortemente ridotto. I nuovi permessi di soggiorno di breve durata permetteranno il ricongiungimento familiare. Si può dunque affermare che l'emergenza "bambini clandestini" è superata? Secondo me è decisamente presto per chiudere questo triste capitolo di storia svizzera. Il persistere del colore Per quanto riguarda gli ex stagionali e le loro famiglie bisogna assolutamente considerare le conseguenze che gli anni di clandestinità hanno lasciato nell'anima di queste persone. Bambini con alle spalle la tremenda esperienza della clandestinità spesso hanno difficoltà a prender coscienza dei propri bisogni e a farsi valere. Troppo spesso si sono sentiti imporre silenzio e sopportazione e sono quindi diventati maestri nell'inghiottire amaro. Catia Porri e una quarantenne che, da, piccola, ha vissuto alcuni anni in clandestinità. Ancora oggi, dice, "devo dare tutto di me per avere in cambio un minimo qualcosa che ti spetterebbe come persona senza doverla elemosinare. Ho sempre l'impressione di dovere essere riconoscente per ogni anche minima attenzione. Le conseguenze distruttive dei lunghi periodi di solitudine e paura accompagnano a lungo le vittime e possono trasmettersi anche ai discendenti. I figli di ex clandestini sono sovente confrontati con le difficoltà di integrazione dei genitori e sviluppano un conflitto di lealtà che si può esplicitare con il dubbio: "mi integro in questo paese e tradisco i miei genitori ho sto con i miei e divento straniero a scuola?". Le ripercussioni di un tale conflitto possono essere gravi anche dal punto di vista del rendimento scolastico. Spesso dietro le difficoltà scolastiche di ragazzini di seconda generazione si nascondono vissuti familiari problematici, ingiustizie patite dai genitori. è però difficile risalire alla fonte del problema: "e nato in Svizzera, parla la lingua locale perfettamente, e genitori sono andati loro volta a scuola qui. Chi avrebbe pensato che dietro ai suoi problemi scolastici vi fosse il trauma della clandestinità subita dalla madre". Dove sono le famiglie stagionali dell'ex Jugoslavia? Al di là delle apparenze mi sembra importante continuare a ragionare sugli sviluppi del problema alla luce dei cambiamenti legislativi intercorsi e della situazione internazionale contigente. Pensiamo un attimo agli stagionali di ieri e alle loro famiglie. Migliaia di lavoratori provenienti dall'Ex Jugoslavia non sono potuti ritornare in Svizzera. Albanesi, bosniaci, croati, serbi, macedoni, montenegrini si sono visti chiudere in faccia le porte del nostro paese. Oltre al danno la beffa si potrebbe dire. Nel momento di maggior bisogno, quando nella loro terra d'origine infuria la guerra, si cambia la legislazione e si impedisce a questa gente l'entrata in Svizzera. Quella ex Jugoslavia è per importanza numerica la seconda comunità immigrata nella Confederazione. Si pensa troppo poco alle conseguenze di questa palese discriminazione sull' integrazione della popolazione ex jugoslava in Svizzera. Duecentomila nostri concittadini (tanti sono gli immigrati provenienti dal'ex Jugoslavia) continueranno a vivere accanto a noi. Quale tipo di convivenza si vuol perseguire? Frontiere chiuse per i profughi La guerra in Bosnia e le tensioni nelle altre repubbliche costringono molta gente alla fuga. Alcuni tentano di rifuggiarsi in Svizzera, magari presso parenti o conoscenti. La tragedia è che, dopo l'introduzione del visto per i cittadini dell'ex Jugoslavia, la gente con bambini al seguito non riesce più ad entrare. Come rischiare la vita dei propri figli cercando di attraversare una minacciosa e sconosciuta frontiera? Anche per questo oggi ci sono meno bambini clandestini in Svizzera. Non ci si può però acconte ntare del proverbio "lontani dagli occhi, lontani dal cuore". Noi sappiamo cosa significa chiudere le porte ai profughi dell'ex Jugoslavia. Tutti sanno dell'inferno della Bosnia, dei campi di concentramento, degli stupri, del tiro a segno sulla gente affamata e stremata. Quale allucinazione collettiva riesce a soffocare la conoscenza di un mondo che sa e non fa niente? Famiglie intere di richiedenti l'asilo (quei fortunati entrati in Svizzera in tempi migliori o che sono riusciti ad ottenere un visto e a presentare richiesta di rifugio politico), devono lasciare la confederazione. Alcuni entrano in clandestinità o cercano di opporsi ad un rimpatrio forzato con forme di disperata protesta. A Berna per esempio alcune parrocchie hanno concesso rifugio ecclesiastico a profughi del Kossovo. Si tratta di soluzione assolutamente insoddisfacenti, del classico "male minore". Questa gente vive accompagnata alla meglio, nella continua paura di venir arrestati ed espulsi. Molti anni il terrore di venir separati, di perdere i propri familiari. Senza un lavoro, senza la scuola, neanche i materassi di cui dormono sono loro. Per alcune famiglie una precarietà che si trascina per mesi e mesi. Un'angoscia sempre presente, che domina la vita e annebbia ogni speranza. Ho conosciuto bambini che, in tre o quattro anni di permanenza in Svizzera, non avevano mai visto una scuola. Piccoli analfabeti che hanno trascorso buona parte della loro infanzia nel paese di Pestalozzi. Come vive un bambino clandestino? Sarebbe meglio chiedersi come non vive. Non canta e non salta: potrebbero sentirlo. Spesso non frequenta la scuola: potrebbero scoprirlo. Non esce molto spesso: potrebbero vederlo. I nuovi clandestini Purtroppo il paragone con Anna Frank di cui parlavo prima è diventato più attuale che mai. I clandestini di oggi sono soprattutto figli di vittime di guerre e violenze. Persone e bimbi spesso traumatizzati che cercano ad ogni costo di sfuggire alla morte. Sarajevo è diventata il simbolo triste del martirio subito dai bambini in guerra. Morti, mutilati, violentati. Il loro destino è simile a quello dei bambini curdi, angolani, tamil. Oggi bisogna assolutamente pensare a chi è qui, garantendo a tutti i bambini una vita degna e un'istituzione al di là del permesso di soggiorno dei propri genitori. Bisogna però anche porsi la questione di chi non c'è. Che ne è stato di tutti i piccoli clandestini dell'ex Jugoslavia?. Che succede ai congiunti dei cittadini Jugoslava residenti nella Confederazione Elvetica? Dove sono andate a finire le famiglie curde espulse dalla Svizzera? Mi permetto di lanciare un'idea. Perché non permette a chi lo desidera di ospitare i parenti (almeno i bambini), vittime di guerra? Le comunità immigrate rappresentano un grande potenziale di solidarietà inutilizzato. Storie di clandestini e separazione Lucia Durante uno stage formativo presso un servizio medico-psicologico ticinese incontrai una bambina lombarda, di circa 8 anni, con gravi problemi di comunicazione. Triste, chiusa in se stessa, guardava la psicologa con aria impaurita. Quando le fu proposto di giocare alle bambole (con il materiale del test psicologico per scenette), la bimba inscenò una situazione di vita famigliare e sociale in cui una bambolina rimaneva sempre esclusa. Papà, mamme, nonne, nonni, amichette e vicini andavano e venivano, giocavano, parlavano, vivevano mentre la bambolina impaurita li osservava muta da dietro il divano. Nessuno si occupava di lei, lei osservava tutti ben attenta a non farsi scoprire. Venimmo a sapere dopo che la bimba era figlia di uno stagionale: un lavoratore edile che aveva portato con sé la famiglia illegalmente. Per anni questa bimba era vissuta nascosta nella camera di suo padre. Qualche volta, per nascondere la sua presenza a visitatori imprevisti, l'avevano addirittura chiusa nell'armadio. "Nell'armadio degli stagionali ci sono più figli che vestiti": ogni volta che sento questa considerazione ripenso a Lucia. Adesso avrà 20 anni, chissà come sta? Avrà superato i traumi e gli incubi di quell'esperienza? Marco Chi viene a sapere della sofferenza patita dai bambini clandestini rischia per prima cosa di arrabbiarsi con i genitori: "Ma cosa gli viene in mente? Sono degli egoisti!" La questione purtroppo non è cosi semplice. Anche ammesso (e non è scontato) di trovare parenti o amici disposti ad occuparsi 9 mesi all'anno dei figli degli stagionali, non si risolvono i problemi. Marco, 12 anni, racconta: "quando avevo 2 anni mio padre andò in Svizzera. Tre anni dopo lo seguì anche mia madre. Dapprima abitai da mia nonna. Quando lei morì andai da mio zio. Ha cinque figli e giocavano insieme. I miei genitori dalla Svizzera mi mandavano dei bei giocattoli e la cioccolata. A Natale tornavano a casa e io ero molto felice. Però in qualche modo per me le loro erano come degli zii". Quando i genitori di Marco riceverono il permesso annuale portarono anche il figlio in Svizzera. Marco dovette ancora una volta separarsi da coloro che "amava come papà e mamma" per andare all'estero con chi considerava" come degli zii". Il problema del disagio psichico si pone dunque anche per chi sceglie la via della separazione invece del rischio della clandestinità. Mario Spesso la famiglia degli stagionali vive un altro tipo di separazione: il marito e padre all'estero e il resto dei congiunti in patria. Le conseguenze di questa vita familiare discontinua possono essere molto gravi, come dimostra l'esperienza della famiglia di Mario, 16 anni. Suo padre si risolve ad un consultorio perché Mario andava male a scuola e voleva interrompere l'apprendistato. Il ragazzo era arrivato in Svizzera l'anno precedente e, dopo aver frequentato un corso di tedesco, aveva iniziato un apprendistato come tornitore. "Ma il lavoro non gli piace. Non gli piace niente. Abbiamo paura che si droghi. Non mi rispetta per niente Il signor C. era venuto in Svizzera da stagionale lasciando la moglie e i figli di tre e cinque anni in Calabria. Sull'arco di dieci anni la famiglia trascorse appena 30 mesi unita. "Ero così contento di aver ottenuto il permesso annuale. Ma adesso, con questi figli… Non riesco più a sopportare questa situazione" Mario, dal canto suo, replica: "Mio padre ordina e comanda. Ma io non sono abituato a sentir sempre la predica. Per anni e anni e venuto un paio di mesi in vacanza, ci ha portato la cioccolata e ed sparito di nuovo. Cosa vuole da me adesso?" Mario non riesce ad accettare l'autorità del padre. Sua madre, dal canto suo, non può aiutarlo ad affrontare questa difficile situazione. Anche lei si trova in un ambiente estraneo, non si sente a suo agio ed è completamente dipendente dal marito. In questa situazione non é più in grado di assolvere ai suoi ruoli di madre e moglie. Esprime il suo sentirsi persa affidandosi completamente all'marito: "Lui sa come ci si deve comportare. Vive qui da anni e conosce la lingua e la mentalità". Le difficoltà scolastiche e il consumo di droghe di Mario sono le spie dell'disagio di tutta la famiglia. La lunga separazione a disturbato gravemente il sistema familiare di queste persone: il padre ha perso le sue competenze genitoriali, la madre deve rinunciare al suo potere di persona adulta e i figli devono barcamenarsi da soli in una situazione difficile come è quella di cominciare una nuova vita in un paese straniero. è davvero difficile immaginare condizioni di partenza peggiori per arrivare ad integrarsi… Le storie di Lucia, Marco e Mario lasciano trasparire un dato di fatto: le conseguenze della vita in clandestinità e quelle della separazione delle famiglie perdurano nel tempo e non si esauriscono con il permesso di ricongiungimento familiare. I primi bambini clandestini hanno ormai superato la quarantina. Intere generazioni di immigrati hanno dietro alle spalle storie di sofferenza causate da una legislazione che non tiene conto delle esigenze più elementari dei bambini e delle famiglie. Non bisogna dimenticare che la Svizzera non ha ancora ratificato la convenzione internazionale per i diritti dell'infanzia. Il motivo principale di questo ritardo sta proprio nei limiti posti dallo statuto dello stagionale. (Nomi e circostanze sono stati modificati per garantire l'anonimato dei protagonisti.) di MARINA FRIGERIO Schmiedwegg 7 3013 Berna psicologa FSP COMUNICATI IMPORTANTI Date da riservare per l'ASPI Svizzera: 28 maggio 1994 a Berna ore 9.30 Assemblea generale dell'ASPI. Il mattino sarà dedicato alla formazione sul tema "Medien un Gewalt", il pomeriggio alla parte statutaria. INFO: presso la nostra Redazione. 19 novembre 1994 a Friborgo l'ASPI organizza una giornata di formazione sempre sul tema dei bambini e dei media. Un programma dettagliato è allo studio. INFO: presso la nostra Redazione. Date per gli incontri della STIRPS: 30 maggio 1994 Ricchezza affettiva, problemi di relazione e riorganizzazione nella famiglia con membri anziani - Dott. M. Schinco 9 giugno 1994 Milieu social et fonctionnement familiale - Prof. J. Kellerhals 10 ottobre 1994 Diritto di famiglia e famiglie monoparentali Avv. C. Verda e dott. C. Molo 17 novembre 1994 Significato del denaro rapporti economici all'interno della famiglia Prof. Cavalli 1 dicembre 1994 Un modello di intervento terapeutico nel lavoro con famiglie di pazienti psicosomatici Prof. L. Omnis Luogo: Centro Civico di Via Ospedale 13 a Lugano alle ore 20.15. Entrata libera. Incontri - Dibattiti 94' dell'Associazione L'OASI 14 giugno 1994 I nonni, gli antenati nella famiglia Dr. L. Buetti e M.T. Maiocchi-Dalmasso 13 settembre 1994 La sessualità infantile Dr. L. Bianchetti e M. Binasco 8 novembre 1994 La separazione Dr. M. Mariotti e M.t. Maiocchi-Dalmasso Luogo: Biblioteca cantonale di Locarno via Cappuccini 12. Ore 20.00. Entrata libera Conferenze d'autunno 1994 al CTS 9 settembre 1994 Il Bambino e lo sport Prof. M. Bernardi 21 settembre 1994 I Diritti del bambino nello sport Dr. L. Bizzini 12 ottobre 1994 Tavola rotonda "Il ruolo etico di pubblico e privato nello sport giovanile" Moderatore: M Canetta. Differenti relatori. Luogo: Centro sportivo nazionale della gioventù a Tenero, alle Ore 20.00 Entrata libera. LIBRI Percorsi assistenziali e affido familiare a cura di Francesca Mazzucchelli. Editore: Franco Angeli Il volume analizza 215 casi di affidi familiari trattati dal Cam (Centro ausiliario per i problemi minorili presso il Tribunale pr i minorenni di Milano). L'arco di tempo preso in considerazione va dal 1984 al 1991. I servizi si rivolgono al Cam quando non trovano in loco le risorse proprie per risolvere determinati problemi. Relativamente limitata è la richiesta di affido per bambini piccoli. Per contro si rileva nella casistica un alto numero di bambini abusati o maltrattati oppure di adolescenti e giovani in cura psichiatrica. Il 30,5% dei minori viene definito nel libro "gravemente abbandonato", il 61,9% di "grave trascuratezza", il 20,9% era gravemente maltrattato, il 19% era stato spettatore di violenze e più del 13% aveva subito abusi sessuali (gravi nel 10%). Il volume contiene, oltre all'osservazione dei vari aspetti psicologici, statistici, giuridici e sociali dell'affido familiare, anche una raccolta di "storie" presentate nell'ottica delle loro peculiarità operative. (To) Maltrattamento infantile in famiglia e servizi sociali B. Berbero Avanzini e altri autori Editore: Unicopli Le tre ricerche, i cui risultati sono esposti in questo libro, unite ad un'analisi delle attuali metodologiche di intervento e ad un'approfondita riflessione sulla normativa italiana in tema di abuso costituiscono una novità: molto infatti, è stato il rumore giornalistico su questo tema divenuto triste mente di "moda", ma poco o quasi nulla si è pubblicato che non risultasse notizia di seconda o terza mano, spesso riportata da fonte straniera. Queste tre ricerche, invece, prestano finalmente uno spaccato della realtà italiana di questi anni. Il libro vuol essere dunque uno strumento di sensibilizzazione e di lavoro per gli operatori, ma sicuramente darà qualche spunto di riflessione anche ai loro utenti ed a tutti i genitori contribuendo così ad un positivo evolversi della cultura e delle relazioni familiari. (To) Pinocchio e i suoi fratelli (Come educare i figli del 2000) Don Antonio Mazzi. Editore: Piemme E' un libro a più voci: intervengono psicologi, sociologi, uomini di Chiesa, magistrati, genitori e adolescenti stessi. Con testimonianze toccanti, ma anche liberatrici. Attorno ad un argomento ci vengono così offerti diversi punti di vista, garanti di non creare un libro di ricette pedagogiche precise e universali, ma di darci solo qualche traccia per comprendere meglio alcune realtà. Non si tratta insomma di un'illusoria guida per portare i figli alla felicità, semmai un solo consiglio fa da sfondo a tutto il libro: quello di dare amore, sempre, in ogni caso. Questo e quanto dice Daniele Fabello del libro su "Azioni". Non posso che consigliarlo a tutti, un libro da leggere ed da rileggere. (To) LIBRI Percorsi assistenziali e affido familiare a cura di Francesca Mazzucchelli. Editore: Franco Angeli Il volume analizza 215 casi di affidi familiari trattati dal Cam (Centro ausiliario per i problemi minorili presso il Tribunale pr i minorenni di Milano). L'arco di tempo preso in considerazione va dal 1984 al 1991. I servizi si rivolgono al Cam quando non trovano in loco le risorse proprie per risolvere determinati problemi. Relativamente limitata è la richiesta di affido per bambini piccoli. Per contro si rileva nella casistica un alto numero di bambini abusati o maltrattati oppure di adolescenti e giovani in cura psichiatrica. Il 30,5% dei minori viene definito nel libro "gravemente abbandonato", il 61,9% di "grave trascuratezza", il 20,9% era gravemente maltrattato, il 19% era stato spettatore di violenze e più del 13% aveva subito abusi sessuali (gravi nel 10%). Il volume contiene, oltre all'osservazione dei vari aspetti psicologici, statistici, giuridici e sociali dell'affido familiare, anche una raccolta di "storie" presentate nell'ottica delle loro peculiarità operative. (To) Maltrattamento infantile in famiglia e servizi sociali B. Berbero Avanzini e altri autori Editore: Unicopli Le tre ricerche, i cui risultati sono esposti in questo libro, unite ad un'analisi delle attuali metodologiche di intervento e ad un'approfondita riflessione sulla normativa italiana in tema di abuso costituiscono una novità: molto infatti, è stato il rumore giornalistico su questo tema divenuto tristemente di "moda", ma poco o quasi nulla si è pubblicato che non risultasse notizia di seconda o terza mano, spesso riportata da fonte straniera. Queste tre ricerche, invece, prestano finalmente uno spaccato della realtà italiana di questi anni. Il libro vuol essere dunque uno strumento di sensibilizzazione e di lavoro per gli operatori, ma sicuramente darà qualche spunto di riflessione anche ai loro utenti ed a tutti i genitori contribuendo così ad un positivo evolversi della cultura e delle relazioni familiari. (To) Pinocchio e i suoi fratelli (Come educare i figli del 2000) Don Antonio Mazzi. Editore: Piemme E' un libro a più voci: intervengono psicologi, sociologi, uomini di Chiesa, magistrati, genitori e adolescenti stessi. Con testimonianze toccanti, ma anche liberatrici. Attorno ad un argomento ci vengono così offerti diversi punti di vista, garanti di non creare un libro di ricette pedagogiche precise e universali, ma di darci solo qualche traccia per comprendere meglio alcune realtà. Non si tratta insomma di un'illusoria guida per portare i figli alla felicità, semmai un solo consiglio fa da sfondo a tutto il libro: quello di dare amore, sempre, in ogni caso. Questo e quanto dice Daniele Fabello del libro su "Azioni". Non posso che consigliarlo a tutti, un libro da leggere ed da rileggere. (To)