Sorgenti di somministrazione di ossigeno
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Sorgenti di somministrazione di ossigeno E. Battaglia, S. Amaducci Dove tuona un fatto, siatene certi, lì ha sempre lampeggiato un’idea (I. Nievo, Le confessioni di un italiano) Le sorgenti di somministrazione di ossigeno disponibili nella pratica clinica sono rappresentate da: 1. Bombole per ossigeno gassoso 2. Contenitori per ossigeno liquido 3. Concentratori. Le bombole di ossigeno gassoso vengono impiegate molto raramente, a causa degli elevati costi e di una durata limitata. Per questo motivo sono usate prevalentemente in ospedale o al domicilio per il trattamento di una insufficienza respiratoria di breve durata. Bombole per ossigeno gassoso La prima bombola di ossigeno fu prodotta nel 1888 negli USA. All’inizio del secolo il governo federale americano istituì l’ICC (Interstate Commerce Commission), affinché vigilasse sul trasporto delle bombole, incarico che venne poi trasferito al Dipartimento dei Trasporti (DOT) nel 1967 [1]. Una bombola di ossigeno gassoso è costituita da un cilindro in lega di acciaio o alluminio, da un manometro e da un sistema valvolare (Fig. 1). Le bombole presentano un volume interno (volume nominale o volume d’acqua) variabile da 1 a 45 litri. Le misure più comuni sono descritte nella Tabella 1. Vengono riempite con un meccanismo che permette la fuoriuscita del gas, se la pressione aumenta in seguito al verificarsi di differenti condizioni, quali ad esempio il caldo torrido. Fig. 1. Bombola per ossigeno gassoso 48 E. Battaglia, S. Amaducci Tabella 1. Caratteristiche tecniche delle bombole di ossigeno gassoso Capacità 500 l 1000 l 1500 l 3000 l 6000 l 2 5 7 14 27 Altezza (mm) 312 480 600 800 1050 Diametro (mm) 110 140 140 204 204 Peso pieno (kg) 3 8 10 23 35 Capacità geometrica (l) Ogni bombola utilizza una valvola ad azione diretta, del tipo ad ago, nella quale la rotazione della manopola blocca o sblocca direttamente la valvola. L’ingresso della valvola è alloggiato sulla parte superiore della bombola ed è standard per tutti i modelli. L’uscita del gruppo valvolare è connessa a un manometro, che riduce la pressione della bombola alla pressione di lavoro (Fig. 2) [1]. Le bombole di ossigeno gassoso contenenti ossigeno impiegato a scopo terapeutico sono bianche, con calotta bianca, secondo le norme vigenti [2]. Vi sono due indicazioni che devono essere riportate sulle bombole: la prima relativa ai dati tecnici e la seconda al contenuto di ossigeno. Sono generalmente stampate sulla calotta o su un’etichetta allegata alla bombola, indicante il tipo di bombola, un numero di serie, il marchio o il logo dell’azienda produttrice e, infine, il mese e l’anno dell’ultimo controllo idraulico [2]. Per un corretto impiego, le valvole devono essere aperte molto lentamente, con cautela, girando in senso antiorario la manopola (Fig. 3). È necessario leggere con molta Fig. 2. Valvola di sicurezza della bombola di ossigeno gassoso Fig. 3. Apertura della valvola della bombola di ossigeno 49 Sorgenti di somministrazione di ossigeno Tabella 2. Autonomia delle bombole di ossigeno gassoso Flusso prescritto Autonomia (ore) Bombole da 3000 l Bombole da 1000 l 1 l/min 45 14 2 l/min 20 7 3 l/min 15 3 4 l/min 10 2 5 l/min 8 1 attenzione le istruzioni allegate a ogni bombola. Le bombole di ossigeno gassoso non devono essere mai capovolte e alcuni modelli necessitano di essere assicurati a piani di appoggio fisso. La bombola è piena quando il manometro segnala 200 kg/cm2 (o bar). Sono disponibili in commercio bombole con differenti capacità: 2, 5, 7, 15 e 20 litri, dotate di una autonomia che dipende dal flusso di ossigeno/minuto (Tabella 2) [2]. Una volta aperta la bombola, è necessario regolare il flussimetro sul flusso prescritto (Fig. 4). Le bombole di ossigeno terapeutico, prodotte secondo le norme vigenti, sono sicure se maneggiate con cura. Di seguito vengono riportate le raccomandazioni per l’uso domiciliare delle stesse (Tabella 3) (Fig. 5) [2]: • Evitare il contatto con sostanze oleose, grassi e sostanze combustibili • Non lubrificare le valvole, i flussimetri o altri componenti della bombola • Le bombole non devono essere maneggiate con guanti o altri indumenti sporchi di grasso • Le bombole devono essere ancorate a piani di appoggio fissi, se necessario • Non posizionare le bombole in prossimità di fonti di calore, termosifoni e condutture di calore, poiché la loro pressione interna può aumentare. I rilevatori di pressione sono sensibili ai cambiamenti della stessa; in caso di rottura o difetto, il contenuto può fuoriuscire e causare combustione • Non rovesciare le bombole e non farle sbattere violentemente le une con le altre • Evitare di trascinarle o farle scivolare • Non rimuovere le coperture di protezione delle valvole, se non in caso di esaurimento del contenuto della bombola • Aprire le valvole con estrema cautela, evitando l’ingresso repentino del Fig. 4. Regolazione del flussimetro gas nel dispositivo di regolazione 50 E. Battaglia, S. Amaducci Tabella 3. Raccomandazioni per l’uso domiciliare delle bombole di ossigeno • Aprire la valvola lentamente senza forzare • Impiegare solo flussimetri e manometri specifici • Non rimuovere le capsule di protezione delle valvole • Al termine dell’uso chiudere le valvole molto lentamente, senza forzare • Per qualsiasi problema interpellare il produttore • Ancorare le bombole a piani di appoggio fissi (solo per alcuni modelli) • Non fumare • Rimuovere tutte le sostanze facilmente infiammabili dall’area circostante (olio, lubrificanti, petrolio, idrocarburi, legno, vernice, catrame) • Evitare il contatto con fiamme, scintille, fiammiferi, accendisigari, fonti di calore • Non oleare o lubrificare i dispositivi • Conservare ed usare le bombole in aree ventilate • Mantenere gli equipaggiamenti in posizione diritta • Non rimuovere alcun componente della bombola • La lunghezza del catetere per ossigeno non deve eccedere i 10 metri • Verificare, se necessario, la reale presenza del flusso di ossigeno ponendo gli occhialini o la maschera in un bicchiere di acqua • Chiudere la bombola, quando non in uso Fig. 5. Raccomandazioni per l’uso Sorgenti di somministrazione di ossigeno 51 Contenitori per ossigeno liquido Sono attualmente disponibili in commercio numerosi contenitori per ossigeno liquido; essi rappresentano una sorgente di ossigeno economica e conveniente. I contenitori per ossigeno liquido, pur variando nel design e nella meccanica, sono simili nel funzionamento. L’ossigeno assume lo stato liquido a temperature uguali o inferiori a –183 °C alla pressione di 1 atmosfera, acquisendo un colore blu chiaro. L’utilità dello stato liquido deriva dal fatto che l’ossigeno liquido occupa un volume che è 862 volte inferiore rispetto a quello occupato dallo stesso allo stato gassoso. Questo permette l’impiego di volumi di ossigeno liquido relativamente piccoli, per fornire elevati flussi di ossigeno al paziente. Infatti 1 litro di ossigeno liquido stoccato a una pressione di 1,5 bar equivale a 873 litri di ossigeno gassoso [1]. L’ossigeno liquido viene fornito al domicilio in un contenitore denominato genericamente “unità madre o unità base”. È costituito da un recipiente interno di alluminio, che contiene l’ossigeno e da un recipiente più esterno; i due recipienti sono separati tra loro da un vuoto parziale [2]. Il contenitore più interno è rivestito generalmente da un materiale rifrangente atto alla riduzione del calore derivante da radiazioni termiche. Il vuoto aiuta a mantenere basse le temperature, riducendo la convezione, mentre la separazione dei contenitori interno ed esterno riduce il calore per conduzione. Il passaggio dell’ossigeno liquido all’interno del contenitore si verifica in risposta a un gradiente pressorio tra il contenitore base e quello di approvvigionamento, che è convenzionalmente pressurizzato a valori più elevati del 50-100% rispetto al contenitore madre. Il liquido viene introdotto nell’unità base attraverso un tubo connesso con il raccordo femmina dell’adattatore. Il liquido fluisce attraverso la connessione sino al recipiente più interno. Il flusso ha luogo solo quando la valvola d’ingresso è aperta. Inizialmente una buona quantità di liquido che entra nell’unità evapora attraverso la valvola d’apertura, poiché i componenti interni sono caldi. Con la prosecuzione del processo, i componenti interni via via si raffreddano e quindi una maggior quantità di liquido rimane nell’unità [1]. A questo punto ci potrà essere ancora un’addizionale perdita di ossigeno, a causa del fatto che l’ossigeno liquido spiazza quello gassoso. Quando il contenitore più interno è pieno, l’ossigeno liquido fuoriesce dalla valvola d’apertura. Il processo di riempimento si conclude quando la valvola si chiude. La pressione e la temperatura dell’ossigeno sono tra esse correlate, anche se questa relazione è valida solo per un liquido bilanciato o saturato. Il bilanciamento viene raggiunto quando l’intera fase liquida ha raggiunto la temperatura della fase gassosa. Quando il fluido si riscalda, si assiste a un naturale incremento di pressione, che porta all’evaporazione di una piccola quantità di ossigeno liquido. Per questo motivo è presente nell’apparecchiatura una valvola che limita il valore di pressione a 1,5 bar. Un incremento di temperatura si sviluppa lentamente con il fisiologico ingresso di calore; invece una diminuzione della temperatura si verifica con la progressiva evaporazione dell’ossigeno liquido. Questa evaporazione consuma energia termica; quindi il riempimento dell’unità base con un fluido troppo freddo inne- 52 E. Battaglia, S. Amaducci Fig. 6. Unità base sca una repentina caduta della pressione durante l’impiego dell’apparecchiatura. Questo fenomeno, che può perdurare per alcune ore dopo la distribuzione dell’ossigeno, sovverte il flusso. Al contrario, riempire l’unità con un fluido troppo caldo innesca delle perdite significative dovute all’evaporazione generata dal graduale raffreddamento del liquido. L’unità base è stata modificata nella sua struttura per permettere l’acquisizione e l’immagazzinamento di dati relativi al consumo di ossigeno, alla riserva disponibile nell’unità e alla compliance del paziente all’ossigenoterapia [3]. Il sistema è composto da due unità [2]: - l’unità base o unità madre, la cui mobilità è facilitata da rotelle poste alla sua base; può avere una capacità di 20, 32 o 44 litri e un peso a pieno carico non eccedente i 70 kg (secondo le norme UE) (Figg. 6, 7) - l’unità portatile (stroller), con capacità di 0,5 o 1,2 litri e un peso di circa 3 kg a pieno carico; consente un flusso massimo di 6 l/min o 15 l/min. Permette una buona 53 Sorgenti di somministrazione di ossigeno G B C D H M F A Tubo per ossigeno liquido B Preriscaldatore C Valvola di controllo del flusso D Adattatore per l'impiego finale E L K E Tubo di riempimento F Economizzatore G Adattatore di riempimento J A H Valvola di apertura J Tubo di riempimento K Valvola da 1.5 BAR (22 PSI) L Valvola da 2 BAR (30 PSI) M Preriscaldatore a valvola Fig. 7. Struttura di un contenitore di ossigeno liquido mobilità con una considerevole autonomia (ad esempio sono possibili circa 7 ore di autonomia a un flusso di 2 l/min con lo stroller da 1,2 l) (Tab. 4) (Figg. 8, 9) [2]. La quantità di ossigeno liquido contenuto nell’unità base può essere periodicamente verificata tramite un indicatore elettronico a LED o a cristalli liquidi (LCD) (Fig. 10), alimentato da una batteria alcalina alloggiata nell’indicatore stesso ed elettricamente connessa con un misuratore di capacità. Tabella 4. Caratteristiche tecniche dei contenitori criogenici Companion Companion Freelox 44 Penox 40 Liberator 30 Stroller 1.2 LL (Tyco) C41 (Tyco) (Taema) (Penox) (Caire) L (Caire) Volume liquido (l) 31 41 40 40 31,20 1,2 Volume gassoso (l) 25.600 33.756 32.600 33.600 27.200 1.026 Altezza (cm) 101,6 95,9 95 81,3 75,0 34,3 Diametro (cm) 36,1 36,2 36 40,6 35,6 Ellittico Peso vuoto (kg) 26 27,2 24 24,4 20,4 2,3 Peso pieno (kg) 61,2 71,6 70 70 54,4 3,6 Autonomia a 2 l/min (ore) - 281 270 280 199 8 54 E. Battaglia, S. Amaducci Fig. 9. Carrellino per il trasporto dello stroller Fig. 8. Unità portatile (stroller) Fig. 10. Indicatore di livello dell’unità base 55 Sorgenti di somministrazione di ossigeno L’indicatore presenta delle sezioni colorate (rosso, giallo e verde); il colore rosso indica che l’unità è quasi vuota, il giallo che è in riserva e il verde che è piena [2]. Questo sistema consente al paziente e al care-giver di monitorizzare la situazione nel tempo; quando il livello di ossigeno liquido è inferiore a un quarto della capacità totale, è necessario chiedere il riempimento del contenitore. L’unità base è fornita di: • dispositivo di connessione per il riempimento dell’unità portatile • bottone per il rilascio dell’unità portatile • selettore di flusso • umidificatore (Fig. 11) • bicchiere raccogli condensa • base munita di rotelle. Fig. 11. Umidificatore Per mettere in funzione l’unità base, è necessario avvitare il bicchiere raccogli condensa sul supporto, connettere l’umidificatore al punto di fuoriuscita dell’ossigeno, riempirlo con acqua distillata sino al livello indicato sull’esterno del contenitore, connettere l’interfaccia con l’umidificatore e selezionare il flusso di ossigeno prescritto. Periodicamente deve essere eliminata l’acqua di condensa dal collettore. Piccole perdite di ossigeno dall’apparecchiatura vengono di solito tollerate e si manifestano con fruscii o sibili. L’unità portatile permette una buona mobilità del paziente e viene caricata connettendola all’unità base. Tutte le unità portatili sono fornite di: • indicatore di livello (elettronico a LED o a bilancia integrata, azionata semplicemente sollevando l’unità portatile tramite la cinghia più vicina all’indicatore) • connettore di interfaccia • selettore di flusso • vano batterie • valvola di scarico • bicchiere raccogli condensa. Per riempire l’unità portatile, è necessario porla nell’alloggiamento dedicato posto sulla parte superiore o sulla parte laterale dell’unità base (Figg. 12, 13). Il paziente o il care-giver devono osservare le seguenti fasi del processo di riempimento: - Assicurarsi che nell’unità base vi sia una quantità di ossigeno liquido sufficiente al caricamento dell’unità portatile - Verificare che i connettori su entrambe le unità siano puliti e asciutti. L’umidità 56 E. Battaglia, S. Amaducci Fig. 13. Riempimento dell’unità portatile (connettore sulla parte laterale dell’unità base: specifico per pazienti con ridotta motilità) Fig. 12. Riempimento dell’unità portatile (connettore sulla parte superiore dell’unità base) può causare il congelamento dei due connettori uno con l’altro Connettere le due unità secondo le indicazioni fornite dalla casa produttrice. Il selettore di flusso deve essere spento - Aprire la valvola di scarico dell’unità portatile e attendere sino a quando si incomincia a veder fuoriuscire liquido. Chiudere quindi la valvola di scarico - Disconnettere l’unità portatile secondo le indicazioni fornite dal costruttore. Durante l’impiego del contenitore criogenico, si possono verificare alcuni problemi, elencati con le relative soluzioni nella Tabella 5 [2]. Le sorgenti di somministrazione e le interfacce devono essere periodicamente manutenute sia dall’azienda produttrice sia dal paziente/care-giver. Il controllo deve essere effettuato a cadenza giornaliera, settimanale e mensile [2]. - Tabella 5. Problemi che si possono verificare durante l’uso del contenitore criogenico Problemi Cause Soluzioni Flusso troppo basso Pressione interna troppo bassa Filtri interni della valvola di flusso ostruiti Foro della valvola di flusso ostruito Presenza di liquido ghiacciato sul tappo Verificare la pressione interna Cambiare i filtri Pulire la valvola di flusso Cambiare la valvola di flusso Asciugare le estremità di attacco Mancato funzionamento del display (per indicatori a LED) Assenza di elettricità Rottura dell’indicatore Chiamare la casa produttrice Interfaccia di connessione Elevata produzione di condensa paziente-apparecchiatura piena d’acqua Svuotare l’umidificatore e aprire il flusso sino a che l’interfaccia è asciutta Sorgenti di somministrazione di ossigeno 57 Manutenzione giornaliera - rimuovere l’umidificatore - lavarlo con acqua - riempire l’umidificatore con acqua distillata sino al livello indicato - connettere l’umidificatore all’unità base - pulire i punti di connessione dell’unità base con l’unità portatile con un panno pulito e asciutto. Manutenzione settimanale - rimuovere l’umidificatore ed eliminare l’acqua in esso contenuta - lavarlo con acqua e con un liquido detergente (sapone liquido poco schiumogeno) per evitare il deposito di calcificazioni - sciacquarlo con acqua - asciugarlo e connetterlo alla unità base. Manutenzione mensile - disinfettare i componenti (umidificatore, bicchiere raccogli condensa), immergendoli per 10 minuti in un detergente (NON USARE SOSTANZE INFIAMMABILI) - sciacquarli bene. Infine è molto importante fornire al paziente e al care-giver alcune informazioni generali di sicurezza. Prima di tutto, per evitare scottature non bisogna mai toccare le parti fredde o ghiacciate. Nel tentativo di prevenire eventuali fughe di liquido, i contenitori base devono essere mantenuti sempre in posizione eretta. I dispositivi elettronici, quali telefoni cellulari, radio, forni a microonde etc. devono essere posizionati a opportuna distanza dai contenitori criogenici. L’ossigeno non è un gas infiammabile, ma può accelerare il processo di combustione di altri materiali. Per prevenire i rischi di incendio, l’apparecchiatura va posizionata a una distanza non inferiore a 1,5 metri da fiamme, apparecchi elettrici e prodotti infiammabili, quali oli, lubrificanti, solventi, apparecchiature per aerosol etc. L’ossigeno liquido è molto freddo (-183 °C) e le parti dell’unità che vengono in contatto con l’ossigeno liquido durante la fase di riempimento dell’unità base e/o portatile possono causare ustioni, se vengono a contatto con la pelle. Occorre evitare di lasciare l’unità portatile connessa con l’unità base; chiudere il selettore di flusso quando l’apparecchiatura non è in funzione; posizionare il sistema in un’area ventilata; tenere i contenitori in posizione eretta. L’ossigeno liquido può essere facilmente assorbito dalle sostanze porose, quali stoffa, legno, gomma piuma, e causare combustione. L’ossigeno liquido mischiato con carburante può esplodere, se viene lievemente scosso oppure quando frizionato o messo in contatto con scintille. Gli idrocarburi e i lubrificanti sono particolarmente pericolosi in presenza di ossigeno, poiché possono spontaneamente infiammarsi e bruciare con grande velocità. Non devono pertanto venire mai impiegati come lubrificanti per gli equipaggiamenti o in ambienti saturi di ossigeno. 58 - E. Battaglia, S. Amaducci È necessario evitare l’impiego dell’ossigeno per le seguenti attività (Tabella 6) [2]: gonfiatura di pneumatici ventilazione refrigerazione dell’aria o cambio dell’aria in spazi chiusi rimozione di polvere da mobili, apparecchiature e vestiti. L’ossigeno liquido rappresenta la miglior sorgente di somministrazione per quei pazienti che presentano un buon grado di autonomia e mobilità fuori dal domicilio; costituisce inoltre la miglior fonte di ossigeno in caso di desaturazione da sforzo [4]. Tabella 6. Istruzioni generali di sicurezza per i contenitori di ossigeno liquido • Non fumare • Non lasciare l’unità portatile connessa con l’unità base durante la terapia • Chiudere il selettore di flusso quando l’apparecchiatura non è in funzione • Riempire l’unità portatile in un luogo ventilato e su una superficie non infiammabile (cemento, mattoni) • Non lasciare incustodita l’unità base durante il riempimento di quella portatile • Se non è possibile chiudere la valvola di scarico dell’unità portatile, non forzare; ciò può essere dovuto al congelamento -> rimuovere lo stroller agendo sul bottone di sgancio dell’unità portatile. Il flusso di ossigeno cesserà immediatamente. Chiudere la valvola di scarico quando il ghiaccio si è sciolto • Evitare di forzare le parti ghiacciate • Asciugare le parti al termine dell’impiego, per evitare il blocco delle stesse conseguente alla formazione di ghiaccio • Evitare le fuoriuscite di liquido al termine delle procedure di riempimento • L’ossigeno liquido può causare ustioni se viene in contatto con la cute • Conservare ed utilizzare i contenitori di ossigeno in aree ventilate • Non tenere le unità portatili sotto i vestiti o avvolte in panni • Non far rotolare l’unità base quando la si sposta • Se l’unità portatile viene impiegata in auto, verificare che vi sia un’adeguata ventilazione (lasciare i finestrini aperti) ed evitare che l’unità rotoli (ancorarla al poggiatesta) (Fig. 14) • L’ossigeno liquido deve essere trasportato nel rispetto delle norme dettate dai regolamenti nazionali e internazionali Fig. 14. Ancoraggio dell’unità portatile al poggiatesta Sorgenti di somministrazione di ossigeno 59 Concentratori di ossigeno I concentratori di ossigeno sono dispositivi elettrici in grado di separare l’ossigeno dagli altri componenti gassosi contenuti nell’atmosfera; essi convogliano l’ossigeno in un contenitore e poi lo somministrano al paziente tramite un dispositivo di controllo del flusso (Fig. 15) [5]. La performance dell’apparecchiatura diminuisce con l’aumento del flusso di ossigeno; è possibile infatti raggiungere i risultati migliori con un flusso di 2 l/min (concentrazione >95%), mentre non se ne raccomanda l’uso in caso di flusso superiore a 5 l/min (concentrazione <90%) [4, 6]. Il tipo più comune di concentratore impiega un setaccio molecolare per Fig. 15. Concentratore di ossigeno estrarre l’ossigeno dall’aria atmosferica attraverso un processo di assorbimento. La parte contenente i due setacci molecolari costituisce il cuore dell’apparecchiatura. Il termine “ciclo oscillatorio di pressione” si riferisce alle fasi operative durante le quali un setaccio è pressurizzato per produrre ossigeno mentre l’altro è depressurizzato per eliminare i gas indesiderati. Il setaccio molecolare di per sé è un cristallo granulare di zeolite che ha la specificità di separare i gas gli uni dagli altri, in base alla grandezza e alla polarità delle molecole. Infatti i cristalli di zeolite contengono una rete di buchi piccoli e uniformi, del diametro di circa 5 Angstrom, che costituiscono il setaccio molecolare. La zeolite contenuta nel concentratore di ossigeno ha una affinità preferenziale per azoto, acqua, anidride carbonica, monossido di carbonio e idrocarburi, anche se l’ossigeno e piccole quantità di argon possono passare attraverso di esso [5]. In aggiunta al diametro delle particelle e alla polarità, la quantità dei gas assorbiti è proporzionale alla pressione parziale del gas, a causa della pressurizzazione dei filtri molecolari. Vi è un dispositivo elettronico simile a un microprocessore, che governa la tempistica del ciclo oscillatorio di pressione. Quale risultato di questo sistema elettronico di controllo, ogni setaccio presenta due distinte fasi operative, l’intervallo di pressurizzazione e l’intervallo di depresurizzazione. Quando il primo setaccio inizia la fase di pressurizzazione, il solenoide dirige il flusso di aria all’interno di questo cilindro mentre un dispositivo di restrizione a valle del setaccio aumenta la pressione dell’aria per incrementare l’assorbimento dell’azoto, mentre l’ossigeno vi passa attraverso, raggiungendo il contenitore dell’apparecchiatura per lo stoccaggio e l’impiego clinico [1]. A questo punto viene messo in funzione il secondo 60 E. Battaglia, S. Amaducci setaccio per permettere l’eliminazione dell’azoto assorbito durante il precedente ciclo. Nel momento in cui il primo setaccio è saturo di azoto, il dispositivo elettronico sposta il solenoide nell’intervallo di depressurizzazione. Questo riduce la pressione parziale dell’azoto, promuovendo la riduzione dell’assorbimento e la pressurizzazione del secondo setaccio, che è stato rigenerato e è pronto per il prossimo ciclo. Questi cicli hanno una durata convenzionale di 10-30 secondi. Un sistema di allarme suonerà in caso di diminuzione di tensione della corrente, in caso di diminuzione della pressione registrata dal dispositivo elettronico o in caso di surriscaldamento. I concentratori di ossigeno rappresentano la più economica sorgente di somministrazione, in particolar modo per i pazienti allettati [4]. Per il funzionamento è richiesta energia elettrica; possono essere utilizzati in auto per brevi tragitti, connessi all’accendisigari. Il loro peso è di circa 30 kg. La maggior parte dei modelli raggiunge flussi di 5 l/min (scala graduale da 0,25 a 5 l/min) [2]. Alcuni modelli sono forniti di un dispositivo elettronico che costantemente analizza la percentuale di ossigeno distribuito. Un allarme acustico o visivo informa sul mancato funzionamento del concentratore. La manutenzione deve essere effettuata ogni 30-60 giorni ed è particolarmente importante la sostituzione dei filtri. Per le precauzioni d’uso vedi la Tabella 7 e la Figura 16 [2]. Attualmente sono in corso studi per il miglioramento dei sistemi di somminiTabella 7. Precauzioni d’uso del concentratore di ossigeno • Non usare prese multiple • Non usare cavi troppo lunghi (si potrebbe inciampare) • Non usare solventi per pulire le superfici dell’apparecchiatura; se necessario usare stracci umidi • Tenere lontano da fonti di calore • Pulire periodicamente il filtro dell’aria, lavandolo con acqua e asciugandolo al calore indiretto • Rimuovere quotidianamente l’umidificatore, sciacquarlo con acqua e riempirlo nuovamente con acqua distillata, sino al livello indicato • Lavare l’umidificatore con acqua fredda ed un detergente ogni tre giorni Fig. 16. Raccomandazioni per l’uso del concentratore Sorgenti di somministrazione di ossigeno 61 strazione di ossigeno. L’innovazione più recente è rappresentata da concentratori di ossigeno atti al riempimento delle unità portatili. Questa possibilità riduce notevolmente i costi e gli inconvenienti legati ai sistemi portatili [5, 7]. Vi è infine un gruppo che sta lavorando su un tipo di concentratore in grado di produrre ossigeno liquido [5, 7]. Attualmente sono stati sviluppati anche sistemi che possono essere telemonitorati dal personale medico e paramedico. Ringraziamenti: Le Figure 1, 2, 6-8, 15 sono una gentile concessione di Taema, ANTONY Cedex, Francia; le Figure 9 e 13 sono una gentile concessione di Chart Bio Medical, Sunbury-on-Thames, UK; le Figure 10 e 12 sono una gentile concessione di Penox, Pittston, USA. Bibliografia 1. Lucas J, Golish JA, et al. (1988) Home respiratory care. Appleton & Lange, Norwalk (USA) 2. Amaducci S, Battaglia E, Iuliano A (2003) Dispositivi per la terapia respiratoria. In: Manuale di ausili e cure del paziente geriatrico a domicilio. UTET, Milano, pp 353-377 3. Dal Negro R, Turco P, Pomari G (1991) Progetto di telemetria per l’Home Care respiratoria. Risultati preliminari. Rass Pat App Resp 6(1):111 4. Murgia A, Scano G, Palange P, et al. (2004) Linee guida per la ossigenoterapia a lungo termine (OTLT). Aggiornamento anno 2004. Rass Pat App Resp 19:206-219 5. Kacmarek RM (2000) Delivery systems for long-term oxygen therapy. Respir Care 45(1):84-92 6. Johns DP, Rochford PD, Streeton JA (1985) Evaluation of six oxygen concentrators. Thorax 10(11):806-810 7. McCoy R (2000) Oxygen-conserving techniques and devices. Respir Care 45:95-103