La Spiritualità islamica nel cuore e nella crisi dell`Occidente

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La Spiritualità islamica nel cuore e nella crisi dell`Occidente
Milano, 19 Marzo 2014
Ambrosianeum - ISMU
La Spiritualità nelle Religioni Monoteiste
La Spiritualità islamica nel cuore e nella crisi dell'Occidente
Imam Yahya Pallavicini
Desidero ringraziare innanzitutto la Fondazione Culturale Ambrosianeum e la Fondazione ISMU
per avermi invitato a questo incontro tra i rappresentanti del monoteismo Abramico a Milano sul
tema della Spiritualità.
La riflessione di oggi sulla spiritualità si muove su una precisa linea che è quella delle religioni
monoteiste. Entrambe queste parole, spiritualità e monoteismo, esprimono realtà che appartengono
da sempre alla costituzione dell’uomo e della donna anche prima delle religioni rivelate. Troppo
spesso però si è guardato alla spiritualità come qualcosa di esterno al monoteismo, qualcosa di
esotico ed estemporaneo, mentre è importante ribadire la piena legittimità della realtà spirituale
all’interno delle religioni rivelate monoteiste. Senza la spiritualità non ci sarebbe possibilità di
ritrasmissione alle generazioni, sia della vocazione, ma anche della vitalità della religione in sé
costituita da dottrina e pratica religiosa.
All’indomani dell’esortazione evangelica apostolica di Papa Francesco Evangelii Gaudium che
afferma la necessità di un dialogo sempre più fraterno con Ebraismo e Islam, fondato
sull’adorazione all’Unico Dio, anche la funzione delle religioni monoteiste viene rafforzata e
sostenuta nel mondo attuale. Anche il nostro incontro qui all’Ambrosianeum costituisce un esempio
importante per la città di Milano, in sintonia con le aperture dell’Arcivescovo Cardinale Angelo
Scola.
Su questa base i credenti devono forse ritrovare il senso della fede nel Mistero della Verità ben
prima di affrontare i problemi secondo una prospettiva pragmatica, razionale e confessionale. Solo
il riconoscimento di una dimensione spirituale, superiore, metafisica, universale, escatologica può
salvare l'ecumenismo dalla sua parodia filosofica o convenzionale.
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Quando l'uomo sa tendere verso il suo archetipo, verso la sua ontologia, allora si apre alla fonte
delle virtù e alla radice delle qualità spirituali e trova la ragione della sua funzione nel tempo e nello
spazio e l'ispirazione per la messa in pratica delle stesse virtù nel contesto della sua esistenza.
Quest'ultima, l'esistenza, smette di essere soggetta alla miopia dell'individualismo o dell'egoismo
della biografia personale ma viene naturalmente integrata in una prospettiva storica che possiamo
definire parte di una storia sacra ben più ampia. Le origini e soprattutto i risultati di questa storia
sacra non dipendono infatti dalle scelte individuali ed egocentriche dei singoli individui ma dal
ciclo di “buone opere e rette intenzioni” che ogni credente consacra e sviluppa durante la sua vita al
servizio di Dio e della Sua creazione.
I membri del nostro ordine contemplativo traggono alcune ispirazioni da un modello di spiritualità
che si è sviluppato in particolare nell'Occidente islamico, nel maghreb, nel regno del Marocco, nelle
città di Fes, Marrakesh, Meknes e Rabat dove da molti secoli si succedono confraternite islamiche e
santi musulmani in stretto contatto con altri maestri ebrei, cristiani e musulmani dall'Andalusia,
dalla Spagna, dall'Europa.
In alcuni casi, i rappresentanti di queste confraternite sufi hanno esercitato una funzione anche
regale della Nazione come è il caso di Moulay Idris ibn AbdAllah, primo monarca del Marocco, o
sono diventati santi patroni, come è il caso di Abd al-Salam ibn Mashish che ha assunto un ruolo
molto simile, in Marocco, a quello del suo contemporaneo, San Francesco, in Italia. Sacralità e
potere sono molto evidenti e simbolici nella città di Marrakesh dove si possono ancora visitare i
centri spirituali dei sette santi protettori che circondano la città antica. Alcuni di questi centri
continuano a irradiare la loro benedizione persino in Occidente, se pensiamo che, tra i santi
iniziatori e fondatori, troviamo figure come sidi Muhammad ibn Sulayman al-Jazuli, Abd al-Aziz
al-Tabba', Qadi Iyad e Sidi Bel Abbas Sebti, quest'ultimo amico di Ibn Rushd (Averroè) e
interlocutore di maestri come Ibn 'Arabi.
Altri esempi storici rilevanti sono incarnati dal rigore intellettuale dell'emir Abd al-Qadir e
dall'insegnamento di un altro santo e maestro di origine algerina, lo shaykh Ahmad al Alawi (18691934) vissuto nel XX secolo e presente tra le autorità spirituali invitate all'inaugurazione della
grande moschea di Parigi nel 1927.
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La strategia di quest'ultimo maestro algerino fu quella di combattere attivamente attraverso un jihad
concentrato per la Pace interiore. Finalità questa in grado di irradiare anche al mondo esteriore una
benedizione e una pacificazione, grazie ai mezzi rituali e alle regole morali che la religione
tramanda ma anche tramite “munizioni celesti”, contemplazioni, intuizioni, invocazioni, che sono
riassunte nel termine “dhikrAllah, ricordo di Dio”. Si tratta di ritrovare il “senso delle proporzioni”
e la gerarchia delle priorità, come ricorda un maestro dello shaykh al Alawi, Mulay Ali al-Jamal:
“La via efficace per vincere l'avversario è quella di concentrarsi sull'amore dell'Amico; del resto, se
invece ti concentri sul combattimento del nemico, egli avrà ottenuto ciò che voleva da te, e
parallelamente, tu avrai perso l'opportunità di amare l'Amico”.
La ragione di queste escursioni in Marocco e in Algeria non sono dovute soltanto a ricordare e
testimoniare le relazioni tra sacralità e potere tra le due rive dell'Occidente ma mi permettono
soprattutto di rinnovare la conoscenza di una caratteristica particolare che ci lega a quei centri
spirituali e che può svolgere una funzione speciale tuttora nel dialogo tra musulmani, ebrei e
cristiani sulla spiritualità.
In Occidente, una funzione simile viene esercitata dagli ordini monastici, dalle Chiese ortodossa e
cattolica e dal Pontefice che mantiene l'autorità di comunicare un modello di spiritualità in molti
settori della vita familiare, culturale e pubblica della comunità. In questo modo Papa Francesco e i
suoi predecessori garantiscono l'eredità e l'accessibilità ai fedeli e ai cittadini di un insegnamento
tradizionale del Sacro che risale ai Padri e al Cristo in persona e preservano il cammino dei credenti
dalle contaminazioni e dalle suggestioni del pensiero antimetafisico. Anche l’Ebraismo occidentale
conserva al proprio interno le strutture e le funzioni per la salvaguardia dell’ortodossia e della
spiritualità.
Stiamo richiamando la sacralità del magistero sacerdotale e il potere della profezia quando
assumono la funzione interiore ed esteriore di due aspetti fondamentali della spiritualità universale e
della illuminazione del vicariato. Per i membri di alcune confraternite contemplative islamiche
l'espressione del Sacro Corano “modello eccellente, uswa hasana” che il Profeta rappresenta, viene
inteso con riferimento proprio all'universalità e all'integralità del suo vicariato divino. In altre
parole, il sigillo della Profezia manifesta anche la stazione dell'Uomo Universale e in virtù di questa
stazione ispira la ritrasmissione spirituale alle varie vie e scuole dell'esoterismo islamico.
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I maestri hanno quindi il compito di educare i discepoli alla coscienza superiore e interiore del
califfato senza per questo negare o ridimensionare i doveri e le responsabilità che sono prescritte a
tutti i credenti.
Questa disciplina permette anche al semplice fedele di ricevere alcune chiavi di lettura dei segni e
dei simboli di Dio che arginano il letteralismo, il formalismo e l'esclusivismo confessionale dove il
califfato o il vicariato assumono la parodia della sacralità e del potere. Al contrario, una visione più
elevata e più profonda della dottrina ristabilisce un livello di intelligibilità intellettuale che favorisce
non solo il dialogo ma la reciproca intuizione di aspetti e dinamiche spirituali che mettono in
provvidenziale relazione e simbiosi un credente con un altro.
In Italia e in Francia, la nostra partecipazione e funzione si è manifestata con alcune specificità
meno accademiche ma più pastorali, meno confessionali ma più ecumeniche, meno personalistiche
ma più comunitarie e istituzionali.
Sono arrivato questa mattina da Roma dove ieri ho partecipato con il Ministro degli Affari Religiosi
del Regno della Giordania alle celebrazioni in Campidoglio del decennale dello storico documento
chiamato The Amman Message nel quale si rinnovano i criteri per l'esercizio autorizzato di
un'autorevolezza della scienza sacra nel pieno rispetto dell'unità nella molteplicità delle scuole
giuridiche, teologiche e spirituali della comunità islamica. In questo documento si condannano gli
abusi di sentenze legali o di campagne di violenza che vengono fatte in nome dell'Islam, contro i
musulmani, gli altri credenti e i cittadini di ogni cultura.
Risale infatti al novembre del 2004 il momento quando Sua Maestà il Re di Giordania AbdAllah II
ha convocato un'assemblea di sapienti musulmani internazionali che per giorni si è riunita e
confrontata per reagire alla degenerazione interna del fondamentalismo e “difendere la Verità
dell'Islam”.
Nel 2006 a Palazzo Topkapi di Istanbul fui il primo musulmano italiano a firmare questo
documento e a condividerne la pubblicazione in un congresso di saggi musulmani d'Europa alla
presenza del Principe Ghazi bin Muhammad bin Talal di Giordania, il mufti emerito della Bosnia
Mustafa Ceric e altri sapienti, teologi, giuristi e intellettuali musulmani da tutto il mondo.
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Come nuova generazione di musulmani europei impegnati nel Dialogo e per la Pace ci ha sorpreso
condividere questo percorso iniziato con il mondo islamico ad Amman nel 2004 scoprendo una
partecipazione rilevante di altri maestri e discepoli appartenenti non solo alle principali istituzioni e
accademie religiose ma anche come rappresentanti di confraternite del sufismo, la dimensione
contemplativa e spirituale dell'Islam. Siamo certi infatti che il risveglio culturale nella civiltà
islamica potrà veramente compiersi nella misura in cui si saprà riscoprire l'essenza della dimensione
religiosa, la profondità della dottrina, e trasmetterne il gusto, secondo la scienza dell'istante, in tutti i
campi delle responsabilità quotidiane che ogni credente vive sia in Oriente che in Occidente.
Si tratta della spiritualità dei santi dell'Oriente e dell'Occidente, dell’Ebraismo, del Cristianesimo e
dell'Islam. La spiritualità dei santi assume un potere ed esprime una sacralità che sono ben differenti
da come siamo abituati ad intendere questi termini al giorno d'oggi. Eppure potrà essere utile sapere
che tra maestri cristiani e musulmani c'è tuttora una preziosa quanto rara sintonia e convergenza
sulla dottrina della Imitatio Christi e della al-Sunna al-Muhammadiyya vale a dire sulla
interpretazione dell'Uomo Universale secondo l'ordine sacerdotale di Gesù e la sintesi profetica di
Muhammad.
Da questo profilo di fratellanza è possibile cogliere alcune similitudini e corrispondenze eccezionali
tra il ruolo che, secondo la dottrina islamica, Gesù ha come “Spirito di Dio, ruhAllah” o “maestro
del soffio” o “sigillo della santità” e la dottrina presentata da alcuni maestri del tasawwuf sull'Uomo
Universale, al-insan al-kamil. Infatti, questo grado di perfezione spirituale è realizzato da ogni santo
e profeta ma assume nella figura di Gesù un richiamo spirituale di particolare amore che, pur
essendo accessibile in questo mondo, relativamente ai limiti dello spazio e del tempo della
creazione, pur dovendo assumere la forma provvidenziale di una dottrina e di un simbolo umano,
appartiene già ad un ordine di realtà che è incommensurabilmente più ampio, quello dell'Identità di
Dio, che tutto comprende ma che è indipendente dai mondi.
Imam Yahya Pallavicini,
Moschea al-Wahid, Milano
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