impaginato ferro e velluto ULTIMO.qxp:Topo

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Non è stato facile prendersi cura di un ragazzo, galeotto
soltanto per malasorte e portarselo dietro per tutta la sua
esistenza.
Non è stato facile accompagnare questo prigioniero in
ogni istante, nascondere la sua identità e vederselo accanto
a volte smarrito, a volte furioso, a volte rassegnato.
Non è stato facile vederselo morire fra le braccia e in
quell’istante soffocare la voglia di gridare il suo nome e non
poterlo fare. Bisognava proteggere lo Stato ed il Sovrano
da uno scandalo peggiore della Fronda e della congiura dei
veleni.
Non è stato facile.
Alla soglia dei miei ottanta anni sono considerato fortunato di vivere così a lungo. Vorrei, invece, essere già nel
camposanto di San Paolo, vicino alla sua tomba che non
conserva la maschera che ne coprì il volto tutta la vita!
Come ricordo il giorno della sua morte! Il cielo di Parigi
sembrava avvolto da una cappa opprimente, quasi volesse
ribellarsi e svelare il mistero di quell’uomo e riscattarne la
morte civile.
Quando mi capita di incontrare Re Luigi, vecchio quasi
come me ormai, mi torna in mente tutta la mia vita fatta di
fedeltà che rasenta l’eroismo.
Il Re è cadente ora, come me: spalle curve come le mie,
viso corrucciato come la smorfia della mia bocca. Gli occhi
del Re Sole, però, sono ancora luminosi come ai tempi della
giovinezza ed il suo sguardo tagliente è sempre lo stesso.
Lo ricordo io quello sguardo… e come se lo ricordo!
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Perché quando non mi incontra nei saloni della reggia o
nei viali dei giardini, chiede dove sono e se mi incrocia, mi
assale col suo sguardo e vedo i suoi occhi quasi fiammeggiare?
Il mattino è tiepido e questi giardini mi ricordano la giovinezza piena di progetti e grandi speranze quando, lasciando temporaneamente le più terribili prigioni del
reame, venivo a Corte per riferire sul comportamento del…
misterioso personaggio.
Di solito sostavo ai margini della fontana della “Piramide” ed aspettavo D’Artagnan…
Erano questi i pensieri di Benigne Dauvergne, signore
di Saint-Mars, seduto al centro della Grande Terrasse, davanti a quel prato verde e perfettamente curato, costeggiato
da altissimi tigli, un tempo usato da posteggio per le carrozze dei dignitari di Corte.
Il vento dell’Ottobre 1705 soffiava leggero e le foglie cadevano ai suoi piedi ad una ad una, quasi a scandire i ricordi che gli passavano nella mente.
Saint-Mars fu il custode di un personaggio, “l’uomo
dalla Maschera di Ferro” per il quale non è dato sapere
quando la storia diventa leggenda e viceversa.
Egli era l’unico a sapere chi si celava dietro il velluto
nero e strisce di ferro, ma non lo confidò ad anima viva.
Re Luigi che, con disinvoltura, firmava sentenze di
morte, risparmiò, invece, questo scomodo testimone degli
intrighi più squallidi del regno, molti dei quali orditi e progettati dal Sovrano in persona.
Saint-Mars custodiva i prigionieri d’alto rango, puniti
per questo con maggiore rigore. Per la sua carica i vari
Cancellieri furono costretti a metterlo al corrente dei più
importanti segreti di Stato.
Nacque nel 1626 ed ancora ragazzo rimase orfano.
Lo prese con sé Zaccheo, suo zio, Signore di Blainvilliers, che decise di indirizzarlo tra “les enfants de troupe”
cioè figli del reggimento.
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Era un ragazzo riservato, malinconico, tenace che difficilmente si confidava con i compagni. Nelle cronache dell’epoca
si legge che egli puliva bene le canne degli archibugi e faceva
diventare luccicanti le spade dei cavalieri.
La serietà nell’esecuzione degli ordini, la predisposizione alla riservatezza, un linguaggio misurato ed equilibrato, l’innata ed intelligente sudditanza ai superiori,
facevano pensare ad un soldato accorto e fedele.
Per queste sue doti fu notato dal grande D’Artagnan il
quale chiese a Re Luigi di nominarlo Moschettiere del re.
Ebbe l’investitura nel 1650.
Il giorno che nella cappella dei Cavalieri gli fu consegnata la spada e la cappa azzurra, sulla quale spiccava una
croce bianca, il Signore di Saint-Mars era l’uomo più felice
del mondo.
Tra lui e D’Artagnan nacque una grande amicizia e, dieci
anni dopo, il re lo promosse brigadiere e, nel 1661, sergente.
La sua ingente fortuna iniziò proprio in quegli anni.
Il pupillo di D’Artagnan fu nominato comandante delle
prigioni di Stato di Pinerolo dove arrivò nel 1664 e dove,
un anno dopo, giunse il primo ergastolano: l’infedele exministro Nicolas Fouquet, scortato da D’Artagnan e dai
suoi 120 moschettieri.
La prigione di Pinerolo, fortezza che dipendeva dal Ministro della Guerra francese, era arroccata sul monte Pepino e contava una guarnigione composta di 66 uomini.
Nella nuova sede, Saint-Mars si seppe guadagnare stima
e fu spesso invitato a prendere parte al “Consiglio dei 25”,
allora presieduto dal Governatore della Cittadella Antoin
Perotin, Marchese de la Bretonniére
A Pinerolo sposò una delle tre figlie di un noto speziale
di nome Collot. Non era una donna bellissima, ma possedeva indole vivace ed intelligente e seppe dare al marito
giusti consigli.
Saint-Mars ebbe due figli che morirono precocemente,
ma i suoi parenti gli furono vicini.
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Si dice di Saint-Mars che la notte, per spiare la condotta
dei prigionieri, si arrampicasse sugli alberi, che servisse personalmente i detenuti e, assistito da due ufficiali, li perquisisse tutti i giorni.
Dalla corrispondenza tra il Ministro della guerra ed il
comandante della prigione si legge che questi ebbe l’ordine
di frustare e bastonare i galeotti. Ma cercò sempre di opporre un dignitoso rifiuto. Il Ministro, seccato dal suo comportamento, prese piuma e pergamena e lo “pregò” di
obbedire agli ordini.
La missiva non fece breccia nella decisione di SaintMars e la risposta fu:
«Perché frustarli, Signor Ministro? Non è forse già disumana l’orribile galera di Pinerolo?»
Il re seppe dell’atteggiamento del carceriere, lo considerò positivo e gli concesse premi e compensi.
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Saint-Mars nominò suo luogotenente il cugino Blainvilliers e più tardi chiamò presso di sé il figlio ed il nipote
della sorella: Guillaume e Louis de Formanoir: la “saga dei
Saint-Mars” era al completo e, superato il dolore per la
perdita della prole, l’ex-figlio del reggimento instaurò un
solido sistema familiare che gli consentì di governare la prigione senza preoccupazioni e mettere i tasselli necessari per
lasciare la terribile fortezza di Pinerolo e avvicinarsi a Parigi.
Ogni mattina il suo aiutante Rosarges, accompagnato
dal portatore delle chiavi Antoine Rû, faceva il giro di ricognizione degli ergastolani rinchiusi nelle celle speciali situate nella “torre di sotto”. A ricognizione effettuata,
Saint-Mars aspettava il solito rapporto sulla presenza e sulla
salute dei prigionieri di Stato:
Saint-Mars: “Cosa mi dite di Nicolas Fouquet?”
Rosarges: «È presente, Signore. È calmo e legge. Obbedisce agli ordini. Dal 1665, anno del suo arrivo, nelle carceri della Cittadella di Sua Maestà il Re Luigi XIV, non ha
commesso insubordinazioni. Ha chiesto di confessarsi.»
Saint Mars: «Parlatemi di Eustache Dauger.»
Rosarges: «È presente. Signore, rimane spesso nella
cella. Legge molto; ha l’aria d’essere guardingo e consuma
i pasti in modo regolare. Dal 1669, anno del suo arrivo
nelle carceri della Cittadella di Sua Maestà il Re Luigi XIV,
non ha dato segni di intemperanza, anche se non riesco a
capire per quale motivo ha gli occhi quasi ridenti quando
incontra quel paggio La Riviére. Che tra i due…»
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