CAPITOLO XXVII

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CAPITOLO XXVII
CAP. XXVII - L’IMPOSTA DI REGISTRO E LE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA
CAPITOLO XXVII
L’IMPOSTA DI REGISTRO E LE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA
(di Marzia Minutillo Turtur)
SOMMARIO. 1. La prevalenza della causa reale nell’interpetazione del contratto.
– 2. Individuazione del regime impositivo, _– 3. Termini di decadenza e
prescrizione. – 4. Agevolazioni varie. – 5. Le agevolazioni prima casa. - 5.1. Il
requisito della residenza. – 5.2. L’impedimento assoluto all’acquisto della
residenza. – 5.3. L’acquisto della residenza in caso di alienazione di immobile
entro i cinque anni e riacquisto di nuovo bene entro il termine di diciotto mesi
dal primo acquisto al fine del mantenimento dell’agevolazione prima casa. – 6..
Il termine per l’Amministrazione per far valere l’indebito godimento del
trattamento agevolato. – 7. L’individuazione dei presupposti di ampiezza per
godere della agevolazione. – 8. Il mantenimento dell’agevolazione prima casa:
1) nel caso di alienazione del bene, senza riacquisto di altro immobile nell’anno
successivo, al coniuge separato; 2) nel caso di vendita e acquisto di secondo
immobile a titolo gratuito; 3) nel caso di vendita e appalto di costruzione di
nuova casa su terreno di proprietà del contribuente.
1. La prevalenza della causa reale nell’interpetazione del
contratto. La Corte ha affrontato anche nel 2015 il problema della
corretta portata e interpretazione dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile
1986, n. 131 con la sentenza Sez. T, n. 16019/2015, Napolitano, Rv.
636100, in cui ha evidenziato che nell’applicare l'imposta secondo
l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla
registrazione si deve tener conto della natura e degli effetti del
singolo atto da registrare, sicché le successive rettifiche, ove
comportino una diversa destinazione di beni, vengono ad integrare
e completare l'atto originario, mentre, sul piano negoziale,
costituiscono nuovi atti, separatamente tassabili, in quanto
modificativi degli effetti giuridici del primo atto, che conserva piena
autonomia. Nel caso concreto cassando con rinvio la decisione di
merito si è ritenuta soggetta all'imposta di registro la rettifica
notarile di una precedente compravendita, in cui erano stati indicati
«per mero errore di scritturazione» due acquirenti in luogo di uno,
ricorrendo in sostanza una pluralità e diversità di operazioni
negoziali.
Sempre in relazione all’art. 20 citato si è chiarito come la
disciplina dia rilievo preminente alla causa reale del negozio ed alla
regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai
contraenti, anche se mediante più pattuizioni non contestuali, che
tuttavia manifestano un evidente collegamento tra loro (così Sez. T,
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n. 01955/2015, Chindemi, Rv. 634166, che, ha riconosciuto, senza
ricorrere alla figura dell’abuso del diritto, un’unitaria cessione di
azienda, valutando i beni non nella loro individualità, ma quale
organizzazione finalizzata alla produzione, nel caso di distinte ma
collegate operazioni di cessioni di magazzino, attribuzione
d’indennizzo di spoliazione, formale trasferimento di un dipendente
in posizione apicale e distacco di due dipendenti presso la società
cessionaria, trasferimento di altro dipendente presso società
partecipata dalla cessionaria che di fatto proseguiva l’attività della
cessionaria predetta).
In applicazione dello stesso principio ed a prescindere da
qualsiasi prova dell’intento elusivo (che non grava
sull’Amministrazione finanziaria), Sez. 6-T, n. 24594/2015,
Cosentino, in corso di massimazione, ha evidenziato che la cessione
totalitaria delle quote di un’azienda debba essere intesa come
cessione di azienda, con conseguente sottoposizione all’imposta
proporzionale di registro nella misura del tre per cento. In questo
caso si è infatti evidenziato come la causa reale del contratto sia da
individuare nella medesima funzione economica della cessione
d’azienda, ovvero il trasferimento dei poteri di godimento e
disposizione dell’azienda per intero da un soggetto ad un altro.
2. Individuazione del regime impositivo. Un caso
particolare nell’identificazione e portata dell’ambito di applicazione
dell’imposta di registro è stato affrontato dalla sentenza Sez. T, n.
23580/2015, Zoso, in corso di massimazione, con la quale la Corte
ha evidenziato che con l’usucapione di un terreno l’usucapiente
acquisisce per accessione anche le costruzioni realizzate prima che si
sia verificata l’usucapione, con la conseguenza che l’imposta di
registro conseguente alla pronuncia di sentenza di usucapione si
applica solo ai beni già esistenti al momento del perfezionamento
dell’acquisto per usucapione, comprese le accessioni avvenute prima
di quel momento, ma non a quelle successive, anche se già concluse
al momento del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa.
La Corte ha dunque confermato il precedente orientamento
secondo il quale in tema d’imposta di registro la tassazione del bene
usucapito (nel caso di specie un terreno) deve avvenire in base al
suo valore al momento del passaggio in giudicato della sentenza di
accertamento dell’usucapione, restando escluso, però, che ai fini
della determinazione del valore possano essere considerati quegli
ulteriori beni (nel caso di specie costruzione) sussistenti al momento
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del passaggio in giudicato di detta sentenza, ma non esistenti al
momento di maturazione della usucapione.
Ancora in relazione alla liquidazione di imposta di registro a
seguito di registrazione di sentenza civile, che aveva accertato
l’intervenuto recesso da contratto di appalto da parte dei
committenti con condanna al pagamento di somma a titolo di
indennizzo e a titolo di risarcimento del danno, la Corte, con la
sentenza, Sez. T, n. 23577/2015, Zoso, in corso di massimazione,
ha affrontato una questione controversa, ovvero la assoggettabilità
ad IVA dell’indennizzo riconosciuto dal tribunale a seguito del
recesso dal contratto di appalto. In particolare nella decisione
richiamata si è affermato come l’indennizzo ex art. 1671 c.c. abbia
natura
risarcitoria,
con
la
conseguente
esclusione
dell’assoggettabilità dello stesso all’IVA, ed applicazione
dell’imposta di registro con aliquota proporzionale del tre per cento.
Sempre in ambito relativo alla corretta identificazione
dell’imposta di registro applicabile, la Corte ha affrontato il caso
relativo alla conclusione di un contratto di locazione di un’immobile
tra la società proprietaria ed una banca appartenenti allo stesso
gruppo, ed ha precisato che tale contratto, esente IVA ai sensi
dell'art. 6, comma 1, lett. a), della l. 13 maggio 1999, n. 133, deve
scontare l'imposta di registro in misura proporzionale, atteso che
l'art. 40, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, applicabile
ratione temporis, con norma eccezionale non suscettibile di
applicazione analogica, prevedeva il pagamento in misura fissa solo
per le operazioni esenti IVA ex artt. 7 e 21, del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, come chiarito dalle modifiche apportate dall'art. 82,
comma 14, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. 6 agosto
2008, n. 133, all'art. 40, comma 1, del citato d.P.R. n. 131 del 1986,
laddove è ora espressamente escluso che la locazione in parola
possa scontare il pagamento in misura fissa, Sez. T, n. 08345/2015,
Bruschetta, Rv. 635571.
In applicazione dei principi generali in materia d’imposta di
registro, e dunque in considerazione dell’effettiva portata
dell’operazione economica realizzata, la Corte ha precisato, con la
sentenza Sez. T, n. 09075/2015, Terrusi, Rv. 635944, che in caso di
cessione d’azienda o di ramo di essa (nella specie, di un complesso
svolgente attività bancaria), la scelta, ai fini della determinazione del
valore dell'azienda e, dunque, della base imponibile, tra il metodo
patrimoniale semplice - che considera l'azienda come un insieme
mero di attività e passività e postula, quindi, l'inesistenza
dell'avviamento - e il metodo patrimoniale complesso - che integra il
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primo, considerando quei fattori (ossia le plusvalenze da beni
immateriali, come pure il know-how aziendale, la formazione del
personale ed altro) rappresentanti l'avviamento, compreso nel
trasferimento e soggetto all'imposta ai sensi dell'art. 51, comma 4,
del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 - costituisce oggetto di un giudizio
di fatto, rimesso al giudice di merito ed incensurabile in sede di
legittimità se adeguatamente motivato, trattandosi, in ogni caso, di
criteri idonei ad apprezzare il congruo valore economico di
scambio.
In materia di cessione di azienda si è puntualizzato quale sia
l’aliquota applicabile in ordine all’imposta di registro con la sentenza
Sez. T, n. 06716/2015, Di Iasi, Rv. 635141, evidenziando che la
cessione di azienda è tassata applicando al suo valore complessivo
(o al maggior prezzo pattuito) l'aliquota più elevata fra quelle
contemplate per i singoli beni che la compongono, giusta il
combinato disposto di cui all’art. 23, comma 1, e art. 51, commi 1 e
4, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, facendo salva la separata
tassazione dei cespiti nel caso in cui sia pattuito un corrispettivo
distinto. Ne consegue che, ove le parti convengano il corrispettivo
in relazione a ciascuno dei diritti congiuntamente trasferiti,
l'accertamento dell'Ufficio, il quale ritenga il prezzo incongruo in
relazione al suo valore in comune commercio, può essere limitato
ad uno solo di tali diritti, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 51
citato, che disciplina il caso in cui i beni aziendali siano stati
negoziati con autonomi corrispettivi.
Quanto alla corretta individuazione della base imponibile ai
sensi del combinato disposto di cui agli art. 43, comma 1, lettera a) e
art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, nel caso di contratto
traslativo o costitutivo di diritti reali sottoposto a condizione
sospensiva, la Corte con Sez. T, n. 24514/2015, Chindemi, in corso
di massimazione, ha evidenziato che tale momento - al fine
dell’applicazione dell’imposta - debba riferirsi al valore del bene nel
momento in cui si producono concretamente gli effetti del contratto
e dunque al verificarsi della condizione sospensiva o al momento
della sua rinuncia, proprio per evitare un’incidenza aleatoria e non
proporzionata al fatto influente per la tassazione.
Quanto al profilo dell’eventuale restituzione dell’imposta di
registro per la parte eccedente la misura fissa in caso di nullità o
annullamento dell’atto per causa non imputabile alle parti, in
applicazione del disposto di cui all’art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1986,
n.131, Sez. 6-T, n. 00791/2015, Bognanni, Rv. 634211, ha chiarito
come tale restituzione si debba intendere limitata, in considerazione
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della ratio della norma e di una sua interpretazione letterale alle sole
ipotesi di nullità o annullamento dell'atto per patologie ascrivibili a
vizi esistenti ab origine, con esclusione di quelli sopravvenuti o
relativi ad inefficacia contrattuale derivante da altre e diverse
ragioni. Nella specie si è quindi escluso il diritto alla restituzione
dell'imposta a seguito della retrocessione del bene determinata dalla
successiva pattuizione di risoluzione del contratto originario.
La Corte ha, inoltre, affrontato con la sentenza Sez. T, n.
16417/2015, Perrino, Rv. 636101, la questione relativa al decreto
ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore
inadempiente per il recupero delle somme pagate al creditore
principale e soggette ad IVA, esprimendo un orientamento
innovativo, secondo cui è applicabile l'aliquota proporzionale del tre
per cento al valore della condanna, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett.
b della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, non
avendo spazio il principio di alternatività', in quanto l'obbligo
azionato con tale pretesa, da un lato, deriva da un rapporto distinto
ed autonomo da quello principale e, dall'altro, non si risolve in un
corrispettivo o in una prestazione soggetta all'imposta sul valore
aggiunto. La Corte ha evidenziato, dunque, come la cessione del
credito stipulata per finalità di garanzia, con atto cronologicamente
successivo ad un contratto di apertura di credito, sconta l'imposta di
registro in misura proporzionale, trattandosi di un negozio collegato
al precedente finanziamento, caratterizzato da una sua autonoma
causa, ed escluso dal campo di applicazione dell'IVA per l'assenza di
una prestazione remunerata. Nello stesso senso anche la più recente
sentenza Sez. T, n. 200262/2015, Perrino, Rv. 636907.
Occorre, tuttavia, evidenziare come tale orientamento non sia
unanime e come sia già stata evidenziata la ricorrenza di contrasto
anche nella sentenza Sez. T, n. 24997/2015, Chindemi, in corso di
massimazione, con la quale si richiama il tradizionale orientamento
difforme (sentenza Sez. T, n. 14000/2014, Caracciolo, Rv. 631538),
che riconosce invece la ricorrenza di un collegamento negoziale e
una successione del fideiussore nella medesima posizione attiva del
creditore, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in
misura fissa in applicazione del principio di alternatività di cui all’art.
40 del d.P.R. n. 131/1986.
Quanto ai contratti di finanziamento infruttiferi e alle
operazioni sostanzialmente integranti un vero e proprio prestito di
denaro Sez. T, n. 24268/2015, Terrusi, in corso di massimazione, ha
chiarito che in tema d’imposta di registro, tanto nel vigore del d.P.R.
26 ottobre 1972, n. 634 (art. 38), che del d.P.R. 26 aprile 1986, n.
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131 (art. 40), alla luce del principio dell'alternatività con l'IVA, gli
atti sottoposti, anche teoricamente, perché di fatto esentati, a questa
imposta non debbono scontare quella proporzionale di registro. In
particolare, poiché secondo gli artt. 5, comma 2, del d.P.R. n. 131
del 1986, e 1, lettera b), dell'allegata Tariffa, parte seconda, sono
sottoposte a registrazione in caso d'uso, e scontano l'imposta in
misura fissa, le scritture private non autenticate contenenti
disposizioni relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore
aggiunto, fra cui le "prestazioni di servizi", nelle quali la legge
sull'IVA (art. 3, comma 2, n. 3, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633)
comprende i prestiti in denaro, questi, ancorché siano poi esentati
dall'imposta stessa dal successivo art. 10, n. 1, quando possano
considerarsi "operazioni di finanziamento", tuttavia, essendo in
astratto soggetti all'IVA, non devono scontare l'imposta
proporzionale di registro.
In materia fallimentare, Sez. T, n. 19596/2015, Meloni, Rv.
615217, ha chiarito che il provvedimento di omologazione del
concordato preventivo va inquadrato nella previsione di cui alla
lettera g) dell’art. 8 della tariffa parte nona, allegata la d.P.R. 131 del
1986, riferibile genericamente agli atti “di omologazione”, sicché ad
essa si applica l’imposta di registro in misura fissa.
Ancora quanto alla corretta e puntuale identificazione della
base imponibile in materia di contratto di cessione di azienda Sez.
6–T, n. 23873/2015, Cosentino, in corso di massimazione, ha
evidenziato che deve aversi riguardo alla maggiore somma risultante
tra il corrispettivo dichiarato ed il valore accertato, con la
conseguenza che nessuna rilevanza può attribuirsi alle modalità
convenute dagli stessi contraenti per il pagamento del corrispettivo
(nella specie, il corrispettivo per la cessione di un azienda era
costituito dall'accollo da parte degli acquirenti dei debiti
dell'azienda).
3. Termini di accertamento. La Corte ha ritenuto
inapplicabile il termine di decadenza ex art. 76 del d.P.R. n. 131 del
1986, nel caso di registrazione a debito di una sentenza, chiarendo
che poiché il procedimento di riscossione dell’imposta risulta
condizionato all’acquisizione del carattere di definitività del
provvedimento giudiziario ed affidato all’iniziativa del cancelliere
dell’ufficio giudiziario e non dell’Amministrazione, l’unica disciplina
applicabile èdel quella del termine decennale di prescrizione previsto
dall’art. 76 del medesimo decreto presidenziale (in questo senso,
Sez. T, n. 05966/2016, Napolitano, Rv. 635055).
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Sempre in materia di decadenza la Corte con la sentenza Sez.
T, n. 25001/2015, Chindemi, in corso di massimazione, ha chiarito
che nel caso di pluralità di atti non contestuali occorre dare
preminenza alla causa reale dell’operazione economica al fine della
determinazione dell’imposta di registro, con la conseguenza che ove
venga riscontrato un collegamento negoziale tra i vari atti e una
unica causa il termine iniziale di decadenza decorrerà dal momento
in cui si verifica l’effetto giuridico finale conseguente al
collegamento negoziale.
Con la sentenza Sez. T, n. 23222/2015, Napolitano, in corso
di massimazione, la Corte ha precisato che, in tema di revoca del
beneficio fiscale concesso per la prima casa ai fini dell’imposta di
registro conseguente al riscontro della natura di bene di lusso
dell’immobile oggetto di agevolazione, il termine per la rettifica e
liquidazione della maggiore imposta dovuta a decorrere
dall’accertamento delle diverse caratteristiche del bene immobile
resta soggetto alla sospensione in materia di definizione agevolata
degli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di registro ed è
prorogato di due anni ai sensi dell’art. 11 della l. n. 289 del 2002 in
ragione della piena assimilazione da parte del legislatore tra le
violazioni delle disposizioni agevolative e le disposizioni relative
all’enunciazione del valore degli immobili.
4. Agevolazioni varie. Quanto agli atti soggetti ad imposta
di registro in misura fissa e alla esenzione dalle imposte catastale ed
ipotecaria, ai sensi dell’art. 32, comma 2, del d.P.R. 29 settembre
1973 n. 601, la Corte ha evidenziato, con Sez. T, n. 14800/2015,
Botta, Rv. 636031, che tali agevolazioni si applicano solo agli atti e
contratti relativi all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale
di cui al titolo IV della legge n. 865 del 1971, affidati a istituti
autonomi, cooperative edilizie, società con prevalente
partecipazione statale, con esclusione di qualsiasi altro programma,
sia pure introdotto da altro ente pubblico, quale una regione. In
concreto dunque la Corte ha escluso l'applicabilità di tale
disposizione normativa alla concessione di prestiti per l'acquisto di
case a cittadini meno abbienti.
Sempre in materia di terreni a vocazione edificatoria ed
imposta di registro la Corte con la sentenza Sez. T, n. 01991/2015,
Sambito, Rv. 634327, ha evidenziato come il concetto di
utilizzazione edificatoria ai fini del riconoscimento del beneficio
dell'assoggettamento all'imposta di registro nella misura dell'uno per
cento ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, di cui
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all'art. 33, comma 3, della l. 23 dicembre 2000, n. 388, consiste non
solo nella realizzazione di nuova costruzione su terreni non edificati,
ma anche nella trasformazione radicale di fabbricati già esistenti, che
modifichi l'originaria identità funzionale e commerciale del bene in
virtù della totale demolizione e ricostruzione del fabbricato, o in
conseguenza di un'opera di demolizione così penetrante ed avanzata
da ridurre l’iniziale costruzione ad un mero residuo strutturale, privo
di autonoma valenza economica.
Ancora in ordine all’edificabilità e all’effettiva ricorrenza dei
presupposti per potere usufruire delle agevolazioni previste la Corte,
con la ordinanza Sez. 6-T, n. 00722/2015, Caracciolo, Rv. 634217,
ha precisato che spetta al contribuente che impugni l'avviso di
liquidazione dell'imposta di registro – ipotecaria - catastale,
concernente il recupero delle agevolazioni previste dall'art. 33,
comma 3, della l. 30 dicembre 2000, n. 388, applicabile ratione
temporis, provare di aver realizzato l'intento edificatorio, dichiarato
nell'atto di acquisto, nel termine di legge di cinque anni, atteso che
tale circostanza è un elemento costitutivo per il conseguimento del
beneficio fiscale richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla
legge al momento della registrazione.
5. Agevolazioni prima casa. Nella valutazione della
concessione del beneficio fiscale “prima casa” la Corte ha affrontato
in diverse pronunce l’insieme dei presupposti e requisiti legittimanti
nelle sue diverse declinazioni.
5.1. Il requisito della residenza. In particolare Sez. 6-T, n.
00110/2015, Perrino, Rv. 633995 ha chiarito come, quanto al
requisito della residenza, debba ordinariamente prevalere il dato
anagrafico sulle risultanze fattuali, e pur tuttavia il beneficio spetta
ed è legittimamente concesso a coloro che, pur avendone fatto
formale richiesta, non abbiano ancora al momento dell’acquisto
dell’immobile ottenuto il trasferimento della residenza nel Comune
in cui è situato l’immobile stesso in applicazione del principio
dell’unicità del procedimento amministrativo, per cui il dato che
appare rilevante è quello della dichiarazione di cambio di residenza,
momento dal quale si deve ritenere ricorrente il requisito della
residenza nel comune dell’immobile acquistato. Non appare
preclusiva dunque alla possibilità di usufruire del beneficio la
mancata conclusione della pratica di cambio di residenza. Nello
stesso senso si è espressa l’ordinanza Sez. 6-T, n. 18187/2015,
Caracciolo, Rv. 636310, così come Sez. 6-T, n. 19684/2015,
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Caracciolo, Rv. 637218, che ha puntualizzato come la decorrenza
della residenza anagrafica vada ancorata alla dichiarazione di
trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza.
5.2. L’impedimento assoluto all’acquisto della
residenza. Sempre in tema di residenza Sez. 6-T, n. 04800/2015,
Perrino, Rv. 635067, ha sottolineato come non possano essere
ritenute un impedimento assoluto al trasferimento della residenza
eventuali lungaggini burocratiche connesse al rilascio delle
concessioni edilizie, che non possono rappresentare in alcun modo
la forza irresistibile ostativa al trasferimento nel comune dove si
trova ad essere ubicato l’immobile oggetto delle agevolazioni.
Nello stesso senso Sez. 6-T, n. 05015/2015, Perrino, Rv.
634480, ha precisato come la forza maggiore o il caso fortuito idonei ad impedire la decadenza dell’acquirente che non abbia
trasferito la propria residenza nel comune ove è ubicato l’immobile
nel termine di diciotto mesi dall’acquisto - debbano consistere in un
evento inevitabile ed imprevedibile, e certamente non possono
essere ritenuti tali né la mancata ultimazione di un appartamento in
costruzione, né la protrazione di lavori di straordinaria
manutenzione. In tutti questi casi il mancato trasferimento della
residenza ha comportato l’inevitabile revoca del beneficio concesso
in ordine all’acquisto della prima casa, in mancanza appunto di uno
degli elementi costitutivi dello stesso, considerata la natura di vero e
proprio obbligo che assume in tal senso il contribuente verso il
fisco.
5.3. L’acquisto della residenza in caso di alienazione di
immobile entro i cinque anni e riacquisto di nuovo bene entro
il termine di diciotto mesi dal primo acquisto al fine del
mantenimento dell’agevolazione prima casa. L’importanza di
tale obbligo, assunto dal contribuente nei confronti del fisco, è stato
oggetto di diverse valutazioni da parte della Corte al fine della
legittima concessione e del mantenimento dell’agevolazione prima
casa.
In particolare Sez. 6-T, n. 08847/2015, Iacobellis, Rv.
635532, ha chiarito come in tema di agevolazioni tributarie per
l’acquisto della prima casa, ai sensi della nota II bis dell’art. 1 della
Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. del 26 aprile 1986 n. 131, il
contribuente può mantenere l’agevolazione nel caso di vendita del
primo immobile, rispetto al quale aveva richiesto l’agevolazione, e
successivo riacquisto di altri due immobili in successione entro il
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termine di un anno dalla prima alienazione, solo se provi
materialmente di aver provveduto a trasferire la propria residenza
nei diversi immobili progressivamente acquistati, con ciò
effettivamente realizzando la destinazione ad abitazione propria di
questi diversi immobili progressivamente acquistati e poi rivenduti.
L’ordinanza in questione affronta il tema dei plurimi atti di
rivendita e riacquisto di immobili da adibire a prima casa di
abitazione a seguito del godimento del beneficio in riferimento ad
un acquisto iniziale, nell’ottica della integrazione dei requisiti
necessari a conservare la agevolazione originariamente goduta.
La Corte ha chiarito come tale beneficio possa essere
mantenuto solo nel caso in cui il contribuente effettivamente
trasferisca la propria residenza negli immobili via via acquistati nel
termine perentorio previsto per legge, senza che possa essere
ritenuta sufficiente la mera dichiarazione resa nell’atto di
compravendita di voler adibire l’immobile a propria abitazione, e ciò
all’evidente fine di evitare intenti speculativi, considerato che i
requisiti necessari per godere della agevolazione devono sussistere
per ogni acquisto effettuato e non solo al momento del primo
acquisto.
In conclusione la Corte rileva come sia da ritenere sufficiente
tuttavia, in relazione al termine perentorio di diciotto mesi
introdotto con l’art. 3 della l. 23 dicembre 2000 n. 388, che il
contribuente originariamente in possesso dei requisiti per usufruire
dell’agevolazione prima casa fissi la «residenza anagrafica in uno
qualunque degli immobili oggetto di riacquisto dopo la rivendita del precedente».
Con un’interpretazione che si presenta come una sostanziale
evoluzione dell’ordinanza appena citata, Sez. T, n. 20042/2015,
Iofrida, Rv. 630660, ha statuito che non incorre in alcun tipo di
decadenza il contribuente che nei diciotto mesi dal primo acquisto,
pur non avendo stabilito la propria residenza nel comune
dell’immobile originariamente acquistato, lo abbia rivenduto e ne
abbia acquistato, entro un anno dalla alienazione, un altro,
provvedendo a fissare la propria residenza nel comune ove ha
acquistato il secondo immobile, come dichiarato nel successivo atto
di compravendita. In questo caso per usufruire dell’agevolazione e
per il mantenimento della stessa, in caso di rivendita del primo
immobile, non è stata ritenuta preclusiva l’assenza di richiesta di
residenza nel primo immobile, purchè sia stata effettuata in seguito
nel comune del secondo immobile acquistato nel termine di diciotto
mesi previsto per legge.
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È dunque questo termine a rappresentare l’elemento
determinante per poter ritenere legittimamente concessa
l’agevolazione. Non occorre che sia acquistata la residenza nel
primo immobile per il quale era stata formalizzata la dichiarazione
di volerlo adibire a propria abitazione nell’atto di compravendita,
quando si sia giunti alla vendita di questo e riacquisito di un nuovo
immobile entro un anno. Se il contribuente rispetta il termine di
diciotto mesi, ed entro tale termine acquista la residenza nel comune
del secondo immobile acquistato, potrà usufruire del beneficio
fiscale, pur non avendo acquisito la residenza nel comune del primo
immobile acquistato.
La Corte non ha, tuttavia, un orientamento unanime sul
punto. Occorre, difatti, ricordare Sez. 6-T, n. 15266/2015, Conti,
Rv. 636050, in cui si è evidenziato come la conservazione
dell’agevolazione, in caso di alienazione del primo bene e riacquisto
di secondo bene immobile entro un anno dall’alienazione, è
subordinata alla presenza di tutti i requisiti per la sua fruizione al
momento del primo acquisto, con la conseguenza che
l’agevolazione deve essere esclusa nel caso di dichiarazione mendace
o di fatti sopravvenuti, quale il mancato trasferimento della
residenza nel comune di ubicazione dell’immobile originariamente
acquistato entro il termine di diciotto mesi. Secondo tale
impostazione, dunque, è assolutamente imprescindibile per la
conservazione del beneficio l’effettivo trasferimento della residenza
nel primo immobile acquistato. La Corte evidenzia, richiamando
precedenti orientamenti, come il trasferimento della residenza nel
termine di legge, rispetto al primo immobile acquisito, costituisca
requisito costitutivo del diritto all’agevolazione, per cui il mancato
adempimento dell’obbligo di trasferimento determina il venir meno
del diritto all’agevolazione.
6. Il termine per l’Amministrazione per far valere
l’indebito godimento del trattamento agevolato. In ordine al
termine per la Amministrazione per far valere l’indebito godimento
del trattamento agevolato per l’acquisto della prima casa, Sez. 6-T,
n. 15960/2015, Cosentino, Rv. 636148, ha chiarito come l’avviso di
liquidazione dell’imposta di registro con aliquota ordinaria e
connessa soprattassa a carico del compratore dell’immobile è
soggetto a termine triennale di decadenza, ai sensi dell’art. 76,
comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, termine decorrente dal
momento della registrazione dell’atto se il beneficio non poteva
essere concesso o in alternativa dal giorno in cui i suoi presupposti
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CAP. XXVII - L’IMPOSTA DI REGISTRO E LE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA
sono venuti a mancare o sono divenuti irrealizzabili. Nel caso
concreto la Corte ha ritenuto necessario, cassando con rinvio la
sentenza impugnata, un accertamento effettivo del momento in cui
fosse stato accertato il superamento dei requisiti di superficie
dell’immobile per il godimento del beneficio (domanda di
variazione catastale o atto di compravendita per verificare la
presenza di un’abitazione di lusso in relazione a locali tavernetta e
dispensa della cucina da ritenere o meno idonei a costituire un unico
alloggio padronale).
7. L’individuazione dei presupposti di ampiezza per
godere della agevolazione. Quanto alla corretta individuazione
dei presupposti necessari al fine della agevolazione prima casa, Per
stabilire, infine, se un'abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai
benefici per l'acquisto della prima casa ai sensi della tariffa I, art. 1,
nota II bis, del d.P.R. n. 131 cit., Sez. 6-T, n. 24469/2015,
Cosentino, in corso di massimazione, ribadito il principio per cui la
sua superficie utile - complessivamente superiore a mq. 240 - va
calcolata alla stregua del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n.
1072, che va determinata in quella che - dall'estensione globale
riportata nell'atto di acquisto sottoposto all'imposta - residua una
volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale
e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui
al d.m. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801, richiamato dall'art.
51 della legge 2 febbraio 1985, n. 47, le cui previsioni, relative ad
agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di
un'interpretazione che ne ampli la sfera applicativa.
Sez. 6-T, n. 03148/2015, Caracciolo, Rv. 634926, ha, inoltre,
puntualizzato come il concetto di pertinenza debba essere fondato
sul criterio fattuale della destinazione effettiva e concreta della cosa
a servizio o ornamento di un’altra, senza che si possa ritenere
risolutiva la qualificazione catastale che ha esclusivo rilievo formale.
Anche nel caso oggetto dell’ordinanza è emersa la valutazione quale
casa di lusso di bene immobile per il quale era stata richiesta la
agevolazione prima casa, considerato che il terreno circostante alla
abitazione doveva essere ritenuto pertinenza della stessa con
superamento conseguente dei limiti di superficie previsti. Quindi è
stato richiamato il criterio fattuale in relazione alla destinazione
effettiva e concreta della cosa al servizio di altra.
8. Il mantenimento dell’agevolazione prima casa: 1) nel
caso di alienazione del bene, senza riacquisto di altro
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CAP. XXVII - L’IMPOSTA DI REGISTRO E LE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA
immobile nell’anno successivo, al coniuge separato; 2) nel
caso di vendita e acquisto di secondo immobile a titolo
gratuito; 3) nel caso di vendita e appalto di costruzione di
nuova casa su terreno di proprietà del contribuente. La Corte
affronta nuovamente la questione relativa alla possibilità di
mantenere la agevolazione prima casa nel caso in cui il bene per il
quale la agevolazione era stata concessa venga alienato al coniuge in
sede di separazione consensuale omologata. Sez. T, n. 23225/2015,
Napolitano, in corso di massimazione, conferma l’interpretazione
già espressa da Sez. 6–T, n. 03753/2014, Cicala, Rv. 629984, con la
quale si è evidenziato che in tema di agevolazioni tributarie,
l'attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale in
adempimento di una condizione inserita nell'atto di separazione
consensuale non costituisce una forma di alienazione dell'immobile
rilevante ai fini della decadenza dai benefici cosiddetta "prima casa",
bensì una modalità di utilizzazione dello stesso per la migliore
sistemazione dei rapporti fra i coniugi in vista della cessazione della
loro convivenza.
Sempre in ordine alla possibilità di mantenere la agevolazione
prima casa Sez. T, n. 23219/2015, Bruschetta, in corso di
massimazione, ha chiarito che il beneficio permane a favore
dell’originario titolare nel caso in cui venga alienato il primo
immobile con riacquisto entro l’anno di secondo immobile, anche
se a titolo gratuito (nel caso di specie, per donazione). La Corte
evidenzia come nel termine acquisto rientri non solo l’acquisto a
titolo oneroso, ma anche l’acquisto a titolo gratuito con piena
possibilità, dunque, di mantenere l’agevolazione ottenuta in
occasione del primo acquisto, in presenza di una effettiva
destinazione ad abitazione dell’immobile ricevuto in donazione.
Ancora, Sez. T, n. 24253/2015, Vella, in corso di
massimazione, ha confermato la ampiezza del concetto di riacquisto
da effettuare nel termine di un anno dal primo acquisto di bene poi
rivenduto, affermando come anche l’appalto di costruzione di
nuova casa, rispetto alla quale si possa effettivamente ritenere la
destinazione abitativa, su terreno già di proprietà del contribuente al
momento del primo acquisto, possa integrare i requisiti e
presupposti per godere dell’agevolazione, purché entro l’anno venga
effettivamente realizzata la costruzione appaltata ed essendo
irrilevante che il terreno fosse già di proprietà o meno del
contribuente al momento del primo acquisto.
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