5. Capitolo 5 - Sistemi Editoriali

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5. Capitolo 5 - Sistemi Editoriali
5.
In particolare sul conferimento di azienda
Una particolare fattispecie di conferimento di beni in natura è rappresentata dal conferimento avente per oggetto un’azienda o un ramo d’azienda.
Si tratta di un’operazione spesso ricorrente nella prassi operativa, caratterizzata dal fatto che oggetto di conferimento non è un singolo elemento
patrimoniale o una mera pluralità di beni, bensì un organico complesso di
beni e rapporti obbligatori, organizzati per l’esercizio di un’attività di impresa che, fino a tale momento, veniva svolta dal soggetto conferente1.
In quanto riconducibile al novero dei «conferimenti di beni in natura», il
conferimento di un complesso aziendale può essere effettuato in qualsiasi
tipo di società2, fermo restando il rispetto degli obblighi formali e procedurali (quale, in primis, la predisposizione della relazione giurata di stima
per l’attestazione del valore di conferimento) previsti nei diversi ambiti
disciplinari 3.
Di seguito, nel presente capitolo, ci si sofferma:
— in primo luogo sulla nozione di azienda e sulla specificità della disciplina
civilistica concernente il trasferimento di questo tipo di bene da un soggetto (conferente) ad altro soggetto (conferitario);
— in secondo luogo, data la natura complessa del bene e la sussistenza
dell’obbligo di una sua valutazione in sede di conferimento, sulle modalità con cui risulta possibile procedere a una corretta valutazione dell’azienda che viene conferita, proponendo anche una traccia di perizia di
stima strutturata sulla base di uno dei metodi di valutazione più diffusi
nella prassi operativa del nostro Paese (c.d. «metodo misto patrimoniale-reddituale con stima autonoma dell’avviamento).
Per quanto concerne, invece, i profili contabili e fiscali dell’operazione si
rinvia ai successivi capitoli 6 e 7.
1 Ciò detto, risulta immediatamente evidente come in questo contesto il soggetto conferente è necessariamente un soggetto imprenditore che agisce nell’esercizio della propria attività di impresa. L’unico caso
in cui il soggetto conferente può non essere un imprenditore è riconducibile alla particolare ipotesi
dell’erede (o degli eredi) che riceve l’azienda dell’imprenditore individuale per successione e la conferisce
in una società per esercitarla (o eventualmente cederla) sotto tale forma.
2 Con l’eccezione però delle società semplici, posto che tali soggetti non possono svolgere attività di
impresa e, conseguentemente, i beni da esse posseduti non possono assumere la qualificazione di complesso aziendale. In altre parole, un conferimento in una società semplice resta sempre e comunque un
conferimento in natura avente per oggetto una pluralità di elementi patrimoniali, piuttosto che un’azienda.
3 Sul punto si rinvia a quanto evidenziato nei precedenti capitoli 3 e 4.
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Merita, peraltro, di essere sottolineato già in questa sede che l’operazione
di conferimento d’azienda è senz’altro destinata a divenire sempre più ricorrente nella prassi operativa.
Se, infatti, fino a tutto il 2003, ossia prima dell’entrata in vigore della
riforma del sistema fiscale (attuata dal D.Lgs. 344/2003), l’operazione di
conferimento d’azienda rispondeva essenzialmente ad esigenze legate a
volontà di riorganizzazione gestionale dell’attività di impresa esercitata 4, o
a volontà di ristrutturazioni interne a gruppi di imprese 5, con la riforma
del sistema fiscale (ossia, in buona sostanza, a decorrere dal 2004) il nuovo
quadro che si delinea evidenzia come l’operazione di conferimento possa da
ora (e senza rischio alcuno in termini di elusività) essere utilmente preordinata a una successiva cessione dell’azienda sotto forma di partecipazione
nella conferitaria, ottenendo così la possibilità di assoggettare a tassazione
l’operazione di cessione sotto forma di «cessione di partecipazione», anziché sotto forma di «cessione d’azienda», conseguendo in molti casi un lecito
vantaggio in termini di risparmio fiscale.
In altre parole, per effetto della riforma, l’operazione di conferimento diviene un utile strumento anche per operazioni di tipo traslativo e non più
soltanto per operazioni di tipo riorganizzativo.
Su questi aspetti si rinvia alle considerazioni sviluppate nel successivo
capitolo 7.
5.1
Nozione d’azienda
Il primo passo di questo percorso di indagine transita necessariamente per
la definizione del concetto di «azienda».
L’art. 2555 c.c. definisce l’azienda come il «complesso di beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa».
Gli elementi centrali nella definizione del concetto di azienda sono costituiti:
— dal requisito dell’organizzazione dei beni, ossia il collegamento funzionale fra i beni di un complesso produttivo unitario;
— dal requisito della strumentalità per l’esercizio dell’impresa, nel senso
che se è configurabile un’impresa senza azienda, non appare, invece,
4 Tipico in questo senso, ad esempio, è il caso del conferimento d’azienda da parte dell’imprenditore
individuale in società di nuova costituzione, al fine di passare a un più evoluto modello societario rispetto
al modello della ditta individuale.
5 Tipico in questo senso, ad esempio, è il caso del conferimento d’azienda infra-gruppo finalizzato alla
razionalizzazione produttiva (separazione delle attività esercitate tramite distinti complessi aziendali o,
viceversa, loro accorpamento), alla modificazione delle catene di controllo societario, o ancora al frazionamento del rischio di impresa mediante il conferimento di singoli complessi aziendali in soggetti di
nuova costituzione.
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5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
possibile parlare di azienda al di fuori di un contesto di tipo imprenditoriale6 .
Quanto agli elementi che concorrono a formare l’azienda, è stato lungamente dibattuto in dottrina se debbano intendersi compresi:
— i soli beni materiali;
— tutti i beni materiali e immateriali, ivi inclusi i rapporti obbligatori,
ossia i contratti, i crediti e i debiti;
— tutti i beni materiali e immateriali, ivi inclusi i rapporti obbligatori, ma
con l’esclusione dei debiti.
Delle tre impostazioni, quella che a nostro avviso sembra maggiormente
condivisibile nell’ottica della circolazione dell’azienda è la terza.
Se, infatti, appare incontrovertibile che il trasferimento d’azienda possa
avere ad oggetto non solo beni materiali, ma anche beni immateriali (quali
ad esempio licenze e diritti di sfruttamento) e rapporti obbligatori (quali
ad esempio crediti commerciali), d’altro canto le passività che vengono
trasferite con l’azienda costituiscono semmai un «accollo contestuale», ossia una pattuizione distinta da quella strettamente qualificabile come trasferimento d’azienda, ma stipulata nell’ambito di un accordo contrattuale
unitario, ragione per cui possono essere poste in diminuzione del valore
dell’utilità ricevuta.
Ciò detto, vale la pena sottolineare che per potersi qualificare come cessione
d’azienda, un’operazione non necessariamente deve riguardare l’intero complesso di beni e dei rapporti economico-giuridici organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, potendo, invece, riferirsi solo ad una parte di
essi, purché il complesso di attività cedute sia tale da potersi configurare
come «cessione di complesso aziendale relativo a singoli rami di impresa»7.
5.2
Atto di conferimento
Come si è sottolineato nel precedente capitolo 2, il conferimento può aver
luogo sia in sede di costituzione della società, sia durate la vita della medesima.
6 Fatta eccezione per il caso, affatto particolare e comunque di natura transitoria, dell’azienda caduta
in successione. In questo caso, infatti, l’erede (o gli eredi) può eventualmente procedere alla cessione ad
acquirente imprenditore dei beni ricevuti intesi come complesso aziendale, anziché uti singoli , anche se
sprovvisto della qualifica di imprenditore.
7 Appare opportuno segnalare che la definizione di azienda di ramo d’azienda, come rinvenibile dal
codice civile e sopra sinteticamente esposta, ha valenza anche ai fini fiscali. Nel diritto tributario manca
infatti una puntuale definizione di tale nozione, essendovi piuttosto una serie di singole disposizioni che
rinviano al concetto civilistico di azienda, riconosciuto come espressione qualificata di autonoma capacità
contributiva (G. Tinelli, « Azienda nel diritto tributario», in Digesto delle discipline privatistiche – Sezione
Commerciale, UTET, Torino, 1987, pag. 100).
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I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
5.2.1 Aspetti formali
Dal punto di vista formale:
— se il conferimento avviene in sede di costituzione della società, l’atto di
conferimento è rappresentato dall’atto costitutivo che viene stipulato
tra i soci fondatori,
— se il conferimento avviene in un momento successivo (ossia in società
già esistente), l’atto di conferimento è rappresentato dal verbale da cui
consta la decisione dei soci di modificare l’atto costitutivo, ossia di procedere ad una nuova ripartizione delle quote di partecipazione (società
di persone) o a un aumento di capitale (società di capitali) sulla base di
nuovi conferimenti in società.
In prima approssimazione, si può dunque dire che il conferimento d’azienda
segue le stesse regole formali previste per la redazione dell’atto costitutivo della società conferitaria e delle sue modificazioni 8 .
A tale proposito, basta in questa sede ricordare in estrema sintesi che 9:
— le società in nome collettivo e in accomandita semplice (ivi comprese
quelle di tipo consortile) richiedono che la redazione dell’atto costitutivo
(e le successive modificazioni decise dai soci) avvenga sotto forma di
scrittura privata autenticata o di atto pubblico;
— le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata
(ivi comprese quelle di tipo consortile), nonché le società cooperative,
richiedono che la redazione dell’atto costitutivo (e le sue successive modificazioni decise dai soci) avvenga esclusivamente sotto forma di atto
pubblico.
Ciò detto, va però precisato che se nel complesso aziendale conferito risultano compresi beni per i quali è obbligatoriamente prevista la redazio8 Per quanto concerne i profili formali concernenti specificamente un atto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di un complesso aziendale (ossia il tipico atto di cessione) si ricorda che il co.
1 dell’art. 2556 del codice civile stabilisce che «per le imprese soggette a registrazione i contratti che
hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere provati per
iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che
compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto», ma il successivo co. 2 precisa che «i
contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere
depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante
o autenticante ». Dal disposto del riportato articolo, si desume che la forma scritta è richiesta ad probationem e non ad substantiam, nel senso che il contratto di trasferimento d’azienda, per essere opponibile
ai terzi, deve essere provato per iscritto, pur conservando validità ed efficacia tra le parti anche in
assenza di forma scritta. A tale proposito sembra corretto sottolineare che nel caso di trasferimento
d’azienda per conferimento, anziché per «semplice» cessione a titolo oneroso, la circostanza che l’atto
di conferimento viene ad essere incorporato nel contratto sociale (fin dalla sua stipulazione in sede di
costituzione o successivamente per effetto di una sua modifica decisa dai soci) implichi la forma scritta
non solo ad probationem, ma anche ad substantiam .
9 Tale aspetto è stato infatti oggetto di analisi nei precedenti capitoli.
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5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
ne dell’atto di trasferimento nella forma dell’atto pubblico (si pensi al
caso di azienda comprensiva di beni immobili), tale circostanza vincola
all’utilizzo di tale forma per la redazione dell’atto di conferimento (ossia
dell’atto costitutivo o del verbale della decisione dei soci che lo modifica)
anche nel caso in cui la società conferitaria sia un soggetto per la quale
risulta in linea generale possibile ricorrere alla forma della scrittura privata autenticata (ossia società in nome collettivo e in accomandita semplice).
5.2.1.1
Iscrizione dell’atto di conferimento d’azienda nel Registro delle
Imprese
L’art. 2556 c.c. prevede che i contratti di trasferimento della proprietà o
del godimento dell’azienda devono:
— essere provati per iscritto;
— essere redatti per atto pubblico o per scrittura privata autenticata;
— essere iscritti nel registro delle imprese, entro 30 giorni da parte del
notaio rogante o autenticante.
La forma scritta è richiesta ad probationem, ovvero al fine di essere opponibile ai terzi, ferma restando la validità tra le parti anche in assenza di
atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Il modello da presentare a cura del notaio è denominato TA, è assoggettato
ad imposta di bollo, e va presentato presso l’ufficio del registro delle imprese competente in relazione al luogo in cui ha sede l’impresa conferente,
indipendentemente dal luogo in cui i beni aziendali oggetto di conferimento
si trovano ubicati.
Nel caso in cui solo la società conferitaria sia soggetto obbligato alla
registrazione, il modello TA va presentato presso il Registro Imprese
competente in relazione al luogo in cui si trova la sede della società conferitaria.
Ulteriori adempimenti per denuncia al Registro Imprese e per il R.E.A.
(Repertorio Economico Amministrativo) sono previsti direttamente in capo
alle parti contraenti, in quanto:
— il conferente deve presentare regolare denuncia di cessazione nel caso
di cessione totale dell’azienda (modello I2 per le ditte individuali, modello S3 per le società);
— la società conferitaria deve presentare denuncia di iscrizione se l’attività inizia a seguito dell’acquisto di azienda (modello I1 per le ditte individuali, modello S1 e S5 per le società), oppure denuncia di variazione
se la nuova attività va ad aggiungersi ad una o più attività già esercitate.
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I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
5.2.2 Aspetti sostanziali
Esaurito l’aspetto formale, dal punto di vista sostanziale l’atto da cui consta il conferimento:
— deve individuare con esattezza l’oggetto del conferimento;
— deve recare l’indicazione del valore attribuito ai fini del conferimento
alla cosa conferita.
5.2.2.1
Esatta individuazione dell’oggetto del conferimento
È evidente come questo aspetto richieda particolare attenzione quando
oggetto del conferimento è un bene a natura fortemente complessa, quale
appunto l’azienda.
Ciò detto, conformemente alla nozione d’azienda di cui si è dato conto in
apertura del presente capitolo, l’atto di conferimento deve puntualmente
individuare:
— i beni materiali e immateriali compresi nel complesso aziendale conferito;
— i rapporti obbligatori (crediti e contratti) che per effetto del conferimento d’azienda transitano dal conferente al conferitario;
— le passività aziendali che, per accordo tra le parti, vengono accollate alla
società conferitaria contestualmente al trasferimento dell’azienda.
5.2.2.2
Indicazione del valore di conferimento
Anche la definizione del valore di conferimento, quando l’oggetto del medesimo è un’azienda, può rappresentare un aspetto di significativa complessità.
Il valore di un’azienda, infatti, prescinde dalla mera sommatoria dei singoli
elementi suscettibili di valutazione economica che la compongono, posto
che esso incorpora anche il valore che discende dal fatto che tali beni non
risultano semplicemente accorpati, ma piuttosto razionalmente organizzati
in un complesso armonico finalizzato a consentire per suo tramite l’esercizio di una attività di impresa.
Questo valore aggiunto del complesso sulla mera sommatoria degli elementi che lo formano è costituito dal c.d. «avviamento», il quale rappresenta,
dunque, la valorizzazione dell’aspetto qualitativo dell’azienda.
Ciò detto, è appena il caso di sottolineare come la definizione del valore da
attribuire in sede di conferimento a un complesso aziendale richiede l’effettuazione di un percorso valutativo estremamente complesso che necessita
sempre di un’opportuna formalizzazione scritta (perizia), al fine di rendere
conoscibile i presupposti e le considerazioni sulla cui base si è pervenuti
alla valutazione finale.
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5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Tale «mera opportunità» procedurale, viene poi ad essere un preciso obbligo di legge nei casi in cui la società conferitaria sia una società che consente ai soci il beneficio della limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali (ossia SpA, Sapa, Srl e società cooperative), per evidenti ragioni di tutela degli interessi dei creditori sociali e degli altri soggetti terzi.
In materia di valutazione d’azienda si veda il successivo paragrafo 5.4.
5.3
Profili disciplinari connessi alla circolazione dell’azienda
Il conferimento in società comporta il trasferimento dell’azienda dal conferente ad un nuovo soggetto, ossia la società conferitaria, che ne assume ex
lege la titolarità.
Sotto questo profilo, dunque, si realizza un effetto sostanzialmente analogo a
quello che si determina in caso di semplice cessione a terzi dell’azienda, con
conseguente generale applicabilità delle norme previste per questa fattispecie
anche al caso della circolazione d’azienda mediante conferimento in società10.
I profili disciplinari connessi alla circolazione dell’azienda, che si ritiene
opportuno in questa sede evidenziare, sono i seguenti:
— successione nei rapporti contrattuali aziendali;
— trasferimento dei rapporti obbligatori attivi (cessione dei crediti);
— accollo delle passività;
— trasferimento dei segni distintivi dell’impresa (ditta, insegna e marchio);
— divieto di concorrenza;
— trasferimento di licenze e autorizzazioni amministrative;
— responsabilità tributaria;
— responsabilità amministrativa.
5.3.1 Successione nei contratti aziendali (escluso il lavoro dipendente)
L’art. 2558 co. 1 c.c. stabilisce, a livello di principio generale, che «se non è
pattuito diversamente l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale».
10 Il conferimento, del resto, è un’operazione che si configura come una cessione a titolo oneroso
caratterizzata dalla peculiarità che il corrispettivo spettante al soggetto alienante è rappresentato da una
partecipazione nel soggetto collettivo acquirente. È dunque logico che tale circostanza comporti l’applicazione per il caso del conferimento d’azienda delle norme in materia di cessione, previste dalla legge
al fine di tutelare i soggetti terzi (creditori, dipendenti, ecc.), prima ancora che per regolamentare il
trasferimento tra le parti. Ciò detto, vale comunque la pena osservare che, proprio in forza della
peculiare natura del conferimento (per effetto del quale il conferente diviene socio della società conferitaria), nei casi in cui la conferitaria sia una società di persone e il conferente assuma la qualifica di
socio illimitatamente responsabile, si potrebbe forse ritenere non operanti, in quanto superflue, quelle
norme in materia di circolazione dell’azienda che sono poste a tutela dei terzi, posto che in tale contesto
il conferente rimarrebbe comunque vincolato ai propri obblighi, senza schermatura patrimoniale alcuna,
come socio illimitatamente responsabile della conferitaria.
109
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Tale principio introduce una sorta di presunzione secondo cui, nel silenzio
delle parti, l’acquirente dell’azienda subentra in tutti i rapporti giuridici in
essere relativi all’azienda ceduta, con esclusione solamente dei contratti di
natura personale legati alla figura dell’imprenditore e non all’azienda ceduta.
È pertanto opportuno che le parti definiscano in maniera puntuale nell’atto
di conferimento i contratti che intendono trasferire ovvero escludere dall’azienda, laddove non sia nella volontà delle parti determinare un generalizzato trasferimento della titolarità dei contratti aziendali in capo alla
società conferitaria.
Il co. 2 dell’art. 2558 c.c. prevede poi la possibilità del terzo contraente di non
accettare il subentro nel rapporto contrattuale dell’acquirente dell’azienda,
ma solo se sussiste una «giusta causa» (il recesso del terzo contraente deve
comunque avvenire non otre i tre mesi dalla notizia del trasferimento)11.
Fermo restando che quanto sopra esposto ha natura di principio generale
(ossia applicabile alla generalità dei contratti), vale comunque la pena spendere qualche considerazione ulteriore in merito ad alcune tipologie contrattuali molto ricorrenti nella prassi aziendale.
5.3.1.1
Contratto di agenzia
Il contratto di agenzia rientra tra quelli per cui l’art. 2558 c.c. prevede il
subentro automatico del conferitario, salvo diverso accordo delle parti.
Ciò significa che l’agente conserva nei confronti del conferitario tutti i
diritti che aveva nei confronti del conferente (tra cui l’anzianità, il diritto
alle indennità ecc.).
Anche la giurisprudenza prevalente 12 è concorde nell’applicazione dell’art.
2558 c.c., nel senso di riconoscere il passaggio automatico dei contratti di
agenzia nei confronti dell’acquirente, nonché nel ribadire che il contratto di
agenzia non rientra tra quelli aventi carattere personale, essendo un tipico
contratto relativo all’esercizio d’impresa e oggettivamente fungibile.
5.3.1.2
Contratto di locazione immobiliare
Sovente accade che nell’azienda ceduta sia compreso il contratto di locazione che il cedente ha in essere con il proprietario dell’immobile in cui viene
esercitata l’attività.
11 Il concetto di «giusta causa» non sempre è di facile individuazione, anche se nella cessione di azienda
potrebbe consistere nel possibile pregiudizio che il terzo contraente subisce per effetto di minori garanzie
patrimoniali del subentrante-acquirente dell’azienda rispetto all’originario contraente-cedente dell’azienda.
12 Si vedano, ad esempio, Cass. del 18 marzo 1989, n. 1372, e Cass. del 9 giugno 1993, n. 1975.
110
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
In tali ipotesi, l’art. 36 della L. 392/78 prevede le seguenti due possibilità
per il conduttore che trasferisce l’azienda:
— sublocazione dell’immobile;
— cessione del contratto di locazione.
In entrambe le ipotesi, non è necessario ottenere il consenso del locatore,
al quale deve essere semplicemente comunicata l’avvenuta operazione con
lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Il locatore può opporsi per gravi motivi entro trenta giorni dal ricevimento
della comunicazione.
È opportuno evidenziare che il citato art. 36 non pone un termine entro il
quale il conduttore deve comunicare l’avvenuta cessione d’azienda al locatore.
Ciò detto, si ritiene però opportuno dare immediata comunicazione del
subingresso o della sublocazione, al fine di restringere i tempi concessi al
locatore per proporre opposizione; si ricorda poi che i gravi motivi devono essere reali e documentabili, come ad esempio può accadere nel caso
in cui il cessionario sia fallito, protestato, ovvero persona notoriamente
insolvente.
È importante evidenziare che, a prescindere dalla scelta del conduttore
(sublocazione o cessione del contratto) la durata del «nuovo» contratto di
locazione che si instaura con l’acquirente dell’azienda conserva la medesima durata del contratto principale, non potendosi invocare un rinnovo
automatico a seguito della cessione dell’azienda.
Il comma 1 dell’art. 36 citato contiene altresì una disposizione a tutela del
locatore, laddove prevede che quest’ultimo possa agire nei confronti del
conferente qualora il conferitario non adempia alle obbligazioni contrattuali, introducendo quindi una responsabilità sussidiaria del conferente, fatta
salva la possibilità del locatore di liberarlo.
5.3.1.3
Contratto di leasing
Per i contratti di leasing si verifica la successione della conferitaria solo se
il concedente non receda o il contratto stesso non contenga una clausola
specifica che ne impedisca il passaggio.
Una consolidata giurisprudenza esprime tale principio, facendo dunque
sempre salva la possibilità della società concedente di opporsi espressamente alla cessione del contratto ed alla continuazione del medesimo con la
conferitaria 13.
13 Si vedano: Trib. Milano 30 gennaio 1978, App. Milano 19 ottobre 1979, Cass. 9 aprile 1982, n.
2198.
111
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
5.3.2 In particolare sulla successione nei contratti di lavoro dipendente
Quando nell’ambito del complesso aziendale trasferito risultano compresi
dei dipendenti, le parti devono tenere presente il disposto dell’art. 2112 c.c.
e dell’art. 47 della L. 29-12-1990, n. 428 14.
L’art. 211215 co. 1 c.c. sancisce il principio generale secondo cui, in caso di
trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed
in capo al lavoratore si conservano tutti i diritti che ne derivano.
L’art. 47 della L. 428/90 impone, inoltre, l’adozione di una particolare procedura nel caso di trasferimenti di aziende o rami di azienda attuati da
imprese che hanno alle proprie dipendenze un numero di lavoratori superiore a quindici.
In estrema sintesi, è possibile affermare che l’art. 2112 c.c. prevede una
tutela nei confronti dei lavoratori coinvolti nel trasferimento d’azienda di
tipo individuale e sostanziale, mentre l’art. 47 della L. 428/90 prevede una
tutela di tipo collettivo e procedurale 16.
5.3.2.1
Principi sostanziali di tutela stabiliti dall’art. 2112
Oltre al principio generale di continuazione del rapporto di lavoro sopra
accennato, l’art. 2112 c.c. precisa i seguenti importanti aspetti:
— sussiste una responsabilità solidale del conferente e del conferitario per
i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento17;
— il soggetto che riceve l’azienda è tenuto ad applicare, fino alla scadenza,
i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi vigenti alla data del trasferimento, salvo che siano sostituiti da altri contratti applicabili all’impresa della società conferitaria;
— il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento, ferma restando la facoltà di recesso prevista dalla normativa in
materia di licenziamenti;
14 Tali disposizioni recano una disciplina specifica, per la regolamentazione di questa fattispecie contrattuale nell’ambito di un trasferimento di azienda, che integra di fatto la disciplina generale stabilita
dall’art. 2558 del codice civile in materia di successione dei contratti.
15 L’art. 2112 c.c. è stato modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, in vigore dal 1° luglio 2001,
in attuazione della Direttiva comunitaria n. 98/50/CE.
16 M. Negro, « Trasferimento d’azienda e tutela dei lavoratori », in AA.VV. «Cessione, conferimento e
affitto d’azienda», Eutekne, Quaderno n. 40, 2002, pag. 180.
17 È importante evidenziare che, anche nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro non prosegua con il
soggetto in capo al quale l’azienda è trasferita, quest’ultimo è solidalmente obbligato con il conferente
per tutti i crediti maturati dal lavoratore, il quale potrà eventualmente richiedere le proprie spettanze
indifferentemente al soggetto che ha trasferito l’azienda o al soggetto in capo al quale l’azienda è stata
trasferita.
112
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
— se le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi
successivi al trasferimento dell’azienda, il lavoratore può rassegnare le
dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119, comma 1, c.c.;
— per trasferimento d’azienda si intendono di fatto tutte le ipotesi di successione nell’impresa, in cui vi è un mutamento nella titolarità dell’imprenditore ed una permanenza dell’azienda nella sua struttura ed organizzazione, anche se l’attività ceduta sia esercitata senza scopo di lucro;
— l’intera disciplina prevista dall’art. 2112 si applica anche al trasferimento di parte dell’azienda, ovvero quando oggetto dell’affitto non è l’intera
azienda, bensì un ramo della stessa.
5.3.2.2
Continuazione del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità
Dal punto di vista pratico, la continuazione del rapporto di lavoro, in capo
alla società conferitaria dell’azienda, comporta il trasferimento dei diritti
che i lavoratori hanno maturato alle dipendenze del conferente, compreso
il trattamento di fine rapporto (di ciò, ovviamente, si dovrà tenerne conto
nella determinazione del prezzo di cessione).
Ciò implica che il rapporto di lavoro prosegue con l’avente causa (società
conferitaria) senza soluzione di continuità.
In particolare:
— l’anzianità di servizio è conservata;
— è mantenuto il diritto al godimento delle ferie maturate;
— le mensilità aggiuntive verranno corrisposte per intero, comprese quelle
maturate alle dipendenze del conferente;
— i conguagli fiscali dipendenti dall’assistenza fiscale proseguono in capo
alla società conferitaria;
— i conguagli fiscali e contributivi di fine anno devono tener conto della
retribuzione complessiva percepita dal dipendente, sia per l’importo maturato alle dipendenze del conferente, sia per quello maturato alle dipendenze della società conferitaria.
5.3.2.3
Opposizione al trasferimento del proprio rapporto di lavoro
Un cenno particolare merita la sentenza della Corte di Giustizia Cee del 24
gennaio 2002 (C-51/00), con cui si afferma, in base ad un’interpretazione
dell’art. 3 par. 1 della Direttiva 77/187, che nella cessione d’azienda18 il
lavoratore dipendente può opporsi al trasferimento del proprio rapporto di
lavoro in capo all’impresa subentrante, preferendo la prosecuzione alle
dipendenze del cedente.
18 Applicabile anche all’ipotesi di conferimento d’azienda, in virtù di quanto disposto dall’art. 2112 c.c.
113
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Tale interpretazione muove dal seguente assunto:
— la direttiva 77/187 prevede il trasferimento automatico del rapporto di
lavoro in capo al cessionario d’azienda con una norma di tipo imperativo,
ossia non derogabile,
— tuttavia, tale inderogabilità va letta nell’ottica della finalità di tutela del
lavoratore e, pertanto, risulta derogabile in senso più favorevole per il
dipendente (che conserva, dunque, la facoltà di rifiutare la cessione del
suo rapporto di lavoro).
La normativa interna, costituita dal sopra citato art. 2112 c.c., nulla dice in
merito alla possibilità del dipendente di opporsi al trasferimento del proprio rapporto in capo alla società conferitaria, né al riguardo la giurisprudenza di legittimità si è occupata in modo diretto della questione successivamente all’adeguamento della normativa codicistica a quella comunitaria.
In questa sede, ci si limita a richiamare un’interessante decisione della
Suprema Corte19 riguardo all’ipotesi di cessione di ramo d’azienda, in cui
si è riconosciuto il potere del datore di lavoro di trattenere presso di sé i
lavoratori occupati nel ramo ceduto, «convertendoli» nell’ambito dell’attività produttiva oggetto della parte di azienda non ceduta.
5.3.2.4
Aziende con oltre quindici dipendenti
L’art. 47 della L. 428/90 prevede una particolare procedura per le imprese
che trasferiscono a terzi un complesso aziendale e che hanno alle proprie
dipendenze un numero di lavoratori superiore a quindici.
In caso di trasferimento d’azienda, infatti, tali imprese devono adempiere
all’obbligo di comunicazione per iscritto, alle rappresentanze sindacali,
dell’intenzione di procedere al trasferimento dell’azienda almeno venticinque giorni prima del perfezionamento dell’atto da cui deriva il trasferimento (in mancanza delle rappresentanze sindacali unitarie, la comunicazione
deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale).
È opportuno sottolineare che tale obbligo di comunicazione sussiste anche
se, per effetto del trasferimento di azienda, il numero di lavoratori dipendenti, a loro volta trasferiti al soggetto che riceve l’azienda, è inferiore a
quindici 20.
19 Cass. 24 gennaio 1991, n. 671.
20 In altre parole, la sussistenza o meno dell’obbligo di comunicazione sindacale va verificata alla luce
del numero dei dipendenti complessivamente occupati presso il soggetto che trasferisce a terzi il complesso aziendale e non con riferimento al numero dei dipendenti interessati dal trasferimento per effetto della
circolazione del complesso aziendale.
114
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Come chiarito dalla lettera del Ministero del lavoro 31-5-2001 n. 5/26570/
70, «il dies a quo (da cui a ritroso decorrono i venticinque giorni) si può
individuare nella data in cui viene effettuata l’iscrizione del contratto
traslativo nel registro delle imprese, in quanto con tale iscrizione si dà
pubblicità ai terzi dell’avvenuto trasferimento d’azienda».
Come detto, l’obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali grava
solo sulle imprese che hanno più di quindici dipendenti.
Il criterio di computo del numero dei dipendenti non è del tutto pacifico.
Infatti, oltre che dei lavoratori dipendenti assunti con normali contratti di
lavoro (ivi compresi quelli con contratto a tempo determinato):
— ai sensi dell’art. 18 della L. 300/70 (così come modificato dalla l. 108/90), ai fini
del computo si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto part-time, per la quota di
orario effettivamente svolto, mentre non vengono considerati gli apprendisti;
— ai sensi della L. 21 luglio 1971, n. 223 (in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione), invece, ai fini del computo si tiene conto,
oltre che dei lavoratori di cui al punto precedente, anche degli apprendisti.
Come si vede, dunque, il secondo criterio descritto è prudenziale, in quanto
comprende nel conteggio un maggior numero di lavoratori rispetto a quello
previsto dalla L. 300/70.
Si sottolinea, inoltre, che il computo dei dipendenti per la verifica della
sussistenza o meno dell’obbligo di comunicazione sindacale deve essere
effettuato non avendo riguardo ai livelli di impiego occasionalmente raggiunti nel momento in cui ha luogo il trasferimento del complesso aziendale, bensì con riferimento ad una media occupazionale calcolata su un periodo pregresso sufficientemente ampio21.
La comunicazione suddetta deve contenere:
— la data del trasferimento o la data della proposta 22;
— i motivi del trasferimento;
— le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori23;
— le eventuali misure previste nei confronti dei lavoratori.
21 In tal senso: Cassazione, sentenza 22-1-87 n. 615. Come periodo di riferimento per il calcolo della
media occupazionale sembrerebbe ragionevole attestarsi su una base di calcolo annuale.
22 A tale proposito, è opportuno segnalare che l’art. 47 l. 428/90 prevede che il termine di venticinque
giorni deve essere rispettato anche se le parti intendano sottoscrivere «un’intesa vincolante», diversa
dall’atto di conferimento vero e proprio.
23 Tra le quali, in particolare, sembra di estrema rilevanza l’evidenziazione dell’eventuale inserimento
per i lavoratori trasferiti con il complesso aziendale in un’impresa che conti fino a quindici dipendenti.
In tale modo, infatti, tali lavoratori (in precedenza alle dipendenze di un’impresa con più di quindici
lavoratori) perdono la particolare forma di tutela prevista dall’ormai famoso art. 18 dello Statuto dei
lavoratori. Ciò per altro accade anche nel caso di affitto d’azienda, a nulla rilevando il titolo non
traslativo del trasferimento d’azienda.
115
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Il co. 2 dell’art. 47 della L. 428/90 prevede un ulteriore obbligo per i soggetti che trasferiscono l’azienda: infatti, a seguito di richiesta scritta da
parte delle rappresentanze sindacali, da comunicare entro sette giorni dal
ricevimento della comunicazione preventiva, i suddetti soggetti devono avviare, entro sette giorni dal ricevimento della richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti.
La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo
inizio, non sia stato raggiunto un accordo.
Il mancato adempimento all’obbligo di esame congiunto costituisce una
condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori).
Bozza di comunicazione da inviare alle rappresentanze sindacali
Spett.le
Rappresentanza sindacale aziendale/associazione di categoria
Ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 47, co. 1, della Legge 29-12-1990, n. 428, Vi
comunichiamo che la nostra azienda sarà trasferita con atto di affitto d’azienda alla ditta/società
………
Il trasferimento è previsto per il giorno ………, con effetto ………, e comporterà per i lavoratori le
seguenti conseguenze, giuridiche, economiche e sociali:
…………
…………
Sono state comunque previste nei confronti dei dipendenti assunti le seguenti misure:
…………
…………
Copia della presente comunicazione viene inviata anche alla associazione di categoria/rappresentanza sindacale unitaria.
Restiamo comunque a disposizione per l’eventuale richiesta di esame congiunto previsto dal co. 1
dell’art. 47 della citata legge 428/90.
Distinti saluti.
5.3.3 Trasferimento dei crediti (esclusi quelli di natura fiscale)
A differenza di quanto previsto dall’art. 2558 c.c. in materia di contratti, l’art. 2559 c.c. esclude qualsiasi automaticità nel passaggio dei
crediti relativi all’azienda trasferita dal conferente alla società conferitaria.
Tale articolo, infatti, prevede solamente che la cessione dei crediti abbia
effetto nei confronti dei debitori anche in mancanza di notifica o di accettazione degli stessi, dal momento dell’iscrizione dell’atto di conferimento
nel Registro delle Imprese, ferma restando la liberazione del debitore ceduto
che paga in buona fede al conferente.
116
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Nella prassi professionale, è consigliabile specificare nell’atto di conferimento d’azienda se i crediti vengono ceduti o meno, precisando eventualmente in un documento da allegare all’atto i crediti trasferiti 24.
5.3.4 In particolare sul trasferimento dei crediti fiscali
Un discorso a parte deve essere fatto per i crediti di tipo fiscale.
A tale proposito, è necessario preliminarmente distinguere tra:
— crediti per imposte dirette;
— crediti IVA.
5.3.4.1
Crediti per imposte dirette
Per quanto riguarda i crediti per imposte dirette, al fine di poterli trasferire
insieme all’azienda, è necessario seguire la procedura prevista dall’art. 43-bis
del d.P.R. 602/73 e relativo regolamento (approvato con D.M. 30-9-97, n. 384).
Tali norme prevedono che:
— il credito deve risultare dalla dichiarazione dei redditi e richiesto a rimborso;
— la cessione deve avvenire con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio, da notificare all’Agenzia delle Entrate competente
per territorio e al concessionario della riscossione competente in ragione del domicilio fiscale del cedente al momento della cessione.
Ciò detto, va evidenziato che la società conferitaria dell’azienda che subentra nei crediti fiscali non può utilizzarli in compensazione con altri tributi
nel modello F24, in quanto il credito non emerge dalla propria dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 241/97 e risulta già avviata la
procedura di rimborso.
La società conferitaria, pertanto, dovrà attendere il buon esito del rimborso con il relativo incasso.
5.3.4.2
Crediti IVA
Risulta, invece, sicuramente più agevole il trasferimento del credito IVA
vantato dal soggetto conferente a favore del conferitario, poiché tale credito può essere «veicolato» dal trasferimento d’azienda, senza necessità di
seguire la procedura sopra vista per i crediti per imposte dirette 25.
24 Tipicamente, tale funzione può essere svolta dalla perizia di stima mediante la quale si è proceduti
alla valutazione dell’azienda conferita.
25 Per le modalità di presentazione delle dichiarazioni iva in caso di cessione d’azienda, si rimanda alla
C.M. 9-6-1998, n. 144/E, punto 1.1, ed alla C.M. 31-5-2000, n. 113/E, nonché alle istruzioni della
dichiarazione IVA.
117
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Nella prassi professionale, è comunque consigliabile inserire un’apposita
specifica nell’atto di conferimento, in cui viene espressamente pattuito che
il credito IVA viene trasferito insieme all’azienda.
5.3.5 Trasferimento delle passività
Il passaggio dal dante causa all’avente causa dei debiti relativi all’azienda
ceduta è, invece, regolato dall’art. 2560 c.c.
Tale disposizione stabilisce due principi di carattere generale:
— il passaggio dei debiti non è automatico, occorrendo un espresso consenso da parte dei creditori;
— sussiste una responsabilità solidale delle parti per i debiti anteriori al
trasferimento, purché essi risultino dai libri contabili obbligatori, anche
se tenuti irregolarmente26.
5.3.5.1
Valenza meramente interna dell’accordo tra le parti
Nella prassi professionale, si assiste sovente all’inserimento nell’atto di cessione d’azienda di una clausola generica in cui si prevede che l’acquirente
non subentra nei debiti dell’azienda ceduta, poiché la volontà delle parti è di
trasferire gli elementi dell’azienda che hanno un connotato operativo, come
le scorte di magazzino, i beni strumentali e i contratti d’impresa, lasciando
in capo al cedente la definizione dei rapporti pendenti con clienti e fornitori.
Si noti che, pur essendovi una volontà in tal senso delle parti, l’aver escluso in atto il trasferimento dei debiti, non fa venir meno la responsabilità
solidale dell’acquirente, espressamente prevista dal co. 2 dell’art. 2560 (purché, come si è detto, il debito risulti dai libri contabili obbligatori)27.
Infatti, sotto questo aspetto la ratio dell’art. 2560 è di tutelare il terzo
creditore che, per effetto del trasferimento dell’attivo aziendale (e quindi
dello «svuotamento» del patrimonio del suo debitore), potrebbe vedere
vanificate le proprie aspettative sulla soddisfazione del credito vantato nei
confronti dell’alienante.
26 Tra le parti può comunque essere stipulato un patto espresso di accollo in forza del quale la società
conferitaria si obblighi a pagare anche i debiti contratti dall’alienante (o parte di essi) che non risultano
dai libri obbligatori. Resta fermo che, in assenza di una simile pattuizione, la responsabilità della società
conferitaria rimane limitata a quelli risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, ivi compreso il caso di
debiti di natura risarcitoria derivanti da atti o fatti del cedente che vengono fatti valere dal creditore
successivamente alla cessione d’azienda (sul punto si veda: M. Weigmann, «Note introduttive sulla
cessione d’azienda », in Schede di Aggiornamento Eutekne n. 1/2000, pag. 73).
27 Nella prassi, pertanto, sarà necessario, da parte di chi acquisisce la disponibilità dell’azienda,
prestare molta attenzione alla solidità patrimoniale dell’alienante e verificare la situazione debitoria
risultante dalla contabilità aziendale, ferma restando comunque la possibilità per l’acquirente chiamato
al pagamento dei debiti di rivalersi sull’alienante.
118
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Nell’ipotesi in cui, invece, la volontà delle parti fosse quella di trasferire
anche i debiti relativi all’azienda, va sottolineato che senza il consenso
espresso del creditore, il soggetto conferente non risulta liberato (e quindi
resta responsabile).
In altre parole, l’accordo che le parti concludono relativamente al destino
delle passività aziendali, nell’ambito di un trasferimento d’azienda a titolo
traslativo della proprietà, regola solo i rapporti che intercorrono tra le
parti medesime (valenza meramente interna), mentre per quanto concerne
i terzi creditori, vige un regime di forte tutela, posto che a prescindere da
quanto stabilito nell’atto, la responsabilità patrimoniale per i debiti relativi
all’azienda trasferita sussiste sia in capo al conferente sia in capo alla società conferitaria, fatta eccezione per:
— i debiti relativi all’azienda trasferita che non risultano dai libri contabili
obbligatori (in questo caso è responsabile solo il conferente);
— i debiti relativi all’azienda trasferita per i quali risulta l’espresso consenso del terzo creditore al trasferimento (in questo caso è responsabile
solo la società conferitaria).
Dal punto di vista del terzo creditore (il cui credito, ben inteso, risulta dai
libri contabili obbligatori):
— nel caso in cui il suo credito risulti tra i debiti aziendali trasferiti unitamente all’azienda, tale trasferimento assume efficacia vincolante solo
dopo l’eventuale accettazione da parte del creditore;
— nel caso in cui il suo credito risulti tra i debiti aziendali rimasti in capo
al cedente, qualora quest’ultimo risulti insolvente, il creditore può comunque agire nei confronti del cessionario che ha acquisito il complesso aziendale cui il debito era strutturalmente e funzionalmente connesso.
In questo secondo caso, tuttavia, la tutela del terzo creditore sembrerebbe
subordinata:
— in primo luogo, alla preventiva escussione infruttuosa del cedente;
— in secondo luogo, alla capacità di fornire in sede contenziosa (nell’assai
probabile caso in cui il soggetto che ha acquisito l’azienda senza l’accollo
del debito rifiuti l’adempimento) la prova del collegamento funzionale e
strutturale del debito al complesso aziendale ceduto e, conseguentemente, al diritto di rivalersi sul soggetto cui è stato trasferito l’insieme dei
beni che avrebbero dovuto garantire l’integrità del suo diritto.
È appena il caso di sottolineare come una simile prova possa essere facilmente fornita quando oggetto di trasferimento è l’unica azienda del cedente, posto che in questi casi la diretta connessione funzionale e strutturale
del debito al complesso aziendale ceduto non può che presumersi.
119
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Più complessa la situazione in presenza di trasferimenti di singoli rami
d’azienda.
5.3.5.2
Libri contabili obbligatori
Come già anticipato, la responsabilità solidale (con il conferente) della
società conferitaria si applica sui debiti che, nonostante siano stati mantenuti in capo al conferente per scelta pattizia, sono da considerarsi
inerenti all’azienda trasferita e risultano dai libri contabili obbligatori 28 .
Ciò comporta, in linea di principio, che restano propri del conferente:
— i debiti non registrati;
— i debiti registrati solo sui libri contabili facoltativi eventualmente istituiti dal conferente.
Il richiamo dell’art. 2560 ai libri contabili obbligatori si riferisce all’art.
2214 co. 1 c.c., secondo cui l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere obbligatoriamente:
— il libro giornale;
— il libro degli inventari;
— le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa.
È interessante evidenziare come una sentenza della Corte di Cassazione29
ha sancito che il registro IVA acquisti, pur tenuto «obbligatoriamente» ai
sensi dell’art. 25 del d.P.R. 633/72, non può costituire elemento di prova per
l’esistenza del debito, atteso che:
— l’efficacia probatoria dei libri sopra elencati, di cui al co. 1 dell’art. 2560,
deriva espressamente dalla normativa codicistica ed attiene ai rapporti
di credito e debito inerenti all’esercizio dell’impresa;
— i registri IVA non svolgono alcuna funzione probatoria dei rapporti di
debito e credito relativi all’impresa, ma hanno la sola funzione di documentare il debito fiscale ai fini IVA essendo diretti, da un lato, a consentire l’esatto adempimento dell’obbligo tributario IVA e, dall’altro, a
permettere l’accertamento da parte degli organi di controllo.
È appena il caso di sottolineare che la citata sentenza comporta notevoli
problemi per i trasferimenti che hanno per oggetto aziende in regime di
28 In tal senso, si veda la sentenza della Cassazione n. 8363/2000, in cui viene sancito il principio
secondo cui l’iscrizione dei debiti nei libri contabili obbligatori si configura come elemento costitutivo
della responsabilità dell’acquirente, senza che possa essere sostituita da altre forme di conoscenza dei
debiti eventualmente a disposizione dell’acquirente, poiché l’art. 2560 è norma di carattere eccezionale
e perciò non suscettibile di interpretazione analogica.
29 Sentenza n. 2108/1994.
120
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
contabilità semplificata, ove appunto non vi è obbligo di tenuta dei libri
obbligatori di cui all’art. 2214 c.c., essendo sufficienti i registri IVA 30.
5.3.5.3
Importi iscritti nel passivo tra i fondi per rischi e oneri
Come si è visto, perché la società conferitaria risulti responsabile in solido
con il conferente dei debiti aziendali rimasti in capo a quest’ultimo è necessario che essi emergano dalle scritture contabili obbligatorie.
Potrebbe venire da chiedersi se tale principio trovi applicazione solo con
riferimento alle passività iscritte in bilancio che costituiscono veri e propri
debiti o anche agli importi accantonati in appositi fondi rischi a fronte di
specifici oneri la cui sopravvenienza è ancora incerta nell’ammontare e
nella data di sopravvenienza.
È il caso tipico degli importi dovuti dalla società a titolo di risarcimenti
contrattuali o di sanzioni amministrative prudenzialmente accantonate in
bilancio in attesa dell’esito definitivo del procedimento contenzioso in atto.
Posto che lo spirito della norma (laddove prevede che la responsabilità
solidale del soggetto che riceve l’azienda sussiste solo sui debiti che risultano dalle scritture contabili) è riconducibile alla necessità di garantire in
modo oggettivo le esigenze di informazione dell’acquirente sulla situazione
debitoria dell’azienda che riceve, sembrerebbe potersi affermare che la
predetta responsabilità solidale della società conferitaria operi anche con
riferimento ai debiti emergenti successivamente alla data del trasferimento dell’azienda a fronte dei quali, entro l’ultimo bilancio di fine esercizio
antecedente al conferimento, il conferente avesse effettuato un accantonamento ad un apposito fondo rischi.
5.3.5.4
Debiti contributivi
Come già analizzato in precedenza trattando dei rapporti di lavoro dipendente, l’art. 2112 co. 2 c.c. prevede una responsabilità solidale tra cedente
e cessionario per i crediti che i lavoratori vantano nei confronti del datore
di lavoro alla data del trasferimento dell’azienda.
Il riferimento è, dunque, al rapporto giuridico intercorrente tra il datore di
lavoro ed il dipendente, e non a quello che il datore di lavoro ha verso
l’istituto di previdenza per il versamento dei contributi previdenziali obbligatori.
A tale proposito, è opportuno segnalare che l’INPS, con un’interpretazione
estensiva dell’art. 2560 c.c., ha ritenuto che il soggetto che riceve l’azienda
30 In tale ipotesi, infatti, non si avrebbe alcuna responsabilità solidale dell’acquirente per mancanza del
presupposto di cui al co. 2 dell’art. 2560, ovvero le risultanze dei libri contabili obbligatori.
121
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
vada considerato responsabile in solido con l’alienate per il pagamento di
tutti i debiti contributivi esistenti alla data del trasferimento dell’azienda,
ivi compresi quelli la cui esistenza non emerge dalle scritture contabili
obbligatorie.
L’interpretazione descritta si scontra con il dato letterale dell’art. 2112,
in cui si fa riferimento al solo rapporto intercorrente tra il datore di
lavoro ed il lavoratore dipendente, senza mai citare i riflessi giuridici che
la cessione d’azienda ha nel rapporto contributivo con l’istituto di previdenza.
Tale incongruenza è stata rilevata anche dalla Corte di Cassazione 31, la
quale ha precisato che:
— i debiti contratti dal cedente l’azienda per l’omesso versamento dei contributi, esistenti all’atto del trasferimento, costituiscono debiti inerenti
all’esercizio dell’azienda e sono soggetti alla disciplina dell’art. 2560 c.c.,
con l’ulteriore conseguenza che essi devono risultare dai libri contabili
obbligatori, senza che possa operare l’automatica estensione di responsabilità dell’acquirente ai sensi dell’art. 2112 co. 2 c.c.;
— la responsabilità solidale di cui all’art. 2560 citato, è limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente, senza alcuna possibilità di estensione ai
crediti vantati da un terzo, quale l’ente previdenziale;
— l’ente di previdenza non può invocare l’art. 2112 per il recupero di detti
debiti in capo al cessionario, essendo tale articolo riferibile solo alla
tutela dei diritti del lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro;
— resta ferma la possibilità del lavoratore di chiedere al datore di lavoro
il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2116 co. 2 c.c., allorquando le
istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute.
5.3.5.5
Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
Un breve cenno merita ciò che il legislatore ha previsto in materia di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
nell’ipotesi di trasferimento d’azienda.
L’art. 15 del d.P.R. n. 1124/65, stabilisce che, in caso di trasferimento dell’azienda a titolo traslativo della proprietà, l’acquirente è solidalmente
obbligato (salvo regresso) con l’alienante per i premi ed i relativi accessori
riferiti all’anno in cui avviene il trasferimento dell’azienda e ai due precedenti.
31 Sentenza n. 8179 del 16 giugno 2001.
122
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Tale presupposto di responsabilità è da considerarsi «ulteriore» rispetto a
quello fissato dall’art. 2560 c.c. e quindi trova applicazione a prescindere
dal fatto che tali debiti risultino dai libri contabili obbligatori.
5.3.5.6
Responsabilità tributaria
Un aspetto che merita di essere tenuto in considerazione, nell’ambito di
operazioni di trasferimento d’azienda a titolo traslativo della proprietà, è
rappresentato dal regime di responsabilità che grava sul soggetto alienante e sul soggetto acquirente in relazione ad obbligazioni di natura tributaria strettamente connesse al complesso aziendale trasferito.
La responsabilità tributaria del soggetto che trasferisce l’azienda è stata
completamente rivista dall’art. 14 del D.Lgs. 18-12-1997, n. 47232, che ha
sostituito il precedente regime dettato dall’art. 19 della l. 7-1-1929, n. 4, e
dall’art. 66 del d.P.R. 29-9-1973, n. 602.
In linea generale, tale disposizione stabilisce la responsabilità solidale della
società conferitaria con il conferente per il pagamento delle imposte e
sanzioni riferite a:
— violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda e nei due precedenti, anche se non contestate o irrogate alla
data delle cessione;
— violazioni commesse anche in epoca anteriore, e già contestate nell’anno
in cui è avvenuto il trasferimento.
Tale responsabilità solidale è comunque contemperata dalla previsione di
alcune limitazioni, poiché:
— è riconosciuto al soggetto che ha ricevuto l’azienda il beneficio della
preventiva escussione del soggetto che l’ha trasferita;
— la responsabilità solidale del ricevente non può, comunque, eccedere il
valore dell’azienda (o del ramo d’azienda) acquisita, intendendosi per
«valore» quello accertato dall’Ufficio ovvero, in mancanza di accertamento, quello dichiarato dalle parti;
— la responsabilità solidale del ricevente è limitata al debito risultante,
alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici dell’Amministrazione
Finanziaria e degli altri enti preposti all’accertamento dei tributi.
Il presupposto di responsabilità sancito dall’art. 14 del D.Lgs. 472/97 è da
considerarsi «ulteriore» rispetto a quello fissato dall’art. 2560 c.c. e quindi
trova applicazione a prescindere dal fatto che i debiti per cui tale responsabilità opera risultino dai libri contabili obbligatori.
32 Il Ministero delle Finanze ha ampiamente commentato l’intero D.Lgs. 472/97 con la C.M. 10-7-1998,
n. 180/E.
123
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
Come già evidenziato in precedenza in relazione ad altre poste debitorie,
nell’ipotesi di trasferimento di un «mero» ramo d’azienda, è necessario
verificare innanzitutto se sussiste la riferibilità del debito al ramo d’azienda trasferito quale condizione necessaria per il sorgere della responsabilità
solidale dell’acquirente, ai sensi dell’art. 2560 c.c.
Una interpretazione logico-sistematica dell’art. 14 del d.lgs. 472/97 porta
alla conclusione che anche per i debiti tributari debba applicarsi il principio
dell’afferenza del debito al ramo d’azienda trasferito.
Il problema, però, è un altro: spesso è difficile, se non impossibile, collegare un debito tributario con un ramo d’azienda piuttosto che con altri rami
aziendali, tutti comunque facenti capo al medesimo soggetto.
Spetterà alla società conferitaria, per esonerarsi dalla responsabilità solidale, provare che il debito non si riferisce al ramo d’azienda acquisito,
bensì a quello (o quelli) eventualmente rimasto al conferente.
Per consentire all’acquirente di avere una «fotografia» dei rapporti con il
Fisco da parte dell’azienda cedente, l’art. 14 co. 3 del citato d.lgs. 472/97,
prevede la possibilità di chiedere all’Agenzia delle Entrate competente il
rilascio di un certificato da cui risulti:
— l’esistenza di contestazioni in corso;
— l’esistenza di contestazioni già definite per le quali i debiti non sono
stati soddisfatti33.
In caso di esito negativo, ovvero di mancata risposta entro quaranta giorni
dalla richiesta, il cessionario è pienamente liberato da qualsiasi responsabilità per i debiti tributari del cedente, fermo restando che, ai sensi del co.
4 dell’art. 14, le limitazioni alla responsabilità non hanno effetto se la cessione dell’azienda è avvenuta in frode dei crediti tributari.
In merito ai soggetti legittimati a richiedere il rilascio del certificato, la
norma parla semplicemente «dell’interessato», comprendendo, dunque, non
solo il cessionario, ma anche il cedente, il quale ha l’interesse a dimostrare
che l’azienda non presenta pendenze o contestazioni con l’Erario.
Nella prassi, è sicuramente il soggetto che riceve l’azienda il soggetto più
interessato, in quanto vuole porsi nella condizione di conoscere preventivamente le responsabilità che potrebbe incontrare con l’acquisto dell’azienda.
Di tale avviso è anche il Ministero delle Finanze 34, laddove consente al
cessionario in fieri di presentare l’istanza, purché il cedente in fieri manifesti esplicitamente il proprio consenso alla richiesta del certificato.
33 Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 25 giugno 2001 ha approvato due modelli di certificato, uno per l’accertamento di carichi pendenti, l’altro per la verifica dell’esistenza di contestazioni in
corso.
34 C.M. 180/E/1998 citata.
124
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
5.3.6 Trasferimento dei segni distintivi
L’azienda oggetto di compravendita può contenere nel proprio patrimonio
anche elementi immateriali, che spesso possono essere di notevole valore
economico e quindi suscettibili di influenzare il valore dell’azienda.
In particolare, vale senz’altro la pena spendere alcune considerazioni relativamente alle modalità di circolazione, nel contesto di un trasferimento
d’azienda, dei c.d. «segni distintivi», ossia:
— la ditta;
— l’insegna;
— il marchio.
5.3.6.1
Trasferimento della ditta
L’art. 2565 c.c. contiene i seguenti importanti principi:
— il trasferimento della ditta può avvenire solo se congiuntamente viene
ceduta l’azienda (co. 1);
— nel trasferimento dell’azienda non vi è il subentro automatico nella ditta
da parte dell’acquirente, essendo richiesto l’espresso consenso dell’alienante (co. 2).
La ditta, quale segno distintivo dell’azienda, è il mezzo attraverso cui l’azienda è conosciuta nel mercato e ad essa è collegata l’immagine che l’imprenditore realizza nei confronti dei terzi.
Risulta, quindi, importante disciplinare — nell’atto di conferimento — la
sorte della ditta, considerando che, se nulla viene detto, la società conferitaria non ha alcun titolo per subentrare nell’utilizzo della ditta35.
5.3.6.2
Trasferimento dell’insegna
Anche per l’insegna, altro segno distintivo dell’azienda, valgono le stesse
regole descritte per la ditta.
In altre parole, è ammesso il suo trasferimento unitamente all’azienda, ma
serve un’espressa pattuizione in merito nell’atto di trasferimento dell’azienda stessa.
5.3.6.3
Trasferimento del marchio
Molto spesso nel patrimonio aziendale è presente un marchio, che può essere
costituito da un emblema o da una denominazione, che rappresenta in ogni
35 La Cassazione, nella sent. n. 2755/94, ha precisato che la cessione della ditta può aver luogo anche
quando sia trasferito solo un ramo d’azienda, purché sia suscettibile di costituire un’organica unità, la
quale riproduca in sostanza le caratteristiche fondamentali dell’originaria azienda.
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I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
caso un segno distintivo del prodotto, sia esso industriale o solo commerciale.
La precedente formulazione dell’art. 2573 c.c. prevedeva che il marchio
poteva essere trasferito soltanto contestualmente all’azienda o con un ramo
dell’azienda, non assumendo valenza l’accordo delle parti di trasferire autonomamente il marchio.
Ora, a seguito delle modifiche apportate al co. 1 dell’art. 2573 dal D.Lgs. n.
480/92, il vincolo suddetto è stato soppresso ed il marchio può essere liberamente trasferito indipendentemente dalle sorti dell’azienda cui è legato.
Dalla lettura dell’art. 2573, inoltre, si desume che possono essere seguite
due alternative:
— trasferimento della proprietà del marchio, ossia cessione vera e propria
della titolarità del bene immateriale;
— concessione di una licenza del marchio, ovvero il diritto di utilizzare il
marchio, ferma restando la titolarità dello stesso in capo al licenziante36.
Anche nel trasferimento dell’azienda, si possono verificare le suddette
possibilità, precisando che se le parti hanno pattuito la cessione della titolarità, il cedente non potrà in futuro più utilizzare tale marchio, pena la
possibilità da parte dell’acquirente di agire per la tutela giudiziale del diritto di privativa.
5.3.7 Divieto di concorrenza
Nell’implementazione di un’operazione di conferimento d’azienda è necessario tenere in considerazione anche gli aspetti legati al divieto di concorrenza stabilito dall’art. 2557 c.c.
Tale disposizione, infatti, prevede un importante principio a tutela dell’acquirente dell’azienda, consistente nel divieto, per colui che la trasferisce, di
iniziare una nuova attività d’impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre
circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.
La durata di tale divieto non può, comunque, eccedere la durata di cinque
anni dal trasferimento.
36 A tale proposito giova poi sottolineare il disposto dell’art. 15 co. 2 del R.D. 21-6-1942 n. 929 (testo
delle disposizioni in materia di marchi registrati), come sostituito dall’art. 15 del D.Lgs. 4-12-1992 n.
480, ai sensi del quale il marchio può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o per
par te dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o per parte del territorio
dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi ad usare il
marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o
prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari». In altre parole
non solo è ammessa la concessione in uso del marchio a prescindere da trasferimenti di complessi
aziendali tra le parti, ma viene anche consentita una concessione non esclusiva che determini sostanzialmente un co-uso del marchio.
126
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Importante è delimitare la portata applicativa di tale disposizione, in quanto viene espressamente detto che la nuova attività iniziata dal cedente
deve essere «idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta».
Si deve trattare di ipotesi nelle quali, ad esempio, gli articoli trattati sono
i medesimi di quelli dell’azienda ceduta, ma certamente non può applicarsi
tale divieto qualora, pur in presenza di un’identità merceologica, la nuova
attività del conferente sia ubicata in luoghi lontani e tali da non incidere
sul medesimo bacino d’utenza, ovvero ancora abbia come oggetto l’esercizio di un’attività diversa e non ricollegabile a quella trasferita.
Ulteriore delimitazione sta nel fatto che il divieto di concorrenza riguarda
l’apertura di una «nuova impresa», con la conseguenza che se il conferente
già esercitava con distinti complessi aziendali la medesima attività, egli la
può liberamente continuare (utilizzando il complesso aziendale non conferito), fermo restando il divieto di utilizzo di tale impresa per sottrarre
clientela all’acquirente dell’azienda37.
Il comma 2 dell’art. 2557 consente infine alle parti di ampliare il divieto di
concorrenza nei limiti in cui non si impedisca al conferente di esercitare
ogni attività professionale e fermo restando il limite temporale del quinquennio dalla data del trasferimento38.
5.3.8 Trasferimento di licenze e autorizzazioni amministrative
Accade sovente che per l’esercizio dell’attività aziendale siano necessarie
alcune autorizzazioni o concessioni amministrative rilasciate dagli organi
della Pubblica Amministrazione39.
Il principio generale è che le autorizzazioni amministrative non sono suscettibili di trasferimento autonomo in virtù del loro carattere strettamente personale, (e, come tali, non sono considerati elementi costitutivi dell’azienda, potendo sussistere quest’ultima indipendentemente dal rilascio
dell’autorizzazione amministrativa).
37 Ciò detto, va poi sottolineato che la violazione del divieto di concorrenza si realizza anche nell’ipotesi
di esercizio «indiretto» dell’impresa, che può realizzarsi quando ci si avvale di un prestanome ovvero si
è amministratori di società o procuratori. In tali casi, infatti, si possono sfruttare alcune informazioni
derivanti dalla conoscenza della clientela e del mercato che possono danneggiare l’acquirente dell’azienda.
38 Generalmente, al fine di evitare qualsiasi questione, il divieto viene svincolato dall’idoneità dell’attività
a sviare la clientela dell’azienda ceduta, oppure viene esteso il divieto anche per eventuali attività già
esercitate in precedenza dal cedente. Unico limite, come detto, è che non si impedisca all’alienante
qualsiasi attività professionale, intendendosi per tale l’esercizio d’impresa, non essendo sufficiente che al
cedente resti esclusivamente la possibilità di esercitare una delle professioni liberali. Relativamente alla
forma che deve assumere il divieto di concorrenza, è da evidenziare che nulla dice al riguardo l’art.
2557; si ritiene però applicabile l’art. 2596 del Codice Civile che, come norma generale sui limiti
contrattuali alla concorrenza, richiede la forma scritta ad probationem .
39 Si pensi, ad esempio, alle rivendite di generi di monopolio o di prodotti alimentari.
127
I CONFERIMENTI NELLE SOCIETÀ
In altre parole, le autorizzazioni amministrative sono funzionali all’esercizio dell’attività e non costitutive dell’azienda.
Ne consegue che nell’ambito dei beni patrimoniali trasferiti all’acquirente,
non è possibile ricomprendere l’eventuale autorizzazione amministrativa
rilasciata al cedente, in quanto strettamente correlata ai requisiti soggettivi del medesimo.
Tuttavia, per consentire all’acquirente di poter esercitare appieno l’attività, nella prassi operativa si è soliti inserire nell’atto di cessione apposite
clausole in cui il venditore consente la volturazione della licenza a favore
dell’acquirente40.
5.3.9 Responsabilità amministrativa
Nell’implementazione di un’operazione di conferimento d’azienda è importante tenere presente che tra soggetto conferente e soggetto conferitario
può venire ad instaurarsi una solidarietà in ordine ai profili di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Tale responsabilità amministrativa è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 8-6-2001, n. 231, ai sensi del quale le persone giuridiche
rispondono sul piano amministrativo per i reati penali commessi nell’interesse della società o a suo vantaggio:
— da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione
o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale;
— da persone che esercitano, anche di fatto, il controllo e la gestione dell’ente;
— da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza da parte di uno dei
soggetti sopra elencati.
Ciò implica, ad esempio, che se un direttore generale compie un reato
agendo nell’interesse della società, automaticamente scatta una responsabilità amministrativa dell’ente giuridico, che pertanto sarà chiamato al pagamento delle sanzioni derivanti dall’illecito compiuto.
Nel caso specifico del conferimento d’azienda, l’art. 33 co. 1 del citato D.Lgs.
231/2001 prevede una responsabilità solidale della società conferitaria al
pagamento della sanzione pecuniaria, qualora nell’esercizio dell’attività
dell’azienda trasferita siano stati commessi reati da parte dei soggetti sopra
indicati nell’interesse dell’ente.
40 In quelle attività, poi, dove l’autorizzazione amministrativa è condizione essenziale per esercitare in
concreto l’attività stessa, si è soliti sottoporre l’atto di trasferimento alla condizione sospensiva del passaggio della licenza in capo all’acquirente.
128
5. IN PARTICOLARE SUL CONFERIMENTO DI AZIENDA
Tale responsabilità solidale della società conferitaria opera:
— fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del conferente;
— nei limiti del valore dell’azienda conferita.
5.4
Metodologie per la valutazione di un complesso aziendale
Passaggio fondamentale dell’operazione di conferimento dell’azienda è la
determinazione del valore dell’azienda, ossia del bene oggetto di conferimento.
Come si è visto, nel caso di conferimenti in società di capitali, l’individuazione del valore deve risultare da apposita perizia giurata di stima, per
obbligo di legge e non per «mera» opportunità rimessa alla volontà delle
parti.
La valutazione delle aziende non può essere intesa come un processo di
applicazione meccanica di criteri e di formule, anche se di sovente le perizie di stima non si discostano da una mera rielaborazione di alcuni dati
contabili, sulla base di metodologie di larga diffusione e generale accettazione, nel presupposto che queste siano già di per sé garanti della verosimiglianza dei risultati ottenuti. Invece, per pervenire ad una valutazione
attendibile e realistica, bisogna prestarsi ad un ulteriore sforzo critico e
disporre, oltre che di una serie di strumenti «tecnici», delle informazioni
utili al fine di inquadrare l’azienda nel sistema in cui opera e di valutarne
le politiche e le strategie41.
Tale processo non deve poi limitarsi a fornire una mera fotografia dell’impresa, sostanziandosi in pratica in un’analisi a «bocce ferme» della realtà
aziendale, bensì deve essere in grado di comprenderne il suo divenire,
carpendo il complesso rapporto tra la stessa e gli elementi dinamici dell’ambiente nel quale opera.
È pertanto di estrema importanza valutare appieno:
— le caratteristiche del settore cui appartiene l’azienda oggetto di stima;
— l’andamento storico dei suoi risultati;
— le previsioni sul suo sviluppo prospettico in relazione al proprio ambito
concorrenziale;
— il quadro macro-economico e politico del Paese o dei Paesi in cui l’impresa opera.
In virtù di ciò, il processo di valutazione di un’azienda implica un’analisi a
360 gradi che consideri ogni fattore potenzialmente in grado di inficiarne
la capacità di produrre flussi di reddito e, conseguentemente, di influenzarne il valore economico.
41 L. Guatri, «Trattato sulla valutazione delle aziende», Egea, Milano, 1999, p.18.
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