STUDIO DELL`EFFETTO DELLA PALLINATURA SUL

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STUDIO DELL`EFFETTO DELLA PALLINATURA SUL
Associazione Italiana per l’Analisi delle Sollecitazioni (AIAS)
XXXVI Convegno Nazionale – 4-8 Settembre 2007
Università degli Studi di Napoli Federico II – Seconda Università degli Studi di Napoli
STUDIO DELL’EFFETTO DELLA PALLINATURA SUL
COMPORTAMENTO A FATICA DELLA LEGA Al-7075-T651
M. Benedettia, C. L. Azanza Ricardoa, C. Santusb, V. Fontanaria
a
Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e delle Tecnologie Industriali, Università degli
Studi di Trento, via Mesiano, 77 - 38050 Trento , e-mail: [email protected]
b
Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione, Università degli
Studi di Pisa, Via Diotisalvi, 2 - 56126 Pisa, e-mail: [email protected]
Parole chiave: fatica, alluminio, pallinatura, tensioni residue.
Sommario
In questo lavoro viene studiato l’effetto della pallinatura sul comportamento a fatica di
componenti in lega Al 7075 T651 al variare delle condizioni di trattamento. Sono state
determinate le curve di Wöhler per le diverse condizioni sperimentali ed i risultati sono
stati discussi considerando i meccanismi di deformazione plastica indotti da pallinatura ed i
loro effetti sulla morfologia superficiale, sulla microstruttura e sullo stato di tensione
residua. Si è riscontrato un miglioramento della risposta a fatica più o meno evidente a
seconda dell’intensità di pallinatura.
Abstract
The present paper reports a study on the effect of different shot-peening treatments on
the fatigue behaviour of the Al 7075 T651 alloy. The Wöhler curves were determined for
the different experimental conditions and fatigue results have been discussed on the basis
of the plastic deformation mechanisms induced by the shot impingements and their effects
on the surface morphology, on the microstructure and on the residual stress fields. A
different improvement of the fatigue responses was found, depending on the peening
intensity.
1. Introduzione
In molti settori delle costruzioni meccaniche, l’evoluzione tecnologica negli ultimi
decenni è stata notevolmente influenzata dalla necessità di perseguire la riduzione di peso
del prodotto finale. A questo scopo è stato fortemente incrementato l’utilizzo di leghe
leggere, le quali accanto ai benefici introdotti, hanno tuttavia presentato, rispetto a
materiali tradizionali, alcuni punti di debolezza, tra cui una peggiore risposta a condizioni
di sollecitazione ciclica. Per migliorare queste prestazioni sono stati adottati molti
accorgimenti e, tra questi, i trattamenti volti a migliorare le caratteristiche superficiali
hanno svolto un ruolo molto importante. Tra i trattamenti superficiali di tipo meccanico, il
trattamento di pallinatura, per la sua semplicità tecnologica, ha sempre ricevuto particolare
attenzione ed ha sempre fornito riscontri molto positivi, consentendo incrementi notevoli
della vita a fatica dei componenti rispetto alla condizione non pallinata. Vi è concordanza
in letteratura nell’attribuire questo miglioramento essenzialmente alla presenza di uno stato
di autotensione, di compressione in prossimità della superficie, che molto spesso copre il
peggioramento microstrutturale e di morfologia superficiale causato dai ripetuti urti durante
il trattamento[1-4]. In taluni casi è stato anche osservato, soprattutto per gli acciai, che il
trattamento può consentire un miglioramento della microstruttura superficiale inducendo
trasformazioni cristallografiche [5,6]: un esempio molto importante in tal senso riguarda la
trasformazione dell’austenite ritenuta dopo cementazione. Tenendo conto dei contrastanti
effetti sullo stato superficiale indotti dal trattamento sono state individuate alcune
indicazioni sulle condizioni di processo atte a massimizzare il miglioramento delle
prestazioni [7-9]. In alcuni lavori è stato anche evidenziato come il campo di tensione
residua possa subire un progressivo rilassamento durante la prova ciclica, soprattutto ad alti
carichi [4,10-12]. Un altro aspetto riscontrato da alcuni autori riguarda la possibilità che a
causa del profilo di tensioni residue, compressive in superficie, il punto debole del
componente si sposti dalla superficie all’interfaccia tra lo strato pallinato ed il materiale
base, dove è stato, in taluni casi, riscontrato l’innesco di fessure di fatica soprattutto in
prove ad alto numero di cicli [13,14]. A questi aspetti va aggiunta la complessità locale
dello stato di tensione, quale si riscontra nei componenti reali, che molto spesso si
caratterizzano per la presenza diverse tipologie di intaglio. Numerosi studi [e.g. 5,6,15,16]
hanno riportato risultati di fatica ottenuti su pezzi intagliati e pallinati, evidenziando spesso
notevoli miglioramenti; rimane tuttavia incerta, soprattutto per le leghe leggere, l’entità del
beneficio arrecato dalla pallinatura sulla risposta a fatica al variare della tipologia (fori,
cordoni di saldatura, gole,..) e della criticità degli intagli stessi.
In questo lavoro, come parte di un progetto finalizzato ad analizzare le problematiche
esposte in termini di evoluzione delle tensioni residue, analisi delle condizioni di innesco e
valutazione dell’efficacia del trattamento di pallinatura per componenti intagliati, vengono
riportati e discussi i risultati sperimentali sul comportamento a fatica della Al 7075 T651
con particolare attenzione alla qualifica dell’effetto di diversi trattamenti di pallinatura.
L’attività sperimentale è stata condotta su provini pallinati a tre diverse intensità. Sono
state determinate le curve di Wöhler per le diverse condizioni sperimentali ed i risultati
sono stati analizzati alla luce dei profili di tensione residua indotti dalla pallinatura. Le
misure di autotensione sono state condotte con le tecniche XRD (X-ray diffractometry) e
BHD (Blind hole drilling), con lo scopo di analizzare le risposte che le due tecniche
possono fornire, in modo da avere anche una possibilità di comparazione in tutto il campo
di misura. Particolare attenzione è stata posta alla correlazione tra il campo di autotensione
e lo stato superficiale osservato, al fine di indagare le cause dell’innesco dei difetti di fatica.
2. Materiale e procedura sperimentale
Il materiale utilizzato è la lega Al 7075 fornita sotto forma di piastra di spessore pari a 4
mm nello stato di trattamento T651, corrispondente ad una tempra di soluzione, seguita da
invecchiamento artificiale e stiramento finale. La microstruttura del materiale (fig. 1),
presenta grani di dimensione media ca. 70 µm, per lo più allungati nella direzione di
laminazione ed una fine dispersione di precipitati intermetallici contenenti Al, Si, Mg, che
sono responsabili delle elevate proprietà meccaniche della lega.
Dalle piastre sono stati ricavati provini standard per le prove statiche, nella direzione di
laminazione. I valori ottenuti come media su cinque prove sono riportati in tabella 1.
Figura 1. Microstruttura della lega Al-7075-T651; a) microstrttura nel piano di lam
inazione, b) microstruttura nello spessore. (L=direzione di laminazione, T=direzione trasversale nel
piano, LT= nello spessore della piastra)
E (GPa)
UTS (MPa)
A (%)
R.A. (%)
σ0.2 (MPa)
σF (MPa)
73 (±1.5)
525(±4)
565(±6)
760(±6.5)
18(±2)
24(±1)
E: modulo elastico; σ0.2: carico di snervamento, UTS: ultimate tensile strength, σF:
true stress a frattura, TE.: Allungamento totale a rottura, R.A: riduzione d’area
Tabella 1: proprietà meccaniche statiche della lega Al-7075-T651.
Per la caratterizzazione a fatica i provini sono stati realizzati secondo la geometria
riportata in figura 2. Essa presenta un raccordo molto dolce, così da poter trascurare
l’effetto d’intaglio. Parte dei provini sono stati assoggettati a pallinatura usando tre
trattamenti di intensità diversa, secondo le caratteristiche riportate in tabella 2.
Figura 2. Geometria dei campioni di fatica utilizzati nella sperimentazione (dimensioni in
mm).
Tipo di sfera
CE B120
CE Z425
CE comb
diametro sfere (µm)
Intensità di pallinatura (gradi Almen)
4.5 N
63−125
425-800
4.5 A
CE Z425 seguita da CE-B120
Copertura (%)
100
100
100
Tabella 2: caratteristiche del trattamento di pallinatura
In particolare il terzo trattamento è una doppia pallinatura ottenuta combinando
opportunamente la sequenza di trattamento dapprima con le sfere Z425 e quindi con le
sfere B120. L’entità della modifica superficiale indotta è stata caratterizzata mediante
misure di rugosità e realizzando profili di microdurezza al variare della distanza della
superficie.
La caratterizzazione a fatica prevede la costruzione della curva di Wöhler tra 5.104 e
.
5 106 cicli, nella configurazione di flessione alternata, per le diverse condizioni
sperimentali. La curva di fatica corrispondente al 50% di probabilità di rottura, espressa
dalla relazione:
σ P50 = σ 0 P50 ⋅ N −1 / k
(1)
è stata determinata, come da normativa [17], mediante una regressione ai minimi quadrati
dei dati log(N) vs. Log(σ). Come valore rappresentativo della banda di dispersione è stato
assunto quello fornito dalla regressione, espresso da Tσ=1:σP90/σP10 in cui P90,P10 indicano
rispettivamente 90% e 10% di probabilità di rottura. Il valore di resistenza a 5.106 è stato
ottenuto mediante una procedura ‘stair case’ utilizzando tra 12 e 15 provini.
Il profilo di autotensione indotto da pallinatura è stato misurato mediante le due
tecniche X-ray diffraction e Blind Hole Drilling. La misura mediante XRD è basata sul
metodo del sin2ψ. In considerazione del materiale in esame è stata scelta la direzione dei
piani cristallografici <422>, per lavorare in condizioni di isotropia e per avere un riflesso
ad alto angolo e di intensità elevata. Le misure di profilo non sono ancora state ottenute con
questa tecnica, a causa della non ancora ottimale messa a punto della procedura di
assottigliamento; per queste analisi si è quindi fatto riferimento alle misure mediante BHD.
Queste misure sono state realizzate con un’apparecchiatura costituita da un motore passo
passo per un accurato posizionamento della fresa fino al punto di zero e per un controllo
preciso della risoluzione di avanzamento in profondità. La fresa è mossa da una turbina ad
aria funzionante ad elevatissima velocità (400000 rpm). Per ridurre l’eccentricità tra rosetta
estensimetrica e foro, possibile causa di incertezza nella misura, lo strumento si avvale di
una guida micrometrica e di un microscopio ottico. Dettagli completi sull’apparecchiatura
sono riportati in [18]. La profondità massima del foro è stata di circa 1 mm. La
determinazione delle tensioni residue dalle misure estensimetriche è stata ottenuta mediante
l’approccio proposto in [19].
3. Risultati sperimentali e discussione
3.1 Caratteristiche dello strato modificato dalla pallinatura.
Le misure di rugosità condotte per il materiale non pallinato e per le tre condizioni di
pallinatura sono riportate in tabella 3 e mostrano un lieve peggioramento dello stato
superficiale introdotto dal primo trattamento ed una più sensibile modifica per gli altri due
trattamenti. I valori di rugosità finali rimangono peraltro entro livelli molto contenuti e
quindi non tali da segnalare un eccessivo deterioramento superficiale. Filtrando
opportunamente i dati è stato possibile anche stimare una distanza media picco-picco Dp,
confermata anche da stime su micrografie superficiali. Per la terza condizione di pallinatura
il secondo trattamento sembra non incidere significativamente sulla rugosità, infatti il
trattamento B120 dopo lo Z425 comporta solo un lieve smusso dei picchi di rugosità.
Dai confronti tra i profili di microdurezza riportati in figura 3 si può osservare una
considerevole differenza tra la prima pallinatura e le altre due, sia in termini di valore
assoluto, a cui può essere associato il livello di incrudimento, sia in termini di spessore
efficace, a cui può essere associato il volume di materiale interessato dalla deformazione
plastica e quindi soggetto a tensioni residue di compressione dopo il trattamento.
Non pallinato
CE-B120
CE-Z425
CE-Comb
Ra [µm]
1.02
1.18
3.428
3.362
Dp [µm]
-
48
120
127
Tabella 3: misure di rugosità superficiale
220
CEB120
CEZ425
CECOMB
nonpall.
210
Durezza HV0.2
200
190
180
170
160
0.00
0.04
0.08
0.12
0.16
0.20
0.24
0.28
Distanza dalla superficie (mm)
Figura 3. Profili di microdurezza misurati sui campioni pallinati
3.2 Analisi dello stato di autotensione
In figura 4 sono riportati i profili di autotensione misurati sui provini non intagliati, i
quali evidenziano le differenze tra i tre trattamenti realizzati.
90
σ res (MPa)
0
-90
CE B120
-180
CE Z425
CE COMB
-270
CE B120 XRD
CE Z425 XRD
-360
CE COMB XRD
-450
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
distanza dalla superficie (mm)
Fig. 4: profili di autotensione per le diverse condizioni di pallinatura
Un sommario dei valori di tensione residua superficiale e di picco, nonché dello
spessore a cui il segno delle tensioni si inverte è riportato in tabella 4.
σpicco (MPa)
30
Leff (mm)
Non pallinato
σsup (MPa) (misure XRD)
20
CE-B120
-286
-286
0.12
-
CE-Z425
-315
-369
0.19
CE-Comb
-312
-405
0.19
Tabella 4: tensione residua misurata sulla superficie dei campioni
Si può osservare come il materiale nello stato non pallinato sia soggetto ad un moderato
campo di tensioni residue di trazione in superficie.
Per quanto riguarda i trattamenti di pallinatura, il meno intenso (CE-B120) si distingue
sia per valori assoluti di autotensione, sensibilmente minori degli altri due, sia per lo strato
superficiale molto sottile interessato da autotensioni di compressione, il cui picco è stato
misurato praticamente sulla superficie.
Il trattamento Z425 ed il combinato si differenziano non tanto in termini di tensione
sulla superficie o di posizione del picco, quanto in termini di valore assoluto dello stesso,
che in quello combinato è leggermente superiore (ca. 10%). Può essere interessante
osservare che la differenza tra i due profili misurati scompare a partire più o meno dalla
profondità di 0.12 mm, al cui valore si esaurisce anche il profilo di autotensioni
compressive del trattamento B120 singolo. Per tutti i trattamenti il valore di picco risulta
una frazione del carico di snervamento del materiale non superiore a 0.75, indice di
trattamenti non particolarmente intensi.
Il confronto tra le misure XRD e BHD può essere condotto solo sui valori in prossimità
della superficie e mostra una sistematica leggera sottostima (5-9%) dei valori assoluti di
tensione superficiale forniti dalla tecnica BHD. L’accordo tra i valori misurati con le due
tecniche si può tuttavia considerare buono.
3.2 Risultati delle prove di fatica
I parametri rappresentativi dell’eqn. 1 ed i valori di resistenza a fatica a 5.106 cicli
ottenuti per le condizioni sperimentali indagate sono riportati in tabella 5.
Non pallinato
CE-B120
CE-Z425
CE-Comb
K
σo [MPa]
σ5.106 [MPa]
5.99
1472.5
139.5
11.70
791.2
203.8
6.96
1415
154.5
10.30
790.7
187.3
Tabella 5: risultati delle prove di fatica
Tσ
1.22
1.23
1.11
1.15
Nella figura 5 vengono riportati i risultati delle prove e le quattro linee P50 ottenuti
rispettivamente per il non pallinato e per i tre trattamenti di pallinatura.
Dall’analisi dei risultati di fatica si ottiene una conferma dell’efficacia del trattamento di
pallinatura soprattutto per vite a fatica relativamente lunghe. Il trattamento di pallinatura
che consente i migliori benefici è quello meno intenso. Il trattamento Z425 consente, a 5
milioni di cicli, un miglioramento abbastanza contenuto rispetto al non pallinato (circa
10%), il trattamento combinato corregge in parte il trattamento Z425, permettendo il
raggiungimento di risultati sensibilmente migliori, ma tuttavia inferiori a quelli del
trattamento B120 (incremento quasi pari al 50%).
400
nonpall.
CEB120
CEZ425
CECOMB
350
300
σa (MPa)
250
203.8
200
187.3
154.5
150
139.5
100
100000
1000000
n° cicli
Fig. 5: risultati delle prove di fatica per il provino non intagliato
Può essere interessante osservare che in alcuni campioni che hanno presentato run-out a
5 milioni di cicli sono state evidenziate fessure, che non sono state evidenziate con la
tecnica dei liquidi penetranti ma che sono emerse e si sono aperte nel momento in cui il
provino è stato tagliato per analisi metallografiche. Un esempio è riportato in figura 6, in
cui si riporta una fessura osservata in un run-out del pallinato CE B120. Molto interessante
è il percorso di questa fessura, in cui il ruolo della microstruttura molto allungata appare
determinante.
Fig. 6: esempio di una fessura di fatica riscontrata in un campione pallinato CE-B120
L’insieme dei risultati presentati evidenzia la notevole importanza che può rivestire la
scelta ottimale dei parametri di pallinatura, proprio in considerazione degli effetti
contrastanti indotti dallo stato di tensione residua e dal peggioramento dello stato
superficiale. Nel caso in esame il trattamento meno intenso pur determinando uno stato di
compressione superficiale meno marcato degli altri due, realizza una più limitata modifica
microstrutturale nello strato superficiale e soprattutto determina un livello di incrudimento
molto più contenuto (come evidenziato dalle misure di microdurezza) accoppiato ad una
più bassa rugosità.
Passando a confrontare i risultati del trattamento Z425 con quello combinato risulta
difficile spiegare il notevole miglioramento ottenuto in quanto non si osservano modifiche
evidenti né della morfologia superficiale né del profilo di microdurezza, ma soltanto un
limitato incremento del valore assoluto del picco di tensione compressiva.
Sulla base dei risultati ottenuti per queste tre condizioni di pallinatura non è possibile
prevedere il miglioramento a fatica solo sulla base della sovrapposizione, al ciclo di fatica,
di uno stato biassiale di tensione media dovuto alle tensioni residue iniziali. Un calcolo più
preciso potrebbe essere condotto conoscendo l’evoluzione dei profili di tensione residua
durante la prova. Al riguardo interessanti riscontri erano stati ottenuti in [4] per la lega AL
6082 T6 e misure in tal senso sono in atto anche per il materiale in esame.
Si può anche osservare che la regione entro cui il trattamento B120 presenta valori di
tensione residua che si avvicinano agli altri due trattamenti si limita ad uno spessore di non
più di 0.02 mm, corrispondente a non più di 3 strati di grani cristallini (fig. 1b),
probabilmente sufficiente per svolgere una efficace azione di barriera nel bloccare fessure
microstrutturalmente corte. Questo effetto è verosimilmente accentuato dalla particolare
microstruttura che appare propensa a propagazioni di fessura di tipo delaminativo tra i
diversi strati cristallografici e quindi a fenomeni di biforcazione (fig. 6) all’apice che
tendono a ritardare la propagazione in profondità, responsabile del cedimento finale.
4. Conclusioni
I principali risultati ottenuti possono essere riassunti come segue:
1) L’intensità del processo di pallinatura determina una differenziazione del campo di
tensioni residue sia in termini di tensione superficiale, che di picco subsuperficiale, che
di spessore del profilo stesso.
2) Il miglioramento della resistenza a fatica dopo pallinatura si può solo in parte spiegare
sulla base della sovrapposizione tra lo stato di tensione residua e la sollecitazione
esterna. Le modifiche superficiali giocano un ruolo altrettanto importante che deve
essere accuratamente studiato per ottimizzare i parametri di trattamento.
3) Il campo di tensione residua, oltre a modificare lo stato locale di tensione, può
determinare un’azione di ritardo delle fessure di fatica meccanicamente corte.
Ringraziamento:
Si ringrazia l’ing Michele Bandini dell’azienda Peen Service s.r.l. - Bologna, che ha molto
gentilmente contribuito alla definizione delle condizioni ed alla realizzazione dei
trattamenti di pallinatura.
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