stupefacente seduzione di femminilità

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stupefacente seduzione di femminilità
Overdose di bellezza
STUPEFACENTE
SEDUZIONE
DI FEMMINILITÀ
Alla folle moda della polvere bianca recuperata al
costo di un cocktail, il vero Monsieur preferisce
la donna, l’unica droga da cui possa veramente
dipendere. Protagonista indiscussa di un’opera o
dell’esistenza nel suo complesso, è senza dubbio
lei l’insostituibile eroina del mondo maschile
DI GIANLUCA TENTI
DIPINTI DI JACK VETTRIANO
P
ERNOD FILS, LA FATA VERDE DI DEGAS. Pietra scaldata su stagnola, cara a Coleridge. Mito di Orfeo derivato da Séguin (il farmacista francese che isolò la morfina dall’oppio nel 1804). Coca alla Freud. No, le droghe proprio non appartengono alla mia visione della vita. E l’eroina per me
resta una donna di qualità eroiche, protagonista di un’opera. O di una vita. Franz è un provocatore. Vuole un Monsieur che denunci la folle moda della polvere bianca al costo di un cocktail
da Casa del popolo. Ha ragione. Non c’è nulla di più stupefacente al mondo del corpo di una donna. Osservatela. La forma sinuosa, l’ellisse da incastro perfetto, la pelle che da cashmere sfuma in seta, il profumo di un
sospiro, l’onda dei capelli che scivolano tra lenzuola profumate. Amo la Donna che sa esser donna. Protagonista di se stessa. È una summa che la differenzia. L’emancipazione positiva, altro che quote rosa: chi ha merito emerge sempre. La amo mentre studia e lavora. Mentre sbriga le faccende, legge un libro, assapora il calice del cocktail di classe, danza liberando la fantasia, combatte per ciò che ama. Capace di esser fiera, tenace
e dolce al tempo stesso. Un po’ lunatica, talvolta. Un po’ viziata, magari. Molto viziante. La scarpa adatta, la
ricerca del dettaglio, la cura di sé, la forma fisica, il piacere, fino alla dimensione spirituale. L’affermazione nel
lavoro, il divertissement ai fornelli, la passione che non sopisce, la voglia di stupire. Turbare. Turbarsi essa stessa, mettendosi coraggiosamente in discussione ogni giorno che il buon Dio la dona al proprio uomo. Ama
giocare, provocare. Un po’ gatta, un po’ civettuola. Porto sicuro quando c’è bisogno di quiete. Stimolo elettivo. Non basta il miglior trucco per donarle la grazia. Va vista al mattino, quando fuori è ancora buio.
IN QUESTE PAGINE, ALCUNI DIPINTI DI JACK VETTRIANO, PITTORE BRITANNICO DI ORIGINI ITALIANE, ONORATO DA ELISABETTA II D’INGHILTERRA CON L’ORDINE DELL’IMPERO
BRITANNICO. I SUOI QUADRI RITRAGGONO DONNE SEDUCENTI E RACCONTANO STORIE DI PASSIONI IN DIVENIRE, COME PER ESEMPIO «LOOK OF LOVE» (QUI A FIANCO).
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LE FORME SINUOSE, L’ELLISSE DA INCASTRO PERFETTO
Se il sorriso vi accompagna
è la Donna giusta. La puoi
incontrare ovunque, a
qualsiasi incrocio della vita. Perché nulla in fin dei
conti è casuale. È l’altra metà del cielo,
annotò il poeta. Il senso della vita. «Dietro a un grande uomo c’è sempre una
grande donna», è il vecchio adagio. Vecchio, appunto. Oggi viviamo in un mondo diverso, dove si sublimano certe affinità. E non bastano più certi stereotipi in linea di barche e orologi. C’è bisogno di contenuto. Di sfide, anche estreme. Cerebrali prima di tutto. Condivisione, affetto, stimolo per rifuggire alla
tomba del sentimento: la routine. Non
lo stabiliamo noi. In questo riviveva anche la contraddizione del fin-de-siècle, quando a fronte dell’inetto, nel decadentismo, venne persino idealizzata l’immagine della femme fatale, dominatrice e lussuriosa. Fosse cantata dal Vate, Salomè di Wilde, Lulù di Wedekind, Venere in pelliccia di von Sacher-Masoch. Non occorre arrivare agli
eccessi del boudoir del marchese De Sade o ai pruriti tardo-adolescenziali
di chi ancora sbava dietro a Bettie Page. Curioso, nell’era del bisturi, affondare le mani alla radice del femminino. Non fermarsi cioè all’apparire. Curioso, ma opportuno. Per ricordare al vero Monsieur la genesi dei nostri sogni. Senza esser moralisti o bacchettoni: amiamo la donna anche quando si
concede qualche ritocco. Ma rifuggiamo le estremizzazioni da film di terza serie. Desideriamo «I fiori del bene». Esiste la Donna perfetta? La Donna ideale? Rifuggo certa retorica. Mi affido alla Nascita di Venere del Botticelli. Alla bellezza imperfetta della Gioconda che da sola vale il fatturato del
Louvre. E leggo in Lei frammenti di eternità.
Rivive Lilith, demone femminile associato alla tempesta nel Terzo millennio sì, ma avanti Cristo. Tutto inizia lì, con l’urlo di una civetta che squarcia le tenebre. Nella cabala ebraica era il nome della compagna di Adamo, prima di Eva. Nel Medioevo le vennero affibbiati umori fatti adulterio, stregoneria e lussuria. Lilith abbandonò l’Eden dopo esser stata vinta spiritualmente
da Adamo, che pure restò turbato per certe indicibili provocazioni. Pronunciò il nome di Dio, piccola stella, riparò sulle coste del mar Rosso. Immortale. Non avendo assaggiato il frutto dell’albero della conoscenza, anche se si
accoppiò con Asmodai e i suoi demoni. Lei, salva, rispetto a Eva, la prima donna, che tracciò per noi il destino addentato nella mela proibita. È nell’origine stessa del mondo, quindi, che dimora la tentazione femminile. Ha il pro-
S
filo di Ištar, la dea benefica (amore, pietà, vegetazione, maternità) e al tempo
stesso demone (guerra e tempeste). Una
fata, come Morgana. Guardate il corpo
della Donna quando dorme, baciata da
una lama di luna che taglia un tessuto di
perle che si specchiano nel mare. Guardatela e capirete cos’è il creato. Forse è
un’idealizzazione. Che colpì però anche
Baudelaire, nei Fleurs du mal. Scriveva
il poeta francese che male e bene hanno i loro fiori, la loro bellezza. Solo che
il male sembra più accattivante. In un
viaggio immaginario («Spleen et idéal»,
«Tableaux parisiens», «Le vin», «Fleurs
du mal», «Révolte», «La mort») che, pur
evocando il nome dei tarocchi, conduce all’infinito. Battito sublimato dalle
ali di un colibrì. Scruto la Donna che si veste. L’analizzo mentre sceglie il tacco. Mentre si trucca con delicatezza. E culla, materna, l’imperfezione dell’uomo. Rivedo in Lei il caleidoscopio del tormento e dell’estasi. Eva tentatrice, sì.
Cleopatra che conquista Antonio e l’Impero. Salomè, la cui danza dei sette veli fu pagata da Erode con la testa del Battista. Sheherazade che volteggia sinuosa mentre narra le Mille e una notte al re di Persia per condurlo a un sonno salvifico. La gente non legge più. Quindi non è capace di sognare.
Si appaga così nelle immagini che sfumano in memoria visiva, fatta di
film e fotografie. È un atteggiamento passivo. Anche se c’è Marlene L’angelo azzurro col reggicalze. Greta, pantera, vergine e prostituta, nei veli di Mata Hari. La chioma ondosa di Rita seducente Gilda. Marilyn la svampita. Audrey, volto in purezza. Il tratto del carboncino di Manara. Lo stile «classoso» di Jackie. Il desiderio sensuale per Sharon, ultima diva. Per me è meglio,
molto meglio, riscoprire frammenti di eternità in pagine di storia come Femme fatale di Scaraffia per Vallecchi. Lui ci ricorda che c’è sempre stato un artista capace di coniare paragoni inarrivabili (le «spalle nude degne di Tiziano» della marchesa de Castries, il dogma di Caterina di Belgioioso che divideva gli uomini in tre categorie: «Mi ama, mi ha amato, mi amerà», Jeanne Duval che Baudelaire fece cancellare dall’atelier del pittore firmato da Courbet). Su tutte valga l’odissea della contessa di Castiglione, cugina di Cavour che dal conte Camillo Benso fu inviata alla corte di Napoleone III per
stipulare un’alleanza antiaustriaca e lì si presentò mangiando un sorbetto di
fiori d’arancio. «Le piace succhiare, contessa?», disse un alto ufficiale pensando
di coglierla in fallo. «Dipende da cosa...», rispose lei, portando a casa l’accordo
militare. No, non c’è nulla di più stupefacente di una Donna.
SOPRA, SEMPRE DI VETTRIANO (WWW.JACKVETTRIANO.COM) L’ATMOSFERA VOLUTTUOSA EVOCATA DA «THE ROOMS OF A STRANGER». A FIANCO, «NIGHT GEOMETRY», DOVE
SONO I DETTAGLI A COMUNICARE EROTISMO: UN FILO DI PERLE, UN ABITO DA SERA CON UN REGGICALZE ROSSO NASCOSTO E IL FUMO SOSPESO DI UNA SIGARETTA ACCESA.
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