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Dr. Gabriel M. Ingo
CNR-ISMN, Monterotondo (Roma), ITALIA
Gabriel M. Ingo è Ricercatore Senior del Consiglio
Nazionale delle Ricerche. Attualmente è il
responsabile del laboratorio di Analisi delle Superfici
presso l’Istituto per lo Studio dei Materiali
Nanostrutturati di Monterotondo (Roma).
Negli ultimi anni si è assistito a un forte aumento delle
ricerche sui materiali refrattari impiegati in oreficeria,
cui ha fatto seguito un notevole miglioramento nella
qualità di questi prodotti e, conseguentemente, del
prodotto finito. In questa memoria vengono presentati
alcuni dei risultati più interessanti ottenuti
recentemente in questo settore.
Autori:
Dr. Gabriel M. Ingo, D.ssa Cristina Riccucci
CNR-ISMN, Monterotondo, Roma, Italia
Prof. Gualtiero Gusmano - Dip. Scienze e Tecnologie
Chimiche, Università di Tor Vergata, Roma, Italia
Prof. Giampiero Montesperelli - Dip. Scienze Chimiche
e della Terra, Università di Ancona, Italia
Dr. Patrizio Sbornicchia - Dip. Scienze e Tecnologie
Chimiche, Università di Tor Vergata, Roma, Italia
Stabilità termica e proprietà meccaniche dei gessi in
relazione al ciclo di calcinazione
Riassunto
La stabilità termica, le proprietà meccaniche e le caratteristiche chimico-fisiche di uno
dei materiali più impiegati per la produzione dei gusci di colaggio per fusioni a cera
persa sono state studiate in relazione al ciclo di calcinazione, mediante l’uso combinato
di microscopia elettronica a scansione abbinata ad analisi microchimica a dispersione
di energia (SEM+EDS), diffrattometria a raggi X (XRD), analisi termica differenziale
abbinata a termogravimetria (DTA-TG), porosimetria e valutazioni meccaniche.
I risultati ottenuti indicano una marcata variazione della porosità e della distribuzione
della dimensione dei pori, delle proprietà meccaniche e della stabilità termica in
funzione della temperatura e della durata del ciclo di calcinazione.
Le suddette variazioni sono correlate all’andamento della dilatazione termica e alle
modificazioni strutturali e chimico-fisiche subite dai componenti del materiale in
funzione dei suddetti parametri del ciclo di calcinazione.
Da un punto di vista tecnologico, i risultati indicano la possibilità di gestire le proprietà
finali dei gessi in modo ottimale variando opportunamente la durata, la temperatura
massima e le velocità di riscaldamento e raffreddamento del processo di calcinazione.
Metodo sperimentale
Allo scopo di studiare la stabilità termica, le proprietà meccaniche e le caratteristiche
chimico-fisiche dei materiali impiegati per la produzione dei gusci di colaggio per
microfusione a cera persa in funzione della temperatura massima raggiunta e della
permanenza a tale temperatura durante il ciclo di calcinazione è stato scelto un
materiale di ampio utilizzo nell’industria orafa.
Il materiale impiegato per l’indagine è quindi un prodotto commerciale di ampia
diffusione costituito da una miscela di solfato di calcio semiidrato (2CaSO4.H2O), che
costituisce il legante (25-30%), e da silice, che rappresenta il refrattario vero e proprio,
sotto forma di quarzo e cristobalite α (70-75 %). La morfologia tipica del materiale è
mostrata in fig. 1, dove i cristalli fibrosi allungati sono quelli di solfato di calcio semiidrato
(spettro EDS B) e le particelle scheggiate con la tipica frattura concoide sono costituite
da silice (spettro EDS A).
Poiché dalle analisi condotte in passato è risultato che il rapporto quarzo/cristobalite α
può variare, influenzando quindi le proprietà finali del guscio in quanto il quarzo e la
cristobalite α hanno proprietà termo-meccaniche differenti, quali la temperatura di
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transizione e il coefficiente di dilatazione termica [1-5], particolare cura è stata esercitata
per avere la più omogenea composizione chimica e strutturale possibile dei materiali di
partenza, per la produzione di campioni omogenei da sottoporre a indagine.
Figura 1 - Micromorfologia della polvere di refrattario. Le microanalisi EDS permettono di
distinguere i grani di silice (spettro A) dai cristalli di solfato di calcio semiidrato (spettro B)
Per quanto riguarda le modalità ed i tempi di preparazione della miscela H2Opolvere refrattaria (gesso-silice), sono state seguite le indicazioni del produttore.
Per quanto riguarda il processo di calcinazione, è stato adottato il ciclo suggerito dal
produttore, riportato in figura 2, per produrre il materiale di confronto e sono stati
adottati cicli differenti per temperatura e durata per studiare la stabilità termica e le
proprietà chimico-fisiche e meccaniche.
Figura 2 - Ciclo di calcinazione consigliato dal produttore
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In particolare, è stato selezionato un ampio intervallo di temperature massime di
calcinazione, che comprende i seguenti valori: 500°C, 600°C, 720°C, 800°C, 900°C e
1000°C. Il tempo di permanenza alla temperatura massima è stato: 1, 5 o 10 ore.
Lo studio è stato condotto in funzione dei due suddetti parametri del ciclo di
calcinazione mediante l’uso combinato di microscopia elettronica a scansione
abbinata ad analisi microchimica a dispersione di energia (SEM+EDS),
diffrattometria a raggi X (XRD), porosimetria, valutazioni meccaniche e analisi
termica differenziale abbinata a termogravimetria (DTA-TG),
Questa ultima tecnica è stata impiegata per valutare la stabilità termica dei materiali
misurando la temperatura di decomposizione del solfato di calcio, che, come noto,
è il fenomeno all’origine di un tipico difetto presente nei gioielli prodotti per fusione
a cera persa, definito “porosità da gas” [3-7].
Risultati sperimentali e discussione
In particolare, la tecnica TG è stata impiegata per misurare la temperatura alla
quale la curva termogravimetrica devia dalla retta, a causa della decomposizione
del solfato di calcio, che, come mostrato in fig. 3, avviene a temperatura superiore
a 980°C.
Figura 3 - Termogramma DTA-TG del refrattario con legante gesso (CaSO4.2H2O + SiO2),
ottenuto miscelando polvere refrattaria con acqua distillata e lasciandolo poi indurire. Le
misure sono state eseguite sotto aria ferma, con una velocità di riscaldamento di 50°C/min.
In questa figura è rappresentato il comportamento al calore tipico del refrattario
crudo, cioè con solfato di calcio biidrato (CaSO4.2H2O + SiO2) e si notano le
reazioni chimico-fisiche alle quali il refrattario è sottoposto durante la calcinazione e
che potrebbero avvenire alla temperatura di colaggio.
Durante lo stadio di eliminazione dell’acqua, il refrattario con solfato di calcio biidrato
subisce una disidratazione in due fasi con picchi alle temperature di 104°C e 246°C.
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La temperatura usata per eliminare l’acqua è di solito compresa tra 130 e 180°C.
Perciò, se il refrattario è riscaldato lentamente, la prima fase della disidratazione può
avvenire senza problemi a 104°C. Invece la seconda fase avviene a circa 240°C,
quando si esegue l’ulteriore riscaldamento del refrattario fino ad alta temperatura. In
questo caso la superficie del refrattario può essere alterata dall’ebollizione violenta
dell’acqua e si può formare una superficie rugosa. Perciò, per una eliminazione
completa e graduale dell’acqua, si dovrebbe includere nel ciclo di calcinazione una
sosta a circa 240°C.
Il piccolo picco endotermico a 332°C potrebbe essere dovuto alla trasformazione di
forme instabili di cristobalite, che causano cambiamenti di volume [1, 2].
Come indicato da D. Ott, questa temperatura dovrebbe essere superata
lentamente, per evitare la formazione di crepe [2]. Il piccolo picco esotermico a
466°C è stato attribuito alla transizione di fase da CaSO4α a CaSO4 ß, che non
ha influenza apprezzabile sulle caratteristiche finali del refrattario. A 607°C
avviene la trasformazione da quarzo α a quarzo ß, con la ben nota dilatazione. Al
di sopra di 980-1000°C il refrattario a legante gesso si dissocia con assorbimento
di calore, con formazione di silicato di calcio e composti dello zolfo, secondo la
seguente reazione:
2CaSO4 + SiO2
Ca2SiO4 + 2SO3
La tecnica DTA - TG è stata usata anche per misurare le variazioni della
temperatura di decomposizione del refrattario in funzione della temperatura
massima raggiunta durante il ciclo di calcinazione e del tempo di mantenimento
a detta temperatura.
Figura 4 - Variazione della temperatura di decomposizione termica del CaSO4 in
funzione della temperatura massima e della durata del ciclo di calcinazione
In realtà, quando la temperatura massima del ciclo di calcinazione è di 500224
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600°C, la temperatura di decomposizione termica del CaSO4 cambia di poco
rispetto al valore misurato con la polvere di refrattario.
Invece la temperatura di decomposizione termica del CaSO4 diminuisce quando
il refrattario è mantenuto a temperature tra 720°C e 800°C, delle quali la prima è
quella usata comunemente per il ciclo di calcinazione. Inoltre i risultati della DTATG nell’intervallo tra 900°C e 1000°C mostrano che in questo caso la
decomposizione termica avviene a temperature più alte rispetto a quelle del
refrattario calcinato secondo le prescrizioni del produttore.
Questi ultimi risultati dell’analisi termica potrebbero essere spiegati considerando
che la decomposizione del solfato di calcio è indotta dalla presenza di silice ed è
strettamente correlata con le interazioni superficiali acido-base tra SiO2 e CaSO4.
In realtà, a livello molecolare, questa interazione tra i siti attivi donatori/accettori
di elettroni, che a temperature inferiori a 980-1000°C avviene lentamente, forma
sulle particelle di solfato di calcio uno strato sottile di prodotti di reazione, che
agisce da barriera contro una ulteriore decomposizione termica [3, 5].
Come conseguenza della formazione di questo strato sottile, la temperatura di
decomposizione termica del CaSO4 può aumentare leggermente con il tempo di
mantenimento alla temperatura massima. Però, aumentando la temperatura
massima ed il tempo di mantenimento a tale temperatura, la superficie delle
particelle di solfato di calcio diventa più termicamente sollecitata e più reattiva e
la temperatura di decomposizione termica può di nuovo abbassarsi.
Da un punto di vista termico, i risultati riportati nella fig. 4 confermano che la migliore
temperatura massima di calcinazione del refrattario è 600°C. Questa temperatura
consente di ottenere gusci refrattari caratterizzati da una temperatura di
decomposizione termica del CaSO4 di circa 1020°C, che è il valore ottenuto con la
polvere di partenza ed è di circa 30°C più alto del valore di un refrattario calcinato a
720°C.
Tuttavia le specifiche del produttore consigliano una temperatura di calcinazione
di 700-720°C, per eliminare completamente la cera dal refrattario.
Per evidenziare le modifiche indotte dai differenti cicli di calcinazione, i materiali
sono stati studiati anche da un punto di vista strutturale mediante la diffrazione di
raggi X (XRD), che ha permesso di identificare con precisione la sequenza di
trasformazioni che avvengono durante il processo di cottura della serie di
campioni che saranno anche oggetto di indagine porosimetrica e meccanica.
La principale reazione a cui è soggetta la parte legante durante la prima fase della
preparazione è la trasformazione della bassanite (2CaSO4·H2O), contenuta nella
polvere di partenza, in gesso biidrato (CaSO4·2H2O), che è in pratica l’unica
trasformazione microstrutturale che avviene all’interno del materiale durante la
preparazione del “green” mentre la frazione refrattaria costituita da silice rimane
invariata. Il legante (CaSO4·2H2O) nel materiale cosiddetto crudo è quindi
sottoposto ad una completa conversione in anidrite CaSO4, per effetto della
disidratazione che avviene durante la prima fase della calcinazione.
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Figura 5 - Spettri XRD del materiale trattato alla temperatura di 600°C per una,
cinque e dieci ore. Il segnale A (200) appartiene alla anidrite,
mentre i picchi αC ed αQ sono rispettivamente del quarzo α della cristobalite α
Come mostrato nella fig. 5, i dati XRD indicano che, soprattutto alle basse
temperature (500°C-600°C), la durata del ciclo di calcinazione influenza lo stato
cristallino delle fasi presenti. Infatti, alla temperatura di 500°C, un tempo di cottura
maggiore implica un sensibile aumento del grado di cristallinità dell’anidrite,
deducibile dal minore allargamento della riflessione principale di Bragg (200). In altri
termini, una durata di cottura più lunga fornisce alla diffusione atomica un tempo
maggiore per riparare il danneggiamento reticolare indotto dalla disidratazione del
gesso, che induce disordine strutturale.
Questo processo di riparazione reticolare è lento alla temperatura di 500°C mentre a
600°C avviene in misura maggiore. Infatti, come mostrato in fig. 5, la riflessione di
Bragg (200) dell’anidrite si riduce di ampiezza con l’aumentare del tempo di cottura.
L’apparente aumento di intensità è ascrivibile a naturali eterogeneità presenti nel materiale.
Il comportamento a 600°C è più complesso da interpretare, poiché è influenzato da
due fenomeni concomitanti. Si manifestano infatti sia la ricristallizzazione del
legante, che a 600°C è più efficiente, sia (a 572°C) la trasformazione veloce del
quarzo α, stabile a bassa temperatura, che è caratterizzato da una minore simmetria,
nella forma ß più ordinata.
I dati XRD per i materiali sottoposti a calcinazione a 720°C non mostrano sostanziali
differenze rispetto ai materiali calcinati a 600°C.
I risultati XRD ottenuti nei materiali calcinati a 800°C con vari tempi di cottura
mostrano sicuramente un maggior grado di cristallinità dell’anidrite rispetto ai
trattamenti termici condotti a 600°C. Tuttavia, nei limiti della risoluzione della tecnica,
alla temperatura di 800°C il tempo di cottura non influenza in modo evidente lo stato
cristallino del legante. Tale comportamento indica che un tempo di 1 ora è sufficiente
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per completare il riordino cristallino del legante (CaSO4).
Infatti, l’intensità della riflessione di Bragg (200) dell’anidrite (CaSO4) è caratterizzata
da una larghezza integrale lievemente superiore nei materiali calcinati per 10 ore
rispetto a quelli trattati per 1 ora variando rispettivamente da 0,1861° a 0,1875°.
Figura 6 - Spettri XRD dei ceramici trattati alla temperatura di 900°C per una,
cinque e dieci ore. Il segnale A (200) appartiene alla anidrite,
mentre i picchi αC ed αQ sono rispettivamente del quarzo α della cristobalite α
Infatti i dati XRD evidenziano una maggiore entità di riordino cristallino, ma la
variazione in funzione del tempo di calcinazione non è più così marcata come
avviene per trattamenti a temperatura più bassa, in quanto una dissociazione di
superficie del solfato di calcio potrebbe già avere luogo.
Il processo di ricristallizzazione può essere anche considerato in funzione della
temperatura, soprattutto nel caso di calcinazioni di breve durata. Infatti, nel caso di
un’ora di cottura, la riparazione cristallina del legante è più evidente per temperature
superiori agli 800°C, rispetto ai materiali calcinati a temperature inferiori.
Al contrario, adottando tempi di calcinazione lunghi e temperature elevate, ha luogo
un nuovo processo di degradazione cristallina, a causa del concomitante processo
di dissociazione del legante che induce disordine.
Quindi probabilmente alla temperatura di 800°C si ottiene un compromesso, cioè la
massima riparazione dei difetti di disidratazione del gesso ed il minimo
danneggiamento dovuto alla dissociazione del CaSO4.
Le modifiche morfologiche dei materiali in funzione della temperatura e della durata
del trattamento sono state studiate mediante microscopia elettronica e alcuni risultati
significativi sono illustrati in fig. 7.
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Figura 7 - Micrografie SEM del refrattario dopo un ciclo di calcinazione eseguito all’aria
per 5 ore con temperatura massima di 600°C, 720°C e 800°C.
Rispettivamente foto A, B e C
In questa figura il cambiamento morfologico del refrattario è mostrato dalle
micrografie eseguite dopo calcinazione all’aria per 5 ore alle temperature massime
di 600°C, 720°C e 800°C (rispettivamente le micrografie A, B e C).
Le micrografie SEM evidenziano una variazione delle dimensioni e della forma dei
cristalli aciculari di gesso, che, a parità di tempo di cottura, appaiono ridotti di
dimensioni e meno reticolanti nel materiale cotto ad alta temperatura, rispetto a
quello cotto a temperatura più bassa.
Le variazioni degli aspetti morfologici e strutturali che avvengono in funzione dei
parametri di calcinazione, brevemente discusse in precedenza, sono confermate
dalle misure di porosità, eseguite per determinare distribuzione e dimensioni dei
pori, che sono parametri importanti, che possono influenzare la permeabilità del
refrattario e, di conseguenza, la qualità dei prodotti.
Le misure di porosità sono state eseguite per intrusione di mercurio, con un
Porosimetro 2000 (Carlo Erba Strumenti), munito di una unità per i macropori. Sono
stati sperimentati cinque campioni per ogni condizione sperimentale e nelle figure
riportate in seguito sono mostrati i valori medi [8, 9]. La deviazione standard era di
circa ±1,0%, per cui i risultati sono indicativi dei cambiamenti prodotti dalla
variazione dei parametri di calcinazione.
Come tendenza generale, i risultati della porosimetria indicano che il valore massimo delle
dimensioni dei pori tende a crescere con il tempo di calcinazione, anche se questo effetto
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non si nota con i campioni calcinati alla temperatura più bassa (500°C), per i quali la porosità
totale e la distribuzione delle dimensioni dei pori restano costanti.
Lo spostamento massimo è prodotto dalla “maturazione” dei pori, che induce una loro
crescita, causata dalla diffusione degli atomi. A 600°C la coalescenza dei pori è sufficiente
per causare uno spostamento sensibile del valore massimo nella distribuzione delle
dimensioni dei pori in funzione della durata del trattamento, come mostrato in fig. 8. Infatti
il materiale calcinato per dieci ore è caratterizzato da un diametro dei pori più grande di
quello del materiale calcinato per una o cinque ore.
Figura 8 - Distribuzione delle dimensioni dei pori
in materiale calcinato a 600°C per tempi diversi
Inoltre i risultati di porosimetria mostrati nella fig. 9 mostrano che la porosità totale aumenta
con la temperatura e la durata della calcinazione, tranne che per calcinazioni brevi eseguite
a 600°C, per le quali diminuisce con il crescere del tempo di calcinazione [8].
Figura 9 - Porosità totale di campioni differenti in funzione della temperatura e
della durata dello stadio isotermo alla temperatura massima di calcinazione [8]
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Figura 10 - Resistenza alla compressione di un refrattario tradizionale in funzione della
temperatura e della durata dello stadio isotermo alla temperatura massima di calcinazione.
I risultati della calcinazione a 600°C sono riportati sul lato destro [8].
Figura 11 - Modulo di elasticità dei materiali in funzione della temperatura e della durata
dello stadio isotermo alla temperatura massima di calcinazione [8] - Dati indicativi
Questi risultati mostrano che, in funzione della temperatura massima e della durata
del ciclo di calcinazione, le reazioni chimico-fisiche hanno un effetto di
compattazione, inducendo un aumento del diametro dei pori e della porosità totale,
che potrebbe influenzare la permeabilità ai gas durante il colaggio e di conseguenza
la qualità dei prodotti.
Per studiare l’effetto dei parametri del ciclo di calcinazione, sono state eseguite
anche prove meccaniche ed i risultati sono mostrati nelle fig. 10 e 11. Le misure sono
state eseguite con una pressa MTS 858 Minibionix (Instron) con controllo di
deformazione (0,5 mm.min-1), secondo la norma ASTM C133 [8].
La combinazione dei risultati delle misure di porosità, delle prove meccaniche e dei
risultati XRD ha permesso di identificare interessanti fenomeni che avvengono nel
refrattario, quando è sottoposto a trattamento termico a differenti temperature e per
tempi diversi.
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I risultati delle prove indicano che alla temperatura di calcinazione più bassa (500°C)
la distribuzione dimensionale dei pori è quasi costante con il tempo. Il riassestamento
della struttura cristallina del CaSO4 è scarso ed altre reazioni come la decomposizione
termica non avvengono per nulla. La porosità totale, la natura delle specie presenti e
le tensioni residue prodotte dal raffreddamento, dovute principalmente alla
contrazione della SiO2, possono avere un effetto costante sulla determinazione dei
difetti strutturali, con conseguenti caratteristiche meccaniche molto simili.
La calcinazione a 600°C può essere divisa in due casi, entrambi influenzati dalla
trasformazione del quarzo, che avviene a 572°C con un notevole aumento di volume
[1]. Trattamenti brevi, di circa un’ora, causano la formazione di una porosità
relativamente elevata, a causa dell’effetto del cambiamento di fase del quarzo, ma la
resistenza meccanica è praticamente uguale a quella del refrattario calcinato a
500°C, poiché dimensioni e distribuzione dei pori sono molto simili a quelle ottenute
in quest’ultimo caso.
Calcinazioni a 600°C per tempi più lunghi causano una maturazione dei pori, per cui
la porosità diminuisce, ma le dimensioni dei pori aumentano, con formazione di
difetti più grandi, anche se meno numerosi, con riduzione della resistenza del
refrattario alla compressione.
Le caratteristiche meccaniche e strutturali dei materiali calcinati a 720°C sono
confrontabili con quelle di quelli calcinati a lungo a 600°C, anche se è diminuita la
stabilità termica.
La calcinazione a 800°C dà un refrattario leggermente più poroso e con maggior
resistenza meccanica, anche se vi è una incipiente decomposizione del CaSO4, che
causa difetti strutturali e fa diminuire la stabilità termica.
A temperature più alte la dissociazione del legante genera per interazione
superficiale uno strato molto sottile di silicati, che aumenta la resistenza meccanica
dello stampo [8]. In questo caso l’indebolimento dovuto al cambiamento delle
dimensioni dei pori con la durata della calcinazione è compensato dall’aumento
della quantità di silicati, per cui le caratteristiche meccaniche appaiono poco
influenzate dalla durata della calcinazione. Inoltre, alle temperature di calcinazione
più alte, la sintesi dei silicati è molto efficiente e può compensare efficacemente
l’indebolimento prodotto dall’aumento della porosità e delle dimensioni dei pori [8].
Conclusioni
La calcinazione a bassa temperatura, cioè 500°C, porta all’ottenimento di stampi con
resistenza e porosità relativamente basse. Ciò potrebbe rendere difficile la combustione
completa della cera e l’evacuazione dell’aria dalla cavità dello stampo durante il
colaggio, per cui si possono avere riempimento incompleto e forte porosità nei prodotti.
Una calcinazione breve eseguita a 600°C porta alla massima stabilità termica, con
caratteristiche meccaniche relativamente migliori di quelle ottenute sul refrattario
calcinato secondo il ciclo standard a 720°C per cinque ore, ma purtroppo, se
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nell’atmosfera del forno non sono presenti grandi quantità di ossigeno, questa
temperatura potrebbe essere troppo bassa per garantire l’eliminazione completa della
cera. Vale la pena di ricordare che residui di cera o di prodotti carboniosi catalizzano la
decomposizione del CaSO4 durante il colaggio, creando porosità da gas. Questi cicli
abbreviati potrebbero essere adottati solo se si usassero per i modelli tipi speciali di cera
che possono bruciare completamente a 600°C, riducendo i costi di calcinazione e di
produzione. I risultati indicano che calcinazioni a 600°C per tempi più lunghi fanno
diminuire considerevolmente la resistenza meccanica del refrattario portandola ai livelli
del ciclo standard.
La calcinazione a 720°C e 800°C fa diminuire la stabilità termica. A 800°C la porosità e la
resistenza meccanica dello stampo aumentano, ma questa temperatura di calcinazione
è piuttosto alta e può danneggiare il reticolo cristallino del CaSO4, facilitando la
dissociazione durante il colaggio.
Con le temperature di calcinazione più alte, cioè a 900°C e 1000°C, la resistenza
meccanica degli stampi migliora ed aumentano le dimensioni dei pori. Per quanto
riguarda la stabilità termica, calcinazioni prolungate (10 ore) eseguite a 900°C o
calcinazioni brevi eseguite a 1000°C danno origine a refrattari con buone caratteristiche,
anche se i materiali sono parzialmente alterati ed i costi di produzione sono aumentati.
Bibliografia
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[8] P. Sbornicchia, Tesi di dottorato, “Sviluppo e caratterizzazione di refrattari per la microfusione
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[9] G. Montesperelli, G.M. Ingo, C. Riccucci, P. Sbornicchia, Atti del VI Convegno Nazionale AIMAT
(2002) S3-112.
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