220-233 Ingo_ita.qxq
Transcript
220-233 Ingo_ita.qxq
Dr. Gabriel M. Ingo CNR-ISMN, Monterotondo (Roma), ITALIA Gabriel M. Ingo è Ricercatore Senior del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Attualmente è il responsabile del laboratorio di Analisi delle Superfici presso l’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati di Monterotondo (Roma). Negli ultimi anni si è assistito a un forte aumento delle ricerche sui materiali refrattari impiegati in oreficeria, cui ha fatto seguito un notevole miglioramento nella qualità di questi prodotti e, conseguentemente, del prodotto finito. In questa memoria vengono presentati alcuni dei risultati più interessanti ottenuti recentemente in questo settore. Autori: Dr. Gabriel M. Ingo, D.ssa Cristina Riccucci CNR-ISMN, Monterotondo, Roma, Italia Prof. Gualtiero Gusmano - Dip. Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Tor Vergata, Roma, Italia Prof. Giampiero Montesperelli - Dip. Scienze Chimiche e della Terra, Università di Ancona, Italia Dr. Patrizio Sbornicchia - Dip. Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Tor Vergata, Roma, Italia Stabilità termica e proprietà meccaniche dei gessi in relazione al ciclo di calcinazione Riassunto La stabilità termica, le proprietà meccaniche e le caratteristiche chimico-fisiche di uno dei materiali più impiegati per la produzione dei gusci di colaggio per fusioni a cera persa sono state studiate in relazione al ciclo di calcinazione, mediante l’uso combinato di microscopia elettronica a scansione abbinata ad analisi microchimica a dispersione di energia (SEM+EDS), diffrattometria a raggi X (XRD), analisi termica differenziale abbinata a termogravimetria (DTA-TG), porosimetria e valutazioni meccaniche. I risultati ottenuti indicano una marcata variazione della porosità e della distribuzione della dimensione dei pori, delle proprietà meccaniche e della stabilità termica in funzione della temperatura e della durata del ciclo di calcinazione. Le suddette variazioni sono correlate all’andamento della dilatazione termica e alle modificazioni strutturali e chimico-fisiche subite dai componenti del materiale in funzione dei suddetti parametri del ciclo di calcinazione. Da un punto di vista tecnologico, i risultati indicano la possibilità di gestire le proprietà finali dei gessi in modo ottimale variando opportunamente la durata, la temperatura massima e le velocità di riscaldamento e raffreddamento del processo di calcinazione. Metodo sperimentale Allo scopo di studiare la stabilità termica, le proprietà meccaniche e le caratteristiche chimico-fisiche dei materiali impiegati per la produzione dei gusci di colaggio per microfusione a cera persa in funzione della temperatura massima raggiunta e della permanenza a tale temperatura durante il ciclo di calcinazione è stato scelto un materiale di ampio utilizzo nell’industria orafa. Il materiale impiegato per l’indagine è quindi un prodotto commerciale di ampia diffusione costituito da una miscela di solfato di calcio semiidrato (2CaSO4.H2O), che costituisce il legante (25-30%), e da silice, che rappresenta il refrattario vero e proprio, sotto forma di quarzo e cristobalite α (70-75 %). La morfologia tipica del materiale è mostrata in fig. 1, dove i cristalli fibrosi allungati sono quelli di solfato di calcio semiidrato (spettro EDS B) e le particelle scheggiate con la tipica frattura concoide sono costituite da silice (spettro EDS A). Poiché dalle analisi condotte in passato è risultato che il rapporto quarzo/cristobalite α può variare, influenzando quindi le proprietà finali del guscio in quanto il quarzo e la cristobalite α hanno proprietà termo-meccaniche differenti, quali la temperatura di Giugno 2004 221 transizione e il coefficiente di dilatazione termica [1-5], particolare cura è stata esercitata per avere la più omogenea composizione chimica e strutturale possibile dei materiali di partenza, per la produzione di campioni omogenei da sottoporre a indagine. Figura 1 - Micromorfologia della polvere di refrattario. Le microanalisi EDS permettono di distinguere i grani di silice (spettro A) dai cristalli di solfato di calcio semiidrato (spettro B) Per quanto riguarda le modalità ed i tempi di preparazione della miscela H2Opolvere refrattaria (gesso-silice), sono state seguite le indicazioni del produttore. Per quanto riguarda il processo di calcinazione, è stato adottato il ciclo suggerito dal produttore, riportato in figura 2, per produrre il materiale di confronto e sono stati adottati cicli differenti per temperatura e durata per studiare la stabilità termica e le proprietà chimico-fisiche e meccaniche. Figura 2 - Ciclo di calcinazione consigliato dal produttore 222 Jewelry Technology Forum In particolare, è stato selezionato un ampio intervallo di temperature massime di calcinazione, che comprende i seguenti valori: 500°C, 600°C, 720°C, 800°C, 900°C e 1000°C. Il tempo di permanenza alla temperatura massima è stato: 1, 5 o 10 ore. Lo studio è stato condotto in funzione dei due suddetti parametri del ciclo di calcinazione mediante l’uso combinato di microscopia elettronica a scansione abbinata ad analisi microchimica a dispersione di energia (SEM+EDS), diffrattometria a raggi X (XRD), porosimetria, valutazioni meccaniche e analisi termica differenziale abbinata a termogravimetria (DTA-TG), Questa ultima tecnica è stata impiegata per valutare la stabilità termica dei materiali misurando la temperatura di decomposizione del solfato di calcio, che, come noto, è il fenomeno all’origine di un tipico difetto presente nei gioielli prodotti per fusione a cera persa, definito “porosità da gas” [3-7]. Risultati sperimentali e discussione In particolare, la tecnica TG è stata impiegata per misurare la temperatura alla quale la curva termogravimetrica devia dalla retta, a causa della decomposizione del solfato di calcio, che, come mostrato in fig. 3, avviene a temperatura superiore a 980°C. Figura 3 - Termogramma DTA-TG del refrattario con legante gesso (CaSO4.2H2O + SiO2), ottenuto miscelando polvere refrattaria con acqua distillata e lasciandolo poi indurire. Le misure sono state eseguite sotto aria ferma, con una velocità di riscaldamento di 50°C/min. In questa figura è rappresentato il comportamento al calore tipico del refrattario crudo, cioè con solfato di calcio biidrato (CaSO4.2H2O + SiO2) e si notano le reazioni chimico-fisiche alle quali il refrattario è sottoposto durante la calcinazione e che potrebbero avvenire alla temperatura di colaggio. Durante lo stadio di eliminazione dell’acqua, il refrattario con solfato di calcio biidrato subisce una disidratazione in due fasi con picchi alle temperature di 104°C e 246°C. Giugno 2004 223 La temperatura usata per eliminare l’acqua è di solito compresa tra 130 e 180°C. Perciò, se il refrattario è riscaldato lentamente, la prima fase della disidratazione può avvenire senza problemi a 104°C. Invece la seconda fase avviene a circa 240°C, quando si esegue l’ulteriore riscaldamento del refrattario fino ad alta temperatura. In questo caso la superficie del refrattario può essere alterata dall’ebollizione violenta dell’acqua e si può formare una superficie rugosa. Perciò, per una eliminazione completa e graduale dell’acqua, si dovrebbe includere nel ciclo di calcinazione una sosta a circa 240°C. Il piccolo picco endotermico a 332°C potrebbe essere dovuto alla trasformazione di forme instabili di cristobalite, che causano cambiamenti di volume [1, 2]. Come indicato da D. Ott, questa temperatura dovrebbe essere superata lentamente, per evitare la formazione di crepe [2]. Il piccolo picco esotermico a 466°C è stato attribuito alla transizione di fase da CaSO4α a CaSO4 ß, che non ha influenza apprezzabile sulle caratteristiche finali del refrattario. A 607°C avviene la trasformazione da quarzo α a quarzo ß, con la ben nota dilatazione. Al di sopra di 980-1000°C il refrattario a legante gesso si dissocia con assorbimento di calore, con formazione di silicato di calcio e composti dello zolfo, secondo la seguente reazione: 2CaSO4 + SiO2 Ca2SiO4 + 2SO3 La tecnica DTA - TG è stata usata anche per misurare le variazioni della temperatura di decomposizione del refrattario in funzione della temperatura massima raggiunta durante il ciclo di calcinazione e del tempo di mantenimento a detta temperatura. Figura 4 - Variazione della temperatura di decomposizione termica del CaSO4 in funzione della temperatura massima e della durata del ciclo di calcinazione In realtà, quando la temperatura massima del ciclo di calcinazione è di 500224 Jewelry Technology Forum 600°C, la temperatura di decomposizione termica del CaSO4 cambia di poco rispetto al valore misurato con la polvere di refrattario. Invece la temperatura di decomposizione termica del CaSO4 diminuisce quando il refrattario è mantenuto a temperature tra 720°C e 800°C, delle quali la prima è quella usata comunemente per il ciclo di calcinazione. Inoltre i risultati della DTATG nell’intervallo tra 900°C e 1000°C mostrano che in questo caso la decomposizione termica avviene a temperature più alte rispetto a quelle del refrattario calcinato secondo le prescrizioni del produttore. Questi ultimi risultati dell’analisi termica potrebbero essere spiegati considerando che la decomposizione del solfato di calcio è indotta dalla presenza di silice ed è strettamente correlata con le interazioni superficiali acido-base tra SiO2 e CaSO4. In realtà, a livello molecolare, questa interazione tra i siti attivi donatori/accettori di elettroni, che a temperature inferiori a 980-1000°C avviene lentamente, forma sulle particelle di solfato di calcio uno strato sottile di prodotti di reazione, che agisce da barriera contro una ulteriore decomposizione termica [3, 5]. Come conseguenza della formazione di questo strato sottile, la temperatura di decomposizione termica del CaSO4 può aumentare leggermente con il tempo di mantenimento alla temperatura massima. Però, aumentando la temperatura massima ed il tempo di mantenimento a tale temperatura, la superficie delle particelle di solfato di calcio diventa più termicamente sollecitata e più reattiva e la temperatura di decomposizione termica può di nuovo abbassarsi. Da un punto di vista termico, i risultati riportati nella fig. 4 confermano che la migliore temperatura massima di calcinazione del refrattario è 600°C. Questa temperatura consente di ottenere gusci refrattari caratterizzati da una temperatura di decomposizione termica del CaSO4 di circa 1020°C, che è il valore ottenuto con la polvere di partenza ed è di circa 30°C più alto del valore di un refrattario calcinato a 720°C. Tuttavia le specifiche del produttore consigliano una temperatura di calcinazione di 700-720°C, per eliminare completamente la cera dal refrattario. Per evidenziare le modifiche indotte dai differenti cicli di calcinazione, i materiali sono stati studiati anche da un punto di vista strutturale mediante la diffrazione di raggi X (XRD), che ha permesso di identificare con precisione la sequenza di trasformazioni che avvengono durante il processo di cottura della serie di campioni che saranno anche oggetto di indagine porosimetrica e meccanica. La principale reazione a cui è soggetta la parte legante durante la prima fase della preparazione è la trasformazione della bassanite (2CaSO4·H2O), contenuta nella polvere di partenza, in gesso biidrato (CaSO4·2H2O), che è in pratica l’unica trasformazione microstrutturale che avviene all’interno del materiale durante la preparazione del “green” mentre la frazione refrattaria costituita da silice rimane invariata. Il legante (CaSO4·2H2O) nel materiale cosiddetto crudo è quindi sottoposto ad una completa conversione in anidrite CaSO4, per effetto della disidratazione che avviene durante la prima fase della calcinazione. Giugno 2004 225 Figura 5 - Spettri XRD del materiale trattato alla temperatura di 600°C per una, cinque e dieci ore. Il segnale A (200) appartiene alla anidrite, mentre i picchi αC ed αQ sono rispettivamente del quarzo α della cristobalite α Come mostrato nella fig. 5, i dati XRD indicano che, soprattutto alle basse temperature (500°C-600°C), la durata del ciclo di calcinazione influenza lo stato cristallino delle fasi presenti. Infatti, alla temperatura di 500°C, un tempo di cottura maggiore implica un sensibile aumento del grado di cristallinità dell’anidrite, deducibile dal minore allargamento della riflessione principale di Bragg (200). In altri termini, una durata di cottura più lunga fornisce alla diffusione atomica un tempo maggiore per riparare il danneggiamento reticolare indotto dalla disidratazione del gesso, che induce disordine strutturale. Questo processo di riparazione reticolare è lento alla temperatura di 500°C mentre a 600°C avviene in misura maggiore. Infatti, come mostrato in fig. 5, la riflessione di Bragg (200) dell’anidrite si riduce di ampiezza con l’aumentare del tempo di cottura. L’apparente aumento di intensità è ascrivibile a naturali eterogeneità presenti nel materiale. Il comportamento a 600°C è più complesso da interpretare, poiché è influenzato da due fenomeni concomitanti. Si manifestano infatti sia la ricristallizzazione del legante, che a 600°C è più efficiente, sia (a 572°C) la trasformazione veloce del quarzo α, stabile a bassa temperatura, che è caratterizzato da una minore simmetria, nella forma ß più ordinata. I dati XRD per i materiali sottoposti a calcinazione a 720°C non mostrano sostanziali differenze rispetto ai materiali calcinati a 600°C. I risultati XRD ottenuti nei materiali calcinati a 800°C con vari tempi di cottura mostrano sicuramente un maggior grado di cristallinità dell’anidrite rispetto ai trattamenti termici condotti a 600°C. Tuttavia, nei limiti della risoluzione della tecnica, alla temperatura di 800°C il tempo di cottura non influenza in modo evidente lo stato cristallino del legante. Tale comportamento indica che un tempo di 1 ora è sufficiente 226 Jewelry Technology Forum per completare il riordino cristallino del legante (CaSO4). Infatti, l’intensità della riflessione di Bragg (200) dell’anidrite (CaSO4) è caratterizzata da una larghezza integrale lievemente superiore nei materiali calcinati per 10 ore rispetto a quelli trattati per 1 ora variando rispettivamente da 0,1861° a 0,1875°. Figura 6 - Spettri XRD dei ceramici trattati alla temperatura di 900°C per una, cinque e dieci ore. Il segnale A (200) appartiene alla anidrite, mentre i picchi αC ed αQ sono rispettivamente del quarzo α della cristobalite α Infatti i dati XRD evidenziano una maggiore entità di riordino cristallino, ma la variazione in funzione del tempo di calcinazione non è più così marcata come avviene per trattamenti a temperatura più bassa, in quanto una dissociazione di superficie del solfato di calcio potrebbe già avere luogo. Il processo di ricristallizzazione può essere anche considerato in funzione della temperatura, soprattutto nel caso di calcinazioni di breve durata. Infatti, nel caso di un’ora di cottura, la riparazione cristallina del legante è più evidente per temperature superiori agli 800°C, rispetto ai materiali calcinati a temperature inferiori. Al contrario, adottando tempi di calcinazione lunghi e temperature elevate, ha luogo un nuovo processo di degradazione cristallina, a causa del concomitante processo di dissociazione del legante che induce disordine. Quindi probabilmente alla temperatura di 800°C si ottiene un compromesso, cioè la massima riparazione dei difetti di disidratazione del gesso ed il minimo danneggiamento dovuto alla dissociazione del CaSO4. Le modifiche morfologiche dei materiali in funzione della temperatura e della durata del trattamento sono state studiate mediante microscopia elettronica e alcuni risultati significativi sono illustrati in fig. 7. Giugno 2004 227 Figura 7 - Micrografie SEM del refrattario dopo un ciclo di calcinazione eseguito all’aria per 5 ore con temperatura massima di 600°C, 720°C e 800°C. Rispettivamente foto A, B e C In questa figura il cambiamento morfologico del refrattario è mostrato dalle micrografie eseguite dopo calcinazione all’aria per 5 ore alle temperature massime di 600°C, 720°C e 800°C (rispettivamente le micrografie A, B e C). Le micrografie SEM evidenziano una variazione delle dimensioni e della forma dei cristalli aciculari di gesso, che, a parità di tempo di cottura, appaiono ridotti di dimensioni e meno reticolanti nel materiale cotto ad alta temperatura, rispetto a quello cotto a temperatura più bassa. Le variazioni degli aspetti morfologici e strutturali che avvengono in funzione dei parametri di calcinazione, brevemente discusse in precedenza, sono confermate dalle misure di porosità, eseguite per determinare distribuzione e dimensioni dei pori, che sono parametri importanti, che possono influenzare la permeabilità del refrattario e, di conseguenza, la qualità dei prodotti. Le misure di porosità sono state eseguite per intrusione di mercurio, con un Porosimetro 2000 (Carlo Erba Strumenti), munito di una unità per i macropori. Sono stati sperimentati cinque campioni per ogni condizione sperimentale e nelle figure riportate in seguito sono mostrati i valori medi [8, 9]. La deviazione standard era di circa ±1,0%, per cui i risultati sono indicativi dei cambiamenti prodotti dalla variazione dei parametri di calcinazione. Come tendenza generale, i risultati della porosimetria indicano che il valore massimo delle dimensioni dei pori tende a crescere con il tempo di calcinazione, anche se questo effetto 228 Jewelry Technology Forum non si nota con i campioni calcinati alla temperatura più bassa (500°C), per i quali la porosità totale e la distribuzione delle dimensioni dei pori restano costanti. Lo spostamento massimo è prodotto dalla “maturazione” dei pori, che induce una loro crescita, causata dalla diffusione degli atomi. A 600°C la coalescenza dei pori è sufficiente per causare uno spostamento sensibile del valore massimo nella distribuzione delle dimensioni dei pori in funzione della durata del trattamento, come mostrato in fig. 8. Infatti il materiale calcinato per dieci ore è caratterizzato da un diametro dei pori più grande di quello del materiale calcinato per una o cinque ore. Figura 8 - Distribuzione delle dimensioni dei pori in materiale calcinato a 600°C per tempi diversi Inoltre i risultati di porosimetria mostrati nella fig. 9 mostrano che la porosità totale aumenta con la temperatura e la durata della calcinazione, tranne che per calcinazioni brevi eseguite a 600°C, per le quali diminuisce con il crescere del tempo di calcinazione [8]. Figura 9 - Porosità totale di campioni differenti in funzione della temperatura e della durata dello stadio isotermo alla temperatura massima di calcinazione [8] Giugno 2004 229 Figura 10 - Resistenza alla compressione di un refrattario tradizionale in funzione della temperatura e della durata dello stadio isotermo alla temperatura massima di calcinazione. I risultati della calcinazione a 600°C sono riportati sul lato destro [8]. Figura 11 - Modulo di elasticità dei materiali in funzione della temperatura e della durata dello stadio isotermo alla temperatura massima di calcinazione [8] - Dati indicativi Questi risultati mostrano che, in funzione della temperatura massima e della durata del ciclo di calcinazione, le reazioni chimico-fisiche hanno un effetto di compattazione, inducendo un aumento del diametro dei pori e della porosità totale, che potrebbe influenzare la permeabilità ai gas durante il colaggio e di conseguenza la qualità dei prodotti. Per studiare l’effetto dei parametri del ciclo di calcinazione, sono state eseguite anche prove meccaniche ed i risultati sono mostrati nelle fig. 10 e 11. Le misure sono state eseguite con una pressa MTS 858 Minibionix (Instron) con controllo di deformazione (0,5 mm.min-1), secondo la norma ASTM C133 [8]. La combinazione dei risultati delle misure di porosità, delle prove meccaniche e dei risultati XRD ha permesso di identificare interessanti fenomeni che avvengono nel refrattario, quando è sottoposto a trattamento termico a differenti temperature e per tempi diversi. 230 Jewelry Technology Forum I risultati delle prove indicano che alla temperatura di calcinazione più bassa (500°C) la distribuzione dimensionale dei pori è quasi costante con il tempo. Il riassestamento della struttura cristallina del CaSO4 è scarso ed altre reazioni come la decomposizione termica non avvengono per nulla. La porosità totale, la natura delle specie presenti e le tensioni residue prodotte dal raffreddamento, dovute principalmente alla contrazione della SiO2, possono avere un effetto costante sulla determinazione dei difetti strutturali, con conseguenti caratteristiche meccaniche molto simili. La calcinazione a 600°C può essere divisa in due casi, entrambi influenzati dalla trasformazione del quarzo, che avviene a 572°C con un notevole aumento di volume [1]. Trattamenti brevi, di circa un’ora, causano la formazione di una porosità relativamente elevata, a causa dell’effetto del cambiamento di fase del quarzo, ma la resistenza meccanica è praticamente uguale a quella del refrattario calcinato a 500°C, poiché dimensioni e distribuzione dei pori sono molto simili a quelle ottenute in quest’ultimo caso. Calcinazioni a 600°C per tempi più lunghi causano una maturazione dei pori, per cui la porosità diminuisce, ma le dimensioni dei pori aumentano, con formazione di difetti più grandi, anche se meno numerosi, con riduzione della resistenza del refrattario alla compressione. Le caratteristiche meccaniche e strutturali dei materiali calcinati a 720°C sono confrontabili con quelle di quelli calcinati a lungo a 600°C, anche se è diminuita la stabilità termica. La calcinazione a 800°C dà un refrattario leggermente più poroso e con maggior resistenza meccanica, anche se vi è una incipiente decomposizione del CaSO4, che causa difetti strutturali e fa diminuire la stabilità termica. A temperature più alte la dissociazione del legante genera per interazione superficiale uno strato molto sottile di silicati, che aumenta la resistenza meccanica dello stampo [8]. In questo caso l’indebolimento dovuto al cambiamento delle dimensioni dei pori con la durata della calcinazione è compensato dall’aumento della quantità di silicati, per cui le caratteristiche meccaniche appaiono poco influenzate dalla durata della calcinazione. Inoltre, alle temperature di calcinazione più alte, la sintesi dei silicati è molto efficiente e può compensare efficacemente l’indebolimento prodotto dall’aumento della porosità e delle dimensioni dei pori [8]. Conclusioni La calcinazione a bassa temperatura, cioè 500°C, porta all’ottenimento di stampi con resistenza e porosità relativamente basse. Ciò potrebbe rendere difficile la combustione completa della cera e l’evacuazione dell’aria dalla cavità dello stampo durante il colaggio, per cui si possono avere riempimento incompleto e forte porosità nei prodotti. Una calcinazione breve eseguita a 600°C porta alla massima stabilità termica, con caratteristiche meccaniche relativamente migliori di quelle ottenute sul refrattario calcinato secondo il ciclo standard a 720°C per cinque ore, ma purtroppo, se Giugno 2004 231 nell’atmosfera del forno non sono presenti grandi quantità di ossigeno, questa temperatura potrebbe essere troppo bassa per garantire l’eliminazione completa della cera. Vale la pena di ricordare che residui di cera o di prodotti carboniosi catalizzano la decomposizione del CaSO4 durante il colaggio, creando porosità da gas. Questi cicli abbreviati potrebbero essere adottati solo se si usassero per i modelli tipi speciali di cera che possono bruciare completamente a 600°C, riducendo i costi di calcinazione e di produzione. I risultati indicano che calcinazioni a 600°C per tempi più lunghi fanno diminuire considerevolmente la resistenza meccanica del refrattario portandola ai livelli del ciclo standard. La calcinazione a 720°C e 800°C fa diminuire la stabilità termica. A 800°C la porosità e la resistenza meccanica dello stampo aumentano, ma questa temperatura di calcinazione è piuttosto alta e può danneggiare il reticolo cristallino del CaSO4, facilitando la dissociazione durante il colaggio. Con le temperature di calcinazione più alte, cioè a 900°C e 1000°C, la resistenza meccanica degli stampi migliora ed aumentano le dimensioni dei pori. Per quanto riguarda la stabilità termica, calcinazioni prolungate (10 ore) eseguite a 900°C o calcinazioni brevi eseguite a 1000°C danno origine a refrattari con buone caratteristiche, anche se i materiali sono parzialmente alterati ed i costi di produzione sono aumentati. Bibliografia [1] Phase diagrams for Ceramists Ed. R.L. Stone, Am. Ceram. Society (1947) pag. 19. [2] D. Ott, “Manuale sui difetti di colaggio e di altro tipo nella fabbricazione di gioielleria in oro, Pubblicato dal World Gold Council, Ind.Division, Londra 1997, pag. 17-24. [3] G.M. Ingo, C. Riccucci e Gianni Chiozzini, Journal of American Ceramic Soc. 84 (2001) pag. 1839-43. [4] G.M. Ingo, V. Faccenda, G. Chiozzini, C. Riccucci e C. Veroli, Atti del Santa Fe Symposium on Jewellery Manufacturing Tecnology 1999, pag. 163. [5] G.M. Ingo, G. Chiozzini, V. Faccenda, E. Bemporad, C. Riccucci, Thermochimica Acta, 321 (1998) pag. 175-83. [6] E. Bell, “Deceramento, calcinazione ed effetto del guscio refrattario sulla porosità dei getti” Gold Technology, n° 11 Nov. 1993, pag. 21-27. [7] I. Colussi e V. Longo, “La decomposizione termica del solfato di calcio-Thermal decomposition of calcium sulphate”; Il Cemento, 2, pag. 75-98 (1974) e relative citazioni. [8] P. Sbornicchia, Tesi di dottorato, “Sviluppo e caratterizzazione di refrattari per la microfusione a cera persa” Università di Roma Tor Vergata (2004). [9] G. Montesperelli, G.M. Ingo, C. Riccucci, P. Sbornicchia, Atti del VI Convegno Nazionale AIMAT (2002) S3-112. 232 Jewelry Technology Forum Giugno 2004 233