Le origini dell`Inno dei laureandi Il Commiato (1909)
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Le origini dell`Inno dei laureandi Il Commiato (1909)
Le origini dell’Inno dei laureandi Il Commiato (1909) Patrizia Deabate In un precedente fascicolo di questa rivista mi fu data l’occasione di scrivere del centenario della commedia Addio giovinezza! di Nino Oxilia e Sandro Camasio 1, verificatosi nel 2011. Ebbi allora a ricordare la canzone composta da Oxilia nel 1909, in seguito nota semplicemente come Giovinezza. A menzionarla quale evento artistico, legato a doppio filo con la commedia, vale quanto ne fu scritto da Pier Massimo Prosio: Commiato è proprio il titolo dell’Inno dei laureandi, la canzone che Nino Oxilia dedicò ai laureandi in legge dell’anno 1908-09, con musica di Giuseppe Blanc, e un bellissimo e emblematico frontespizio dipinto da Attilio Mussino potrebbe stare come la rappresentazione visiva più appropriata per Addio giovinezza!: un laureato che, diploma sotto il braccio, tiene la mano prima di partire ad una bella e corrucciata fanciulla col viso in parte coperto da un ampio cappello 2. 1 Patrizia Deabate, Cent’anni di Addio giovinezza! nella Torino belle époque, in “Studi Piemontesi”, XL, 2 (2011), pp. 459-468. 2 Pier Massimo Prosio, 1911. Commiato, in Torino a cielo alto, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2009, p. 187. 3 Emilio Praga, A Vittor Hugo, in Opere, a cura di Gabriele Catalano, Napoli, Casa Editrice Fulvio Rossi, 1969, p. 306. Il termine “sbucciava” sta per “sbocciava”, cfr Note, in ivi, p. 409, nota n. 4. Prendendo in esame i punti di riferimento poetici per Nino Oxilia, qui si cercherà di ricostruire l’origine de Il Commiato, di cui la più antica fonte d’ispirazione può farsi risalire alla poesia scapigliata A Vittor Hugo di Emilio Praga (1839-1875), pubblicata nel 1864 nella raccolta Penombre: Per le fuggenti voluttà dell’anima, per questa lotta acerba, per l’Ideal che inseguo, e per le lagrime che Iddio mi serba; o giovinezza che già muti nome, una pura armonia spirami ancora, un inno alato; pria che il verno dal cor salga alle chiome, prima che tutta la mia bionda aurora m’abbia lasciato! Dammi per poco ancor la vaga aureola che han presa i disinganni; il coraggio, la fede, e le vertigini de’ miei vent’anni! Fammi ancor bello, fammi ancora buono, come nei lieti dì che il cor sbucciava dai primi versi; toglili al buio ove sepolti sono, e un inno sol redimerà la ignava vita che persi!3 117 Emilio Praga supplicava quindi la giovinezza d’ispirargli l’inno alato con cui riscattare la propria esistenza e raggiungere Victor Hugo, il padre del Romanticismo francese, in quegli anni in esilio sulle isole di Jersey e Guernesey dopo l’avvento di Napoleone III: Inno, inno santo, e varcherai l’oceano! L’amor che ti conduce guida dritti gli augelli alle piramidi; è amor di luce! Vola allo scoglio ove l’Eterno innonda di tempeste, di azzurri, e di visioni l’uom dell’esiglio; e nel nimbo fatal che lo circonda l’affetto immenso e la pietà deponi di un altro figlio4! Ivi, pp. 306-307. Cfr. Charles Baudelaire, Inno alla Bellezza, in I Fiori del male e altre poesie, Torino, Einaudi, 2001, pp. 37-39. 6 Emilio Praga, Preludio, in Opere, cit., p. 221. 7 Carlo Righetti (1828-1906), che firmava i propri scritti con lo pseudonimo di Cletto Arrighi, diede il nome al proprio movimento letterario con la pubblicazione del romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio nel 1862. 4 5 Lo “scapigliato” Praga non riuscì a farsi ispirare dalla giovinezza quell’“inno santo” che l’avrebbe salvato dalla perdizione e infatti morì alcolizzato a soli trentasei anni, nel 1875. La giovinezza era vagheggiata come l’insieme degli ideali, dei sentimenti autentici dei vent’anni. Nel grande scrittore francese il Praga vedeva il punto di riferimento per elevarsi al di sopra della crisi di valori, di quel vuoto interiore che simboleggiava anche il disorientamento della classe intellettuale italiana dinanzi al tramonto del Risorgimento e del proprio ruolo attivo nella storia. Se Hugo era considerato l’ideale cui tendere, come è noto la Scapigliatura ebbe come nume tutelare il “poeta maledetto” francese Charles Baudelaire (1821-1867). Nella raccolta Les Fleurs du mal (I Fiori del male) pubblicata a Parigi nel 1857, è emblematica la poesia Hymne à la Beauté (Inno alla Bellezza), esaltata come mezzo per penetrare l’Infinito, anche se non si capisce se essa sia “Sirena” o “Angelo”, prodotto di Satana o di Dio, alba e tramonto insieme, amore e morte, carità e delitto, contraddizione intrinseca, simile in ciò, al vino 5. Il contrasto tra l’angoscia della realtà (lo spleen) e l’Ideale, tra il tentativo di elevarsi e la ricaduta nelle brutture dell’esistenza, espresso nella poesia Dualismo (1863) di Arrigo Boito, fu il tema centrale della Scapigliatura. Fu questa una condizione che Emilio Praga visse in una drammatica coincidenza tra arte e vita e lasciò scolpita nella prima poesia di Penombre: Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro, e l’Ideale che annega nel fango...6 Quanto al termine “Scapigliatura”, esso era stato coniato da Cletto Arrighi nel 1862 come equivalente del francese bohème 7, con cui si indicava il mito romantico dell’artista povero e ribelle, che vive una vita libera nelle soffitte parigine, tra amore e culto disinteressato dell’arte: l’immagine proposta dal celebre romanzo francese Scènes de la vie de Bohème (1848) di Henry Murger (1822-1861). 118 Il sentimento di sentirsi privi degli ideali risorgimentali, terminata la parabola del Positivismo, sarebbe poi risorto nei primi anni del Novecento, sia sul versante del Crepuscolarismo che su quello opposto del Futurismo: le spinte irredentiste, rinfocolate dalle celebrazioni del cinquantenario dell’Unità, avrebbero poi contribuito all’interventismo di larga parte degli intellettuali, favorevoli a quella che veniva considerata l’ultima guerra d’Indipendenza, imprescindibile per completare l’unificazione nazionale. Leggendo il Commiato, esso pare la “risposta” del crepuscolare Oxilia al maestro Emilio Praga, l’esaudimento di quella preghiera alla giovinezza formulata invano nel 1864 dal poeta “maledetto”. Gli influssi della Scapigliatura sul Crepuscolarismo sono ben noti8, ma di seguito si cercherà di ricostruire in dettaglio il legame tra scapigliati lombardi e piemontesi. Nelle memorie di Angiolo Biancotti, amico di Oxilia e di Camasio, si nota che i nomi della Scapigliatura milanese Praga, Tarchetti e Boito ricorrono, nel rievocare il ritrovo al “Molinari”, in riferimento agli anni intorno al 1911, quasi fossero stati suoi contemporanei 9. E poi, ricordando la commedia di Camasio e Oxilia, identifica così l’epoca della propria gioventù: 8 Cfr. Giuseppe Mazzarino, Scapigliatura ed oltre, in Poesia crepuscolare alba del nostro Novecento, tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Roma La Sapienza, a.a. 1982/83, relatore Walter Pedullà, correlatrice Mirella Serri, pp. 28-44. Vedasi inoltre Giovanna Scarsi, Gozzano e gli scapigliati, in Guido Gozzano. I giorni, le opere, Firenze, Olschki, 1985, pp. 213-220. 9 Cfr. Patrizia Deabate, op. cit., p. 462, nota n. 19. 10 Angiolo Biancotti, Gli autori e il mondo di “Addio giovinezza” in Ai tempi di “Addio giovinezza”. Cronache e profili della Belle Époque, Milano, Gastaldi Editore, 1954, p. 20. 11 Ivi, p. 21. 12 Angiolo Biancotti, Pin Giacosa e la scapigliatura torinese, in Ai tempi della “Scapigliatura”. Torineserie d’altri tempi, Milano, Gastaldi Editore, 1961, p. 53. Ma quell’Addio Giovinezza fu proprio un verace “Addio” alla scapigliatura 10. E, nella chiusa del capitolo: La “Scapigliatura” si disperse […] Se noi siamo restati gli eterni boemi della vita e dell’arte, se abbiamo conservato in fondo al nostro spirito lo spregiudicato allegro ottimismo di quegli anni splendidi di povertà e d’ideale, il fulcro attorno al quale tutto questo movimento agitò la sua fiamma di vita, si estinse con il 1915, e non si riaccese mai più 11. Biancotti quindi definì se stesso e i giovani della sua generazione dei “boemi” ovvero dei bohémiens. Ancora nel volume Ai tempi della “Scapigliatura”, ricostruì puntualmente i forti legami che unirono, nell’Ottocento, i poeti milanesi ai loro amici di Torino: Dagli “Scapigliati lombardi” derivava il Camerana […]. Entrato nel Cenacolo torinese vi aveva portata la mentalità dei lombardi e la profonda conoscenza di Heine e di Victor Hugo, di De Musset e di Baudelaire soprattutto che rivelava ai giovani torinesi un po’ imbambolati negli schemi classici […] Camerana parlava di rivolta contro il passato, la tradizione, la convenzione, i pregiudizi, le oleografie, le stereotipie intellettuali; anche Giuseppe Cesare Molineri venuto a Torino da Milano vi aveva portato il succo della scapigliatura e la conoscenza di Praga e di Boito. Camerana e Giacosa invitarono a Torino il Praga affinchè leggesse nell’anfiteatro di chimica i “Tre amanti di Bella” 12 […]. Il Giacosa citato è Giuseppe Giacosa, che nella maturità avrebbe ben ricordato la propria giovinezza scapigliata, com119 ponendo con Luigi Illica il libretto per la celeberrima opera di Puccini La Bohème, portato a termine con grandi sacrifici e difficoltà nel 1895 13. Scrisse un altro amico di Camasio e Oxilia, Mario M. Berrini, in un denso memoriale che abbraccia mezzo secolo di storia e cultura torinesi: Il legami tra le due scapigliature lombarda e piemontese erano stretti […] Al Giacosa, in uno dei suoi passaggi, il Praga lesse la prima volta il suo dramma Altri tempi, speranzoso di ritentare più felicemente il teatro. E quando capitava a Milano qualche torinese era una festa. Cordiali e cari scambi spirituali 14. I rapporti tra le due Scapigliature furono sanciti dalla nascita, nel 1874, di un periodico torinese, Serate italiane. E, dopo la scomparsa di Emilio Praga (26 dicembre 1875) che non riuscì a pubblicare in volume le ultime poesie: Le Serate Italiane cercarono di riparare un poco alla ingiustizia verso il Praga, continuarono a pubblicare dei suoi versi postumi, a caldeggiare la pubblicazione di un ultimo volume del poeta, a tenerne vivo il nome e a rivalutarne la fama 15. Infatti il fuoco scapigliato fu tenuto vivo proprio a Torino, dove punto di riferimento per gli intellettuali negli anni ’70 e ’80 del XIX secolo fu l’editore Casanova: amico, libraio, ritrovo degli intellettuali, approdo degli attori di fama, che dopo le rappresentazioni al vicino teatro Carignano, spesso vi sostavano. Ad Eleonora Duse Francesco Casanova regalò il suo bellissimo gatto d’Angora 16. Casanova pubblicò, postumi, del Praga, Trasparenze, nel 1878, a cura del Molineri, nel 1881 il romanzo Memorie del presbiterio a cura di Roberto Sacchetti. Nel 1884 ristampò Fiabe e leggende con illustrazioni di Edoardo Calandra e poi ancora Tavolozza e la raccolta Penombre (contenente A Vittor Hugo) per due volte: nel 1879 e nel 1889, anno di nascita di Nino Oxilia 17. Biancotti così definì l’esperienza scapigliata piemontese: 13 Cfr. Pier Giuseppe Gillio, Giacosa librettista, in Il mondo di Giuseppe Giacosa, Torino, Consiglio Regionale del Piemonte, 2007, catalogo della mostra tenutasi a Palazzo Lascaris a Torino (15 dicembre 2006-30 gennaio 2007) e a Castel Sant’Angelo a Roma (28 agosto-30 settembre 2007) nel centenario della morte (1906-2006), p. 35. 14 Mario M. Berrini, L’associazione giovanile “Dante Alighieri” (18631871), in Torino a sole alto, Torino, Edizioni Palatine, 1950, pp. 16-17. 15 Mario M. Berrini, La giovane letteratura torinese, in ivi, p. 53. 16 Cfr. Mario M. Berrini, Un editore: Francesco Casanova, in ivi, pp. 243-265. 17 Cfr. Mario M. Berrini, ivi, pp. 244-245 e Edizioni e nota al testo, in Emilio Praga, op. cit., pp. 73-74. 18 Angiolo Biancotti, Pin Giacosa e la scapigliatura torinese, cit. p. 56. 19 Cfr. Manlio Collino, Studenti e goliardia, appunti per una storia, in M. Albera, M. Collino, A.A. Mola, Saecularia sexta album. Studenti dell’Università a Torino, sei secoli di storia, Torino, Elede, 2005, p. 108. Scapigliatura quindi un po’ più in tono minore e con maggior senso pratico. La più vera scapigliatura ritornerà per breve tempo nel 1910 18. La gioventù torinese degli anni ’10 del Novecento, quindi, si sentiva erede spirituale del Praga e della Scapigliatura milanese. Il Commiato, come è noto, fu commissionato ad Oxilia dalla Goliardia dell’Università di Torino nel maggio del 1909 per una festa di addio agli studi dei laureandi in legge, che si sarebbe tenuta la sera stessa al ristorante “Sussambrino” di via Po. I legami tra Goliardia e Scapigliatura erano stretti: fino alla prima guerra mondiale, tra gli studenti torinesi, i due termini furono nella pratica utilizzati come sinonimi 19. Ma già a partire dal 1869 la Società “Dante Alighieri” che riuniva 120 gli esponenti della Scapigliatura torinese (Giuseppe Giacosa, Giovanni Faldella, Giovanni Camerana, Roberto Sacchetti, Cesare Molineri), era stata protagonista della Goliardia nazionale, lanciando il progetto di un’Associazione Universale degli studenti italiani che aveva raccolto le adesioni di svariati Atenei 20. Sul rapporto tra Goliardia, Crepuscolarismo e Bohème è stato scritto: Addio giovinezza! è l’estrema riduzione e rarefazione cui giunge in Italia il tema della “vita di Bohème”, già impoverito, banalizzato e reso più epidermico da Illica e Giacosa nella stesura del libretto per Puccini. I bohémiens di Murger diventano già nell’opera pucciniana degli scapigliati [...]: dei contestatori dell’ordine, della morale e della società borghesi […] Eredi della Scapigliatura come condizione esistenziale (temporanea, lo si rammenti, temporanea...) sono, negli ultimi anni dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, i goliardi 21. […] il goliarda avverte […] quel senso del fluire inarrestabile del tempo che già il Magnifico cantò così mirabilmente nel suo canto carnascialesco di Bacco e Arianna […]; e diventa malinconico, piangendo anzitempo il tempo di sua gioventù. Si tratta di una malinconìa fantastica, perché porta a rimpiangere quanto ancora non si è fatto, un tempo che non si è ancora completamente vissuto. È questo sentimento – per inciso – che troveremo compiutamente espresso in Gozzano, Camasio, Oxilia, Vallini (e Chiaves, fino a un certo punto) 22. 20 Cfr. Mario M. Berrini, L’associazione giovanile “Dante Alighieri” cit., pp. 14-20. 21 Giuseppe Mazzarino, Bohème, Scapigliatura, Goliardia, in Poesia crepuscolare alba del nostro Novecento cit., p. 312. 22 Ivi, p. 314. 23 Nino Oxilia era nato il 13 novembre 1889, cfr. Franco Monetti, Introduzione, in Nino Oxilia, Un tempo una città, Torino, Famija Turinèisa, 1983, p. VIII. 24 Emilio Praga, Noli, in Opere, cit., p. 240. La prova che Oxilia avesse letto Penombre già a gennaio del 1905, quando era appena quindicenne 23, ci è fornita da un confronto tra testi poetici, che non lascia adito alla possibilità di coincidenze fortuite. L’autore del Commiato, infatti, scrisse una poesia, dedicata alla località ligure di Noli, datata 9 gennaio 1905, rimasta inedita e pubblicata molti anni dopo, nel 1973. Intitolata Pace, ricalca la praghiana Noli contenuta in Penombre, la stessa raccolta di A Vittor Hugo. In entrambi i componimenti la cittadina è esaltata come un luogo di pace e di preghiera, in cui l’anima può distendersi e trovare pace. Nella Noli di Praga il tema maledetto fa capolino di notte, quando i dolori del poeta, sepolti di giorno sotto il sagrato della chiesa, tornano a bussare ai vetri della finestra, tormentandolo. Ed io rispondo: – Sirene, Sirene, tornate a sonnecchiar sotto il sagrato: siete il vin che mi ha roso e le cancrene che m’han bruciato 24! Traccia di questa macabra persecuzione si ritrova anche in Pace di Nino Oxilia, che pur non avendo toni drammatici quanto quelli praghiani, si chiude con la prefigurazione della morte dello stesso autore: Si levano da riposare nella notte tutti i tuoi morti 121 e cantano un canto che va nell’infinità. Io vo rivederti. Oh! abitare in quella pace infinita! dappresso a la chiesa che invita con fede novella a pregare! E nella bellissima notte feconda di taciti idilli riudire i morti tuoi figli cantare nelle quieti rotte accompagnati dall’onda profonda! E nella antichissima chiesa riudire l’Avemaria sonante sonante a distesa a richiamo di gente pia. In valle d’aranci e d’ulivi all’estrema mia ora posare riaddormentato dal mare dal suono fremente dei rivi cullato dalla campana lontana 25! I morti che di notte si levano a cantare, per due volte citati da Oxilia, sono un chiaro richiamo alle “Sirene” che tormentavano Praga nelle sue notti insonni in Noli. La famiglia di Oxilia era di origine savonese per cui la località ligure emerge come un ricordo d’infanzia, però la nostalgia per la fanciullezza è pure uno dei temi portanti della poesia di Praga: in Pace, dunque, s’intrecciano in modo singolare coincidenze biografiche e suggestioni scapigliate. Ancora è a dirsi che se nella poesia A Vittor Hugo, pubblicata due anni dopo la prima edizione de I Miserabili, Praga si definiva figlio del grande scrittore francese, individuando nella “giovinezza” il mezzo per raggiungere il proprio padre ideale, la stessa giovinezza era un tema caro a Hugo, che proprio ne I Miserabili aveva personificato nel ragazzino ribelle Gavroche, il “monello di Parigi”. In cui è stata ravvisata la trasposizione letteraria di un altro giovanissimo personaggio simbolo della nazione francese: il rivoluzionario sulla barricata nel celeberrimo dipinto di Eugène Delacroix La Libertà che guida il popolo del 1830 26. Un’opera realizzata per celebrare la rivoluzione borghese di Luigi Filippo d’Orléans ma dotata di un forte valore suggestivo, tanto da essere poi utilizzata per simboleggiare i più diversi eventi nel corso della storia, dalla Liberazione della Francia nel 1944, alle celebrazioni, nel 1989, del bicentenario della Rivoluzione Francese. Il mito della giovinezza, infatti, si era affermato proprio con la Rivoluzione Francese e la sua celebrazione iconografica era stata popolata da divinità femminili, la Patria, la Giustizia, la Libertà, affiancate da eroi giovani, non dai padri, che rappresentavano i valori dell’Ancien Régime 27. Tale mito si era sviluppato anche nel Risorgimento italiano, come l’attestavano le associazioni fondate da Giuseppe Mazzini: la “Giovine Italia” e la “Giovine Europa”. 25 Nino Oxilia, Pace, in Poesie, a cura di Roberto Tessari, Napoli, Guida Editori, 1973, p. 219. L’ “antichissima chiesa” di Noli è San Paragorio, d’epoca romanica. 26 Cfr Roy Brown, Delacroix 1831: la Libertà guida il popolo, in Europa 1700-1992: storia di un’identità, vol. Il trionfo della borghesia, Milano, Electa, 1992, p. 126. Cfr. anche Paul Crenshaw, Rebecca Tucker, Alexandra Bonfante-Warren, La Libertà che guida il popolo, in Simboli e segreti. I significati nascosti nei grandi dipinti, Milano, Rizzoli, 2009, p. 294. 27 Esempi di opere riprodotte in M ichel V ovelle , La Rivoluzione Francese. Un racconto per immagini, 1789-1799, Roma, Editori Riuniti, 1989 in cui sono esaltate le giovani generazioni rivoluzionarie (periodo 1793-94): Trionfo della Repubblica francese. Incisione anonima. Vizille, Museo della Rivoluzione francese, vol. III, p. 216. La dedizione alla patria. Incisione da Talamona. Parigi, Musée Carnavalet, vol. III, p. 220. Fontana della Rigenerazione eretta sulle rovine della Bastiglia. Incisione anonima, Parigi, Bibl. Naz., vol. IV, p. 139. Il trionfo della Montagna. Acquerello di Béricourt. Parigi, Biblioteca Nazionale, vol. IV, p. 240. 122 Del percorso poetico di Nino Oxilia che culminò con l’Inno dei Laureandi, va detto che se il suo inizio fu dato dalla lettura di A Vittor Hugo nel 1905, negli anni successivi vi furono altri spunti molto significativi. Già ebbi a porre in evidenza 28 come la poesia O giovinezza!, del 1908, di Giovanni Croce (1889-1911) giovane amico di Camasio e Oxilia, sembrasse anticipare il Commiato e la successiva trasformazione nel canto Giovinezza degli Arditi: La vita non sarà che un saldo ardire, un inno a la fiorente giovinezza! 29 Qualche influsso dovette derivare a Croce dall’omonima poesia O Giovinezza! di Gabriele D’Annunzio 30. In riferimento alla quale, in particolare, e alla relativa raccolta poetica del 1893, è stato scritto: Fra i libri di poesia composti prima della grande stagione delle Laudi, Il Poema Paradisiaco (1893) è il più ricco di futuro. […] offrirà alla lirica del Novecento una persuasiva koinè linguistica e stilistica variamente praticata, a cominciare dai cosiddetti Crepuscolari giù giù fino a Montale: …tacciono le rive poi che il tonante vortice dispare. Odo altro suono, vedo altro bagliore Vedi nota n. 1. Giovanni Croce, O giovinezza!, in Sul limite della luce, Torino, Sella & Guala, 1908, p. 115. 30 Da O Giovinezza! di D’Annunzio derivò probabilmente La giovinezza di Amalia Guglielminetti, compresa nella raccolta Le seduzioni (ed. originale Torino, 1909) in cui la poetessa rovescia il segno della lirica del Vate, facendo della giovinezza, ben presente e non fuggitiva (come in D’Annunzio) l’unica sua compagna, quasi una sorella. Cfr. Amalia Guglielminetti, La giovinezza, in Le seduzioni, TorinoGenova, S. Lattes & C. Librai-editori, 1921, p. 9. 31 Annamaria Andreoli, Introduzione in Gabriele d’Annunzio, Poema Paradisiaco, Milano, Mondadori, 1995, p. VII. 32 Giovanni Croce, op. cit., p. 115. 33 Gabriele d’Annunzio, O giovinezza! in Poema Paradisiaco, cit. p. 101 34 Giulio Gianelli, Preghiera Alpina, in Tutte le poesie di Giulio Gianelli, a cura di Giuseppe Farinelli, Milano, Istituto di Propaganda Libraria, 1973, p. 317. 28 29 è appunto D’Annunzio (O Giovinezza!) e non Montale 31. Mentre O Giovinezza! di D’Annunzio è una pacata riflessione sul tempo che passa e sulla mutata, più matura, visione del futuro, la poesia di Croce identifica la giovinezza con gli ideali per cui combattere: O giovinezza, innalza l’orifiamma di tua bellezza a spirti solitari e intreccia a le lor tempia tue ghirlande 32 ! Le “ghirlande” di Croce riprendono, con un altro spirito, l’incipit del poeta decadente: O Giovinezza, ahi mè, la tua corona su la mia fronte già quasi è sfiorita 33. Ma se Croce declinò in un senso di trionfo guerresco il momento di riflessione dannunziano, un altro crepuscolare torinese, Giulio Gianelli (1879-1914), di qualche anno più anziano di Croce e Oxilia e amico di Guido Gozzano, riempì il concetto di “giovinezza” di ideali religiosi, simboleggiati da una passeggiata alpina: L’ora è venuta di mutar destino, coraggio ancora, sali, o giovinezza; ti chiama alcuno là nel ciel turchino! Non mi frena pericolo d’altezza, minacci o rida, sentiero o torrente, la strada incìta la mia santa ebbrezza 34. 123 L’elevazione verso un ideale superiore è la stessa, ma di segno opposto rispetto a quella di Croce, che spronava la giovinezza ad innalzare l’orifiamma (vessillo bellico); inoltre la “santa ebbrezza” di Gianelli ricorda l’“inno santo” invano cercato da Praga in A Vittor Hugo. Il concetto di “sentiero”, come la mancanza di paura di fronte al pericolo, sono elementi della poesia gianelliana ripresi da Oxilia nel Commiato: È la vita una battaglia, è il cammino irto d’inganni 35. Preghiera Alpina fu pubblicata nel periodico torinese Momento illustrato il 9 settembre 1906 36, negli anni immediatamente precedenti O giovinezza! di Croce (1908) e il Commiato (1909). Giulio Gianelli, di cui la biografia fu tratteggiata dall’amico Angiolo Biancotti nel citato volume Ai tempi di “Addio giovinezza” 37, aveva legami con la famiglia Oxilia. La sua raccolta poetica Intimi Vangeli, del 1908, portava in copertina un disegno del pittore Cesare Maggi, marito di Anna Oxilia; e pure in quell’anno Andrea Felice Oxilia dedicò a Gianelli la sua lirica Il viaggio con le seguenti parole: “Al mio Giulio che sa tutte le lacrime che ho pianto”; mentre il fratello minore Nino vedeva in Gianelli un maestro al quale aveva premura di sottoporre le proprie composizioni 38. Un’altra poesia del Gianelli, pubblicata nel 1907, merita di essere ricordata: 35 Nino Oxilia, Il Commiato, in Poesie, cit., p. 238 (Edizione originale: Torino, Gori, 1909). 36 Cfr Giulio Gianelli, Nota ai testi, cit. p. 112. 37 Alla figura di Giulio Gianelli è dedicato il capitolo Il poeta delle gioventù perdute e redente, pp. 88-110. Vedi inoltre Pier Massimo Prosio, cit., p. 167. 38 Cfr Giulio Gianelli, Nota biografica, cit. p. 164. 39 G iulio G ianelli , Visioni di coscienza Carità, cit. p. 320. Apparsa sulla “Gazzetta del Popolo della Domenica” del 13 gennaio 1907, cfr. ivi, Nota ai testi, p. 113. È da notare che le parole di questa poesia sono simili (forse ispirate dalla stessa fonte?) a quelle dedicate molti anni dopo a «La Libertà che guida il popolo: [...] la vita, orgogliosa, impulsiva, creatrice, che si svincola poco per volta da rottami inerti e vinti, seleziona le forze impazienti degli uomini e le proietta in un varco di luce, dove splende il colore, come suo visibile segno» (René Huyghe, Delacroix, Milano, Garzanti, 1963, p. 201). 40 Nino Oxilia, op. cit., p. 238. O giovinezza, spirito giocondo, ch’oggi ti sfiori nel dolor del mondo, dalla viltà che stagna, d’una scossa ti svincola, guadagna il culmine ch’è tuo, e colà, dea solitaria, dissolviti ma crea. Nel tuo passato, ove riarde, stella, ogni sventura, immergiti, cancella dal cuore, a fuoco, ogni mal seme ed ogni ombra che appanni il folgorìo dei sogni: della tua vita fa una primavera sola, feconda come una riviera 39 E la primavera, accostata alla giovinezza, è anche nel ritornello del Commiato: Giovinezza, giovinezza primavera di bellezza della vita nell’asprezza il tuo canto squilla e va 40 ! Singolare quindi il percorso dell’inno Giovinezza, invocato dal poeta maledetto Emilio Praga già nel 1864, poi da Giovanni Croce in una sorta di profezia di guerra (di cui non vedrà l’esito perché morirà nel 1911), passato attraverso D’Annunzio e lo spirito religioso di Giulio Gianelli, tra 124 influenze e spunti scapigliati, romantici, goliardici, cristiani, irredentisti, crepuscolari e futuristi 41. Tra tutti, chi avrebbe trovato le parole con cui incastonare quei fermenti esplosivi in musica sarebbe stato un poeta studente. Ed è da notare che Eugène Delacroix, nel 1830, realizzando il dipinto destinato a divenire icona di rivoluzioni per diversi popoli 42, aveva caratterizzato il ragazzo combattente accanto alla Libertà 43 ponendogli sul capo un berretto da studente. Un riferimento “rivoluzionario” è pure presente nel Commiato, nella strofa dedicata ai “fratelli non redenti” ovvero i goliardi che nell’impero asburgico protestavano per poter avere un’università italiana. Era il periodo delle Lettere triestine dell’allora studente Scipio Slataper, che qualche anno prima era stato socio, sotto falso nome, della “Giovane Trieste” 44. Quando compose Il Commiato, Nino Oxilia aveva quell’età di cui Praga aveva scritto, rivolgendosi alla giovinezza: Dammi per poco ancor la vaga aureola che han presa i disinganni; il coraggio, la fede, e le vertigini de’ miei vent’anni 45! 41 L’iter storico e poetico che portò alla nascita dell’Inno dei Laureandi nel 1909 fa parte di una vicenda più complessa, cfr. Ivan Rivalta, Addio giovinezza! Analisi di un topos crepuscolare, in Ai giovani, numero V di Griseldaonline, novembre 2005-ottobre 2006, www.griseldaonline.it. 42 Divenne simbolo della causa repubblicana durante la guerra civile spagnola, della lotta d’indipendenza dell’Algeria contro la Francia, della Resistenza in Polonia. Più di recente, in Francia, il dipinto ha ispirato i partecipanti al movimento del 1968 e quello per i diritti femminili, cfr. Roy Brown, op. cit., p. 122. 43 Ivi, p. 126. 44 Lo scrittore irredentista Scipio Slataper (1888-1915) pubblicò le cinque Lettere triestine dall’11 febbraio al 25 aprile 1909 presso la rivista fiorentina “La Voce” di Giuseppe Prezzolini, cfr. Cronologia della vita e delle opere, in Scipio Slataper, Il mio Carso, Milano, BUR Grandi romanzi, 2013, p. 16. 45 Vedi nota n. 3. 46 Nino Oxilia, op. cit., p. 238. Era il 1909, l’anno del Manifesto del Futurismo. E in quella primavera Nino Oxilia aveva vent’anni ancora da compiere. Come scrisse nel Commiato: ma siam forti, abbiam vent’anni, l’avvenire non temiam 46. 125