Le origini dell`Inno dei laureandi Il Commiato (1909)

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Le origini dell`Inno dei laureandi Il Commiato (1909)
Le origini dell’Inno dei laureandi
Il Commiato (1909)
Patrizia Deabate
In un precedente fascicolo di questa rivista mi fu data
l’occasione di scrivere del centenario della commedia Addio
giovinezza! di Nino Oxilia e Sandro Camasio 1, verificatosi nel
2011. Ebbi allora a ricordare la canzone composta da Oxilia
nel 1909, in seguito nota semplicemente come Giovinezza. A
menzionarla quale evento artistico, legato a doppio filo con la
commedia, vale quanto ne fu scritto da Pier Massimo Prosio:
Commiato è proprio il titolo dell’Inno dei laureandi, la canzone
che Nino Oxilia dedicò ai laureandi in legge dell’anno 1908-09, con
musica di Giuseppe Blanc, e un bellissimo e emblematico frontespizio
dipinto da Attilio Mussino potrebbe stare come la rappresentazione
visiva più appropriata per Addio giovinezza!: un laureato che, diploma sotto il braccio, tiene la mano prima di partire ad una bella e
corrucciata fanciulla col viso in parte coperto da un ampio cappello 2.
1
Patrizia Deabate, Cent’anni di
Addio giovinezza! nella Torino belle
époque, in “Studi Piemontesi”, XL, 2
(2011), pp. 459-468.
2
Pier Massimo Prosio, 1911. Commiato, in Torino a cielo alto, Torino,
Centro Studi Piemontesi, 2009, p. 187.
3
Emilio Praga, A Vittor Hugo, in
Opere, a cura di Gabriele Catalano,
Napoli, Casa Editrice Fulvio Rossi,
1969, p. 306. Il termine “sbucciava”
sta per “sbocciava”, cfr Note, in ivi, p.
409, nota n. 4.
Prendendo in esame i punti di riferimento poetici per
Nino Oxilia, qui si cercherà di ricostruire l’origine de Il
Commiato, di cui la più antica fonte d’ispirazione può farsi
risalire alla poesia scapigliata A Vittor Hugo di Emilio Praga
(1839-1875), pubblicata nel 1864 nella raccolta Penombre:
Per le fuggenti voluttà dell’anima,
per questa lotta acerba,
per l’Ideal che inseguo, e per le lagrime
che Iddio mi serba;
o giovinezza che già muti nome,
una pura armonia spirami ancora,
un inno alato;
pria che il verno dal cor salga alle chiome,
prima che tutta la mia bionda aurora
m’abbia lasciato!
Dammi per poco ancor la vaga aureola
che han presa i disinganni;
il coraggio, la fede, e le vertigini
de’ miei vent’anni!
Fammi ancor bello, fammi ancora buono,
come nei lieti dì che il cor sbucciava
dai primi versi;
toglili al buio ove sepolti sono,
e un inno sol redimerà la ignava
vita che persi!3
117
Emilio Praga supplicava quindi la giovinezza d’ispirargli
l’inno alato con cui riscattare la propria esistenza e raggiungere Victor Hugo, il padre del Romanticismo francese, in
quegli anni in esilio sulle isole di Jersey e Guernesey dopo
l’avvento di Napoleone III:
Inno, inno santo, e varcherai l’oceano!
L’amor che ti conduce
guida dritti gli augelli alle piramidi;
è amor di luce!
Vola allo scoglio ove l’Eterno innonda
di tempeste, di azzurri, e di visioni
l’uom dell’esiglio;
e nel nimbo fatal che lo circonda
l’affetto immenso e la pietà deponi
di un altro figlio4!
Ivi, pp. 306-307.
Cfr. Charles Baudelaire, Inno
alla Bellezza, in I Fiori del male e altre
poesie, Torino, Einaudi, 2001, pp.
37-39.
6
Emilio Praga, Preludio, in Opere,
cit., p. 221.
7
Carlo Righetti (1828-1906), che
firmava i propri scritti con lo pseudonimo di Cletto Arrighi, diede il nome
al proprio movimento letterario con la
pubblicazione del romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio nel 1862.
4
5
Lo “scapigliato” Praga non riuscì a farsi ispirare dalla
giovinezza quell’“inno santo” che l’avrebbe salvato dalla perdizione e infatti morì alcolizzato a soli trentasei anni, nel 1875.
La giovinezza era vagheggiata come l’insieme degli ideali,
dei sentimenti autentici dei vent’anni.
Nel grande scrittore francese il Praga vedeva il punto
di riferimento per elevarsi al di sopra della crisi di valori, di
quel vuoto interiore che simboleggiava anche il disorientamento della classe intellettuale italiana dinanzi al tramonto
del Risorgimento e del proprio ruolo attivo nella storia.
Se Hugo era considerato l’ideale cui tendere, come è noto
la Scapigliatura ebbe come nume tutelare il “poeta maledetto”
francese Charles Baudelaire (1821-1867).
Nella raccolta Les Fleurs du mal (I Fiori del male) pubblicata
a Parigi nel 1857, è emblematica la poesia Hymne à la Beauté
(Inno alla Bellezza), esaltata come mezzo per penetrare l’Infinito,
anche se non si capisce se essa sia “Sirena” o “Angelo”, prodotto
di Satana o di Dio, alba e tramonto insieme, amore e morte,
carità e delitto, contraddizione intrinseca, simile in ciò, al vino 5.
Il contrasto tra l’angoscia della realtà (lo spleen) e l’Ideale,
tra il tentativo di elevarsi e la ricaduta nelle brutture dell’esistenza, espresso nella poesia Dualismo (1863) di Arrigo Boito,
fu il tema centrale della Scapigliatura.
Fu questa una condizione che Emilio Praga visse in una
drammatica coincidenza tra arte e vita e lasciò scolpita nella
prima poesia di Penombre:
Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro,
e l’Ideale che annega nel fango...6
Quanto al termine “Scapigliatura”, esso era stato coniato
da Cletto Arrighi nel 1862 come equivalente del francese
bohème 7, con cui si indicava il mito romantico dell’artista
povero e ribelle, che vive una vita libera nelle soffitte parigine, tra amore e culto disinteressato dell’arte: l’immagine
proposta dal celebre romanzo francese Scènes de la vie de
Bohème (1848) di Henry Murger (1822-1861).
118
Il sentimento di sentirsi privi degli ideali risorgimentali,
terminata la parabola del Positivismo, sarebbe poi risorto
nei primi anni del Novecento, sia sul versante del Crepuscolarismo che su quello opposto del Futurismo: le spinte
irredentiste, rinfocolate dalle celebrazioni del cinquantenario dell’Unità, avrebbero poi contribuito all’interventismo di
larga parte degli intellettuali, favorevoli a quella che veniva
considerata l’ultima guerra d’Indipendenza, imprescindibile
per completare l’unificazione nazionale.
Leggendo il Commiato, esso pare la “risposta” del crepuscolare Oxilia al maestro Emilio Praga, l’esaudimento di
quella preghiera alla giovinezza formulata invano nel 1864
dal poeta “maledetto”.
Gli influssi della Scapigliatura sul Crepuscolarismo sono
ben noti8, ma di seguito si cercherà di ricostruire in dettaglio
il legame tra scapigliati lombardi e piemontesi.
Nelle memorie di Angiolo Biancotti, amico di Oxilia e
di Camasio, si nota che i nomi della Scapigliatura milanese
Praga, Tarchetti e Boito ricorrono, nel rievocare il ritrovo al
“Molinari”, in riferimento agli anni intorno al 1911, quasi
fossero stati suoi contemporanei 9.
E poi, ricordando la commedia di Camasio e Oxilia, identifica così l’epoca della propria gioventù:
8
Cfr. Giuseppe Mazzarino, Scapigliatura ed oltre, in Poesia crepuscolare alba del nostro Novecento, tesi di
laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia,
Università di Roma La Sapienza, a.a.
1982/83, relatore Walter Pedullà,
correlatrice Mirella Serri, pp. 28-44.
Vedasi inoltre Giovanna Scarsi, Gozzano e gli scapigliati, in Guido Gozzano. I giorni, le opere, Firenze, Olschki,
1985, pp. 213-220.
9
Cfr. Patrizia Deabate, op. cit., p.
462, nota n. 19.
10
Angiolo Biancotti, Gli autori e
il mondo di “Addio giovinezza” in Ai
tempi di “Addio giovinezza”. Cronache
e profili della Belle Époque, Milano,
Gastaldi Editore, 1954, p. 20.
11
Ivi, p. 21.
12
Angiolo Biancotti, Pin Giacosa
e la scapigliatura torinese, in Ai tempi
della “Scapigliatura”. Torineserie d’altri tempi, Milano, Gastaldi Editore,
1961, p. 53.
Ma quell’Addio Giovinezza fu proprio un verace “Addio” alla
scapigliatura 10.
E, nella chiusa del capitolo:
La “Scapigliatura” si disperse […] Se noi siamo restati gli eterni
boemi della vita e dell’arte, se abbiamo conservato in fondo al nostro
spirito lo spregiudicato allegro ottimismo di quegli anni splendidi di
povertà e d’ideale, il fulcro attorno al quale tutto questo movimento agitò
la sua fiamma di vita, si estinse con il 1915, e non si riaccese mai più 11.
Biancotti quindi definì se stesso e i giovani della sua generazione dei “boemi” ovvero dei bohémiens. Ancora nel volume
Ai tempi della “Scapigliatura”, ricostruì puntualmente i forti
legami che unirono, nell’Ottocento, i poeti milanesi ai loro
amici di Torino:
Dagli “Scapigliati lombardi” derivava il Camerana […].
Entrato nel Cenacolo torinese vi aveva portata la mentalità dei
lombardi e la profonda conoscenza di Heine e di Victor Hugo,
di De Musset e di Baudelaire soprattutto che rivelava ai giovani
torinesi un po’ imbambolati negli schemi classici […] Camerana
parlava di rivolta contro il passato, la tradizione, la convenzione, i
pregiudizi, le oleografie, le stereotipie intellettuali; anche Giuseppe
Cesare Molineri venuto a Torino da Milano vi aveva portato il succo
della scapigliatura e la conoscenza di Praga e di Boito.
Camerana e Giacosa invitarono a Torino il Praga affinchè leggesse nell’anfiteatro di chimica i “Tre amanti di Bella” 12 […].
Il Giacosa citato è Giuseppe Giacosa, che nella maturità
avrebbe ben ricordato la propria giovinezza scapigliata, com119
ponendo con Luigi Illica il libretto per la celeberrima opera
di Puccini La Bohème, portato a termine con grandi sacrifici
e difficoltà nel 1895 13.
Scrisse un altro amico di Camasio e Oxilia, Mario M.
Berrini, in un denso memoriale che abbraccia mezzo secolo
di storia e cultura torinesi:
Il legami tra le due scapigliature lombarda e piemontese erano
stretti […]
Al Giacosa, in uno dei suoi passaggi, il Praga lesse la prima volta
il suo dramma Altri tempi, speranzoso di ritentare più felicemente il
teatro. E quando capitava a Milano qualche torinese era una festa.
Cordiali e cari scambi spirituali 14.
I rapporti tra le due Scapigliature furono sanciti dalla
nascita, nel 1874, di un periodico torinese, Serate italiane.
E, dopo la scomparsa di Emilio Praga (26 dicembre 1875)
che non riuscì a pubblicare in volume le ultime poesie:
Le Serate Italiane cercarono di riparare un poco alla ingiustizia
verso il Praga, continuarono a pubblicare dei suoi versi postumi,
a caldeggiare la pubblicazione di un ultimo volume del poeta, a
tenerne vivo il nome e a rivalutarne la fama 15.
Infatti il fuoco scapigliato fu tenuto vivo proprio a Torino,
dove punto di riferimento per gli intellettuali negli anni ’70
e ’80 del XIX secolo fu l’editore Casanova: amico, libraio,
ritrovo degli intellettuali, approdo degli attori di fama, che
dopo le rappresentazioni al vicino teatro Carignano, spesso
vi sostavano. Ad Eleonora Duse Francesco Casanova regalò
il suo bellissimo gatto d’Angora 16.
Casanova pubblicò, postumi, del Praga, Trasparenze, nel
1878, a cura del Molineri, nel 1881 il romanzo Memorie del
presbiterio a cura di Roberto Sacchetti. Nel 1884 ristampò
Fiabe e leggende con illustrazioni di Edoardo Calandra e poi
ancora Tavolozza e la raccolta Penombre (contenente A Vittor
Hugo) per due volte: nel 1879 e nel 1889, anno di nascita di
Nino Oxilia 17.
Biancotti così definì l’esperienza scapigliata piemontese:
13
Cfr. Pier Giuseppe Gillio, Giacosa librettista, in Il mondo di Giuseppe
Giacosa, Torino, Consiglio Regionale
del Piemonte, 2007, catalogo della
mostra tenutasi a Palazzo Lascaris a
Torino (15 dicembre 2006-30 gennaio
2007) e a Castel Sant’Angelo a Roma
(28 agosto-30 settembre 2007) nel centenario della morte (1906-2006), p. 35.
14
Mario M. Berrini, L’associazione giovanile “Dante Alighieri” (18631871), in Torino a sole alto, Torino,
Edizioni Palatine, 1950, pp. 16-17.
15
Mario M. Berrini, La giovane
letteratura torinese, in ivi, p. 53.
16
Cfr. Mario M. Berrini, Un editore: Francesco Casanova, in ivi, pp.
243-265.
17
Cfr. Mario M. Berrini, ivi, pp.
244-245 e Edizioni e nota al testo, in
Emilio Praga, op. cit., pp. 73-74.
18
Angiolo Biancotti, Pin Giacosa
e la scapigliatura torinese, cit. p. 56.
19
Cfr. Manlio Collino, Studenti e
goliardia, appunti per una storia, in M.
Albera, M. Collino, A.A. Mola, Saecularia sexta album. Studenti dell’Università a Torino, sei secoli di storia,
Torino, Elede, 2005, p. 108.
Scapigliatura quindi un po’ più in tono minore e con maggior
senso pratico. La più vera scapigliatura ritornerà per breve tempo
nel 1910 18.
La gioventù torinese degli anni ’10 del Novecento, quindi, si sentiva erede spirituale del Praga e della Scapigliatura
milanese.
Il Commiato, come è noto, fu commissionato ad Oxilia
dalla Goliardia dell’Università di Torino nel maggio del 1909
per una festa di addio agli studi dei laureandi in legge, che
si sarebbe tenuta la sera stessa al ristorante “Sussambrino”
di via Po. I legami tra Goliardia e Scapigliatura erano stretti:
fino alla prima guerra mondiale, tra gli studenti torinesi, i due
termini furono nella pratica utilizzati come sinonimi 19. Ma
già a partire dal 1869 la Società “Dante Alighieri” che riuniva
120
gli esponenti della Scapigliatura torinese (Giuseppe Giacosa,
Giovanni Faldella, Giovanni Camerana, Roberto Sacchetti, Cesare Molineri), era stata protagonista della Goliardia
nazionale, lanciando il progetto di un’Associazione Universale degli studenti italiani che aveva raccolto le adesioni di
svariati Atenei 20.
Sul rapporto tra Goliardia, Crepuscolarismo e Bohème
è stato scritto:
Addio giovinezza! è l’estrema riduzione e rarefazione cui giunge
in Italia il tema della “vita di Bohème”, già impoverito, banalizzato
e reso più epidermico da Illica e Giacosa nella stesura del libretto per Puccini. I bohémiens di Murger diventano già nell’opera
pucciniana degli scapigliati [...]: dei contestatori dell’ordine, della
morale e della società borghesi […]
Eredi della Scapigliatura come condizione esistenziale (temporanea, lo si rammenti, temporanea...) sono, negli ultimi anni
dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, i goliardi 21.
[…] il goliarda avverte […] quel senso del fluire inarrestabile
del tempo che già il Magnifico cantò così mirabilmente nel suo
canto carnascialesco di Bacco e Arianna […]; e diventa malinconico, piangendo anzitempo il tempo di sua gioventù. Si tratta di una
malinconìa fantastica, perché porta a rimpiangere quanto ancora
non si è fatto, un tempo che non si è ancora completamente vissuto.
È questo sentimento – per inciso – che troveremo compiutamente espresso in Gozzano, Camasio, Oxilia, Vallini (e Chiaves,
fino a un certo punto) 22.
20
Cfr. Mario M. Berrini, L’associazione giovanile “Dante Alighieri” cit.,
pp. 14-20.
21
Giuseppe Mazzarino, Bohème,
Scapigliatura, Goliardia, in Poesia crepuscolare alba del nostro Novecento
cit., p. 312.
22
Ivi, p. 314.
23
Nino Oxilia era nato il 13 novembre 1889, cfr. Franco Monetti, Introduzione, in Nino Oxilia, Un tempo una
città, Torino, Famija Turinèisa, 1983,
p. VIII.
24
Emilio Praga, Noli, in Opere,
cit., p. 240.
La prova che Oxilia avesse letto Penombre già a gennaio
del 1905, quando era appena quindicenne 23, ci è fornita da
un confronto tra testi poetici, che non lascia adito alla possibilità di coincidenze fortuite. L’autore del Commiato, infatti,
scrisse una poesia, dedicata alla località ligure di Noli, datata
9 gennaio 1905, rimasta inedita e pubblicata molti anni dopo,
nel 1973. Intitolata Pace, ricalca la praghiana Noli contenuta
in Penombre, la stessa raccolta di A Vittor Hugo. In entrambi
i componimenti la cittadina è esaltata come un luogo di pace
e di preghiera, in cui l’anima può distendersi e trovare pace.
Nella Noli di Praga il tema maledetto fa capolino di notte,
quando i dolori del poeta, sepolti di giorno sotto il sagrato
della chiesa, tornano a bussare ai vetri della finestra, tormentandolo.
Ed io rispondo: – Sirene, Sirene,
tornate a sonnecchiar sotto il sagrato:
siete il vin che mi ha roso e le cancrene
che m’han bruciato 24!
Traccia di questa macabra persecuzione si ritrova anche
in Pace di Nino Oxilia, che pur non avendo toni drammatici
quanto quelli praghiani, si chiude con la prefigurazione della
morte dello stesso autore:
Si levano da riposare
nella notte tutti i tuoi morti
121
e cantano un canto che va
nell’infinità.
Io vo rivederti. Oh! abitare
in quella pace infinita!
dappresso a la chiesa che invita
con fede novella a pregare!
E nella bellissima notte
feconda di taciti idilli
riudire i morti tuoi figli
cantare nelle quieti rotte
accompagnati dall’onda
profonda!
E nella antichissima chiesa
riudire l’Avemaria
sonante sonante a distesa
a richiamo di gente pia.
In valle d’aranci e d’ulivi
all’estrema mia ora posare
riaddormentato dal mare
dal suono fremente dei rivi
cullato dalla campana
lontana 25!
I morti che di notte si levano a cantare, per due volte
citati da Oxilia, sono un chiaro richiamo alle “Sirene” che
tormentavano Praga nelle sue notti insonni in Noli.
La famiglia di Oxilia era di origine savonese per cui la
località ligure emerge come un ricordo d’infanzia, però la
nostalgia per la fanciullezza è pure uno dei temi portanti
della poesia di Praga: in Pace, dunque, s’intrecciano in modo
singolare coincidenze biografiche e suggestioni scapigliate.
Ancora è a dirsi che se nella poesia A Vittor Hugo, pubblicata due anni dopo la prima edizione de I Miserabili, Praga
si definiva figlio del grande scrittore francese, individuando
nella “giovinezza” il mezzo per raggiungere il proprio padre
ideale, la stessa giovinezza era un tema caro a Hugo, che proprio ne I Miserabili aveva personificato nel ragazzino ribelle
Gavroche, il “monello di Parigi”. In cui è stata ravvisata la
trasposizione letteraria di un altro giovanissimo personaggio
simbolo della nazione francese: il rivoluzionario sulla barricata
nel celeberrimo dipinto di Eugène Delacroix La Libertà che
guida il popolo del 1830 26. Un’opera realizzata per celebrare
la rivoluzione borghese di Luigi Filippo d’Orléans ma dotata
di un forte valore suggestivo, tanto da essere poi utilizzata
per simboleggiare i più diversi eventi nel corso della storia,
dalla Liberazione della Francia nel 1944, alle celebrazioni,
nel 1989, del bicentenario della Rivoluzione Francese. Il
mito della giovinezza, infatti, si era affermato proprio con la
Rivoluzione Francese e la sua celebrazione iconografica era
stata popolata da divinità femminili, la Patria, la Giustizia,
la Libertà, affiancate da eroi giovani, non dai padri, che rappresentavano i valori dell’Ancien Régime 27. Tale mito si era
sviluppato anche nel Risorgimento italiano, come l’attestavano
le associazioni fondate da Giuseppe Mazzini: la “Giovine
Italia” e la “Giovine Europa”.
25
Nino Oxilia, Pace, in Poesie, a
cura di Roberto Tessari, Napoli, Guida Editori, 1973, p. 219. L’ “antichissima chiesa” di Noli è San Paragorio,
d’epoca romanica.
26
Cfr Roy Brown, Delacroix 1831:
la Libertà guida il popolo, in Europa
1700-1992: storia di un’identità, vol.
Il trionfo della borghesia, Milano,
Electa, 1992, p. 126. Cfr. anche Paul
Crenshaw, Rebecca Tucker, Alexandra Bonfante-Warren, La Libertà che
guida il popolo, in Simboli e segreti. I
significati nascosti nei grandi dipinti,
Milano, Rizzoli, 2009, p. 294.
27
Esempi di opere riprodotte in
M ichel V ovelle , La Rivoluzione
Francese. Un racconto per immagini,
1789-1799, Roma, Editori Riuniti,
1989 in cui sono esaltate le giovani
generazioni rivoluzionarie (periodo
1793-94): Trionfo della Repubblica
francese. Incisione anonima. Vizille,
Museo della Rivoluzione francese, vol.
III, p. 216. La dedizione alla patria.
Incisione da Talamona. Parigi, Musée
Carnavalet, vol. III, p. 220.
Fontana della Rigenerazione eretta
sulle rovine della Bastiglia. Incisione
anonima, Parigi, Bibl. Naz., vol. IV, p.
139. Il trionfo della Montagna. Acquerello di Béricourt. Parigi, Biblioteca
Nazionale, vol. IV, p. 240.
122
Del percorso poetico di Nino Oxilia che culminò con
l’Inno dei Laureandi, va detto che se il suo inizio fu dato
dalla lettura di A Vittor Hugo nel 1905, negli anni successivi
vi furono altri spunti molto significativi. Già ebbi a porre in
evidenza 28 come la poesia O giovinezza!, del 1908, di Giovanni
Croce (1889-1911) giovane amico di Camasio e Oxilia, sembrasse anticipare il Commiato e la successiva trasformazione
nel canto Giovinezza degli Arditi:
La vita non sarà che un saldo ardire,
un inno a la fiorente giovinezza! 29
Qualche influsso dovette derivare a Croce dall’omonima
poesia O Giovinezza! di Gabriele D’Annunzio 30. In riferimento alla quale, in particolare, e alla relativa raccolta poetica
del 1893, è stato scritto:
Fra i libri di poesia composti prima della grande stagione delle
Laudi, Il Poema Paradisiaco (1893) è il più ricco di futuro. […]
offrirà alla lirica del Novecento una persuasiva koinè linguistica e
stilistica variamente praticata, a cominciare dai cosiddetti Crepuscolari giù giù fino a Montale:
…tacciono le rive
poi che il tonante vortice dispare.
Odo altro suono, vedo altro bagliore
Vedi nota n. 1.
Giovanni Croce, O giovinezza!,
in Sul limite della luce, Torino, Sella
& Guala, 1908, p. 115.
30
Da O Giovinezza! di D’Annunzio derivò probabilmente La giovinezza di Amalia Guglielminetti, compresa
nella raccolta Le seduzioni (ed. originale Torino, 1909) in cui la poetessa
rovescia il segno della lirica del Vate,
facendo della giovinezza, ben presente
e non fuggitiva (come in D’Annunzio) l’unica sua compagna, quasi una
sorella. Cfr. Amalia Guglielminetti,
La giovinezza, in Le seduzioni, TorinoGenova, S. Lattes & C. Librai-editori,
1921, p. 9.
31
Annamaria Andreoli, Introduzione in Gabriele d’Annunzio, Poema
Paradisiaco, Milano, Mondadori, 1995,
p. VII.
32
Giovanni Croce, op. cit., p. 115.
33
Gabriele d’Annunzio, O giovinezza! in Poema Paradisiaco, cit. p. 101
34
Giulio Gianelli, Preghiera Alpina, in Tutte le poesie di Giulio Gianelli, a cura di Giuseppe Farinelli, Milano, Istituto di Propaganda Libraria,
1973, p. 317.
28
29
è appunto D’Annunzio (O Giovinezza!) e non Montale 31.
Mentre O Giovinezza! di D’Annunzio è una pacata riflessione sul tempo che passa e sulla mutata, più matura, visione
del futuro, la poesia di Croce identifica la giovinezza con gli
ideali per cui combattere:
O giovinezza, innalza l’orifiamma
di tua bellezza a spirti solitari
e intreccia a le lor tempia tue ghirlande 32 !
Le “ghirlande” di Croce riprendono, con un altro spirito,
l’incipit del poeta decadente:
O Giovinezza, ahi mè, la tua corona
su la mia fronte già quasi è sfiorita 33.
Ma se Croce declinò in un senso di trionfo guerresco il
momento di riflessione dannunziano, un altro crepuscolare
torinese, Giulio Gianelli (1879-1914), di qualche anno più
anziano di Croce e Oxilia e amico di Guido Gozzano, riempì
il concetto di “giovinezza” di ideali religiosi, simboleggiati da
una passeggiata alpina:
L’ora è venuta di mutar destino,
coraggio ancora, sali, o giovinezza;
ti chiama alcuno là nel ciel turchino!
Non mi frena pericolo d’altezza,
minacci o rida, sentiero o torrente,
la strada incìta la mia santa ebbrezza 34.
123
L’elevazione verso un ideale superiore è la stessa, ma di
segno opposto rispetto a quella di Croce, che spronava la
giovinezza ad innalzare l’orifiamma (vessillo bellico); inoltre
la “santa ebbrezza” di Gianelli ricorda l’“inno santo” invano
cercato da Praga in A Vittor Hugo.
Il concetto di “sentiero”, come la mancanza di paura di
fronte al pericolo, sono elementi della poesia gianelliana
ripresi da Oxilia nel Commiato:
È la vita una battaglia,
è il cammino irto d’inganni 35.
Preghiera Alpina fu pubblicata nel periodico torinese
Momento illustrato il 9 settembre 1906 36, negli anni immediatamente precedenti O giovinezza! di Croce (1908) e il
Commiato (1909).
Giulio Gianelli, di cui la biografia fu tratteggiata dall’amico Angiolo Biancotti nel citato volume Ai tempi di “Addio
giovinezza” 37, aveva legami con la famiglia Oxilia. La sua
raccolta poetica Intimi Vangeli, del 1908, portava in copertina
un disegno del pittore Cesare Maggi, marito di Anna Oxilia;
e pure in quell’anno Andrea Felice Oxilia dedicò a Gianelli la
sua lirica Il viaggio con le seguenti parole: “Al mio Giulio che
sa tutte le lacrime che ho pianto”; mentre il fratello minore
Nino vedeva in Gianelli un maestro al quale aveva premura
di sottoporre le proprie composizioni 38.
Un’altra poesia del Gianelli, pubblicata nel 1907, merita
di essere ricordata:
35
Nino Oxilia, Il Commiato, in
Poesie, cit., p. 238 (Edizione originale:
Torino, Gori, 1909).
36
Cfr Giulio Gianelli, Nota ai
testi, cit. p. 112.
37
Alla figura di Giulio Gianelli è
dedicato il capitolo Il poeta delle gioventù perdute e redente, pp. 88-110.
Vedi inoltre Pier Massimo Prosio,
cit., p. 167.
38
Cfr Giulio Gianelli, Nota biografica, cit. p. 164.
39
G iulio G ianelli , Visioni di
coscienza Carità, cit. p. 320. Apparsa sulla “Gazzetta del Popolo della
Domenica” del 13 gennaio 1907, cfr.
ivi, Nota ai testi, p. 113. È da notare
che le parole di questa poesia sono
simili (forse ispirate dalla stessa fonte?) a quelle dedicate molti anni dopo
a «La Libertà che guida il popolo: [...]
la vita, orgogliosa, impulsiva, creatrice, che si svincola poco per volta da
rottami inerti e vinti, seleziona le forze
impazienti degli uomini e le proietta
in un varco di luce, dove splende il
colore, come suo visibile segno» (René
Huyghe, Delacroix, Milano, Garzanti,
1963, p. 201).
40
Nino Oxilia, op. cit., p. 238.
O giovinezza, spirito giocondo,
ch’oggi ti sfiori nel dolor del mondo,
dalla viltà che stagna,
d’una scossa ti svincola, guadagna
il culmine ch’è tuo, e colà, dea
solitaria, dissolviti ma crea.
Nel tuo passato, ove riarde, stella,
ogni sventura, immergiti, cancella
dal cuore, a fuoco, ogni mal seme ed ogni
ombra che appanni il folgorìo dei sogni:
della tua vita fa una primavera
sola, feconda come una riviera 39
E la primavera, accostata alla giovinezza, è anche nel
ritornello del Commiato:
Giovinezza, giovinezza
primavera di bellezza
della vita nell’asprezza
il tuo canto squilla e va 40 !
Singolare quindi il percorso dell’inno Giovinezza, invocato dal poeta maledetto Emilio Praga già nel 1864, poi da
Giovanni Croce in una sorta di profezia di guerra (di cui
non vedrà l’esito perché morirà nel 1911), passato attraverso D’Annunzio e lo spirito religioso di Giulio Gianelli, tra
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influenze e spunti scapigliati, romantici, goliardici, cristiani,
irredentisti, crepuscolari e futuristi 41.
Tra tutti, chi avrebbe trovato le parole con cui incastonare quei fermenti esplosivi in musica sarebbe stato un poeta
studente.
Ed è da notare che Eugène Delacroix, nel 1830, realizzando il dipinto destinato a divenire icona di rivoluzioni per
diversi popoli 42, aveva caratterizzato il ragazzo combattente
accanto alla Libertà 43 ponendogli sul capo un berretto da
studente.
Un riferimento “rivoluzionario” è pure presente nel Commiato, nella strofa dedicata ai “fratelli non redenti” ovvero
i goliardi che nell’impero asburgico protestavano per poter
avere un’università italiana.
Era il periodo delle Lettere triestine dell’allora studente
Scipio Slataper, che qualche anno prima era stato socio, sotto
falso nome, della “Giovane Trieste” 44.
Quando compose Il Commiato, Nino Oxilia aveva quell’età di cui Praga aveva scritto, rivolgendosi alla giovinezza:
Dammi per poco ancor la vaga aureola
che han presa i disinganni;
il coraggio, la fede, e le vertigini
de’ miei vent’anni 45!
41
L’iter storico e poetico che portò
alla nascita dell’Inno dei Laureandi nel
1909 fa parte di una vicenda più complessa, cfr. Ivan Rivalta, Addio giovinezza! Analisi di un topos crepuscolare,
in Ai giovani, numero V di Griseldaonline, novembre 2005-ottobre 2006,
www.griseldaonline.it.
42
Divenne simbolo della causa
repubblicana durante la guerra civile
spagnola, della lotta d’indipendenza
dell’Algeria contro la Francia, della
Resistenza in Polonia. Più di recente, in Francia, il dipinto ha ispirato i
partecipanti al movimento del 1968 e
quello per i diritti femminili, cfr. Roy
Brown, op. cit., p. 122.
43
Ivi, p. 126.
44
Lo scrittore irredentista Scipio
Slataper (1888-1915) pubblicò le cinque Lettere triestine dall’11 febbraio al 25 aprile 1909 presso la rivista
fiorentina “La Voce” di Giuseppe
Prezzolini, cfr. Cronologia della vita e
delle opere, in Scipio Slataper, Il mio
Carso, Milano, BUR Grandi romanzi,
2013, p. 16.
45
Vedi nota n. 3.
46
Nino Oxilia, op. cit., p. 238.
Era il 1909, l’anno del Manifesto del Futurismo. E in quella
primavera Nino Oxilia aveva vent’anni ancora da compiere.
Come scrisse nel Commiato:
ma siam forti, abbiam vent’anni,
l’avvenire non temiam 46.
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