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il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Settimanale di approfondimento per professionisti e imprese Direzione Scientifica Gianfranco Ferranti Professore ordinario della Scuola nazionale dell’amministrazione Comitato Scientifico Giulio Andreani Tamara Gasparri Giuseppe Ascoli Antonio Iorio Dottore commercialista e Revisore legale Dottore commercialista in Roma e Milano Saverio Capolupo Università degli Studi di Cassino Ivo Caraccioli Già ordinario di Diritto penale nell’Università di Torino Andrea Carinci Professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università di Bologna - Avvocato in Bologna Massimo Conigliaro Dottore commercialista in Siracusa Eugenio della Valle Professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università “Sapienza” di Roma Collaboratore Assonime Area Fisco Avvocato in Roma e Milano Maurizio Leo Avvocato in Roma, Milano e Torino Gerardo Longobardi Dottore commercialista in Roma, Presidente del CNDCEC Luigi Lovecchio Dottore commercialista in Bari Pierpaolo Maspes Dottore commercialista Rossella Orlandi Direttore dell’Agenzia delle Entrate Marco Piazza Dario Deotto Dottore commercialista in Milano Flavio Dezzani Avvocato in Roma e Milano Commercialista in Monfalcone (GO) Benedetto Santacroce Professore Emerito di Ragioneria nell’Università di Torino, Dottore commercialista in Torino Alessandro Sura Bruno Ferroni Stefano Trettel Direttore Affari Fiscali e Societari Ferrero S.p.A. Direttore fiscale di Fininvest S.p.A. Luca Gaiani Piergiorgio Valente Dottore commercialista in Modena Project manager dell’OIC - Dottore commercialista Dottore commercialista in Milano Direttore responsabile Giulietta Lemmi Redazione: Viale Maresciallo Pilsudski, 124 - 00197 Roma I contenuti e i pareri espressi negli articoli sono da considerare opinioni personali degli autori che non impegnano pertanto l’editore, la direzione e il comitato scientifico. Gli ar ticoli da pubblicare devono essere inviati al seguente indirizzo e-mail: redazione@ilfisco.it Strada 1, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI) Poste Italiane S.p.a. - Sped. Abb. Postale DCB Milano D.L. n. 353/2003 (conv. in L. 27/7/2004 n. 46) art. 1, c. 1. Rivista settimanale - Anno XXXIX il fiscofrontespizio_il_fisco.indd - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 1 08/07/15 13:32 Servizio Clienti Il numero telefonico dell’Ufficio Abbonamenti è: 199.164.164 (E 0,1188 + IVA a min. da rete fissa senza scatto alla risposta, da rete mobile il costo dipende dall’operatore utilizzato) Fax 06.20.381.253 Condizioni di abbonamento 2015 valide per l’Italia. Abbonamento alla rivista ‘‘il fisco’’ PLATINO, 2015, 48 numeri, con "Pratica Fiscale e Professionale" 2015, 48 numeri, ‘‘Rassegna Tributaria’’ 2015, 6 numeri, 6 Pocket 329,00 euro (Iva inclusa). Altre combinazioni, vedi www.shop.wki.it/il_fisco. Condizioni di abbonamento 2015 valide per l’estero. Abbonamento alla rivista ‘‘il fisco’’ PLATINO, 48 numeri, con "Pratica Fiscale e Professionale" 2015, 48 numeri, ‘‘Rassegna Tributaria’’ 2015, 6 numeri, 6 Pocket 428,00 euro (Iva inclusa). Roma Filiale 3711, Via L. 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Cappabianca, Est. Iofrida - Sent. n. 12274, del 25 febbraio 2015, dep. il 12 giugno 2015) con commento di Alessandro Borgoglio .................................................................................. 2871 Imposte sui redditi e Iva - Impresa esercente attività agricola, agrituristica e immobiliare - Opere edilizie non conformi a titolo edilizio poi condonate - Deduzione dei costi e detrazione dell’Iva Ammissibilità - Inerenza dell’oggetto sociale - Necessità (CASSAZIONE, Sez. trib., Pres. Cappabianca, Est. Federico - Sent. n. 12535, dell’11 marzo 2015, dep. il 17 giugno 2015) con commento di Stefano Baruzzi .......................................................................................... 2875 Imposta di registro, ipotecaria e catastale - Cessione di terreno - Solidarietà tributaria tra acquirente e venditore - Sentenza pronunciata tra Amministrazione finanziaria e uno dei condebitori - Opponibilità della sentenza da parte degli altri condebitori - Ammissibilità - Estraneità al giudizio dei richiedenti e passaggio in giudicato della decisione - Necessità (CASSAZIONE, Sez. trib., Pres. Chindemi, Est. Meloni - Sent. n. 12766, del 19 marzo 2015, dep. il 19 giugno 2015) ccon commento di Antonino Russo ............................................................................................... 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2878 2835 APPROFONDIMENTO Conferimento d’azienda con successiva cessione di quote: un’operazione ‘‘impossibile’’? di Giampiero Guarnerio (*) Non esiste una definizione di ‘‘cessione d’azienda’’ specifica per l’imposta di registro. Perciò le riqualificazioni dei conferimenti d’azienda seguiti da cessioni di quote in atti di cessioni d’azienda fondate sulle interpretazioni ex art. 20 del Tur hanno in primis valenza civilistica e, solo come effetto derivato, valenza fiscale. Da questa constatazione emergono le contraddizioni in cui esse cadono quando si vogliono limitarne gli effetti alla sola imposta di registro. Ad esempio, si dovrebbe concludere che ai fini delle imposte dirette le operazioni mantengono la ‘‘apparente’’ qualifica di conferimento neutrale, sebbene si sia concluso che la loro intrinseca natura e il loro effetto giuridico era una cessione d’azienda. Ovvero che i bilanci – quali che siano i principi contabili adottati – possono legalmente riflettere atti diversi da quelli realmente avvenuti, ovvero che gli aumenti di capitale possono essere iscritti al registro delle imprese anche quando non hanno tale intrinseca natura o tale effetto giuridico. (*) Dottore commercialista in Milano, Rödl & Partner. 1 Vedasi anche Cass. n. 8655 del 2015, che ripercorre sinteticamente le medesime considerazioni. 1. Premessa La nota questione della riqualificazione del conferimento d’azienda con successiva cessione di quote in ‘‘cessione d’azienda’’ trova sempre più conferme positive da parte del giudice di legittimità che si è occupato del tema nell’ambito di accertamenti riguardanti l’applicazione dell’imposta di registro. Le sentenze che confermano tale orientamento si collocano in due filoni tra loro inconciliabili, segno della fragilità delle rispettive posizioni. Un primo filone, sposato ad esempio nella Ord. 5877 del 13 marzo 2014, vede nell’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 (Tur) una valenza antielusiva, sicché le parti contraenti dovrebbero difendersi opponendo essenzialmente argomenti di tipo economico extrafiscale a sostegno della propria scelta. Un secondo filone, sposato ad esempio dalla Sent. n. 3481 del 14 febbraio 2014 1, nega che l’art. 20 abbia natura antielusiva. Pur tuttavia, valutando la natura intrinseca degli atti e la loro consecuzione temporale, esso giunge alla conclusione che ‘‘il vero atto’’ da assoggettare a tassazione è la cessione d’azienda. In questa sede si prende in esame soprattutto il secondo filone, anche considerando che il primo è già stato ampiamente sviluppato in dottrina 2. 2 Tra i tanti: M. Fanni, L’art. 20 del T.U.R. tra natura antielusiva e valutazione degli effetti giuridici degli atti nella circolazione indiretta delle aziende, in ‘‘GT - Rivista di giurisprudenza Tributaria’’ n. 6/2014, pag. 494; F. Gallio, Riqualificazione del conferimento di azienda e della successiva cessione di partecipazioni come contratto di cessione d’azienda, in ‘‘il fisco’’ n. 15/2013, pag. 2311. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2836 APPROFONDIMENTO – Imposta di registro Peraltro, secondo lo schema di decreto legislativo in materia di certezza del diritto 3, l’ambito di applicazione delle disposizioni antielusive dovrebbe restringersi notevolmente. Significativa a tal proposito la disposizione che prevede che l’abuso del diritto può essere configurato solo se i ‘‘vantaggi fiscali’’ non possono essere disconosciuti constatando la violazione di specifiche disposizioni tributarie 4. Sicché, immaginiamo, l’Agenzia dovrà scegliere già nell’accertamento quale dei due filoni seguire in via esclusiva. Ma a questo punto il primo filone appare più difficilmente sostenibile: infatti l’Ufficio dovrebbe prima dimostrare che, sulla base dell’art. 20 del Tur, l’operazione scrutinata sarebbe effettivamente un conferimento con cessione di quote (ovvero, che i reali effetti giuridici degli atti sono tali, e che non si tratta nemmeno di una simulazione), e solo dopo contestare l’elusività di tale comportamento, superando pure la disposizione del comma 4 del nuovo art. 10-bis 5. Infine, le interpretazioni fondate sulla applicazione dell’art. 20 del Tur risultano spesso insoddisfacenti: pur adagiate sul letto della interpretazione civilistica, non ne traggono tutte le conseguenze, ma si limitano ai soli effetti fiscali, e per giunta alla sola imposta di registro, dando cosı̀ l’impressione di essere in realtà fondate proprio sulla lettura in chiave antielusiva che nelle premesse di tali interpretazioni viene invece negata 6. 2. L’interpretazione degli atti L’art. 20 in commento prevede la necessità di riconsiderare la ‘‘forma apparente’’ degli atti sottoposti a registrazione in ottica sostanziale: ‘‘L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente’’. 3 Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 163, approvato dal Consiglio dei Ministri, in via preliminare, il 21 aprile 2015, in attuazione della legge delega n. 23/2014, e al momento di andare in stampa in attesa dell’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri, a seguito dell’acquisizione del prescritto parere delle competenti Commissioni parlamentari. 4 Art. 10-bis, comma 12, della L. n. 212/2000 cosı̀ come verrebbe introdotto dal decreto certezza del diritto. 5 ‘‘Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale’’. 6 Cfr. sul punto Cass. n. 3481 del 2014, ove nello stabilire che A differenza di quanto accade nel caso di interpretazione in chiave ‘‘antielusiva’’, ove la ‘‘riqualificazione’’ delle operazioni opererebbe solo ai fini fiscali, qui la legge richiede che l’imposta sia applicata sulle effettive conseguenze giuridiche degli atti registrati. Si tratta di un’attività interpretativa necessaria, che - a differenza degli altri possibili ‘‘percorsi’’ neppure presuppone un incremento di tassazione, seguendo un approccio sostanzialmente ‘‘di verità’’. Ad esempio, se il contribuente sottoponesse a registrazione un atto rubricato ‘‘cessione d’azienda’’, ma il cui corrispettivo non fosse denaro, bensı̀ azioni che vengono emesse dal soggetto cessionario in conseguenza di un aumento di capitale conseguente al trasferimento dell’azienda, l’Ufficio, in applicazione dell’art. 20, è tenuto a constatare che l’effetto giuridico conseguito non è quello della cessione, ma quello del conferimento, conseguentemente è tenuto a disapplicare la tassazione proporzionale, applicando quella fissa 7. Questa attività interpretativa richiede un’analisi obiettiva del contenuto legale (effetti giuridici) e l’analisi degli effetti civilistici che le parti hanno ricercato con gli atti realizzati, a prescindere dalle conseguenze fiscali. Anzi, una rilettura in chiave solamente fiscale (ed ancor peggio, considerando solamente gli effetti sull’imposta di registro) sarebbe proprio l’opposto delle finalità dell’art. 20, il quale suggella la indisponibilità del trattamento fiscale dell’atto rispetto ai suoi effettivi contenuti legali. L’Agenzia ha la possibilità - cosı̀ come è stato più volte chiarito da varie sentenze della Suprema Corte - di riconsiderare l’effettiva volontà delle parti. Ma tale ricostruzione è finalizzata - ed al tempo stesso limitata - alla reinterpretazione civilistica dell’atto. Talché tale ricostruzione finisce necessariamente per avere analoghe conseguenze a tutti i fini, sia per l’imposta di registro, che per i rapporti tra le parti in caso di lite (in primis, sulle responsa‘‘i termini giuridici della questione sono tutti interni al criterio di cui all’art. 20’’ e che ‘‘non si è al cospetto di ipotesi di elusione fiscale cui associare il criterio antiabuso basato sulla preclusione del conseguimento di vantaggi fiscali mediante uso distorto di strumenti giuridici’’ si condivide, riportandola, altra Cassazione (n. 16345 del 2013) ‘‘sul rilievo che una simile operazioni produce altrimenti un indebito risparmio sull’imposta di registro’’. 7 Ciò esclude una volta di più la natura antielusiva della disposizione: infatti essa non trova applicazione solo quando c’è stato un risparmio d’imposta, ma anche quando è stata versata un’imposta maggiore del dovuto. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2837 Imposta di registro – APPROFONDIMENTO bilità del cessionario d’azienda), che per le altre imposte che da tali atti potrebbero conseguire. Ammettere che la rivisitazione interpretativa dell’Agenzia possa esplicare i suoi effetti soltanto ai fini dell’imposta di registro significherebbe ammettere situazioni ai limiti dell’assurdo: ad esempio, sarebbe possibile che, ai fini dell’imposta di registro, un certo atto possa essere qualificato secondo la sua intrinseca natura e gli effetti giuridici, mentre invece ai fini delle imposte dirette possa essere qualificato sulla base della sua ‘‘forma apparente’’. Guardando poi agli effetti civilistici, secondo questa corrente di pensiero (Cassazione, Sent. n. 8655 del 2015 8), si sostiene che le parti hanno veramente inteso regolare i loro rapporti come conferimento e cessione quote, e quindi tra di loro l’effetto giuridico è esattamente quello. Ciò nonostante, ai fini dell’imposta di registro - che pure per l’interpretazione degli atti fa riferimento ai loro effetti giuridici - ciò non sarebbe più vero. Un pensiero che non ci sentiamo di condividere, oltre che per le ragioni che seguono, anche perché la circostanza che gli atti sottoscritti siano conferimenti o compravendite non ha effetti civilistici solo tra le parti in causa, ma anche verso i terzi, i quali godono di garanzie patrimoniali ben diverse rispetto alla conferitaria/cessionaria nei due casi. Sicché, seguendo quel ragionamento, le operazioni sarebbero conferimenti e cessioni di quote ai fini civilistici tra le parti in causa e per tutti i terzi interessati alle informazioni riportate al registro delle imprese, nonché per lo stesso Fisco lato imposte dirette. Mentre invece, ai soli fini dell’imposta di registro, e proprio sulla base di una disposizione che richiede una interpretazione degli atti secondo gli effetti giuridici, sarebbero cessioni d’azienda. Il dato normativo non lascia scampo ed è coerente: la norma chiede che gli atti registrati siano valutati secondo i loro reali effetti giuridici. È non v’è possibilità di impiegare canoni interpretativi diversi da quelli di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile, se non cadendo nella assurda 8 Cass. n. 8655 del 2015 precisa, tra l’altro, quanto segue. ‘‘Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione tributaria regionale, l’autonomia contrattuale nella scelta degli strumenti ritenuti più idonei per il conseguimento dello scopo perseguito e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi a esso preordinati restano circoscritte sul piano della regolamentazione formale degli interessi delle parti, e non si estendono alla loro rilevanza fiscale (cfr. tra le tante Sez. trib., n. 10273 del 2007; n. 3584 del 2012; n. 14150 del 2013; n. 17965 del 2013; n. 6405 del conclusione che il codice civile non è ‘‘arbitro’’ in tema di effetti giuridici degli atti. Insomma: non crediamo esistano ‘‘canoni fiscali’’ per valutare gli effetti giuridici di atti legali. Ed allora esaminiamo i canoni interpretativi disposti dal codice civile. Dispone l’art. 1362 c.c.: ‘‘Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole’’, disposizione assolutamente coerente con quella fiscale ‘‘L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente’’. Anzi, proprio il richiamo agli effetti giuridici dell’atto, contenuto nella norma fiscale, fa concludere che l’interpretazione dell’atto debba dipendere dalla interpretazione civilistica e non possa assolutamente discostarsene. Prosegue l’art. 1362 c.c.: ‘‘Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche se posteriore alla conclusione del contratto’’. Da quest’ultima disposizione discendono due valutazioni. La prima è che qualsiasi dubbio in ordine alla interpretazione di un dato contratto va prioritariamente risolto 9 – ai sensi del codice civile – valutando le intenzioni delle parti. Anche in relazione al loro comportamento successivo. Ebbene, se dovesse succedere che tutte le parti coinvolte confermassero che la loro volontà fosse stata quella di eseguire un conferimento d’azienda con successiva cessione di quote, non si vede come possa un giudice ‘‘civile’’ disattendere una volontà cosı̀ confermata e coerente con il tenore letterale degli atti sottoposti a valutazione senza violare le disposizioni del codice civile. La seconda è che sarebbe contraddittorio, incompatibile e paradossale che l’eventuale riqualificazione delle operazioni effettuate, sulla base di criteri di sostanzialità, e per quel che si è detto, valide sia per il fisco ‘‘del registro’’ che per il codice civile, non fosse operata anche ai fini delle impo2014; n. 12775 del 2014). In questo specifico senso il D.P.R. n. 131/1986, art. 20, introduce un criterio di qualificazione autonomo rispetto alle ordinarie ipotesi interpretative civilistiche, che impone di tener conto, nella qualificazione del negozio, della sua causa reale e degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, anche qualora siano stati stipulati, pur in tempi diversi, più atti’’. 9 L’intenzione delle parti prevale nettamente sul senso letterale delle parole. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2838 APPROFONDIMENTO – Imposta di registro ste dirette. Se le operazioni de quo, reinterpretate sulla base dei comuni canoni civilistici e del registro, vanno riqualificate come cessione d’azienda, significa che tali operazioni ‘‘sono’’ una cessione d’azienda. E ovviamente non si può dare che una operazione sia qualificata come cessione d’azienda quando si parla di imposta di registro in considerazione dei suoi ‘‘effetti giuridici’’ e della sua ‘‘intrinseca natura’’, ma resti un conferimento d’azienda quando si parla di imposte dirette: quale che sia la conclusione, essa deve valere in entrambi gli ambiti. Una conferma del fatto che la ‘‘ricostruzione’’ dell’operazione non possa essere effettuata ‘‘soltanto ai fini dell’imposta di registro’’ si ravvisa nella violazione della direttiva comunitaria in materia di imposte sui conferimenti che, altrimenti, si verificherebbe. Come è già stato giustamente osservato 10, l’imposta sui conferimenti è stata abolita da direttive comunitarie (da ultimo, la Dir. n. 2008/7/CE del 12 febbraio 2008, che ha sostituito la precedente n. 69/335/CEE del 17 luglio 1969), e l’Italia non ha più accesso alle poche deroghe ivi concesse agli stati che alla data del 1º gennaio 2006 avevano ancora in vigore una forma di tassazione sui conferimenti. È chiaro che se il giudice riqualificasse l’operazione concatenata come ‘‘cessione d’azienda’’, in senso civilistico, e solo come conseguenza applicasse l’imposta proporzionale, non vi sarebbe alcuna violazione della direttiva. Ma se invece il giudice confermasse – come in effetti sembra confermare in questo filone interpretativo – che l’atto conserva tra le parti e tra i terzi la valenza civilistica assegnata di conferimento, avremmo una tassazione proporzionale che confligge con la direttiva. Guardando al lato imposte dirette, dopo aver contestato che ‘‘l’intrinseca natura e l’effetto giuridico’’ degli atti è quello di una cessione d’azienda, pare complicato per l’Agenzia contestare che l’acquirente ha diritto a dedursi gli ammortamenti sui valori aggiornati relativi all’azienda acquistata. Ecco che, nel valutare una cosı̀ importante modifica della struttura contrattuale dell’operazione, il giudice deve eseguire, in via incidentale, una prioritaria ed analitica ricostruzione delle obbligazioni contrattuali, spiegandone le ragioni, e provvedendo sulle conseguenze civilistiche anche rispetto agli obblighi pubblicistici a tutela dei terzi. Si tratta esattamente del caso previsto dall’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992 11: il giudice tributario si deve ‘‘mettere il cappello del giudice civile’’ e ricostruire il contratto dissimulato (la supposta ‘‘cessione d’azienda’’) sostituendolo ai contratti simulati (conferimento e cessione di quote), avvalendosi dei mezzi istruttori necessari secondo i canoni interpretativi civilistici sopra richiamati. Nasce a tal proposito un’ulteriore questione, che non ci risulta sia mai stata affrontata. In tema di simulazione, l’art. 1417 c.c. prevede che ‘‘La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi (come sarebbe qui il caso - N.d.A.) e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti’’. Ma sappiamo che la prova testimoniale non è ammessa nell’ambito del processo tributario (art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992). Occorre dunque chiedersi se, in questo caso, prevalga la regola generale del processo tributario, che impedisce la formazione della prova per testimoni, ovvero la regola speciale dettata dall’art. 1417 c.c. ‘‘ratione materiae’’, ovvero in termini più generali occorre valutare se l’art. 1417 c.c., in questo contesto, contiene effettivamente una disposizione speciale e derogatoria rispetto all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992, ovvero se sia quest’ultima a dover essere considerata una deroga speciale della prima. Ebbene, si ritiene che in questo particolare contesto debba prevalere il codice civile. La fattispecie oggetto di valutazione, in effetti, è prettamente civilistica: non si sta valutando se alla fattispecie vada applicata la regola tributaria ‘‘X’’ o la regola tributaria ‘‘Y’’, ma si sta valutando se la fattispecie sia ‘‘A’’, ovvero ‘‘B’’. Il fisco ne trae solo le conseguenze. In mancanza della specifica deroga di cui all’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992 citata, in effetti, il giudice tributario dovrebbe astenersi dal giudizio ed inoltrare il fascicolo al giudice ordinario competente, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 546/ 1992. Ma proprio in virtù di quella disposizione, il giudice tributario assume la competenza giudiziaria anche della sottostante questione civile. Avendo quella competenza, e limitatamente al- 10 11 F. Gallio, Il trattamento fiscale dell’operazione di conferimento di azienda e successiva cessione di partecipazioni, in ‘‘il fisco’’ n. 19/2011, pag. 2983. ‘‘Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione’’. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2839 Imposta di registro – APPROFONDIMENTO l’oggetto da scrutinare, deve avere gli stessi mezzi istruttori del giudice civile, altrimenti si avrebbe un ‘‘giudizio civile’’, sia pure incidentale, potenzialmente errato per il solo fatto di non aver potuto utilizzare i mezzi istruttori espressamente previsti per quella fattispecie. A questo punto di vista si affianca quello delle parti interessate: pure loro potrebbero lamentare un giudizio errato per mero fatto che la questione - prettamente civilistica - sulla simulazione dei contratti è stata valutata senza utilizzare i mezzi di prova che sono espressamente riconosciuti anche per rispettare il supremo diritto di difesa costituzionalmente protetto. D’altra parte, ci pare quantomeno paradossale che, nella valutazione della simulazione di un certo atto, si possano effettuare valutazioni basate soltanto su fonti documentali: da che mondo è mondo, i documenti simulati non sono una fonte di prova affidabile. Dunque, il giudice tributario, investito incidentalmente della questione prettamente civilistica se le parti intendevano stipulare una cessione d’azienda, ovvero intendevano effettivamente stipulare un conferimento con successiva cessione di quote, sentiti i testimoni che lui o le parti avranno ritenuto di dover sentire in giudizio, dovrà giungere alle sue motivate conclusioni, chiarendo, quantomeno, qual è il soggetto che ha comprato l’azienda (la ‘‘conferitaria’’ ovvero i suoi soci), e traendo i conseguenti provvedimenti civilistici: a) nel caso ritenga che l’acquirente sia la conferitaria, dovrebbe annullare l’aumento di capitale, imponendo l’iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese. Per l’effetto, la apparente conferitaria sarà gravata da un debito verso il cedente, e dovrà iscrivere tale debito nel proprio bilancio in vece dell’incremento del capitale sociale; b) nel caso ritenga che gli acquirenti sono i soci, dovrà disporre l’annullamento dell’iscrizione del conferimento e disporre, invece, l’iscrizione dell’acquisto d’azienda in capo a questi ultimi, con le ulteriori conseguenze che ci possiamo immaginare: se vi è un solo socio persona fisica, avrà una ditta individuale, se sono più soci persone fisiche (o giuridiche) si avrà ‘‘società di fatto’’, se il socio è un’impresa estera si avrà una ‘‘stabile organizzazione’’ nel territorio dello Stato. Possiamo immaginarci che una sentenza che sta12 bilisse la riqualificazione, ma che non determinasse sui punti appena descritti 12, sarebbe una sentenza con motivazione insufficiente, giacché proprio su tali aspetti dovrebbe fondarsi il convincimento del giudice. La eventuale mancanza di tali indicazioni legittimerebbe il dubbio che il giudice abbia ‘‘veramente’’ deciso sul contenuto civilistico degli atti scrutinati, seguendo invece un approccio che potremmo definire ‘‘di natura sostanzialmente antielusiva’’, disconoscendo la valenza del conferimento ‘‘ma solo ai fini dell’imposta di registro’’. Al di là della contraddizione che ne seguirebbe (il giudizio ‘‘incidentale’’ non sarebbe veramente tale, ma sarebbe solo una sorta di ‘‘giudizio sommario’’ limitato agli effetti solo fiscali e per giunta per una sola imposta, lasciando cosı̀ aperta la porta ad una diversa interpretazione da parte di un altro giudice della medesima fattispecie per un’imposta diversa), un simile esito aprirebbe la strada ad ulteriori contenziosi. Ad esempio il Fisco potrebbe aver interesse ad utilizzare il ‘‘giudicato civile’’ per applicare una tassazione sulla plusvalenza in capo al cedente. Oppure il cedente potrebbe aprire una causa di merito chiedendo una integrazione del prezzo, provando che esso era stato ridotto proprio in considerazione della neutralità fiscale che è venuta a mancare. Si andrebbe cosı̀ davanti ad un giudice civile che dovrà interpretare nuovamente la vicenda, e che certamente vorrà e dovrà sentire i testimoni la cui audizione potrebbe essere stata negata dal precedente giudice tributario applicando rigidamente la norma processuale (art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992). Ebbene, quid juris se il giudice civile dovesse invece confermare la validità degli atti concatenati, disconoscendo l’esistenza di una ‘‘cessione d’azienda’’? 3. La teorizzata inesistenza dell’operazione di conferimento e successiva cessione di quote C’è un secondo punto di vista che evidenzia la contraddittorietà delle ricostruzioni ‘‘civilistiche’’ sottese al filone giurisprudenziale in commento. Sempre ricordando che, in assenza di diversa specifica definizione ‘‘fiscale’’ di cessione d’azienda e/ o di conferimento, tali istituti debbono essere Che peraltro ci risulta essere sempre stato il caso, sinora. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2840 APPROFONDIMENTO – Imposta di registro scrutinati sulla base delle comuni disposizioni del codice civile, vien da chiedersi se la disposizione di cui all’art. 176, comma 3, del Tuir che assegna una chiara patente di non elusività alla operazione concatenata di ‘‘conferimento dell’azienda secondo i regimi di continuità dei valori fiscali riconosciuti o di imposizione sostitutiva di cui al presente articolo e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell’esenzione di cui all’art. 87, o di quella di cui agli artt. 58 e 68, comma 3’’ riguardi una fattispecie esistente, o sia inutiliter data. La domanda è evidentemente provocatoria: se esiste la possibilità di far seguire un conferimento ed una cessione delle quote ricevute grazie a quel conferimento, significa che quella operazione concatenata è possibile ed è tutelata dalla legge, a maggior ragione in un caso come questo ove una norma dello Stato non solo la descrive compiutamente, ma ne rafforza la patente di legittimità escludendone ipso jure la natura elusiva. A dirla con linguaggio poco professionale ma efficace, sembra quasi che il legislatore, ‘‘conoscendo i suoi polli’’, abbia voluto ergere una diga a tutela dei contribuenti contro possibili contestazioni di natura imprevedibile da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei giudici della Suprema Corte. Ebbene, se tale operazione concatenata esiste, come si può sostenere che proprio la concatenazione sarebbe il fondamento per negarne gli effetti giuridici? Ecco dunque che la teoria ‘‘ricostruttiva’’ sposata da questo filone giurisprudenziale porterebbe alla conseguenza che l’operazione di conferimento d’azienda e successiva cessione di quote è in realtà un’operazione di impossibile realizzazione. 4. L’accordo sul prezzo tra le parti e sua significatività nell’interpretazione della reale causa contrattuale Il prezzo dell’azienda trasferita dipende anche dalla variabile fiscale. Laddove il trasferimento avvenisse con una cessione d’azienda, il cedente assumerebbe un’obbligazione tributaria rilevante sulla plusvalenza (27,5% Ires), mentre l’acquirente otterrebbe un analogo – anzi più elevato – beneficio fiscale per via del riconoscimento del costo di acquisto (risparmio 27,5% Ires + 3,9% Irap) 13. 13 Il confronto tra la tassazione per il cedente ed il risparmio fiscale dell’acquirente porta peraltro a concludere che anche la cessione d’azienda, dal punto di vista dell’Erario, è neutra- Evidentemente, mettendo a confronto questa operazione con la sua alternativa (conferimento + cessione quote), il venditore sarebbe quantomeno poco avveduto se si accontentasse del medesimo prezzo in entrambe le alternative. Ed altrettanto vale per l’acquirente: sarebbe poco avveduto se accettasse di pagare il medesimo prezzo indipendentemente dal riconoscimento fiscale dell’acquisizione. È quindi ovvio che il prezzo che le parti converranno sarà a sua volta determinato dalla scelta tra le due legittime modalità di effettuazione dell’operazione. Ebbene, ipotizzare la possibilità per un terzo di riqualificare l’operazione in modo diverso rispetto a quello voluto e confermato dalle parti, ma senza ricalcolare anche il prezzo dell’operazione determinerebbe una alterazione del contenuto economico dell’operazione stessa, con grave nocumento dell’autonomia contrattuale delle parti, determinando un arricchimento ingiusto per l’una (acquirente) ed un depauperamento altrettanto ingiusto per l’altra (venditore). Addirittura, la conferitaria avrebbe tutto l’interesse di sostenere sistematicamente la tesi dell’Agenzia, potendo cosı̀ beneficiare di un risparmio fiscale consistente (27,5 + 3,9 = 31,4%) a fronte di un onere limitato (3% + interessi), ed avendo peraltro negoziato il prezzo di acquisto con la parte venditrice nel presupposto della neutralità fiscale dell’operazione beneficiando del relativo sconto sul prezzo. 5. Altre obiezioni alle tipiche considerazioni dell’Agenzia sul punto Le tipiche contestazioni dell’Agenzia sono sostanzialmente fondate sulla pretesa di poter riqualificare le due operazioni sotto una prospettiva solamente economica e limitatamente all’imposta di registro. Ma senza contestare la natura civilistica di conferimento. Non si spiegherebbero, ad esempio, quei casi ove l’Ufficio indirizza l’accertamento alla conferitaria laddove essa fosse venuta in esistenza proprio all’atto del conferimento, e quindi ‘‘se e nella misura in cui’’ il conferimento sia giuridicamente avvenuto. In realtà, nell’ottica dell’Agenzia delle Entrate, e della Cassazione quando vi si allinea, si tende a le. Anzi, nel complesso è persino migliorativa per i contribuenti! 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2841 Imposta di registro – APPROFONDIMENTO confondere un fatto economico che pacificamente le parti intendono mettere in atto (il trasferimento dell’azienda) con l’effetto legale che dipende dallo strumento giuridico adottato (il trasferimento sarebbe possibile solo come cessione e non come conferimento, ed a nulla rileverebbero la circostanza che la conferitaria/cessionaria abbia ottenuto un aumento patrimoniale ovvero abbia contratto un debito, con buona pace della tutela dei terzi creditori della società). Sempre secondo tale ottica, i due atti concatenati sarebbero ‘‘meramente strumentali’’ rispetto all’effetto giuridico finale della ‘‘cessione d’azienda’’. Affermazione tautologica che vuol far passare come provata la riqualificazione giuridica: le parti hanno già confermato che i due atti sono assolutamente strumentali per addivenire ad un trasferimento d’azienda. Ciò non significa che i due atti possano essere ‘‘trasformati’’ in una cessione d’azienda, le cui conseguenze civilistiche (e fiscali, sotto il profilo delle imposte dirette) sarebbero assolutamente diverse da quelle del conferimento + cessione quote. Talvolta, seguendo tale filone giurisprudenziale della ricostruzione civilistica parziale degli atti, emergono ulteriori problematiche che, a ben vedere, sono insuperabili. Normalmente le operazioni straordinarie vengono deliberate da organi collegiali, che delegano un amministratore alla sottoscrizione dei contratti, o talora nominano un procuratore speciale. Tali procuratori o ‘‘delegati’’, agiscono in virtù di procure limitate che descrivono compiutamente gli atti da sottoscrivere. Ad esempio, un ‘‘conferente’’ potrebbe aver conferito procura per la sottoscrizione di un atto di conferimento ad un professionista, specificando nella procura tutti i termini contrattuali (partecipazione all’assemblea della società per sottoscrivere un aumento di capitale mediante apporto in natura). Evidentemente, se l’Ufficio ritenesse di riqualificare gli atti ai sensi dell’art. 20, dovrebbe preoccuparsi degli ‘‘effetti giuridici’’ degli stessi. E quale effetto giuridico avrebbe un contratto di cessione d’azienda sottoscritto da persona non munita dei necessari poteri, essendo questi limitati alla sottoscrizione di un atto di conferimento? Sarebbe un atto valido? È dunque possibile per il ‘‘cedente’’ chiederne l’annullamento? Oppure, guardando all’altro lato dell’operazione, quale validità avrebbe un atto di acquisto d’azien14 da, che anziché essere sottoscritto dal legale rappresentante della società acquirente, è stato ‘‘deciso’’ dall’assemblea dei soci di altra società sulla base di un voto espresso da soci privi di potere gestionale e per giunta su un argomento diverso 14? Addirittura, in tale situazione, gli amministratori della conferitaria - e cioè gli organi rappresentanti della società - potrebbero non essere presenti alla sottoscrizione dell’atto. Come neppure sono presenti alla sottoscrizione della cessione delle azioni della conferitaria (che invece sono sottoscritte dal socio), né hanno alcun potere al riguardo. Può il notaio rogante ricevere ugualmente l’atto di conferimento (che, ricordiamo, viene rogato come un atto pubblico) se la procura dell’agente non lo comprende? Siamo sicuri che sarebbe un atto valido? Sussisterebbe una responsabilità professionale del notaio? Ancora: se si fosse inteso effettuare giuridicamente un acquisto d’azienda, a quale scopo l’acquirente dovrebbe prestare il fianco a possibili censure della controparte (che potrebbe, ad esempio, pretendere una rimodulazione del prezzo per via delle considerazioni sulle imposte dirette sopra menzionate), mascherando il passaggio diretto con due atti separati? E come l’acquirente avrebbe poi pensato di convincere l’Agenzia delle Entrate - con il cappello delle imposte dirette - che i due atti erano in realtà una cessione d’azienda e quindi sarebbe spettato il riconoscimento dei valori fiscali aggiornati? Siamo sicuri che il valore di avviamento insito nel valore delle quote acquistate (peraltro dal suo socio) sarebbe stato ugualmente riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate in capo alla ‘‘cessionaria’’, sebbene non sia stato indicato espressamente un prezzo pagato a tale titolo, come dovrebbe fare se si fosse trattato di una cessione d’azienda? Insomma: perché mettere a repentaglio la deducibilità di costi con un’aliquota complessiva del 31,4% in cambio di un risparmio del 3% di imposta di registro? 6. Conclusioni A nostro avviso, le ‘‘riqualificazioni’’ delle operazioni di conferimento e successiva cessione di quote hanno mantenuto un sapore ‘‘antielusivo’’ anche nella più recente interpretazione fornita Ci riferiamo evidentemente all’assemblea che ha deliberato l’aumento di capitale a mezzo conferimento. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl 2842 APPROFONDIMENTO – Imposta di registro dalla giurisprudenza laddove si dice di aver proceduto alla ricostruzione ‘‘reale’’ dell’operazione voluta dalle parti. Se infatti la norma antielusiva tende a disapplicare i soli effetti fiscali favorevoli al contribuente, mantenendo intatte le conseguenze civilistiche, la ‘‘riqualificazione civilistica’’ sottesa alla mera interpretazione giuridica degli atti ai sensi dell’art. 20 del Tur non consente di limitarne gli effetti alla sola imposta di registro, come invece sino ad oggi tali sentenze sembrano aver deciso. Anzi, proprio nell’ottica della interpretazione giuridica degli atti occorrerebbe prima dar conto delle ragioni che ne impongono una riqualificazione civilistica (stabilendo in primis chi, tra conferitaria e socio, ha effettivamente ‘‘comprato’’, e che fine fa l’aumento di capitale formalmente deliberato) e solo dopo passare alle conseguenze fiscali - che vanno estese anche alle imposte dirette. Ma tali conseguenze appaiono di solito inconciliabili con la volontà delle parti, con la legalità degli atti compiuti, con i contenuti economici (il prezzo in primis) e, in definitiva, con la stessa legge dello stato (art. 176, comma 3, del Tuir), la quale avrebbe regolato una fattispecie irrealizzabile, seppur dandone espressamente una patente di legalità rafforzata. Talché tali ricostruzioni, che paiono in realtà fondare le loro motivazioni sul mero concatenamento degli atti, non ci risultano per lo più adeguatamente motivate sotto il prioritario profilo civilistico. Infine, la ‘‘non ricaduta’’ civilistica di simili riqualificazioni, che non imponessero anche la ricostruzione del contenuto degli atti e delle rispettive obbligazioni nel senso del ‘‘contratto di cessione d’azienda’’, imponendo anche le necessarie iscrizioni correttive al registro delle imprese, ma si limitassero a decidere il solo destino dell’imposta di registro, comporterebbe una probabile violazione della Direttiva n. 2008/7/CE in tema di esenzione di tassazione delle operazioni di conferimento, risolvendosi nella applicazione di un’imposta proporzionale su un atto che è rimasto ‘‘di conferimento’’ per i terzi. 29/2015 il fisco - rivista online - utente $12243809 - tutti i diritti riservati - WKI Srl