1 La tutela del paesaggio tra economia e storia Dal restauro
Transcript
1 La tutela del paesaggio tra economia e storia Dal restauro
La tutela del paesaggio tra economia e storia Dal restauro dei monumenti al governo del territorio 25-26 febbraio 2005 PISA L’ecologia del paesaggio ed i paesaggi dell’ecologia Almo Farina & Silvia Scozzafava Istituto di Biologia ed Ecologia Ambientale Università di Urbino “Carlo Bo” [email protected] Riassunto Il paesaggio, inteso come framework entro il quale possiamo inserire sia oggetti fisici che processi cognitivi, è diventato in questi ultimi decenni un soggetto di grande interesse per un ampio spettro di discipline quali la geografia, l’antropologia, la pianificazione territoriale ed urbana, la psicologia ambientale, l’estetica, l’economia, la biosemiotica e certamente non ultima, l’ecologia. Lo studio del paesaggio richiede un’elevata capacità di integrazione di molte conoscenze affiancata dalla formulazione di nuovi paradigmi. Pur riconoscendo che il paesaggio è una dimensione che coinvolge la maggior parte delle azioni dell’uomo, non esiste una scienza unitaria che affronti in modo adeguato e sistemico le tematiche legate a questo soggetto complesso, imprigionato dal dualismo tra una dimensione fisica (geografica) definibile da un “osservatore esterno” ed una dimensione percettiva (cognitiva) legata all’intorno di un “osservatore interno”. La maggior parte delle conoscenze che sono disponibili sul paesaggio proviene dalla sua dimensione geografica (fisica). In questo caso il paesaggio appare come un insieme di oggetti posti all’interno di un ambito geografico eterogeneo per strutture e processi. La dimensione geografica del paesaggio consente lo studio e la comprensione dei rapporti tra diversi oggetti come i corsi d’acqua, i boschi, le aree coltivate ed i popolamenti animali (uomo compreso). La dimensione cognitiva e quindi la relativa ecologia cognitiva, permette di identificare degli oggetti che vengono rilevati dalle percezioni funzione-specifiche e di entrare in un rapporto semiotico. Questa dimensione offre il vantaggio di poter estrarre da “famiglie” di paesaggi variamente sovrapposti nello spazio e nel tempo, il paesaggio di interesse (p.e. paesaggio simbolico, di valori, di risorse, ecc.). Lo studio dei paesaggi cognitivi si avvale di approcci biosemiotici, psicologici, estetici e cognitivi s.s. L’ipotesi dell’eco-field consente di legare le funzioni vitali degli organismi alle configurazioni spaziali portatrici di significato rintracciate nella matrice ambientale attraverso un processo cognitivo. La “currency” comune quando si tratta il paesaggio appare la semiosi, cioè l’insieme dei codici semantici che consente ad ogni organismo di scambiare informazioni, materiali ed energia con il mondo esterno. La semiosi si instaura ad almeno tre livelli di intensità che vanno a determinare altrettanti paesaggi percettivi: il neutrality-based landscape, l’individual-based landscape ed infine l’observer-based landscape. 1 Premessa L’ecologia del paesaggio è una delle più giovani discipline sviluppate dalle scienze ecologiche (Naveh & Lieberman 1994, Forman & Godron 1986), ma sebbene ancora in formazione sta aumentando l’attenzione di ricercatori e professionisti nel campo della valutazione e gestione del territorio (Harris 1984, Green & Vos 2001). Attorno a questa disciplina vengono a coagularsi paradigmi, teorie e modelli formulati indipendentemente da discipline quali la geografia, l’ecologia, l’antropologia, la psicologia ambientale, la pianificazione e la gestione territoriale, In particolare il paesaggio da semplice descrizione estetica del nostro intorno viene scoperto come un oggetto di grande interesse le cui proprietà (emergenti) possono essere ascritte ai fenomeni così detti complessi (Li 2000, Farina 2004). Con questo contributo intendiamo ripercorrere brevemente la storia dell’ecologia del paesaggio all’interno dei paradigmi ecologici e quindi descrivere i potenziali sviluppi soprattutto nel campo della cognizione. Breve storia dell’ ecologia del paesaggio Da quando Carl Troll negli anni trenta iniziò ad utilizzare le foto aree per studiare la distribuzione della vegetazione la componente spaziale degli ecosistemi divenne in breve tempo un oggetto privilegiato da investigare. Il vero sviluppo dell’ecologia del paesaggio in realtà è avvenuto con l’impiego dei Geographic Information Systems e delle tecniche di Remote Sensing, le prime rese possibili dai computer e le seconde dall’impiego dei satelliti. La parola landscape entrò, per così dire in punta di piedi nella moderna ecologia solo verso la fine degli anni 80 per poi affermarsi definitivamente negli anni 90 (Schreiber 1990, Forman 1990). L’ecologia tradizionale ostacolò all’inizio questa disciplina vedendola troppo orientata verso le scienze sociali e l’architettura. Ma con l’aumento di interesse verso i processi spaziali a grande scala quali la frammentazione delle coperture forestali e l’aumento esponenziale delle aree urbane, il paesaggio è passato da una soggetto visivo ed estetico ad un oggetto focale “materiale” da studiare e comprendere per poter essere quindi gestito adeguatamente (e.g. Risser et al. 1984, Turner 1989, Farina 1993,1998,2000, Wiens et al. 1993, Forman 1995, Moss 2000, Turner et al. 2001). Rimane ancora una certa confusione epistemologica e paradigmatica che crea una accesa dialettica durante i congressi organizzati per sviluppare questa disciplina, ma riteniamo essere questi elementi “fisiologicamente” necessari (Wu & Hobbs 2002). Zone d’ombra appaiono per la convergenza verso il paesaggio delle differenti discipline che alla fine fanno riferimento non semplicemente al paesaggio ma alla sua ecologia. Infatti forse la maggior fonte di confusione si ha proprio quando altre discipline cercano di comprendere “l’ecologia” di questa entità (Antrop 2001). E’ fuori di dubbio che le discipline non sono altro che sequenze di paradigmi, spesso auto-referenziali che finiscono per creare “universi privati” dai quali non se ne esce facilmente. In realtà le difficoltà che oggi esistono attorno al tema del paesaggio sono prodotte da un mancato riconoscimento di una “currency” comune. Per esempio l’energia è vista come moneta comune agli approcci ecosistemici ma anche a quelli economici, sia che si tratti di energia primaria proveniente dal sole o dalla scissione atomica, che di energia “secondaria” ricavata dalle trasformazioni dell’energia 2 biologica fossile (petrolio) o attuale (biomasse). Torneremo nella parte finale di questo contributo sulla “currency” comune che potrebbe in gran parte risolvere i problemi epistemologici, metodologici ed applicativi che emergono dallo studio paesaggio. La visione ecologica del paesaggio Presenteremo quindi il paesaggio secondo due visioni: una così detta ecosistemica ed una cognitiva. Entrambe trattano aspetti complementari del paesaggio come oggetto focale di riferimento che possiede per lo meno una comunanza geografica tra le due diverse visioni. La visione del paesaggio dell’ecologia “ecosistemica” Usiamo l’attributo “ecosistemico” riferendoci a quell’ecologia che ha esteso alla dimensione spaziale i principi ed i metodi consolidatisi attorno all’ecologia tradizionale. Il paesaggio viene quindi definito da questa ecologia come un insieme di elementi spaziali che concorrono alla formazione di un mosaico ambientale. Sebbene possa sembrare riduttivo il paesaggio viene visto da questo approccio come l’insieme di tessere (patch) le cui caratteristiche, attraverso processi di connettività e di interscambio, finiscono per influenzare processi e pattern dell’intero mosaico. Da questa visione scaturisce un mosaico ambientale delimitato da una qualche coerenza geografica, ecologica, amministrativa o economica che va a delimitare caratteri distintivi (Green et al. 1996). Chiamiamo matrice lo spazio geografico entro il quale insistono ed operano strutture e processi. La matrice è quindi il contenitore di oggetti e processi. Gli oggetti, generalmente rappresentati da coerenze geo-botaniche e uso del suolo (boschi, campi coltivati, ambienti fluviali) vengono descritti a seconda dei loro attributi morfologici bidimensionali in oggetti grandi, piccoli, a contorni regolari o irregolari. Per ciascuno di questi attributi vengono fatti corrispondere processi che influenzano gli oggetti stessi. Infatti, e qui l’ ecologia non sembra avere ancora le idee chiare, un oggetto viene condizionato dal mondo esterno all’oggetto stesso ma anche dalle sue caratteristiche autopoietiche (sensu Maturana 1999). Infatti l’autopoiesi, cioè la proprietà per la quale ogni organismo risponde ad un progetto interno che ne assicura l’auto-mantenimento, è una proprietà essenziale di ogni vivente. Gli oggetti che si incontrano in una matrice ambientale oltre alle loro dimensioni e forma, che diremo sono i caratteri primitivi, si distinguono anche per un aspetto funzionale quando vengono aggregati tra di loro. Così si parlerà di ecotopo come dell’unità funzionale di una matrice ambientale. L’ecotopo è composto almeno da due componenti tra loro correlate: il fisiotopo, cioè il substrato fisico e il biotopo, la componente biologica. Ma l’individuazione di un ecotopo è basata sulla sua tipicità funzionale. Così per esempio un oliveto o un castagneto sono considerati delle unità produttive all’interno di una matrice rurale. Torniamo per un momento a riconsiderare le patch: possiamo individuare nelle zone di contatto tra due o più patch dei fenomeni di cerniera o di collegamento che chiamiamo ecotoni (Risser 1993,1995). Gli ecotoni, descritti dai biologi della selvaggina fin dall’inizio del secolo scorso come aree rilevanti per gli animali, possono essere considerati sia delle vere e proprie strutture che processi (Farina 1995). Concorrono allo loro formazione sia meccanismi interni alle patch componenti sia meccanismi che si sviluppano quando due o più patch vengono a contatto. 3 Gli ecotoni, che esistono entro un amplissimo range di scale possono essere descritti come aree di confine, aree buffer, aree di transito e habitat veri e propri. L’estesissima letteratura disponibile ci indica il grande interesse che ha suscitato questo paradigma soprattutto nel campo della conservazione ambientale (Holland et al. 1991, Hansen & DiCastri 1992) Una volta identificati i pattern che caratterizzano un paesaggio, e per questo un grande aiuto ci viene dalla geografia, sono i processi che assumono il ruolo dominante negli studi di ecologia del paesaggio. Frammentazione, connettività, resilienza, fragilità sono alcuni dei processi che più comunemente vengono investigati per la loro importanza nelle dinamiche ambientali e nella gestione del territorio. Brevemente senza volerci addentrare in questi argomenti definiamo frammentazione ogni processo che riduce e isola una certa copertura vegetale (foreste, praterie, aree coltivate) (Saunders et al. 1991, Wilcove et al. 1986, Wiens 1994, Collinge 1996). Questo processo presente in maniera spontanea in natura, è oggi ingigantito dall’intervento massiccio dell’uomo. Si pensi alla distruzione della foresta amazzonica o delle foreste boreali, ma anche alla scomparsa delle praterie a erbe alte dell’ Ovest dell’America settentrionale. La connettività è un attributo che esprime quanto una patch risulti collegata ad un’altra dello stesso tipo. In genere però la connettività è un processo centrato sugli organismi. Infatti la percezione di connettività dipende dalle dimensioni dell’organismo e dal grado di dispersione espresso. La valutazione della connettività è largamente impiegata nelle pratiche di conservazione della diversità biologica (Baudry 1984). La resilienza esprime la capacità di un sistema, in questo caso un mosaico ambientale, ad incorporare dei disturbi senza subire delle modificazioni strutturali profonde. Anche questo processo, sebbene di più difficile valutazione, viene estesamente impiegato nella valutazione ambientale. In genere più un sistema è esteso e maggiore risulta essere la sua capacità di incorporare eventuali disturbi. Così un’area steppica quale quella dell’Alantejo (Portogallo) potrà mantenere la diversità di specie rare come le otarde (Otis tarda) e le galline prataiole (Otis tetrax) solamente se l’area di steppa cerealicola si manterrà con almeno l’estensione attuale. In questo caso anche interventi locali di cambiamento dell’uso del territorio non avranno ripercussioni apprezzabili su questi uccelli. La fragilità descrive il processo di cambiamento della composizione specifica di una comunità, sia che si tratti di una comunità di piante che una comunità di animali. In genere un ambiente disturbato presenta una più elevata fragilità e quindi anche questo processo viene speso per descrivere lo stato dell’ambiente. Non nascondiamo comunque la difficoltà di questa valutazione per la quale è necessaria una rigorosa comparazione con sistemi di riferimento. La visione del paesaggio dell’ecologia “cognitiva” Questa visione necessita per essere compresa di un riferimento epistemologico esplicito. Vale a dire il paesaggio attraverso questa visione è una realtà composta sia da elementi fisici, di cui abbiamo detto nella sezione precedente, sia di elementi concettuali i cui valori vengono intercettati attraverso la percezione. Quando si associa la parola ecologia alla parola cognizione in molti entra il sospetto di essersi allontanati dall’ecologia s.s. In realtà l’approccio cognitivo in ecologia descrive gli aspetti bio-semiotici, cioè i meccanismi attraverso i quali un organismo entra in contatto con un altro organismo o con il contesto ambientale (Kull 1998a,b). 4 La dimensione cognitiva, permette di identificare degli oggetti che vengono rilevati dalle percezioni funzione-specifiche. Questa dimensione offre il vantaggio di poter estrarre da “famiglie” di paesaggi variamente sovrapposti nello spazio e nel tempo, il paesaggio di interesse (p.e. paesaggio simbolico, di valori, di risorse, ecc.). Lo studio dei paesaggi cognitivi si avvale di approcci non solo biosemiotici ma anche psicologici, estetici e cognitivi s.s. e fa scoprire, per esempio, possibilità innovative in campo medico (Williams 1998). Diverse teorie sono state recentemente elaborate per spiegare le strette relazioni di tipo “biologico” tra percezione e paesaggio (Bourassa 1990,1991). Per esempio la teoria dello psicologo James J. Gibson (1979) sull’affordance, o la teoria del prospect/refuge di Jay Appleton (1975) sono due capisaldi della cognizione. Per il primo ogni oggetto o ambiente possiede una propria affordance che viene percepita dalle specie attraverso un meccanismo di effectivity (Hirose 2002). La teoria del prospect/refuge rende ragione, almeno per l’uomo delle scelte ambientali basate sull’individuazione di un rifugio associato ad un’area ad ampia visuale e quindi con possibilità di individuare per tempo un pericolo o di evitarlo attraverso la fuga. L’ipotesi dell’Eco-field è l’ultima nata tra le teorie cognitive legate al paesaggio. L’eco-field viene definito da Farina & Belgrano (2004, 2005) come ogni configurazione spaziale portatrice di significato quando una determinata funzione vitale viene attivata. Questa ipotesi richiede quindi mappe cognitive che vengono attivate da una specifica funzione e prevede meccanismi comparativi tra dette mappe e la realtà che circonda un organismo. Ovviamente questa ipotesi è spendibile soprattutto per gli animali che hanno un sistema nervoso distinto, ma pur con certi aggiustamenti può essere utilizzata anche nello studio delle piante (Tscharntke et al. 2001). La premessa richiede che ogni funzione vitale quale la ricerca di cibo, lo spostarsi, la difesa del territorio, la scelta del partner, sia associata ad una specifica percezione dell’intorno, percezione che quindi cambia a seconda della funzione attivata in quel determinato istante. Per ogni funzione si attiva una mappa cognitiva corrispondente che viene comparata con l’intorno. Maggiore sarà la sua coincidenza e maggiori saranno le probabilità che quel determinato eco-field assicuri in forma ottimale le risorse necessarie a quella determinata funzione. La qualità di ciascun eco-field peserà sulla sopravvivenza di quell’individuo e determinerà un adattamento genetico nella popolazione su scale temporali e spaziali più ampie. Certi eco-field insistono sullo stesso spazio geografico mentre altri necessitano di un dislocazione fisica dell’individuo per poterli incontrare. Così mentre un pettirosso (Erithacus rubecula) localizza i propri eco-field all’interno dello stesso bosco, un fringuello (Fringilla coelebs) abbisogna del bosco per l’eco-field riproduttivo e di aree aperte per l’eco-field alimentare. Ma diventa difficile comprendere i meccanismi attraverso i quali una specie sia legata ad un certo ambiente durante la stagione riproduttiva e ad uno completamente diverso al di fuori di questa. Così per esempio il pettirosso, come abbiamo detto, specie che resta nei boschi durante la stagione riproduttiva, seleziona preferenzialmente le zone aperte e coltivate in autunno ed in inverno. Solamente attraverso uno switch delle funzioni è possibile trovare una spiegazione plausibile a questi cambiamenti di habitat. Questa ipotesi ci aiuta altresì a capire come e dove una specie localizzi un corridoio, tema tanto dibattuto perché controverso sia in pianificazione che in tutela dell’ambiente (Simberloff et al. 1992, Collinge 2000). Infatti molto spesso in pianificazione i corridoi biologici vengono tracciati come se fossero delle entità fisiche universali quali le strade che noi umani utilizziamo nei nostri spostamenti. In realtà gli animali si spostano da un’area ad un’altra quando certi requisiti locali vengono meno. Per esempio un capriolo si porta da un pascolo ad un altro quando la qualità del pascolo in 5 un sito è diventata bassa. Ma l’azione dello spostamento è di fatto l’attivazione di una funzione diversa da quella alimentare, seppur legata a quest’ultima. Chiameremo eco-field di spostamento la percezione dell’intorno rappresentata non più dalla distribuzione di erbe palatabili ma di aree attraversabili e da aree di “frizione”, quindi la visione dello stesso intorno viene a modificarsi completamente a seconda della funzione attivata sia per estensione che per grana. L’insieme degli eo-field viene assunto come l’habitat di una specie. Questa ipotesi è spendibile sia nel contesto animale che in quello umano. Nell’uomo il numero di eco-field più elevato che in ogni altro organismo in quanto molte funzioni (p.e. svago, socializzazione) sono di tipo cognitivo (Kaplan & Kaplan 1989). Dai paesaggi di pattern ai paesaggi di processo Una volta chiarito il dualismo ecologico nello studio dei paesaggi, emergono altre problematiche legate a questo tema. Infatti incontriamo un ulteriore dualismo quando si passa dalla descrizione di “paesaggi di pattern” a “paesaggi di processo”. I paesaggi di pattern sono dominati da strutture fisiche quali il suolo, la vegetazione, le acque, in altre parole da masse fisiche e masse biologiche. I paesaggi di processo sono quelle entità spaziali che scaturiscono dai processi come i rumori, gli odori, i comportamenti, la distribuzione degli organismi. A ben guardare anche questi paesaggi possiedono una loro struttura ma prevale la forte instabilità di dette configurazioni e pertanto non possono essere descritti in modo permanente. Pert esempio chiameremo paesaggio sonoro l’insieme di rumori, suoni, vocalizzazioni, canti e richiami che possiamo cogliere in un certo ambiente. La qualità di questo paesaggio sonoro (soundscape) è assi importante (Redstrom 1998). Sappiamo che ogni organismo animale, uomo compreso mostra esplicite preferenze per il soundscape e quindi la qualità di un territorio passa anche attraverso la qualità del suo soundscape (Skanberg &Ohstrom 2002). Le barriere fono-assorbenti erette lungo le autostrade in prossimità dei centri abitati sono misure di “remediation” ambientale tese migliorare la qualità dell’ambiente stesso. Il soundscape è importante quanto il paesaggio visivo e una sua bassa qualità può portare all’allontanamento di molte specie sensibili. I ruomori del traffico stradale sono per esempio una delle cause principali del declino delle comunità di uccelli. Infine il soundscape diventa un vero e proprio footprint necessario agli organismi animali per esplicitare molte delle loro funzioni per le quali è richiesto un riconoscimento anche di tipo acustico. Il paesaggio olfattivo, poco percepito dall’uomo, diventa essenziale per tutti i mammiferi che cercano un partner o che devono difendere un territorio, ma anche per la ricerca delle prede. Vengono infatti utilizzati i cani per la caccia di lepri o fagiani proprie per la loro capacità di seguire le piste odorose lasciate dalla selvaggina, o i cani da tartufi per la ricerca di questi preziosi funghi ipogei. Ed infine il paesaggio sociale inteso come distribuzione di individui intra o eterospecifici che funziona come centro di attrazione. Questo paesaggio consente ad una specie di limitare il dispendio di energie nella ricerca di cibo, se può utilizzare come indicatore di questo la presenza di altri individui intenti ad alimentarsi. E’ ben noto l’effetto “richiamo” in campo venatorio per attrarre la selvaggina. Quante volte abbiamo evitato un bar poco affollato e siamo entrati in un bar pieno di persone. Istintivamente abbiamo collegato alla qualità il bar affollato e alla scarsa qualità quello con pochi clienti. In effetti ci siamo comportati esattamente come un uccello 6 che va a posarsi in prossimità di altri cospecifici intenti ad alimentarsi e più numerosi sono questi ultimi e più è probabile che l’individuo decida di aggregarsi. Note conclusive I paesaggi dell’ecologia trovano quindi una grande comunanza con i paesaggi descritti e percepiti attraverso altri paradigmi. Non ci sembra così invalicabile il confine tra ecologia e cognizione, psicologia ed estetica, tra pattern e processi. Se abbandoniamo per un attimo l’ecologia del paesaggio e poniamo l’attenzione sul paesaggio come entità fisica (geografica e soprattutto ecosistemica) e come entità concettuale (cognitiva) ci appare che il paesaggio accomuni attraverso la semiosi tutti questi differenti approcci (p.e. Ingold 1998). La semiosi è un processo per il quale un oggetto entra in contatto cognitivo con un altro oggetto o con un contesto ambientale. La semiosi diventa la moneta comune (currency) per studiare adeguatamente il paesaggio. Il paesaggio richiede quindi una semiosi specifica in grado di spiegare perché le forme dei mosaici ambientali o le configurazioni spaziali degli eco-field siano così importanti per ogni organismo. La semiosi va verso un crescendo con l’aumentare del livello di complessità strutturale e funzionale di un organismo. Ogni organismo si rapporta con il mondo esterno attraverso una codice semantico che permette di entrare in contatto o di evitare un determinato oggetto (p.e. Barbieri 2003a,b). Il paesaggio è di fatto il mondo esterno ad un organismo che viene intercettato durante l’esplicitamento di una determinata funzione. Esistono quindi due livelli operazionali distinti per l’analisi del paesaggio: un livello ecosistemico ed un livello percettivo (cognitivo almeno per gli organismi superiori). Il primo si occupa interamente della fisicità dei paesaggi attraverso analisi geografiche, geo-botaniche, ed energetiche. Diremmo che questo livello si distingue da quello sviluppato dall’ecologia ecosistemica per l’aspetto esplicito delle configurazioni spaziali. Il livello cognitivo si interessa alle relazioni tra gli organismi e le configurazioni spaziali del paesaggio. La percezione di queste strutture avviene attraverso almeno tre livelli percettivi a semiosi crescente i cui meccanismi determinano il neutrality-based landscape, l’individual-based landscape ed infine l’observer-based landscape (Farina et al. 2004). Mentre il neutrality-based landscape è il prodotto del livello percettivo più basso e tale da non focalizzare su alcun oggetto, l’individual-based landscape presuppone l’attivazione di sensori biologici (tatto, gusto, olfatto, vista, udito, polarizzazione della luce, campo magnetico, etc.) che descrivono la realtà prossima all’organismo. Infine l’observer-based landscape è il prodotto di una percezione mediata dalla cultura (per l’uomo) e dall’esperienza (sia per l’uomo che per ogni altro organismo animale). Questi tre meccanismi percettivi sono quindi la base di sviluppo della semiosi sia verso ogni tipologia e grado di paesaggi (sia fisici che concettuali) che concettuali. Sicuramente l’observer-based landscape è il prodotto più sofisticato della percezione dell’intorno e consente letture assai diverse degli stessi oggetti a seconda dell’approccio culturale utilizzato o dell’esperienza acquisita. Riferimenti bibliografici 7 Antrop, M. (2001) The language of landscape ecologists and planners. A comparative content analysis of concepts used in landscape ecology. Landscape and Urban Planning 55: 163-173. Appleton, J. 1975. The experience of landscape. Wiley and Sons, London. Barbieri, M. 2003a. Biology with information and meaning. Hist. Phil. Life Sci. 25:243-254. Barbieri, M. 2003b. The organic codes. Cambridge University Press. Baudry, J. (1984) Effects of landscape structures on biological communities: the case of hedgerow network landscapes. In: Brandt, J., Agger, P. (eds.). Methodologies in landscape ecological research and planning. Vol. 1 Proceedings of the first international seminar of the International Association of Landscape Ecology. Roskilde, Denmark, October 15-19. Pp. 55-65. Bourassa, S.C. 1990. A paradigm for landscape aesthetics. Environment and Behavior 22(6): 787-812. Bourassa, S.C. 1991. The aesthetics of landscape. Belhaven, London. Collinge, S.K. (1996) Ecological consequences of habitat fragmentation: implications for landscape architecture and planning. Landscape and Urban Planning 36: 59-77. Collinge, S.K. (2000) Effects of grassland fragmentation on insect species loss, colonization, and movement patterns. Ecology 81: 2211-2226. Farina, A. (1993) L’ecologia dei sistemi ambientali. CLEUP, Padova. Farina, A. (1995) Ecotoni. Patterns e processi ai margini. CLEUP, Padova. Farina, A. (1998) Principles and methods in landscape ecology. Chapman & Hall, London. Farina, A. (2000) Dordrecht, NL. Landscape ecology in action. Kluwer Academic Publishers, Farina, A. (2004) Verso una scienza del paesaggio. Perdisa Editore, Bologna. Farina, A. and Belgrano, A. 2004. The eco-field: A new paradigm for landscape ecology. Ecological Research 19: 107-110. Farina, A. and Belgrano, A. 2005 The eco-field hypothesis: Toward a cognitive ecology. Landscape Ecology (in press). Farina, A., Bogaert, J., Schipani, I. (2004) Cognitive landscape and information:newperspectivest o investigate the ecological complexity. BioSystems 79: 235-240. 8 Forman, R.T.T. (1990) 3. The beginnings of landscape ecology in America.In: Zonneveld, I.S. & R.T.T. Forman (eds.), Changing landscapes: An ecological perspective. Springer-Verlag, New York. Pp. 35-41. Forman, R.T.T. (1995) Land mosaics. The ecology of landscapes and regions. Cambridge Academic Press, Cambridge, UK. Forman, R.T.T. & Godron, M. (1986) Landscape ecology. Wiley & Sons,New York. Gibson, J.J. 1979. The ecological approach to visual perception. Houghton Mifflin, Boston. Green, B. & Vos, W. (eds.) (2001) Threatened landscapes. Conserving cultural environments. Spon Press, London. Green, B.H., Simmons, E.A., Woltjer, I. (1996) Landscape conservation. Some steps towards developing a new conservation dimension. A draft report of the IUCN-CESP landscape Conservation Working Group. Department of Agriculture, Horticulture and Environment, Wye College, Ashford, Kent, UK. Hansen, A.J. & di Castri, F. (eds.) (1992) Landscape boundaries. Consequences for biotic diversity and ecological flows. Springer- Verlag, New York. Harris, L.D. (1984) The fragmented forest, island biogeography theory and the preservation of biotic diversity. University of Chicago Press, Chicago. Hirose, N. 2002. An ecological approach to embodiment and cogntion. Cognitive Systems Research 3: 289-299. Holland, M.M., Risser, P.G., Naiman, R.J. (1991) Ecotone. The role of landscape boundaries in the management and restoration of changing environments.Chapman & Hall, London, UK. Ingold, T. 2000. The perception of the environment. Essays in livelihood, dwelling and skill. Routledge, Abingdon, UK. Kaplan, R. & Kaplan, S. (1989) The experience of nature. A psychological perspective. Cambridge University Press, Cambridge, UK. Kull, K (1998a) Semiotic ecology: different natures in the semiosphere. Sign Systems Studies 26: 344-371. Kull, K. (1998b) On semiosis, umwelt, and semiosphere. Semiotica 120: 299-310. Li, B-L (2000) Why i sthe holistic approach becoming so important in landscape ecology? Landscape and Urban Planning 50: 27-41. Maturana, H.R. (1999) The organization of living: A theory of the living organization. Int: Journal Huma-Computer Studies 51: 149-168. 9 Moss, M. R. (2000) Interdisciplinarity, landscape ecology and the “Transformation of Agricultural Landscapes”. Landscape Ecology 15: 303-311. Naveh, Z. & Lieberman, A.S. (1994) Landscape ecology. Theory and application. (Second Edition). Springer-Verlag, New York. Redstrom, J. (1998) Is acoustic ecology about ecology? - Reflections on the International Conference on Acoustic Ecology “Stockholm, Hey Listen!” 1998, University of Melbourne, Australia.. Risser, P.G. (1993) Ecotones. Ecotones at local to regional scales from around the world. Ecological Applications 3(3):367-368. Risser, P.G. (ed.) (1995) International 22. Understanding and managing ecotones. Ecology Risser, P.G., Karr, J.R., Forman, R.T.T. (1984) Landscape ecology. Directions and approaches. Illinois Natural History Survey Special Publication number 2, Champaign, Illinois. Saunders, D.A., Hobbs, R.J., Margules, C.R. (1991) Biological consequences of ecosystem fragmentation: a review. Conservation Biology 5: 18-32. Schreiber, K-F. (1990) 2.The history of landscape ecology in Europe. In: Zonneveld, I.S. & R.T.T. Forman (eds.), Changing landscapes: An ecological perspective. Springer-Verlag, New York. Pp. 21-33. Simberloff, D., Farr, J.A., Cox, J., Mehlman, D.W. (1992) Movement corridors: conservation bargains or poor investment? Conservation Biology 6: 493-504. Skanberg, A. & Ohrstrom, E. (2002) Adverse health effects in relation to urban residential soundscapes. Journal of Sound and Vibration 250: 151-155. Tscharntke, T., Thiessen, S., Dolch, R., Boland, W. 2001. Herbivory, induced resistance, and interplant signal transfer in Alnus glutinosa. Biochemical Systematics and Ecology 29: 1025-1047. Turner, M.G. (1989) Landscape ecology: the effect of pattern on process. Annu. Rev. Ecol. Syst. 20:171-197. Turner, M.G., Gardner, R.H., O’Neill, R.V. (2001) Landscape Ecology in theory and practice. Pattern and process. Springer, New York. Wiens, J.A. (1994) Habitat fragmentation: island v landscape perspectives on bird conservation. Ibis 137: S97-S104. Wiens, J.A., Stenseth, N.C., Van Horne, B., Ims, R.A. (1993) Ecological mechanisms and landscape ecology. Oikos 66:369-380. 10 Wilcove, D.S., McLellan, C.H., Dobson, A.P. (1986) Habitat fragmentation in the temperate. In: Soulé, M.E. (ed.), Conservation biology. Sinauer Associates, Inc. Pp. 237-256. Williams, A. (1998) Therapeutic landscapes in holistic medicine. Soc. Sci. Med. 46(9):1193-1203. Wu, J. & Hobbs, R. (2002) Key issues and research priorities in landscape ecology: An idiosyncratic synthesis. Landscape Ecology 7: 355-365. 11