TITOLO La vita è bella REGIA Roberto Benigni INTERPRETI
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TITOLO La vita è bella REGIA Roberto Benigni INTERPRETI
La vita è bella Roberto Benigni Roberto Benigni - Nicoletta Braschi - Giorgio Cantarini – Giustino Durano - Sergio Bustric – Giuliana Lojodice Horst Bulchholz Drammatico GENERE 110 min Colore DURATA Italia 1997 3 Oscar miglior film straniero, migliore PRODUZIONE colonna sonora, migliore attore protagonista (Roberto Benigni) – 8 Premi David 1988: miglior film, migliore attore, migliore sceneggiatura, migliore regista, migliore produttore, migliore fotografia, migliore costumista e migliore scenografo – Premio David Scuola. Sul finire degli anni ’30 Ferruccio e Guido, due giovani di belle speranze, desiderosi di realizzare i loro progetti, l’uno diventare un poeta famoso e l’altro di aprire una libreria, partono dalla campagna alla volta di una bella e accogliente città. In attesa di realizzare le proprie aspirazioni Ferruccio continua il suo lavoro di tappezziere in un negozio di stoffe, mentre Guido trova un posto al Grand Hotel come cameriere. Passeggiando per le strade della cittadina Guido conosce Dora, una maestrina e se ne innamora perdutamente. Dora è fidanzata con un suo vecchio compagno di scuola, ma Guido mette in atto un corteggiamento serrato e complicato, fatto di rincorse e appostamenti con trovate simpatiche che faranno cedere Dora proprio nel giorno dell’annuncio delle future nozze. Come in una fiaba, Guido la rapirà dal Grand Hotel dove si sta svolgendo la festa, in sella ad un cavallo. L’amore sarà coronato dall’arrivo del piccolo Giosuè La piccola famiglia conduce una vita apparentemente serena, ma la cappa del fascismo diventa sempre più soffocante e le leggi razziali, oltre ad impedire tanti piccoli gesti quotidiani, finiranno per condurli inesorabilmente verso l’internamento di un campo di concentramento nazista. Davanti all’orrore del lager Guido farà credere al piccolo Giosuè di far parte di un gioco a punti, dove superando delle prove, potranno vincere un carro armato vero, giocattolo che il piccolo desidera da sempre possedere. E così tra orrori e mezze verità che arrivano alle orecchie del piccolo, il gioco va avanti sino al giorno della liberazione, ma Guido, eliminato proprio durante le concitate ore della fuga degli aguzzini, non potrà gioire con Giosuè che riabbracciando la madre le dice contento”abbiamo vinto”. TITOLO REGIA INTERPRETI Perché dunque Roberto Benigni che ci aveva abituato a personaggi come Giuditta del Piccolo diavolo o Jonny Stecchino, ci spiazza con questo Guido Orefice, con una storia così? Cosa accomuna il Guido de “La vita è bella “ con gli altri suoi personaggi, questa storia così drammatica con quelle precedenti? Siamo rimasti lì, senza capire veramente il senso della sua scelta, ma il senso ce lo ha indicato lo stesso Benigni già a partire dal titolo di questo suo film La vita è bella. La vita è bella comunque, a dispetto di ciò che ci accade, soprattutto lo ha capito Guido, che davanti alle amarezze e le miserie della vita antepone la sua visione fantastica e fiabesca della stessa. Benigni da sempre coltivava l’idea di realizzare un film che raccontasse dell’orrore di un lager, luogo dove pur anche suo padre era stato rinchiuso. Ma quale registro scegliere per un tema così drammatico? Sicuramente quello che più gli era congeniale, contraddistinto da una certa soavità e leggerezza, con quella sua visione poetica e fantastica, che gli permette di trattare, senza essere offensivo e indelicato argomenti che ancora oggi scoprono ferite mai chiuse. Avvalsosi della collaborazione del Centro di Documentazione ebraica di Milano, Benigni ha dato una sua personale interpretazione alla shoah, attirando su di sè critiche feroci o plausi incondizionati. Il film, neanche a dirlo, ha suscitato emozioni contrastanti soprattutto da parte di chi il lager lo ha vissuto davvero. Come ci si può “schiantarsi dalle risate”quando i protagonisti subiscono una lenta discesa in un inferno fatto di viaggi disumani, di selezioni per le camere a gas, di lavori forzati con l’incubo della fame e l’orrore di finire fumo che esce da un forno crematorio? Eppure chi, tra i sopravvissuti, ha apprezzato il film, lo fa proprio perché, pur essendo una favola amarissima, mette in luce, la grande risorsa umana di conservare, anche nell’orrore, un briciolo di umanità. Il personaggio di Guido ci incanta nella prima parte del film per la sua grande vitalità e spensieratezza, che non viene mai meno, neanche di fronte ai pesanti condizionamenti imposti dalle leggi razziali, man mano che la sua vicenda umana si avvia verso la shoah, la distruzione, non manca di rimarcare questa sua visione della vita. Struggente è nel film, la scena nel lager, dove le note della Barcarola di Hoffenbach raggiungono la moglie lontana, internata nelle baracche destinate alle donne. La musica dolcissima ricorda a Dora che non è solo un numero, ma una donna e che suo marito la pensa e l’ama. Quel “buon giorno principessa” che gracchia dall’altoparlante, con la vocina allegra di Giosuè che la saluta, è una sferzata di energia, di incoraggiamento a non mollare, perché la vita è bella, comunque. Ma Guido Orefice, non è uno stupido, capisce qual è la reale situazione, non chiude gli occhi, rifugiandosi in un mondo fiabesco, se lo fa è per salvare suo figlio dall’orrore ed è per questo che per lui inventa il gioco del carrormato. Man mano che la narrazione va avanti si scorge sul volto di Guido un cambiamento, il suo viso diventa sempre più specchio di un animo svuotato e se sorride, se scherza o è allegro lo fa al solo scopo di rasserenare il figlio. Ed è proprio questa la grande eredità che il figlio riceve da Guido, essere solo sfiorato dall’orrore, in modo tale che riabbracciando la madre finalmente ritrovata, gli farà dire tutto contento “Abbiamo vinto”. (a cura di Maria Domenica Gramenzi)