Chiocciole allevate con la musica «Habitat in armonia

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Chiocciole allevate con la musica «Habitat in armonia
LA SICILIA
LUNEDÌ 10 OTTOBRE 2016
20.
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L’INTERVISTA
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“Scale mobili”
Dieci storie
«una metafora
esistenziale»
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L’intervista. Il
progetto del prof.
Nunzio Romano
MARIA CONCETTA GOLDINI
A
nche le lumache amano la
musica classica. E’ destinato
a fare scuola il progetto lanciato in un allevamento di
Morengo (Bergamo) dove, su un’area
di 15mila metri quadrati, sono state
messe a dimora 72mila chiocciole
“biomusicali”, cioè allevate con un
sottofondo di musica classica e armonica emessa da degli speciali diffusori. È il primo caso a livello mondiale. Ideatore e pioniere del progetto, primo in Italia e nel mondo nella
sua applicazione in un allevamento
di lumache, è il prof. Nunzio Romano,
biologo, gelese trapiantato al Nord.
Con la moglie siciliana di Comiso, il
prof. Romano ha curato libri di divulgazione scientifica adottati nelle
scuole italiane. In pensione ha deciso
di dedicarsi agli studi degli effetti benefici della musica sugli animali. «Il
concetto è semplice: la musica è un
linguaggio universale, e in quanto tale parla all’inconscio di tutti gli esseri
viventi prima che all’intelletto –
spiega Romano – I benefici, oltre che
sulla qualità della vita di piante e animali, si riflettono anche sulla produttività di piantagioni e allevamenti:
crescendo in un ambiente biomusicale, infatti, abbiamo motivo di pensare che le lumache possano migliorare la propria qualità e, di generazione in generazione, anche avviare
un circolo virtuoso in termini epigenetici». Da qui è nato il progetto "Biomusica" avviato in primavera con
l’approvazione del dottor Gianni Avagnina, direttore dell’Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco
(Cuneo), che ha dato segnali positivi.
«L’obiettivo è quello di farci promotori di una filiera corta e biomusicale
capace di coprire tutto il ciclo di vita
della lumaca, senza trascurare la sua
alimentazione – aggiunge Romano –
In un mercato in cui il consumatore è
sempre più attento a ciò che mangia,
è importante non solo dare dei prodotti di qualità, ma anche garantire
la sostenibilità ambientale e il benessere degli animali allevati». In occasione del 45° Convegno Internazionale di elicicoltura, che si è svolto a
Cherasco a fine settembre il direttivo
dell’Istituto ha consegnato al professore e al suo staff un premio per il
progetto "Biomusica in elicicoltura"
avviato nell’allevamento di "LumachItaly", il primo di questo genere in
Italia e nel mondo: il suo merito è di
IL PROF. NUNZIO ROMANO PREMIATO DALL’ISTITUTO DI ELICICOLTURA DI CHERASCO (CUNEO)
Chiocciole allevate
con la musica
«Habitat in armonia»
Il biologo gelese premiato per le sue ricerche
«Le note producono benessere sugli animali»
BIOMUSICA. Il progetto biomu-
sica in elicicoltura lanciato a
Morengo (Bergamo) considera
gli effetti benefici della musica
sulle lumache per migliorare la
qualità della loro vita, la produzione, «la sostenibilità ambientale e il benessere degli animali
allevati»
aver saputo riconvertire l’antico nesso tra musica e natura in un nuovo
modo di fare impresa. E' stato inoltre
presentato e approvato un manuale
di corretta prassi operativa in materia di elicicoltura validato e pubblicato dal Ministero della Sanità, frutto
del lavoro di docenti universitari e
veterinari accreditati.
Prof.Romano perché introdurre
musica, per l'esattezza musica classica, in un allevamento di lumache
a ciclo biologico completo?
«Volevo creare un habitat che rispecchiasse la mia idea di armonia e
benessere e la musica classica e tutte
le sperimentazioni che si sono fatte
su di essa mi hanno convinto che era
la via da seguire. Dalla concezione universale della musica capace di
produrre benefici effetti non solo
sull’animo umano, ma anche su
piante e animali, nasce recentemente la zoomusicologia, una disciplina
che dimostra la vasta capacità del
linguaggio musicale che, prima di
parlare all’intelletto, parla all’inconscio di tutti gli esseri viventi. La musica di Mozart e in generale la musica classica, a più riprese, è stata sperimentata sui diversi soggetti: dalle
LE MOSTRE SUL MAESTRO SICILIANO
Guttuso tra religione e nature morte
un percorso artistico da Roma a Pavia
S’
è chiusa ieri al Quirinale, nella Galleria di
Alessandro VII, la mostra “Guttuso. Inquietudine di un realismo” che riuniva le
opere di ispirazione religiosa dell’artista
siciliano, offrendone un’inedita prospettiva e penetrarne più a fondo l’ispirazione. A questa prima
esposizione, si riallaccia quella al Castello visconteo di Pavia ,“Guttuso. La forza delle cose”, curatada Susanna Zatti e dallo stesso Fabio Carezza,
che sarà visitabile fino al 18 dicembre.
L’esposizione romana è stata a cura di Fabio
Carapezza Guttuso, presidente degli Archivi
Guttuso, e da Crispino Valenziano, presidente
della Accademia Teologica via pulchritudinis, ed
è stata resa possibile dal sostegno del Ministero
dei Beni Culturali, dei Musei Vaticani, del Museo
Guttuso di Bagheria, della Camera dei Deputati e
di prestigiose collezioni private. In occasione
della presentazione al Premio Bergamo nel 1942
la “Crocifissione” di Guttuso suscitò un grande
dibattito e fu ritenuta blasfema negli ambienti
curiali del tempo. Monsignor Crispino Valenziano, teologo amante dell’arte, ha iniziato proprio
dalla “Crocifissione” l’esegesi delle opere del-
l’artista, il cui essere cristiano gli appare «complicato nell’opera della sua arte», come afferma
nel suo saggio “Guttuso credeva di non credere”.
Valenziano sottolinea come «partendo dalla virtualità religiosa del suo realismo sociale» arrivi a
penetrarne l’essenza proprio sulla scorta del
Vangelo come dimostrano le sue opere che hanno nella liturgia la loro causalità originante, la loro identità materiale e formale e la motivazione
finale della loro struttura e funzione».
Protagoniste del percorso espositivo di Pavia,
sono le nature morte che, dalla fine degli anni 30,
costituiscono non solo una componente essenziale della produzione di Guttuso ma anche un
punto di riferimento per gli artisti della sua generazione. La loro carica travolgente è infatti la
caratteristica distintiva della sua produzione
riassunta a Pavia in più di 50 opere, provenienti
da prestigiose istituzioni quali il Mart di Rovereto, la Fondazione Magnani Rocca, i Civici Musei
di Udine, il Museo Guttuso, la Fondazione Pelline collezioni private.L’esposizione ripercorre
la produzione di Guttuso fino ai primi anni 80.
ANTONIO PECORARO
Un dettaglio
dell’opera di
Renato Guttuso
“Natura morta
con drappo rosso”
(1942) tra le 50 in
mostra al Castello
visconteo di Pavia
mucche, ai vigneti, e addirittura ai
microbi mangia biomassa usati nel
trattamento delle acque reflue e i risultati di tali sperimentazioni hanno
ribadito gli effetti benefici di tale
musica su tutti gli esseri viventi: uomo, animali e piante».
Ma qual è il segreto della musica
classica?
«Tra le teorie che hanno cercato di
spiegare la correlazione tra musica
classica ed esseri viventi, una delle
più affascinanti è quella che chiama
in causa la sequenza di numeri naturali di Fibonacci. Sarebbe questa serie, in cui il numero successivo è formato dalla somma dei due precedenti (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, e
così via), uno dei possibili fattori che
accomunano la musica classica e il
linguaggio della natura. Questa serie, detta anche “sequenza divina”,
dà origine a un curva, la spirale di Fibonacci, che si ritrova dappertutto
dalla forma del Dna a quella delle galassie, e che regola tutte le parti che
compongono la struttura degli esseri viventi. La musica classica non è
esente da questa combinazione misteriosa: la sequenza di Fibonacci fu
infatti impiegata da Bach, Mozart,
Beethoven, Stravinskij…, che hanno
prodotto una musica profonda, discreta, elegante e ripetitiva, una vera
onda benefica capace di creare benefici rapporti di armonia e che riesce a “parlare” a vigne, mucche, esseri umani, batteri e, perché no, anche alle chiocciole. Sarà un caso se la
chiocciola ha sul guscio proprio la
spirale di Fibonacci?».
Come sfruttate le onde benefiche
sulle lumache ?
«Accertato che la musica crea queste
“onde benefiche” a questo punto ho
ritenuto opportuno realizzare quanto avevo pensato installando dei diffusori in grado di diffondere musica
classica adeguata tendente a creare
una filodiffusione all’aperto insomma un habitat musicale generativo
di vibrazioni benefiche calcolate in
rapporto alla massa dei viventi presenti nei recinti. Questi diffusori sono stati realizzati in collaborazione
con un tecnico del suono che ha studiato le problematiche di un allevamento all'aperto, abbiamo elaborato la musica in maniera tale da accompagnare la vita delle lumache e
dei viventi in generale e non esserne
da disturbo. La musica che utilizziamo spazia da Mozart a Bach, da Beethoven a Vivaldi e viene campionata,
miscelata e normalizzata in rapporto alla densità dei viventi presenti
prima di essere diffusa nell'allevamento».
uori è giorno, anche se
dentro un aeroporto il
tempo ignora ogni variazione di luce. La
gente arriva, va in albergo, rientra a casa per chi possiede una casa, uno spazio asciutto, una famiglia e un letto dove dormire. Tale
fortuna non riguarda certo il corpo dell’uomo steso sulla scala che
d’ora in poi definiremo immobile. I gradini sono bloccati, alcuni
non del tutto staccati dal rullo, inceppati a metà. L’uomo si trova in
basso, rannicchiato, avvolto in un
cappotto fuori misura. La testa
sul primo scalino è poggiata sopra un cuscino di stracci. Quest’uomo è un barbone come il suo
aspetto dichiara e definisce, a
causa di una trasandatezza esteriore che gli impone come condanna d’adattarsi senza ombra di
remora alla precarietà. Non può
esserci altra soluzione quando
non si ha più dove andare, né si
hanno delle forbici per tagliarsi
unghie e capelli, un rasoio per radersi, acqua e sapone per lavarsi,
un gabinetto privato dove evacuare. Quando non si possiede
più nulla di necessario, necessariamente il corpo umano diventa
randagio, occupa senza permesso spazi occasionali per riposare
in un dormire che somiglia al morire come del resto l’immagine
della scala che osserviamo suggerisce». Un passo scelto da “Scale Mobili”, nuovo libro della catanese Lina Maria Ugolini, edito da
Splen. Un racconto, come spiega
l’autrice, di corpi che salgono,
scendono, si dicono addio, affidando se stessi al trasporto di un
ingranaggio che elude ogni volontà.
- Cosa rappresentano i dieci
personaggi di “Scale Mobili”?
«Una metafora esistenziale, un
segno distintivo del terzo millennio, un presente storico in cui
molti di noi si lasciano spingere
da una corrente che li affranca da
sforzi fisici e mentali. Pensare…
agire… ricorrere all’impulso consapevole di un’identità indomita,
avere il coraggio di spegnere un
pc, uno smartphone, il motore di
una macchina e andare a piedi,
insomma dire basta a qualunque
immaginario o concreto nastro
trasportatore».
- A cosa si riallaccia la scrittura
breve di queste storie parallele?
«In parte alle suggestioni del
“Nouveau Roman”, all’école du
regard, a quella “scuola dello
sguardo” che negli anni Cinquanta e Sessanta riunì in Francia
scrittori come Marguerite Duras,
Alain Robbe-Grillet, Claude Simon, e tanti altri. Comune a quel
tipo di scrittura fu l’interesse rivolto alla focalizzazione suggerita dalla macchina fotografica o
dalla cinepresa, aggiungerei riguardo a “Scale Mobili”, l’attenzione dell’occhio dell’autore rivolta più alle cose che alla costruzione dei personaggi, a quei luo-
LINA MARIA UGOLINI
Ugolini: «Spegnere un pc,
uno smartphone, un’auto,
dire basta a qualunque
immaginario o concreto
nastro trasportatore»
ghi che possano mettere in rilievo aspetti del carattere dei medesimi tali da cogliere attraverso la
scrittura le “sfumature” – come
le chiamava Dostoevskij ne “L’idiota” – degli uomini “comuni”».
- Tra le pagine conclusive del
libro, uno sguardo finale all’interno del Grande Magazzino Made in Italy.
«Esattamente. Ripreso in un
giorno di svendita nazionale, anche questo spazio metafora di un
tempo di crisi alla ricerca del
“saldo presente”. Tutto qui? No…
un’ultima occhiata a sorpresa
nella scrittura saprà cogliere una
speranza».
GRAZIA CALANNA
IL SAGGIO «LA VITA DI OGNI GIORNO»
Caffo: «La filosofia
modella la realtà»
Parafrasando la definizione che
la scrittrice Djuna Barnes diede
di se stessa negli anni ’20 del
‘900, potremmo dire che la filosofia è divenuta, negli ultimi
tempi, “la più famosa
delle sconosciute”. Sì,
perché come ci dice
Leonardo Caffo nel
suo “La vita di ogni
giorno”
(Einaudi,
2016) in pochi confidano ancora nell’utilità della filosofia come soluzione al rebus
dell’esistenza.
Troppo astrusa, troppo rarefatta per i più.
Forse. Ma bisognerebbe completare questa definizione con l’aggettivo sorprendente, come il percorso presentato all’interno del libro, come
la capacità della filosofia di
reinventarsi col cambiare dei
tempi e dei paradigmi culturali.
Scopriamo, così, come l’etica
sia la via per allargare i propri
orizzonti verso gli altri, come
l’ontologia sia un
modo per conoscere
e classificare la realtà, un modo per scandagliare i nostri limiti e le nostre aspirazioni. Scopriamo, soprattutto, come il
pensiero sia lo strumento per spezzare
le catene dell’immobilismo, per apprendere l’arte dell’alternativa, per tenere viva la fiamma della curiosità, per
«stare al mondo in modo attivo,
raggiungendo la consapevolezza che la filosofia può modellare
la nostra realtà».
JOSHUA NICOLOSI