Atteggiamenti proposizionali - Dipartimento di Filosofia
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Atteggiamenti proposizionali - Dipartimento di Filosofia
L’oggetto del corso Università degli Studi di Milano Atteggiamenti proposizionali I L’oggetto del corso sono gli enunciati che attribuiscono credenze, conoscenze, desideri, speranze, ecc.: I Gli stati in cui un soggetto crede\sa\vuole\spera\asserisce . . . qualcosa sono detti atteggiamenti proposizionali. I In particolare, ci occuperemo delle condizioni di verità degli enunciati che riportano atteggiamenti proposizionali. Lezione uno (1) Sandro Zucchi 2011-12 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 1 Disclaimer I Niente di quello che dirò è originale. I Lo scopo del corso non è di presentare la mia analisi della semantica degli atteggiamenti proposizionali (non ne ho una). I Lo scopo del corso è di presentare e discutere le diverse teorie che sono state proposte al riguardo. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno x crede\sa\vuole\spera\asserisce. . . che S. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 2 Un problema centrale 3 I La semantica degli enunciati che riportano credenze, e più in generale degli enunciati che riportano atteggiamenti proposizionali, ha occupato un ruolo centrale in filosofia del linguaggio. I Perché? I Partiamo da un’osservazione di Scott Soames. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 4 Soames su atteggiamenti proposizionali e significato Ricostruire il ragionamento Propositional attitudes like knowledge, belief, and assertion play an important foundational role for semantic theory, the goal of which is to specify the meanings of sentences and their semantic contents relative to contexts of utterance. Meanings are plausibly regarded as functions from such contexts to semantic contents, which in turn are closely related to the assertions made, and the beliefs expressed, by utterances. For example, the semantic content of I live in New Jersey in a context C with x as agent and t as time is standardly taken to be the proposition that x lives in New Jersey at t. To understand the meaning of this sentence is, to a first approximation, to know that a competent speaker x who sincerely and assertively utters it in C asserts, and expresses a belief in, this proposition. Roughly put, if p is the semantic content of S in C, then an assertive utterance of S in C is an assertion of p, and is standardly taken as indicating the speakers belief in p. . . . A semantic theory for a language is part of a larger theory that interprets the assertions and beliefs of its speakers. This, more than any other fact, allows one to subject semantic theories to empirical test. Competent speakers of a language are relatively good at identifying the propositions asserted and beliefs expressed by utterances. To the extent to which assignments of semantic content issued by a semantic theory lead to verifiably correct characterizations of speakers’ assertions and beliefs, the semantic theory is confirmed; to the extent to which these assignments lead to verifiably incorrect characterizations, it is disconfirmed. Soames 2005 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 5 Significati, contesti e contenuti I I I Nel passo precedente, Soames afferma che le credenze e le asserzioni dei parlanti impongono un test di adeguatezza sulle teorie semantiche. I Cerchiamo di descrivere in dettaglio come Soames arriva a questa conclusione e qual è il test che propone. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I (sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in cui l’enunciato viene proferito, specifica il contenuto (o proposizione) che l’enunciato esprime in quel contesto. I Per esempio, il significato dell’enunciato (2) è una funzione che per ogni contesto di proferimento specifica il contenuto (o proposizione) che (2) esprime in quel contesto: I Inoltre, Soames ritiene che ci sia una certa relazione tra il contenuto degli enunciati, le asserzioni e le credenze dei parlanti. L’idea di Soames è che il contenuto di un enunciato in un contesto sia qualcosa che un parlante competente che asserisce l’enunciato con sincerità crede. Più precisamente: • se p è il contenuto che l’enunciato S esprime in un contesto c (ovvero p la proposizione che S esprime in c), un parlante competente che asserisce con sincerità l’enunciato S in c crede p. Io ho fame I Il contenuto (o proposizione) espresso da(2) in un contesto in cui (2) è proferita da Leo, è il contenuto (o proposizione) che Leo è partito; il contenuto (o proposizione) espresso dalla frase (2) in un contesto in cui (2) è proferita da Lea, è il contenuto (o proposizione) che Lea è partita, ecc. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 6 Asserzioni, credenze e contenuti Lo scopo delle teorie semantiche per Soames è quello di specificare i significati delle frasi del linguaggio. Per Soames (e altri), (2) I I Per esempio, se Leo asserisce (2) in un contesto, e Leo è competente e sincero nell’asserire (2), allora Leo crede che Leo ha fame in quel contesto: (2) 7 Io ho fame S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 8 Il ragionamento Un test di adeguatezza Sulla base delle assunzione precedenti, possiamo ragionare cosı̀: I Se una teoria semantica è adeguata, allora se la teoria assegna un contenuto (o proposizione) p a un enunciato S in un contesto c, allora S esprime il contenuto (o proposizione) p nel contesto c. I Se p è il contenuto (o proposizione) che un enunciato S esprime in un contesto c, un parlante competente che asserisce con sincerità l’enunciato S in c crede p. I Dunque, se una teoria semantica è adeguata, allora se la teoria assegna un contenuto (o proposizione) p a un enunciato S in un contesto c, un parlante competente che asserisce con sincerità l’enunciato s in c crede p. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I Dovrebbe esser chiaro ora perché gli atteggiamenti proposizionali giocano un ruolo fondazionale importante nella teoria semantica. I La relazione tra contenuti semantici delle frasi, asserzioni e credenze dei parlanti dà luogo al test di adeguatezza seguente per le teorie semantiche: • se una teoria semantica specifica il contenuto (o proposizione) p per un enunciato in un contesto e un parlante competente che asserisce con sincerità l’enunciato in quel contesto non crede p, allora la teoria semantica non è adeguata. 9 Teoria semantica e report di atteggiamenti S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Carattere relazionale degli atteggiamenti proposizionali I I Gli atteggiamenti proposizionali dei parlanti sono rilevanti per la teoria semantica per la ragione che abbiamo detto. I Ma l’oggetto del corso non sono gli atteggiamenti proposizionali in generale, ma gli enunciati che attribuiscono atteggiamenti proposizionali, cioè gli enunciati della forma: I Perché, in particolare, l’analisi di questi enunciati è importante per la teoria semantica? (1) Torniamo all’osservazione di Soames secondo la quale • se p è il contenuto che l’enunciato S esprime in un contesto c (ovvero p la proposizione che S esprime in c), un parlante competente che asserisce con sincerità l’enunciato S in c crede p. I I x crede\sa\vuole\spera\asserisce. . . che S. Notate che, secondo questa tesi, gli oggetti delle credenze sono proposizioni, ovvero oggetti dello stesso tipo di ciò che le frasi esprimono in un contesto. Se si è disposti ad accettare questa assunzione, presumibilmente, si è disposti ad accettare la generalizzazione seguente: • in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono a un individuo la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire . . . una certa proposizione: (1) S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 10 11 x crede\sa\vuole\spera\asserisce. . . che S. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 12 Quale proposizione? I I I I I Il test della sostituzione Consideriamo ora gli enunciati (3) e (4): (3) Leo ha fame (4) Lea crede che Leo ha fame I (id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire\ . . . la proposizione espressa da S in quel contesto: (1) Date le assunzioni precedenti, l’enunciato (3) esprime una proposizione in un contesto, e l’enunciato (4), nello stesso contesto, attribuisce a Leo la proprietà di credere una certa proposizione. Quale proposizione (4) afferma che Leo crede? Presumibilmente, la stessa proposizione espressa da (3), ovvero la proposizione che Leo ha fame. Se accettiamo questa risposta, siamo evidentemente disposti ad accettare la seguente assunzione di identità: I I 13 Riassumendo I S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 14 Proposizioni come insiemi di mondi possibili I Riassumiamo dunque le assunzioni principali che sono emerse nella discussione precedente e il test di adeguatezza che ne deriva: I (sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in cui l’enunciato viene proferito, specifica il contenuto (o proposizione) che l’enunciato esprime in quel contesto; (id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere \volere\sperare\asserire\ . . . la proposizione espressa da S in quel contesto: (1) Dunque, l’assunzione (id) introduce questo test di adeguatezza fondamentale per le teorie semantiche: (t) se una teoria semantica assegna a due enunciati A e B lo stesso contenuto (proposizione) in un contesto c, ed è falso che un individuo crede che A in c sse quell’individuo crede che B in c, allora la teoria semantica è inadeguata. x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S. Supponiamo che una teoria semantica assegni a due enunciati A e B lo stesso contenuto (proposizione) in un contesto c. In virtù di (id), è chiaro che la teoria fa questa predizione: • se un individuo crede che A in c, allora quell’individuo crede che B in c, e viceversa. I (id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire\. . . la proposizione espressa da S in quel contesto: (1) L’accettazione di (id) ha una conseguenza importante: I • le proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità (o, equivalentemente, insiemi di mondi possibili). I x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S; (t) se una teoria semantica assegna a due enunciati A e B lo stesso contenuto (proposizione) in un contesto c, ed è falso che un individuo crede che A in c sse quell’individuo crede che B in c, allora la teoria semantica è inadeguata. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Inizio ora a presentare un approccio alla semantica degli enunciati che attribuiscono atteggiamenti proposizionali che chiamerò l’approccio dei mondi possibili. Questo nome non designa genericamente le analisi che fanno uso dei mondi possibili nel formulare la semantica degli enunciati che attribuiscono atteggiamenti proposizionali. Designa invece le analisi di questi enunciati basate sulle assunzioni precedenti e sulla tesi seguente: I 15 In questa forma, l’approccio dei mondi possibili non è stato sostenuto esplicitamente da nessuno (che io sappia). In semantica formale, è una sorta di “analisi 0” dalla quale prendere le mosse per formulare analisi più complesse. La tesi che le proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità è stata invece sostenuta da diversi autori tra cui Hintikka (1962, 1969) e Stalnaker (1984). Vediamo come funziona questo approccio. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 16 La tesi di Wittgenstein Significato e condizioni di verità I I Nel Tractatus logico-philosophicus (1921), Wittgenstein afferma: Einen Satz verstehen, heisst, wissen was der Fall ist, wenn er wahr ist. (4.024) Comprendere un enunciato vuol dire sapere cosa accade se esso è vero. I Conoscere il significato di un enunciato comporta cioè sapere quali sono le circostanze in cui l’enunciato è vero. I Perché Wittgenstein dice questo? S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno (5) 17 Un problema Nella proposizione 4.024 Wittgenstein afferma che conoscere il significato di un enunciato vuol dire sapere cosa accade se l’enunciato è vero. I Ma, se consideriamo enunciati come (2), si potrebbe obiettare che questi enunciati non sono di per sé veri o falsi, in quanto dicono cose diverse in contesti diversi in cui vengono proferiti (Strawson, ad esempio, la pensava cosı̀): (2) La porta è aperta. I Supponete che un individuo giudichi vero (5) esattamente nei casi in cui la porta è chiusa. Ne dedurremmo che egli non conosce affatto il significato di (5). I Supponete invece che un individuo giudichi vero (5) esattamente nei casi in cui la porta è aperta. Concluderemmo allora che egli conosce il significato di (5). I In questo senso, conoscere il significato di (5) comporta sapere quali sono le circostanze in cui (5) è vero. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 18 Una riformulazione I I L’idea di Wittgenstein può essere spiegata cosı̀. Considerate l’enunciato (5): I (2) I Io ho fame. Io ho fame. Se desideriamo riformulare la tesi di Wittgenstein in una forma sufficientemente generale da rendere conto anche di enunciati come (2), potremmo dire cosı̀: • conoscere il significato di un enunciato comporta conoscere per ogni contesto le circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto. Eppure è chiaro che (2) ha un significato che noi comprendiamo. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Enunciati come (2) sono veri o falsi solo relativamente a un contesto di proferimento: in un contesto in cui è proferito da Leo, (2) è vero se Leo ha fame, in un contesto in cui è proferito da Lea (2) è vero se Lea ha fame, ecc.: 19 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 20 L’identificazione I Terminologia Nella discussione precedente abbiamo introdotto questa assunzione: (sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in cui l’enunciato viene proferito, specifica la proposizione che l’enunciato esprime in quel contesto. I I I Se accettiamo (sf), conoscere il significato di un enunciato equivale a conoscere per ogni contesto la proposizione che l’enunciato esprime in quel contesto. Per ragioni indipendenti, abbiamo visto inoltre che conoscere il significato di un enunciato comporta conoscere per ogni contesto le circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto. Questo suggerisce l’identificazione seguente: I (cp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme di circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto. I I I Per esempio, la proposizione espressa da (2) in un contesto in cui l’enunciato è proferito da Leo è l’insieme delle circostanze in cui Leo ha fame: (2) (Questa proposizione è identica a quella espressa da (6) nello stesso contesto: (6) Leo ha fame) 21 Il passo dell’identificazione I I È importante sottolineare che l’identificazione non segue necessariamente da questa motivazione (né i suoi sostenitori affermano che segue in questo senso). Dire che conoscere A comporta conoscere B non richiede di identificare A e B: conoscere la funzione denotata da “+” comporta conoscere il valore di 2+0. Ma questo non significa che la funzione denotata da “+” sia identica al valore di 2+0. Il punto è invece che l’ipotesi che la proposizione espressa da un enunciato in un contesto sia l’insieme delle circostanze che lo rendono vero in quel contesto permette di spiegare la relazione tra (a) e (b). S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 22 Dalle circostanze ai mondi Come abbiamo visto, la motivazione per identificare le proposizioni con condizioni di verità è data da questi principi: (a) conoscere il significato di un enunciato S equivale a conoscere per ogni contesto c il contenuto (o proposizione) che S esprime in c, e (b) conoscere il significato di un enunciato comporta conoscere per ogni contesto le circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto. I Useremo queste formulazioni in modo intercambiabile. Io ho fame. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I La tesi (cp) è espressa a volte nella forma (cv): (cp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme delle circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto. (cv) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto consiste nelle sue condizioni di verità in quel contesto. I Nell’approccio che stiamo considerando, le circostanze in cui un enunciato è vero in un contesto sono identificate con i mondi possibili in cui l’enunciato è vero nel contesto. I In questo approccio, dunque, la tesi (cp) viene espressa come (mp): (cp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme delle circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto. (mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme dei mondi possibili che rendono l’enunciato vero in quel contesto. 23 I Ma cosa si intende esattamente per mondo possibile? I Leggiamo un passo di D. Lewis (da The plurality of worlds). S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 24 Modi in cui le cose potrebbero essere Modi in cui le cose potrebbero essere The world we live in is a very inclusive thing, Every stick and every stone you have ever seen is part of it. And so are you and l. And so are the planet Earth, the solar system, the entire Milky Way, the remote galaxies we see through telescopes, and (if there are such things) all the bits of empty space between the stars and galaxies. There is nothing so far away from us as not to be part of our world. Anything at any distance at all is to be included. Likewise the world is inclusive in time. No long-gone ancient Romans, no long-gone pterodactyls, no long-gone primordial clouds of plasma are too far in the past, nor are the dead dark stars too far in the future, to be part of this same world. Maybe, as I myself think, the world is a big physical object; or maybe some parts of it are entelechies or spirits or auras or deities or other things unknown to physics. But nothing is so alien in kind as not to be part of our world, provided only that it does exist at some distance and direction from here, or at some time before or after or simultaneous with now. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno cont. The way things are, at its most inclusive, means the way this entire world is. But things might have been different, in ever so many ways. This book of mine might have been finished on schedule. Or, had I not been such a commonsensical chap, I might be defending not only a plurality of possible worlds, but also a plurality of impossible worlds, whereof you speak truly by contradicting yourself. Or I might not have existed at all- neither I myself, nor any counterpart of me. Or there might never have been any people. Or the physical constants might have had somewhat different values, incompatible with the emergence of life. Or there might have been altogether different laws of nature; and instead of electrons and quarks, there might have been alien particles, without charge or mass or spin but with alien physical properties that nothing in this world shares. There are ever so many ways that a world might be; and one of these many ways is the way that this world is. Lewis (1986) 25 Una definizione da manuale S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Quale possibilità? I I Il passo precedente di Lewis suggerisce un’idea dei mondi possibili che viene espressa cosı̀ nei manuali di metafisica: I I (Lewis, da parte sua, ha un’idea più impegnativa di quello che sono i mondi possibili: entità concrete dello stesso tipo del mondo reale. Ma per i nostri scopi una caratterizzazione meno compromettente è sufficiente). Soffermiamoci su alcuni aspetti di questa definizione. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno La definizione di mondo possibile fa uso di un predicato modale di possibilità (“avrebbero potuto essere”): (dm) un mondo possibile è un modo completo in cui le cose avrebbero potuto essere. (dm) un mondo possibile è un modo completo in cui le cose avrebbero potuto essere. • “A possible world is a complete way things might have been or a complete way things could have gone.” G. Forbes (“Possible worlds” entry in Kim et al. 2009, A Companion to Metaphysics) I 26 I 27 Espressioni modali di possibilità possono avere sensi diversi in italiano (e in generale nelle lingue naturali). Per esempio, gli enunciati seguenti sembrano riferirsi a nozioni diverse di possibilità: (7) Leo avrebbe potuto pagare una tariffa scontata. (possibilità deontica) (8) La particella non avrebbe potuto superare la velocità di 300.000 Km al secondo. (possibilità fisica) (9) La voce avrebbe potuto essere quella di Leo. (possibilità epistemica) (10) Socrate non avrebbe potuto essere un numero primo. (possibilità metafisica) (11) Non avrebbe potuto piovere e non piovere. (possibilità metafisica) Quale nozione di possibilità è intesa nella definizione? S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 28 Possibilità metafisica I I I I Un modo di chiarire il concetto di possibilità metafisica . . . la possibilità metafisica è un concetto ordinario, come la verità. È la nozione di possibilità più ampia (o più inclusiva) di cui facciamo uso quando pensiamo a come il mondo avrebbe potuto essere. [. . . ] La nozione metafisica di possibilità può essere chiarita nel modo seguente. Immaginate che Dio esista davvero e che, come è concepito tradizionalmente, sia onnipotente. Questo vuol dire che egli può far sı̀ che si dia qualsiasi situazione possibile. Può far sı̀ che una vacca color porpora compaia improvvisamente nell’Ufficio Ovale della Casa Bianca. Ma non può far sı̀ che una vacca sia tutta di color porpora e tutta di color verde. Egli può far sı̀ che tutta la materia fisica o qualsiasi frammento di materia fisica cessi di esistere istantaneamente. Ma non può far sı̀ che uno specifico frammento di materia sia interamente collocato in posti diversi nello stesso tempo. Può creare un duplicato perfetto del nostro intero sistema solare, fino a ogni particella subatomica, in qualche parte dello spazio profondo, o anche in qualche regione spazio-temporale non connessa. Ma non può far sı̀ che il vostro duplicato in quel sistema solare sia voi. La nozione rilevante per la nozione di mondo possibile è quella di possibilità metafisica (o nei termini di Plantinga (1974 possibilità logica ampia). La possibilità metafisica è la nozione di possibilità più ampia che noi usiamo. Non possiamo definirla, ma, come dice Plantinga, possiamo dare degli esempi e sperare per il meglio. Stati di cose contraddittori in cui un oggetto gode e non gode della stessa proprietà non sono metafisicamente possibili. Stati di cose che violano le leggi logiche (logica proposizionale e logica del primo ordine) non sono metafisicamente possibili. Stati di cose in cui Socrate è un numero primo, qualcuno è più alto di sé stesso, rosso non è un colore, qualcosa è rosso e non colorato, e in cui qualcuno non è identico a sé stesso non sono metafisicamente possibili. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Il semplice fatto che possiamo concepire che Dio potrebbe, se decidesse, produrre questi stati di cose straordinari mostra che li pensiamo già come possibili, nel senso appropriato. Dunque la loro possibilità non dipende in realtà dall’esistenza di Dio, né dal fatto che una tale possibilità sia mai reale. Questo concetto familiare di possibilità è quello metafisico che stiamo cercando. Naturalmente, come per qualsiasi concetto filosofico ordinario, la nostra comprensione del concetto non è cosı̀ certa da escludere il disaccordo su casi specifici. (Jubien 1997) 29 Completezza I L’altra caratteristica dei mondi possibili che è rilevante per la nostra discussione è la completezza. I Questa è la proprietà cui allude Lewis quando dice che il mondo in cui viviamo è una cosa assai inclusiva sia per quanto riguarda lo spazio che per quanto riguarda il tempo. I Possiamo illustrare in cosa consiste questa proprietà confrontando i mondi possibili con la nozione di situazione possibile. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 30 Situazioni possibili e mondi possibili Often when we consider (say) a proposed course of action, we imagine two possible situations: one in which the action is done and one in which it isn’t. This sort of mental activity often helps us to decide what to do. But the possible situations we think about in everyday life are usually very local and limited in what they include. Possible worlds are not. They are like everyday possible situations except for the crucial fact that they are global and “complete”. So when you think about the possible situation in which you go to the movies tonight, you aren’t imagining an entire possible world. A possible world must not only include whether you exists and go to the movies tonight, but also exactly how much you weigh, where you were born, the precise populate of Madrid, exactly how many grains of sands there are in Florida at every specific instant of time, how many carbon atoms there are in the universe, and so on. Since the world could be different in countless ways that have nothing to do with whether you go to the movies, there are countless different worlds in which you do go and countless different worlds in which you don’t go. Jubien (1997). 31 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 32 L’approccio dei mondi possibili Formulazioni equivalenti Ora che abbiamo chiarito questi aspetti della nozione di mondo possibile, possiamo formulare cosı̀ l’approccio dei mondi possibili agli enunciati che attribuiscono atteggiamenti proposizionali (dove (sf) e (id) sono condivise anche da altre teorie semantiche, mentre le assunzioni (mp) e (dm) sono distintive di questo approccio): I I (sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in cui l’enunciato viene proferito, specifica il contenuto (o proposizione) che l’enunciato esprime in quel contesto; (id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire\. . . la proposizione espressa da S in quel contesto: (1) (mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è una funzione da mondi possibili a valori di verità: la funzione che assegna il vero ai mondi in cui l’enunciato vero in quel contesto e il falso agli altri mondi; (mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è la funzione caratteristica dell’insieme dei mondi possibili in cui l’enunciato è vero. (mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme dei mondi possibili in cui l’enunciato è vero. x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S; (mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è una funzione da mondi possibili a valori di verità: la funzione che assegna il vero ai mondi in cui l’enunciato vero in quel contesto e il falso agli altri mondi; (dm) un mondo possibile è un modo completo in cui le cose avrebbero potuto essere (nel senso della possibilità metafisica). S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 33 A sostegno I L’analisi in termini di mondi possibili degli enunciati che attribuiscono atteggiamenti proposizionali va incontro a seri problemi. I Prima di presentare questi problemi, analizzeremo le ragioni che sono state addotte a sostegno di questa analisi. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Per comodità, invece di formulare il principio (mp) come nella slide precedente, uso a volte delle formulazioni equivalenti più brevi. Per amore di oscurità, le chiamo tutte (mp): S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 34 La granularità degli oggetti di credenza 35 I Stalnaker (1984) dà un argomento a favore della tesi che gli oggetti di credenza non possono essere individuati più finemente degli insiemi di mondi possibili. I In particolare, Stalnaker afferma che questa conclusione segue da una analisi naturalistica plausibile indipendente dell’atteggiamento mentale di credenza. I Vediamo come funziona l’argomento. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 36 Equivalenza necessaria e implicazione I I I I Una conseguenza della teoria Diciamo che un enunciato S è vero in un contesto c a un mondo w se e solo se il contenuto, o proposizione, espresso da S in c è vero in w . (Questa definizione è neutra rispetto alla natura delle proposizioni). Diciamo che un enunciato A implica un enunciato B in un contesto se e solo se non esiste un mondo tale che A è vero e B è falso in quel mondo in quel contesto. Diciamo che due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un contesto se e solo se in quel contesto A e B sono veri esattamente negli stessi mondi possibili. Diciamo infine che una proposizione p implica una proposizione q se e solo se non esiste un mondo possibile in cui p è vera e q è falsa. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I (c1) se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un contesto, allora, in quel contesto, un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. I 37 Il ragionamento I (1) I I Vediamo perché l’analisi fa questa predizione. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 38 La tesi di Stalnaker Si rammentino i principi (mp) e (id): (mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme dei mondi possibili che rendono l’enunciato vero in quel contesto. (id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono alla denotazione di ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare \asserire\ . . . la proposizione espressa da S in quel contesto: I Una predizione distintiva dell’analisi in termini di mondi possibili degli enunciati che attribuiscono atteggiamenti proposizionali è questa: I (c1) se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un contesto, allora, in quel contesto, un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S. Supponiamo che due enunciati A e B siano necessariamente equivalenti in un contesto. Allora, per definizione, in quel contesto A e B sono veri esattamente negli stessi mondi possibili. Ne segue, dato (mp), che A e B esprimono la stessa proposizione in quel contesto; Dunque, dato (id), ne segue che, in quel contesto, un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno La tesi di Stalnaker è che la conseguenza (c1) dell’approccio dei mondi possibili segue indipendentemente da una teoria naturalistica plausibile dell’atteggiamento mentale di credere: I 39 Vediamo come funziona la teoria del credere proposta da Stalnaker. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 40 Credere come disposizione ad agire I I I Un problema L’analisi di Stalnaker di cosa vuol dire per un agente credere una certa proposizione ha una componente pragmatica e una componente causale. La componente pragmatica della teoria consiste nella tesi che credere sia una disposizione ad agire in un certo modo (la tesi è difesa in Dennett 1971). Più precisamente: I Un problema con la caratterizzazione precedente del credere è che i desideri e le disposizioni ad agire di un parlante sono insufficienti a distinguere tra loro credenze con contenuti diversi. I Il caso di Maria e Fred descritto da Stalnaker illustra il problema. • necessariamente, un agente crede una proposizione p se e solo se 1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera. I Credere che c’è della birra in frigo equivale ad avere la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i propri desideri in un mondo in cui è vero che c’è della birra in frigo e sono vere anche le altre cose che si credono. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 41 La storia di Maria e Fred 42 La morale della storia Mary is angry at Fred, her neighbor. She wants him to suffer, and believes that he will suffer if she plays her cello badly at three o’clock in the morning. So she does play her cello badly at three o’clock in the morning. That, at least, is one hypothesis for explaining why Mary did what she did. Here is another: Mary wants Albert to suffer, and believes that Albert will suffer if she plays her cello at three in the morning. That is why she did what she did. Now one might find the second hypothesis less plausible–even perverse–since Mary has no reason to want Albert to suffer; she has never met or heard of him. And she has no reason to believe that playing her cello badly will cause him to suffer, since he lives 3,000 miles away. Suppose the defender of the perverse hypothesis, when pressed about the implausibilities in his explanation, elaborates his hypothesis by saying that Mary believes Albert, rather than Fred, to be her neighbor, believes that Albert, rather than Fred, insulted her, believes that Albert’s name is Fred. In fact, all the attitudes that a sensible observer would say Mary takes toward Fred, the defender of the perverse hypothesis says that Mary takes toward Albert. The only difference between the two proposals, let us suppose, is that in the perverse hypothesis, Albert is everywhere substituted for Fred. The two hypotheses will, of course, predict exactly the same behavior, but there is also a stronger equivalence between them. Not only do belief and desire interact to produce the same actions, according to the two hypotheses, but also there is an exact correspondence between the beliefs hypothesized and the desires hypothesized by the two competing accounts. So not only are the two accounts equivalent with respect to the behavioral phenomena, they are also equivalent with respect to the mechanisms they postulate to explain the phenomena. The shift from Fred to Albert looks, from the point of view of the pragmatic analysis, like an innocent shift in the conventional units used to describe Mary’s attitudes and relate them to each other, and not a shift in the claims made about the attitudes themselves. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I Il problema sollevato dalla storia di Maria e Fred è che i desideri e le disposizioni ad agire di Maria non sono sufficienti a distinguere le credenze (a) e (b) e dunque non permettono di escludere l’ipotesi perversa in (b): (a) Maria crede che Fred soffre se lei suona il violoncello malamente alle tre del mattino. (b) Maria crede che Albert soffre se lei suona il violoncello malamente alle tre del mattino. I I I I 43 Una via di uscita per distinguere tra le due credenze consiste nel fare riferimento a ciò che causa la credenza di Maria. Se la causa della credenza è che Fred soffre se lei suona il violoncello malamente alle tre del mattino, allora la credenza di Maria è quella in (a). Se la causa della credenza è che Albert soffre se lei suona il violoncello malamente alle tre del mattino, allora la credenza di Maria è quella in (b). Nella storia, la causa della credenza di Maria è chiaramente Fred (Maria non ha mai visto né incontrato Albert), e questo ci permette di escludere l’ipotesi perversa in (b). S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 44 Un primo tentativo Un problema I I Un semplice modo di incorporare una componente causale nella teoria della credenza è questo: 2’. c’è uno stato in cui l’agente è a causa del fatto che si dà il caso che p. I • necessariamente, un agente crede p se e solo se 1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera; 2’. c’è uno stato in cui l’agente è a causa del fatto che si dà il caso che p. I 45 L’analisi causale-pragmatica del credere 46 L’argomento di Stalnaker Possiamo ora formulare l’argomento di Stalnaker che che gli oggetti di credenza non possono essere individuati più finemente degli insiemi di mondi possibili: Premessa uno: L’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta. Premessa due: Se l’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta, allora (i) è vero: La formulazione finale della teoria di Stalnaker è questa: • necessariamente, un agente crede p se e solo se (i) se due enunciati A e B sono veri esattamente negli stessi mondi in un contesto, allora in quel contesto un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. 1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera; 2. c’è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni ottimali e in quello stato, l’agente sarebbe in quello stato a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica p. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno (Le condizioni ottimali devono esser tali che se l’agente fosse in quelle condizioni non avrebbe credenze false). S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I I E chiaro che questo non va: io posso credere p, ad esempio, a causa del fatto che qualcuno mi ha dato l’informazione errata p e io ci ho creduto. Stalnaker propone dunque questa riformulazione: 2. c’è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni ottimali e in quello stato, l’agente sarebbe in quello stato a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica p. I S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Un problema con questa formulazione è che non permette credenze false, dal momento che, in base alla condizione 2’, se l’agente crede p, allora si dà il caso che p: Premessa tre: Se (i) è vero, allora se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un contesto, allora in quel contesto un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. Conclusione: se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un contesto, allora in quel contesto un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. 47 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 48 Validità Giustificazione della prima premessa Premessa uno: L’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta. Giustificazione: L’analisi causale pragmatica spiega la relazione tra credenze, desideri e comportamenti del parlante: I I L’argomento è valido: la conclusione è derivabile dalle premesse per applicazioni successive del modus ponens. I Rimane da stabilire se le premesse sono vere. necessariamente, un agente crede p se e solo se 1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vero; 2. c’è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni ottimali e in quello stato, l’agente sarebbe in quello stato a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica p. Per esempio, se un agente che vuole una birra, crede che ci sia un unico luogo della casa in cui c’è una birra e, per soddisfare il proprio desiderio, si dirige verso il frigo, crede che ci sia della birra in frigo. D’altra parte, un agente che vuole una birra, crede che ci sia un unico luogo della casa in cui c’è una birra e, per soddisfare il proprio desiderio, si dirige verso la cantina e non verso il frigo, non crede che ci sia della birra in frigo. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 49 Giustificazione della seconda premessa 50 Giustificazione della seconda premessa (cont.) Premessa due: Se l’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta, allora (i) è vero: Se l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera, allora, dal momento che p e q sono vere negli stessi mondi, l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui q insieme alle sue altre credenze è vera. (i) se due enunciati A e B sono veri esattamente negli stessi mondi in un contesto, in quel contesto un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. E, per la stessa ragione, se l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui q insieme alle sue altre credenze è vera, allora ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera. Giustificazione: Supponiamo che l’analisi causale-pragmatica sia corretta e che A e B siano due enunciati veri negli stessi mondi nel contesto c. Dunque, la proposizione che A esprime in c è vera negli stessi mondi in cui la proposizione che B esprime in c è vera. Sia p la proposizione che A esprime in c e q la proposizione che B esprime in c. Inoltre, supponiamo che ci sia uno stato s dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni ottimali e in s, allora l’agente sarebbe in s a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica p. Questo equivale a dire che c’è uno stato s dell’agente tale che, nel mondo possibile w più vicino al mondo reale in cui l’agente è in condizioni ottimali e in s, l’agente è in condizioni ottimali e in s a causa del fatto che vale p o qualcosa che implica p. Dal momento che p e q sono vere negli stessi mondi, q è vero in w e p implica q. Dunque, s è anche uno stato dell’agente tale che, nel mondo possibile w più vicino al mondo reale in cui l’agente è in condizioni ottimali e in s, l’agente è in condizioni ottimali e in s a causa del fatto che vale q o vale qualcosa che implica q. Mostriamo ora che, in base all’analisi pragmatica, un agente crede che p sse crede che q. Lo facciamo mostrando che p soddisfa la condizione 1 dell’analisi causale-pragmatica sse q la soddisfa; e p soddisfa la condizione 2 dell’analisi causale-pragmatica sse q la soddisfa. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 51 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 52 Giustificazione della seconda premessa Giustificazione della terza premessa (fine) Supponiamo ora che s sia uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni ottimali e in s, allora l’agente sarebbe in s a causa del fatto che vale q o vale qualcosa che implica q. Con un ragionamento analogo al precedente, possiamo concludere che s è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni ottimali e in s, allora l’agente sarebbe in s a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica p. Premessa tre: Se (i) è vero, allora se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un contesto, allora in quel contesto un enunciato della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo. Dunque, in virtù della teoria pragmatica-causale, un agente crede p se e solo se crede q. Dunque, in virtù di (id), dal momento che p e q sono le proposizioni espresse da A e B in c, px crede che Aq è vero a un mondo in c se e solo se px crede che Bq è vero a quel mondo in c. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Giustificazione: La premessa tre segue dalla premessa due e dalla definizione di equivalenza necessaria tra enunciati. 53 Un inciso sui condizionali I I 54 Argomenti ulteriori Come si può notare, in questa formulazione l’argomento presuppone la teoria dei condizionali di Stalnaker: • un enunciato della forma p Se A, allora Bq è vero se e solo se B è vero nel mondo possibile più simile al mondo reale in cui è vero A. I S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno L’argomento, tuttavia, non dipende da questa particolare teoria dei condizionali: qualsiasi teoria che formuli le condizioni di verità dei condizionali in termini di verità del conseguente in un insieme selezionato di mondi in cui è vero l’antecedente serve allo scopo. I Vediamo ora due argomenti ulteriori presentati da Stalnaker a sostegno della tesi che le proposizioni siano insiemi di mondi possibili: I (Stalnaker presenta anche altri argomenti che non presento qui). • un argomento basato sull’attribuzione di credenze agli animali; • un argomento basato sull’attribuzione di credenze tacite. (Dunque, l’argomento potrebbe essere riformulato sia usando la teoria di Lewis sia usando l’analisi dei condizionali come condizionali stretti). S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 55 S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 56 Attribuzioni di credenze agli animali I Secondo Stalnaker, evidenza indipendente a favore della tesi che le proposizioni sono (funzioni caratteristiche di) insiemi di mondi possibili viene dal problema sollevato dall’attribuzione di credenze agli animali. I La tesi di Stalnaker è che, se gli oggetti di credenza, le proposizioni, sono insiemi di mondi possibili è possibile spiegare come sia possibile fare attribuzioni del genere. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Il fido Fido . . . consider trusty Fido who sees his master bury a meaty bone in the backyard. Fido goes out the door and begins pawing at the very spot where the bone is buried. On the belief-desire account, Fido believes that there is a meaty bone buried in the yard, and wants to get it. . . . [But] it surely cannot be quite right to say that Fido believes there is a meaty bone buried in the yard. After all, Fido does not even have the concept of a bone, much less the concept of a meaty bone or a yard. He may be able to recognize bones tolerably well, provided they are typical examples and presented under conditions that are not too outlandish. But this is hardly enough to establish that he has the concept of a bone, or any belief or desires about bones. For Fido does not, it seems safe to assume, have any beliefs about the origin and general anatomical function of bones. . . Worse yet, Fido does not know the difference between real bones and a variety of actual or imagined ersatz bones (made of realistic looking plastic, perhaps, and partially covered with textured soy protein suitably flavoured). . . . Given Fido’s conceptual and cognitive poverty in matters concerned with bones, it is surely wrong to ascribe to him any beliefs about a bone. Stich (1979) 57 Il dilemma I S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno La soluzione di Stalnaker I Il dilemma sollevato dall’attribuzione di credenze agli animali è questo: • da un lato, pare del tutto naturale spiegare il comportamento di Fido che scava nel punto in cui ha visto il suo padrone seppellire un osso asserendo (12): (12) I I I Se consideriamo le proposizioni come entità linguistiche o complessi strutturati simili a frasi contenuti nella mente, il dilemma pare irrisolvibile. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno Se le proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità, attribuire a Fido la credenza che c’è un osso seppellito in giardino presuppone che Fido abbia qualche meccanismo per distinguere tra possibilità alternative: qualche modo di distinguere, relativamente a un insieme dato di mondi possibili, quelli in cui c’è un osso seppellito in giardino da quelli in cui non c’è. Come fa l’attribuzione (12) a essere vera senza attribuire a Fido la capacità di distinguere casi in cui nel giardino c’è un osso vero da quelli in cui c’è un osso finto realistico? (12) Fido crede che ci sia un osso seppellito in giardino; • tuttavia, come è possibile che (12) sia vero? Fido non possiede il concetto di osso, dal momento che non sa neppure distinguere tra un osso vero e un osso finto, fatto con una plastica che lo fa apparire vero, ricoperto di carne derivata dalla soia. . . I 58 I 59 Fido crede che ci sia un osso seppellito in giardino. Presumibilmente, l’insieme dei mondi possibili necessario per spiegare le disposizioni di Fido è un insieme che contiene un piccolo numero di mondi rilevanti, dal momento che Fido probabilmente non concepisce neppure certe possibilità remote che noi concepiamo (come quella in cui in giardino c’è un osso finto ricoperto di carne di soia). Nel contesto in cui si parla delle disposizioni di Fido, questo insieme di mondi impoverito è il dominio a partire dal quale vengono costruite le proposizioni. La proposizione che la frase “c’è un osso seppellito in giardino” esprime in questo contesto è una funzione da mondi possibili in questo insieme a valori di verità. L’attribuzione (12) in questo contesto presuppone dunque che Fido abbia qualche meccanismo per distinguere relativamente a questo insieme impoverito di mondi possibili quelli in cui c’è un osso seppellito in giardino da quelli in cui non c’è. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 60 Attribuzioni di credenze ai bambini I I (13) I I I La soluzione di Stalnaker L’attribuzione di credenze ai bambini (nel caso che non pensiate che gli animali possano avere credenze) solleva problemi simili a quelli sollevati dall’attribuzione di credenze agli animali. Per riprendere un esempio di Dennett, supponete che un bambino di sei anni ci dica che suo papà è un dottore. È corretto asserire (13)? I I il bambino crede che papà sia un dottore. Da un lato, sembra del tutto naturale spiegare il comportamento del bambino asserendo (13). Tuttavia come è possibile che (13) sia vero? Il bambino sa distinguere un dottore da un pompiere e da un fruttivendolo, ma non sa distinguere un dottore da un ciarlatano senza licenza. Com’è possibile attribuire al bambino la conoscenza del concetto di dottore? Di nuovo, se consideriamo le proposizioni come entità strutturate i cui costituenti sono espressioni linguistiche o complessi strutturati simili a frasi contenuti nella mente, il dilemma pare irrisolvibile. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I (13) 61 Attribuzioni di credenze tacite I 62 Il Big Ben e il lobo sinistro di Frege Secondo Stalnaker, ulteriore evidenza a favore della tesi che le proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità viene dal problema sollevato dall’attribuzione di credenze tacite, ovvero credenze attribuite nonostante che il soggetto che crede non ci abbia mai esplicitamente o consciamente pensato. Come afferma Stich (1982), sarebbe naturale asserire (14) anche se probabilmente Russell non ci ha mai esplicitamente o consciamente pensato: (14) I La tesi di Stalnaker è che, se gli oggetti di credenza, le proposizioni, sono insiemi di mondi possibili è possibile spiegare come sia possibile fare attribuzioni del genere. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno il bambino crede che papà sia un dottore. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno I I Presumibilmente, l’insieme dei mondi possibili necessario per spiegare le disposizioni del bambino è un insieme impoverito di mondi possibili, dal momento che il bambino non concepisce certe possibilità che noi concepiamo (come quella in cui il papà è un ciarlatano che esercita senza licenza). Nel contesto in cui si parla delle disposizioni del bambino, questo insieme di mondi impoverito è il dominio a partire dal quale vengono costruite le proposizioni. La proposizione che la frase “papà è un dottore” esprime in questo contesto è una funzione da mondi possibili in questo insieme a valori di verità. L’attribuzione (13) in questo contesto presuppone dunque che il bambino abbia qualche meccanismo per distinguere relativamente a questo insieme impoverito di mondi possibili quelli in cui suo papà è un dottore da quelli in cui non lo è. 63 Russell credeva che il Big Ben fosse più grande del lobo dell’orecchio sinistro di Frege. Tuttavia, parrebbe che (14) non possa essere letteralmente vero, in quanto se ammettessimo che un soggetto può avere credenze del genere, gli stati di credenza di un soggetto dovrebbero contenere un numero enorme proposizioni, ma nessuno potrebbe immagazzinare nella memoria tutte queste proposizioni. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 64 Una via di uscita I La via d’uscita di Stich consiste nel concedere che (14) non è letteralmente vero, ma nell’osservare che sarebbe stato vero se qualcuno avesse chiesto a Russell se aveva un credenza del genere: (14) I Un’obiezione Russell credeva che il Big Ben fosse più grande del lobo dell’orecchio sinistro di Frege. In altre parole, che il Big Ben fosse più grande del lobo dell’orecchio sinistro di Frege non era una credenza di Russell, ma solo una credenza potenziale di Russell. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 65 La soluzione di Stalnaker I I I I I Se consideriamo le proposizioni come entità strutturate i cui costituenti sono espressioni linguistiche o elementi che corrispondono a espressioni linguistiche, non è chiaro come potremmo rappresentare gli stati di credenza di un soggetto se non come collezioni di proposizioni. Dunque, non è chiaro come possiamo riconoscere le coerenze tacite senza incontrare il problema dello spazio di memoria. Secondo nell’approccio dei mondi possibili, uno stato di credenza può essere rappresentato come un insieme di mondi, l’insieme dei mondi in cui tutto ciò che il soggetto crede è vero. Credere una proposizione p è semplicemente essere in uno stato di credenza che non ha alcun mondo w tale che p (w ) è il falso. Secondo questa idea “negativa”, avere più credenze significa riconoscere meno possibilità: più cose il soggetto crede, meno mondi ci sono nel suo stato di credenza, in quanto credere una nuova proposizione q significa eliminare dallo stato di credenza quei mondi a cui q assegna il falso. Il problema che è impossibile immagazzinare nella memoria tutte le credenze tacite scompare. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 67 I L’obiezione di Stalnaker è che non è plausibile trattare tutte le credenze tacite come credenze solo potenziali, in quanto alcune credenze tacite possono giocare un ruolo psicologico nelle azioni e nel modo di ragionar del soggetto che le ha, anche se egli non ha mai concentrato la sua attenzione su di esse. I Suppongo che Stalnaker abbia in mente esempi di questo genere: è sicuramente una credenza tacita che il naso della vostra amata è più piccolo della torre di Pisa, eppure questa credenza gioca un ruolo nello spiegare le vostre azioni quando vi avvicinate per baciarla. S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno 66