Atteggiamenti proposizionali - Dipartimento di Filosofia

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Atteggiamenti proposizionali - Dipartimento di Filosofia
L’oggetto del corso
Università degli Studi di Milano
Atteggiamenti proposizionali
I
L’oggetto del corso sono gli enunciati che attribuiscono
credenze, conoscenze, desideri, speranze, ecc.:
I
Gli stati in cui un soggetto crede\sa\vuole\spera\asserisce
. . . qualcosa sono detti atteggiamenti proposizionali.
I
In particolare, ci occuperemo delle condizioni di verità degli
enunciati che riportano atteggiamenti proposizionali.
Lezione uno
(1)
Sandro Zucchi
2011-12
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
1
Disclaimer
I
Niente di quello che dirò è originale.
I
Lo scopo del corso non è di presentare la mia analisi della
semantica degli atteggiamenti proposizionali (non ne ho una).
I
Lo scopo del corso è di presentare e discutere le diverse teorie
che sono state proposte al riguardo.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
x crede\sa\vuole\spera\asserisce. . . che S.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
2
Un problema centrale
3
I
La semantica degli enunciati che riportano credenze, e più in
generale degli enunciati che riportano atteggiamenti
proposizionali, ha occupato un ruolo centrale in filosofia del
linguaggio.
I
Perché?
I
Partiamo da un’osservazione di Scott Soames.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
4
Soames su atteggiamenti proposizionali e significato
Ricostruire il ragionamento
Propositional attitudes like knowledge, belief, and assertion play an important
foundational role for semantic theory, the goal of which is to specify the meanings of
sentences and their semantic contents relative to contexts of utterance. Meanings
are plausibly regarded as functions from such contexts to semantic contents, which
in turn are closely related to the assertions made, and the beliefs expressed, by
utterances. For example, the semantic content of I live in New Jersey in a context
C with x as agent and t as time is standardly taken to be the proposition that x lives
in New Jersey at t. To understand the meaning of this sentence is, to a first
approximation, to know that a competent speaker x who sincerely and assertively
utters it in C asserts, and expresses a belief in, this proposition. Roughly put, if p is
the semantic content of S in C, then an assertive utterance of S in C is an assertion
of p, and is standardly taken as indicating the speakers belief in p. . . . A semantic
theory for a language is part of a larger theory that interprets the assertions and
beliefs of its speakers. This, more than any other fact, allows one to subject
semantic theories to empirical test. Competent speakers of a language are relatively
good at identifying the propositions asserted and beliefs expressed by utterances. To
the extent to which assignments of semantic content issued by a semantic theory
lead to verifiably correct characterizations of speakers’ assertions and beliefs, the
semantic theory is confirmed; to the extent to which these assignments lead to
verifiably incorrect characterizations, it is disconfirmed. Soames 2005
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
5
Significati, contesti e contenuti
I
I
I
Nel passo precedente, Soames afferma che le credenze e le
asserzioni dei parlanti impongono un test di adeguatezza sulle
teorie semantiche.
I
Cerchiamo di descrivere in dettaglio come Soames arriva a
questa conclusione e qual è il test che propone.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
(sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in
cui l’enunciato viene proferito, specifica il contenuto (o proposizione)
che l’enunciato esprime in quel contesto.
I
Per esempio, il significato dell’enunciato (2) è una funzione che per
ogni contesto di proferimento specifica il contenuto (o proposizione)
che (2) esprime in quel contesto:
I
Inoltre, Soames ritiene che ci sia una certa relazione tra il
contenuto degli enunciati, le asserzioni e le credenze dei
parlanti.
L’idea di Soames è che il contenuto di un enunciato in un
contesto sia qualcosa che un parlante competente che asserisce
l’enunciato con sincerità crede.
Più precisamente:
• se p è il contenuto che l’enunciato S esprime in un contesto c
(ovvero p la proposizione che S esprime in c), un parlante
competente che asserisce con sincerità l’enunciato S in c crede
p.
Io ho fame
I
Il contenuto (o proposizione) espresso da(2) in un contesto in cui (2)
è proferita da Leo, è il contenuto (o proposizione) che Leo è partito; il
contenuto (o proposizione) espresso dalla frase (2) in un contesto in
cui (2) è proferita da Lea, è il contenuto (o proposizione) che Lea è
partita, ecc.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Asserzioni, credenze e contenuti
Lo scopo delle teorie semantiche per Soames è quello di specificare i
significati delle frasi del linguaggio.
Per Soames (e altri),
(2)
I
I
Per esempio, se Leo asserisce (2) in un contesto, e Leo è
competente e sincero nell’asserire (2), allora Leo crede che Leo
ha fame in quel contesto:
(2)
7
Io ho fame
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Il ragionamento
Un test di adeguatezza
Sulla base delle assunzione precedenti, possiamo ragionare cosı̀:
I
Se una teoria semantica è adeguata, allora se la teoria assegna
un contenuto (o proposizione) p a un enunciato S in un
contesto c, allora S esprime il contenuto (o proposizione) p
nel contesto c.
I
Se p è il contenuto (o proposizione) che un enunciato S
esprime in un contesto c, un parlante competente che
asserisce con sincerità l’enunciato S in c crede p.
I
Dunque, se una teoria semantica è adeguata, allora se la
teoria assegna un contenuto (o proposizione) p a un enunciato
S in un contesto c, un parlante competente che asserisce con
sincerità l’enunciato s in c crede p.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
Dovrebbe esser chiaro ora perché gli atteggiamenti
proposizionali giocano un ruolo fondazionale importante nella
teoria semantica.
I
La relazione tra contenuti semantici delle frasi, asserzioni e
credenze dei parlanti dà luogo al test di adeguatezza seguente
per le teorie semantiche:
• se una teoria semantica specifica il contenuto (o proposizione)
p per un enunciato in un contesto e un parlante competente
che asserisce con sincerità l’enunciato in quel contesto non
crede p, allora la teoria semantica non è adeguata.
9
Teoria semantica e report di atteggiamenti
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Carattere relazionale degli atteggiamenti proposizionali
I
I
Gli atteggiamenti proposizionali dei parlanti sono rilevanti per
la teoria semantica per la ragione che abbiamo detto.
I
Ma l’oggetto del corso non sono gli atteggiamenti
proposizionali in generale, ma gli enunciati che attribuiscono
atteggiamenti proposizionali, cioè gli enunciati della forma:
I
Perché, in particolare, l’analisi di questi enunciati è importante
per la teoria semantica?
(1)
Torniamo all’osservazione di Soames secondo la quale
• se p è il contenuto che l’enunciato S esprime in un contesto c
(ovvero p la proposizione che S esprime in c), un parlante
competente che asserisce con sincerità l’enunciato S in c crede
p.
I
I
x crede\sa\vuole\spera\asserisce. . . che S.
Notate che, secondo questa tesi, gli oggetti delle credenze sono
proposizioni, ovvero oggetti dello stesso tipo di ciò che le frasi
esprimono in un contesto.
Se si è disposti ad accettare questa assunzione,
presumibilmente, si è disposti ad accettare la generalizzazione
seguente:
• in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono a un
individuo la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire
. . . una certa proposizione:
(1)
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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11
x crede\sa\vuole\spera\asserisce. . . che S.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Quale proposizione?
I
I
I
I
I
Il test della sostituzione
Consideriamo ora gli enunciati (3) e (4):
(3)
Leo ha fame
(4)
Lea crede che Leo ha fame
I
(id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo
denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire\ . . . la
proposizione espressa da S in quel contesto:
(1)
Date le assunzioni precedenti, l’enunciato (3) esprime una proposizione in
un contesto, e l’enunciato (4), nello stesso contesto, attribuisce a Leo la
proprietà di credere una certa proposizione.
Quale proposizione (4) afferma che Leo crede?
Presumibilmente, la stessa proposizione espressa da (3), ovvero la
proposizione che Leo ha fame.
Se accettiamo questa risposta, siamo evidentemente disposti ad accettare
la seguente assunzione di identità:
I
I
13
Riassumendo
I
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Proposizioni come insiemi di mondi possibili
I
Riassumiamo dunque le assunzioni principali che sono emerse
nella discussione precedente e il test di adeguatezza che ne
deriva:
I
(sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni
contesto in cui l’enunciato viene proferito, specifica il contenuto
(o proposizione) che l’enunciato esprime in quel contesto;
(id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono
all’individuo denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere
\volere\sperare\asserire\ . . . la proposizione espressa da S in
quel contesto:
(1)
Dunque, l’assunzione (id) introduce questo test di adeguatezza
fondamentale per le teorie semantiche:
(t) se una teoria semantica assegna a due enunciati A e B lo stesso contenuto
(proposizione) in un contesto c, ed è falso che un individuo crede che A in c
sse quell’individuo crede che B in c, allora la teoria semantica è inadeguata.
x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S.
Supponiamo che una teoria semantica assegni a due enunciati A e B lo
stesso contenuto (proposizione) in un contesto c.
In virtù di (id), è chiaro che la teoria fa questa predizione:
• se un individuo crede che A in c, allora quell’individuo crede che B in c, e
viceversa.
I
(id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo
denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire\. . . la
proposizione espressa da S in quel contesto:
(1)
L’accettazione di (id) ha una conseguenza importante:
I
• le proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità (o,
equivalentemente, insiemi di mondi possibili).
I
x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S;
(t) se una teoria semantica assegna a due enunciati A e B lo stesso
contenuto (proposizione) in un contesto c, ed è falso che un
individuo crede che A in c sse quell’individuo crede che B in c,
allora la teoria semantica è inadeguata.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Inizio ora a presentare un approccio alla semantica degli enunciati che
attribuiscono atteggiamenti proposizionali che chiamerò l’approccio
dei mondi possibili.
Questo nome non designa genericamente le analisi che fanno uso dei
mondi possibili nel formulare la semantica degli enunciati che
attribuiscono atteggiamenti proposizionali.
Designa invece le analisi di questi enunciati basate sulle assunzioni
precedenti e sulla tesi seguente:
I
15
In questa forma, l’approccio dei mondi possibili non è stato sostenuto
esplicitamente da nessuno (che io sappia). In semantica formale, è
una sorta di “analisi 0” dalla quale prendere le mosse per formulare
analisi più complesse. La tesi che le proposizioni sono funzioni da
mondi possibili a valori di verità è stata invece sostenuta da diversi
autori tra cui Hintikka (1962, 1969) e Stalnaker (1984).
Vediamo come funziona questo approccio.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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La tesi di Wittgenstein
Significato e condizioni di verità
I
I
Nel Tractatus logico-philosophicus (1921), Wittgenstein
afferma:
Einen Satz verstehen, heisst, wissen was der Fall ist,
wenn er wahr ist. (4.024)
Comprendere un enunciato vuol dire sapere cosa
accade se esso è vero.
I
Conoscere il significato di un enunciato comporta cioè sapere
quali sono le circostanze in cui l’enunciato è vero.
I
Perché Wittgenstein dice questo?
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
(5)
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Un problema
Nella proposizione 4.024 Wittgenstein afferma che conoscere il
significato di un enunciato vuol dire sapere cosa accade se
l’enunciato è vero.
I
Ma, se consideriamo enunciati come (2), si potrebbe obiettare
che questi enunciati non sono di per sé veri o falsi, in quanto
dicono cose diverse in contesti diversi in cui vengono proferiti
(Strawson, ad esempio, la pensava cosı̀):
(2)
La porta è aperta.
I
Supponete che un individuo giudichi vero (5) esattamente nei
casi in cui la porta è chiusa. Ne dedurremmo che egli non
conosce affatto il significato di (5).
I
Supponete invece che un individuo giudichi vero (5)
esattamente nei casi in cui la porta è aperta. Concluderemmo
allora che egli conosce il significato di (5).
I
In questo senso, conoscere il significato di (5) comporta
sapere quali sono le circostanze in cui (5) è vero.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Una riformulazione
I
I
L’idea di Wittgenstein può essere spiegata cosı̀. Considerate
l’enunciato (5):
I
(2)
I
Io ho fame.
Io ho fame.
Se desideriamo riformulare la tesi di Wittgenstein in una
forma sufficientemente generale da rendere conto anche di
enunciati come (2), potremmo dire cosı̀:
• conoscere il significato di un enunciato comporta conoscere per
ogni contesto le circostanze che rendono l’enunciato vero in
quel contesto.
Eppure è chiaro che (2) ha un significato che noi
comprendiamo.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Enunciati come (2) sono veri o falsi solo relativamente a un
contesto di proferimento: in un contesto in cui è proferito da
Leo, (2) è vero se Leo ha fame, in un contesto in cui è
proferito da Lea (2) è vero se Lea ha fame, ecc.:
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S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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L’identificazione
I
Terminologia
Nella discussione precedente abbiamo introdotto questa assunzione:
(sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in cui
l’enunciato viene proferito, specifica la proposizione che l’enunciato esprime in
quel contesto.
I
I
I
Se accettiamo (sf), conoscere il significato di un enunciato equivale a conoscere
per ogni contesto la proposizione che l’enunciato esprime in quel contesto.
Per ragioni indipendenti, abbiamo visto inoltre che conoscere il significato di un
enunciato comporta conoscere per ogni contesto le circostanze che rendono
l’enunciato vero in quel contesto.
Questo suggerisce l’identificazione seguente:
I
(cp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme di circostanze
che rendono l’enunciato vero in quel contesto.
I
I
I
Per esempio, la proposizione espressa da (2) in un contesto in cui l’enunciato è
proferito da Leo è l’insieme delle circostanze in cui Leo ha fame:
(2)
(Questa proposizione è identica a quella espressa da (6) nello stesso contesto:
(6)
Leo ha fame)
21
Il passo dell’identificazione
I
I
È importante sottolineare che l’identificazione non segue necessariamente
da questa motivazione (né i suoi sostenitori affermano che segue in questo
senso).
Dire che conoscere A comporta conoscere B non richiede di identificare A
e B: conoscere la funzione denotata da “+” comporta conoscere il valore
di 2+0. Ma questo non significa che la funzione denotata da “+” sia
identica al valore di 2+0.
Il punto è invece che l’ipotesi che la proposizione espressa da un enunciato
in un contesto sia l’insieme delle circostanze che lo rendono vero in quel
contesto permette di spiegare la relazione tra (a) e (b).
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Dalle circostanze ai mondi
Come abbiamo visto, la motivazione per identificare le proposizioni con
condizioni di verità è data da questi principi:
(a) conoscere il significato di un enunciato S equivale a conoscere per ogni
contesto c il contenuto (o proposizione) che S esprime in c, e
(b) conoscere il significato di un enunciato comporta conoscere per ogni
contesto le circostanze che rendono l’enunciato vero in quel contesto.
I
Useremo queste formulazioni in modo intercambiabile.
Io ho fame.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
La tesi (cp) è espressa a volte nella forma (cv):
(cp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è
l’insieme delle circostanze che rendono l’enunciato vero in quel
contesto.
(cv) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto
consiste nelle sue condizioni di verità in quel contesto.
I
Nell’approccio che stiamo considerando, le circostanze in cui
un enunciato è vero in un contesto sono identificate con i
mondi possibili in cui l’enunciato è vero nel contesto.
I
In questo approccio, dunque, la tesi (cp) viene espressa come
(mp):
(cp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è
l’insieme delle circostanze che rendono l’enunciato vero in quel
contesto.
(mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è
l’insieme dei mondi possibili che rendono l’enunciato vero in
quel contesto.
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I
Ma cosa si intende esattamente per mondo possibile?
I
Leggiamo un passo di D. Lewis (da The plurality of worlds).
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
24
Modi in cui le cose potrebbero essere
Modi in cui le cose potrebbero essere
The world we live in is a very inclusive thing, Every stick and every
stone you have ever seen is part of it. And so are you and l. And so
are the planet Earth, the solar system, the entire Milky Way, the
remote galaxies we see through telescopes, and (if there are such
things) all the bits of empty space between the stars and galaxies.
There is nothing so far away from us as not to be part of our world.
Anything at any distance at all is to be included. Likewise the world
is inclusive in time. No long-gone ancient Romans, no long-gone
pterodactyls, no long-gone primordial clouds of plasma are too far in
the past, nor are the dead dark stars too far in the future, to be part
of this same world. Maybe, as I myself think, the world is a big
physical object; or maybe some parts of it are entelechies or spirits
or auras or deities or other things unknown to physics. But nothing
is so alien in kind as not to be part of our world, provided only that
it does exist at some distance and direction from here, or at some
time before or after or simultaneous with now.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
cont.
The way things are, at its most inclusive, means the way this entire
world is. But things might have been different, in ever so many
ways. This book of mine might have been finished on schedule. Or,
had I not been such a commonsensical chap, I might be defending
not only a plurality of possible worlds, but also a plurality of
impossible worlds, whereof you speak truly by contradicting yourself.
Or I might not have existed at all- neither I myself, nor any
counterpart of me. Or there might never have been any people. Or
the physical constants might have had somewhat different values,
incompatible with the emergence of life. Or there might have been
altogether different laws of nature; and instead of electrons and
quarks, there might have been alien particles, without charge or
mass or spin but with alien physical properties that nothing in this
world shares. There are ever so many ways that a world might be;
and one of these many ways is the way that this world is.
Lewis (1986)
25
Una definizione da manuale
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Quale possibilità?
I
I
Il passo precedente di Lewis suggerisce un’idea dei mondi
possibili che viene espressa cosı̀ nei manuali di metafisica:
I
I
(Lewis, da parte sua, ha un’idea più impegnativa di quello che
sono i mondi possibili: entità concrete dello stesso tipo del
mondo reale. Ma per i nostri scopi una caratterizzazione
meno compromettente è sufficiente).
Soffermiamoci su alcuni aspetti di questa definizione.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
La definizione di mondo possibile fa uso di un predicato modale di possibilità
(“avrebbero potuto essere”):
(dm) un mondo possibile è un modo completo in cui le cose avrebbero potuto essere.
(dm) un mondo possibile è un modo completo in cui le cose
avrebbero potuto essere.
• “A possible world is a complete way things might have been or
a complete way things could have gone.”
G. Forbes (“Possible worlds” entry in Kim et al. 2009, A
Companion to Metaphysics)
I
26
I
27
Espressioni modali di possibilità possono avere sensi diversi in italiano (e in
generale nelle lingue naturali). Per esempio, gli enunciati seguenti sembrano
riferirsi a nozioni diverse di possibilità:
(7)
Leo avrebbe potuto pagare una tariffa scontata. (possibilità deontica)
(8)
La particella non avrebbe potuto superare la velocità di 300.000 Km al
secondo. (possibilità fisica)
(9)
La voce avrebbe potuto essere quella di Leo. (possibilità epistemica)
(10)
Socrate non avrebbe potuto essere un numero primo. (possibilità
metafisica)
(11)
Non avrebbe potuto piovere e non piovere. (possibilità metafisica)
Quale nozione di possibilità è intesa nella definizione?
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Possibilità metafisica
I
I
I
I
Un modo di chiarire il concetto di possibilità metafisica
. . . la possibilità metafisica è un concetto ordinario, come la verità. È la nozione di
possibilità più ampia (o più inclusiva) di cui facciamo uso quando pensiamo a come il
mondo avrebbe potuto essere. [. . . ] La nozione metafisica di possibilità può essere
chiarita nel modo seguente. Immaginate che Dio esista davvero e che, come è concepito
tradizionalmente, sia onnipotente. Questo vuol dire che egli può far sı̀ che si dia qualsiasi
situazione possibile. Può far sı̀ che una vacca color porpora compaia improvvisamente
nell’Ufficio Ovale della Casa Bianca. Ma non può far sı̀ che una vacca sia tutta di color
porpora e tutta di color verde. Egli può far sı̀ che tutta la materia fisica o qualsiasi
frammento di materia fisica cessi di esistere istantaneamente. Ma non può far sı̀ che uno
specifico frammento di materia sia interamente collocato in posti diversi nello stesso
tempo. Può creare un duplicato perfetto del nostro intero sistema solare, fino a ogni
particella subatomica, in qualche parte dello spazio profondo, o anche in qualche regione
spazio-temporale non connessa. Ma non può far sı̀ che il vostro duplicato in quel sistema
solare sia voi.
La nozione rilevante per la nozione di mondo possibile è quella
di possibilità metafisica (o nei termini di Plantinga (1974
possibilità logica ampia).
La possibilità metafisica è la nozione di possibilità più ampia
che noi usiamo. Non possiamo definirla, ma, come dice
Plantinga, possiamo dare degli esempi e sperare per il meglio.
Stati di cose contraddittori in cui un oggetto gode e non gode
della stessa proprietà non sono metafisicamente possibili.
Stati di cose che violano le leggi logiche (logica proposizionale
e logica del primo ordine) non sono metafisicamente possibili.
Stati di cose in cui Socrate è un numero primo, qualcuno è
più alto di sé stesso, rosso non è un colore, qualcosa è rosso e
non colorato, e in cui qualcuno non è identico a sé stesso non
sono metafisicamente possibili.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Il semplice fatto che possiamo concepire che Dio potrebbe, se decidesse, produrre questi
stati di cose straordinari mostra che li pensiamo già come possibili, nel senso appropriato.
Dunque la loro possibilità non dipende in realtà dall’esistenza di Dio, né dal fatto che una
tale possibilità sia mai reale. Questo concetto familiare di possibilità è quello metafisico
che stiamo cercando. Naturalmente, come per qualsiasi concetto filosofico ordinario, la
nostra comprensione del concetto non è cosı̀ certa da escludere il disaccordo su casi
specifici. (Jubien 1997)
29
Completezza
I
L’altra caratteristica dei mondi possibili che è rilevante per la
nostra discussione è la completezza.
I
Questa è la proprietà cui allude Lewis quando dice che il
mondo in cui viviamo è una cosa assai inclusiva sia per quanto
riguarda lo spazio che per quanto riguarda il tempo.
I
Possiamo illustrare in cosa consiste questa proprietà
confrontando i mondi possibili con la nozione di situazione
possibile.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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Situazioni possibili e mondi possibili
Often when we consider (say) a proposed course of action, we imagine
two possible situations: one in which the action is done and one in
which it isn’t. This sort of mental activity often helps us to decide
what to do. But the possible situations we think about in everyday life
are usually very local and limited in what they include. Possible worlds
are not. They are like everyday possible situations except for the
crucial fact that they are global and “complete”. So when you think
about the possible situation in which you go to the movies tonight,
you aren’t imagining an entire possible world. A possible world must
not only include whether you exists and go to the movies tonight, but
also exactly how much you weigh, where you were born, the precise
populate of Madrid, exactly how many grains of sands there are in
Florida at every specific instant of time, how many carbon atoms there
are in the universe, and so on. Since the world could be different in
countless ways that have nothing to do with whether you go to the
movies, there are countless different worlds in which you do go and
countless different worlds in which you don’t go.
Jubien (1997).
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S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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L’approccio dei mondi possibili
Formulazioni equivalenti
Ora che abbiamo chiarito questi aspetti della nozione di mondo possibile,
possiamo formulare cosı̀ l’approccio dei mondi possibili agli enunciati che
attribuiscono atteggiamenti proposizionali (dove (sf) e (id) sono condivise
anche da altre teorie semantiche, mentre le assunzioni (mp) e (dm) sono
distintive di questo approccio):
I
I
(sf) il significato di un enunciato è una funzione che, per ogni contesto in cui
l’enunciato viene proferito, specifica il contenuto (o proposizione) che
l’enunciato esprime in quel contesto;
(id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono all’individuo
denotato da ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare\asserire\. . . la
proposizione espressa da S in quel contesto:
(1)
(mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è una
funzione da mondi possibili a valori di verità: la funzione che
assegna il vero ai mondi in cui l’enunciato vero in quel
contesto e il falso agli altri mondi;
(mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è la
funzione caratteristica dell’insieme dei mondi possibili in cui
l’enunciato è vero.
(mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è
l’insieme dei mondi possibili in cui l’enunciato è vero.
x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S;
(mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è una funzione da
mondi possibili a valori di verità: la funzione che assegna il vero ai mondi in
cui l’enunciato vero in quel contesto e il falso agli altri mondi;
(dm) un mondo possibile è un modo completo in cui le cose avrebbero potuto
essere (nel senso della possibilità metafisica).
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
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A sostegno
I
L’analisi in termini di mondi possibili degli enunciati che
attribuiscono atteggiamenti proposizionali va incontro a seri
problemi.
I
Prima di presentare questi problemi, analizzeremo le ragioni
che sono state addotte a sostegno di questa analisi.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Per comodità, invece di formulare il principio (mp) come nella
slide precedente, uso a volte delle formulazioni equivalenti più
brevi. Per amore di oscurità, le chiamo tutte (mp):
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
34
La granularità degli oggetti di credenza
35
I
Stalnaker (1984) dà un argomento a favore della tesi che gli
oggetti di credenza non possono essere individuati più
finemente degli insiemi di mondi possibili.
I
In particolare, Stalnaker afferma che questa conclusione segue
da una analisi naturalistica plausibile indipendente
dell’atteggiamento mentale di credenza.
I
Vediamo come funziona l’argomento.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
36
Equivalenza necessaria e implicazione
I
I
I
I
Una conseguenza della teoria
Diciamo che un enunciato S è vero in un contesto c a un
mondo w se e solo se il contenuto, o proposizione, espresso da
S in c è vero in w .
(Questa definizione è neutra rispetto alla natura delle
proposizioni).
Diciamo che un enunciato A implica un enunciato B in un
contesto se e solo se non esiste un mondo tale che A è vero e
B è falso in quel mondo in quel contesto.
Diciamo che due enunciati A e B sono necessariamente
equivalenti in un contesto se e solo se in quel contesto A e B
sono veri esattamente negli stessi mondi possibili.
Diciamo infine che una proposizione p implica una
proposizione q se e solo se non esiste un mondo possibile in
cui p è vera e q è falsa.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
(c1) se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un
contesto, allora, in quel contesto, un enunciato della forma px
crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è
vero a quel mondo.
I
37
Il ragionamento
I
(1)
I
I
Vediamo perché l’analisi fa questa predizione.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
38
La tesi di Stalnaker
Si rammentino i principi (mp) e (id):
(mp) la proposizione espressa da un enunciato in un contesto è l’insieme dei
mondi possibili che rendono l’enunciato vero in quel contesto.
(id) in un contesto, enunciati della forma in (1) attribuiscono alla
denotazione di ’x’ la proprietà di credere\sapere\volere\sperare
\asserire\ . . . la proposizione espressa da S in quel contesto:
I
Una predizione distintiva dell’analisi in termini di mondi
possibili degli enunciati che attribuiscono atteggiamenti
proposizionali è questa:
I
(c1) se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti in un
contesto, allora, in quel contesto, un enunciato della forma px
crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è
vero a quel mondo.
x crede\sa\vuole\spera\asserisce\. . . che S.
Supponiamo che due enunciati A e B siano necessariamente
equivalenti in un contesto. Allora, per definizione, in quel contesto A
e B sono veri esattamente negli stessi mondi possibili.
Ne segue, dato (mp), che A e B esprimono la stessa proposizione in
quel contesto;
Dunque, dato (id), ne segue che, in quel contesto, un enunciato della
forma px crede che Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che
Bq è vero a quel mondo.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
La tesi di Stalnaker è che la conseguenza (c1) dell’approccio
dei mondi possibili segue indipendentemente da una teoria
naturalistica plausibile dell’atteggiamento mentale di credere:
I
39
Vediamo come funziona la teoria del credere proposta da
Stalnaker.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
40
Credere come disposizione ad agire
I
I
I
Un problema
L’analisi di Stalnaker di cosa vuol dire per un agente credere una
certa proposizione ha una componente pragmatica e una componente
causale.
La componente pragmatica della teoria consiste nella tesi che credere
sia una disposizione ad agire in un certo modo (la tesi è difesa in
Dennett 1971).
Più precisamente:
I
Un problema con la caratterizzazione precedente del credere è
che i desideri e le disposizioni ad agire di un parlante sono
insufficienti a distinguere tra loro credenze con contenuti
diversi.
I
Il caso di Maria e Fred descritto da Stalnaker illustra il
problema.
• necessariamente, un agente crede una proposizione p se e solo se
1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a
soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre
credenze è vera.
I
Credere che c’è della birra in frigo equivale ad avere la disposizione ad
agire in modi che tenderebbero a soddisfare i propri desideri in un
mondo in cui è vero che c’è della birra in frigo e sono vere anche le
altre cose che si credono.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
41
La storia di Maria e Fred
42
La morale della storia
Mary is angry at Fred, her neighbor. She wants him to suffer, and believes that he will suffer if
she plays her cello badly at three o’clock in the morning. So she does play her cello badly at
three o’clock in the morning. That, at least, is one hypothesis for explaining why Mary did what
she did. Here is another: Mary wants Albert to suffer, and believes that Albert will suffer if she
plays her cello at three in the morning. That is why she did what she did. Now one might find
the second hypothesis less plausible–even perverse–since Mary has no reason to want Albert to
suffer; she has never met or heard of him. And she has no reason to believe that playing her
cello badly will cause him to suffer, since he lives 3,000 miles away. Suppose the defender of the
perverse hypothesis, when pressed about the implausibilities in his explanation, elaborates his
hypothesis by saying that Mary believes Albert, rather than Fred, to be her neighbor, believes
that Albert, rather than Fred, insulted her, believes that Albert’s name is Fred. In fact, all the
attitudes that a sensible observer would say Mary takes toward Fred, the defender of the
perverse hypothesis says that Mary takes toward Albert. The only difference between the two
proposals, let us suppose, is that in the perverse hypothesis, Albert is everywhere substituted for
Fred. The two hypotheses will, of course, predict exactly the same behavior, but there is also a
stronger equivalence between them. Not only do belief and desire interact to produce the same
actions, according to the two hypotheses, but also there is an exact correspondence between the
beliefs hypothesized and the desires hypothesized by the two competing accounts. So not only
are the two accounts equivalent with respect to the behavioral phenomena, they are also
equivalent with respect to the mechanisms they postulate to explain the phenomena. The shift
from Fred to Albert looks, from the point of view of the pragmatic analysis, like an innocent
shift in the conventional units used to describe Mary’s attitudes and relate them to each other,
and not a shift in the claims made about the attitudes themselves.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
Il problema sollevato dalla storia di Maria e Fred è che i desideri e le
disposizioni ad agire di Maria non sono sufficienti a distinguere le
credenze (a) e (b) e dunque non permettono di escludere l’ipotesi
perversa in (b):
(a) Maria crede che Fred soffre se lei suona il violoncello malamente alle
tre del mattino.
(b) Maria crede che Albert soffre se lei suona il violoncello malamente alle
tre del mattino.
I
I
I
I
43
Una via di uscita per distinguere tra le due credenze consiste nel fare
riferimento a ciò che causa la credenza di Maria.
Se la causa della credenza è che Fred soffre se lei suona il violoncello
malamente alle tre del mattino, allora la credenza di Maria è quella in
(a).
Se la causa della credenza è che Albert soffre se lei suona il
violoncello malamente alle tre del mattino, allora la credenza di Maria
è quella in (b).
Nella storia, la causa della credenza di Maria è chiaramente Fred
(Maria non ha mai visto né incontrato Albert), e questo ci permette
di escludere l’ipotesi perversa in (b).
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
44
Un primo tentativo
Un problema
I
I
Un semplice modo di incorporare una componente causale
nella teoria della credenza è questo:
2’. c’è uno stato in cui l’agente è a causa del fatto che si dà il
caso che p.
I
• necessariamente, un agente crede p se e solo se
1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero
a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle
sue altre credenze è vera;
2’. c’è uno stato in cui l’agente è a causa del fatto che si dà il
caso che p.
I
45
L’analisi causale-pragmatica del credere
46
L’argomento di Stalnaker
Possiamo ora formulare l’argomento di Stalnaker che che gli oggetti
di credenza non possono essere individuati più finemente degli insiemi
di mondi possibili:
Premessa uno: L’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta.
Premessa due: Se l’analisi causale-pragmatica della credenza è
corretta, allora (i) è vero:
La formulazione finale della teoria di Stalnaker è questa:
• necessariamente, un agente crede p se e solo se
(i) se due enunciati A e B sono veri esattamente negli stessi
mondi in un contesto, allora in quel contesto un
enunciato della forma px crede che Aq è vero a un
mondo se e solo se px crede che Bq è vero a quel
mondo.
1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero
a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle
sue altre credenze è vera;
2. c’è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in
condizioni ottimali e in quello stato, l’agente sarebbe in quello
stato a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica
p.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
(Le condizioni ottimali devono esser tali che se l’agente fosse
in quelle condizioni non avrebbe credenze false).
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
I
E chiaro che questo non va: io posso credere p, ad esempio, a
causa del fatto che qualcuno mi ha dato l’informazione errata
p e io ci ho creduto.
Stalnaker propone dunque questa riformulazione:
2. c’è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in
condizioni ottimali e in quello stato, l’agente sarebbe in quello
stato a causa del fatto che vale p o vale qualcosa che implica
p.
I
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Un problema con questa formulazione è che non permette
credenze false, dal momento che, in base alla condizione 2’, se
l’agente crede p, allora si dà il caso che p:
Premessa tre: Se (i) è vero, allora se due enunciati A e B sono
necessariamente equivalenti in un contesto, allora in
quel contesto un enunciato della forma px crede che Aq
è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è vero a
quel mondo.
Conclusione: se due enunciati A e B sono necessariamente equivalenti
in un contesto, allora in quel contesto un enunciato
della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e
solo se px crede che Bq è vero a quel mondo.
47
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
48
Validità
Giustificazione della prima premessa
Premessa uno: L’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta.
Giustificazione: L’analisi causale pragmatica spiega la relazione tra credenze,
desideri e comportamenti del parlante:
I
I
L’argomento è valido: la conclusione è derivabile dalle
premesse per applicazioni successive del modus ponens.
I
Rimane da stabilire se le premesse sono vere.
necessariamente, un agente crede p se e solo se
1. l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a
soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui p insieme alle sue
altre credenze è vero;
2. c’è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in condizioni
ottimali e in quello stato, l’agente sarebbe in quello stato a causa
del fatto che vale p o vale qualcosa che implica p.
Per esempio, se un agente che vuole una birra, crede che ci sia un
unico luogo della casa in cui c’è una birra e, per soddisfare il proprio
desiderio, si dirige verso il frigo, crede che ci sia della birra in frigo.
D’altra parte, un agente che vuole una birra, crede che ci sia un unico
luogo della casa in cui c’è una birra e, per soddisfare il proprio
desiderio, si dirige verso la cantina e non verso il frigo, non crede che
ci sia della birra in frigo.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
49
Giustificazione della seconda premessa
50
Giustificazione della seconda premessa
(cont.)
Premessa due: Se l’analisi causale-pragmatica della credenza è corretta,
allora (i) è vero:
Se l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi
desideri in un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera, allora, dal momento
che p e q sono vere negli stessi mondi, l’agente ha la disposizione ad agire in modi che
tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui q insieme alle sue altre
credenze è vera.
(i) se due enunciati A e B sono veri esattamente negli stessi
mondi in un contesto, in quel contesto un enunciato
della forma px crede che Aq è vero a un mondo se e
solo se px crede che Bq è vero a quel mondo.
E, per la stessa ragione, se l’agente ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero
a soddisfare i suoi desideri in un mondo in cui q insieme alle sue altre credenze è vera,
allora ha la disposizione ad agire in modi che tenderebbero a soddisfare i suoi desideri in
un mondo in cui p insieme alle sue altre credenze è vera.
Giustificazione: Supponiamo che l’analisi causale-pragmatica sia corretta e
che A e B siano due enunciati veri negli stessi mondi nel
contesto c. Dunque, la proposizione che A esprime in c è
vera negli stessi mondi in cui la proposizione che B esprime
in c è vera. Sia p la proposizione che A esprime in c e q la
proposizione che B esprime in c.
Inoltre, supponiamo che ci sia uno stato s dell’agente tale che, se l’agente fosse in
condizioni ottimali e in s, allora l’agente sarebbe in s a causa del fatto che vale p o vale
qualcosa che implica p. Questo equivale a dire che c’è uno stato s dell’agente tale che,
nel mondo possibile w più vicino al mondo reale in cui l’agente è in condizioni ottimali e
in s, l’agente è in condizioni ottimali e in s a causa del fatto che vale p o qualcosa che
implica p. Dal momento che p e q sono vere negli stessi mondi, q è vero in w e p
implica q. Dunque, s è anche uno stato dell’agente tale che, nel mondo possibile w più
vicino al mondo reale in cui l’agente è in condizioni ottimali e in s, l’agente è in
condizioni ottimali e in s a causa del fatto che vale q o vale qualcosa che implica q.
Mostriamo ora che, in base all’analisi pragmatica, un agente
crede che p sse crede che q. Lo facciamo mostrando che p
soddisfa la condizione 1 dell’analisi causale-pragmatica sse q
la soddisfa; e p soddisfa la condizione 2 dell’analisi
causale-pragmatica sse q la soddisfa.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
51
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
52
Giustificazione della seconda premessa
Giustificazione della terza premessa
(fine)
Supponiamo ora che s sia uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in
condizioni ottimali e in s, allora l’agente sarebbe in s a causa del fatto che vale
q o vale qualcosa che implica q. Con un ragionamento analogo al precedente,
possiamo concludere che s è uno stato dell’agente tale che, se l’agente fosse in
condizioni ottimali e in s, allora l’agente sarebbe in s a causa del fatto che vale
p o vale qualcosa che implica p.
Premessa tre: Se (i) è vero, allora se due enunciati A e B sono
necessariamente equivalenti in un contesto, allora in
quel contesto un enunciato della forma px crede che
Aq è vero a un mondo se e solo se px crede che Bq è
vero a quel mondo.
Dunque, in virtù della teoria pragmatica-causale, un agente crede p se e solo se
crede q. Dunque, in virtù di (id), dal momento che p e q sono le proposizioni
espresse da A e B in c, px crede che Aq è vero a un mondo in c se e solo se px
crede che Bq è vero a quel mondo in c.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Giustificazione: La premessa tre segue dalla premessa due e dalla
definizione di equivalenza necessaria tra enunciati.
53
Un inciso sui condizionali
I
I
54
Argomenti ulteriori
Come si può notare, in questa formulazione l’argomento
presuppone la teoria dei condizionali di Stalnaker:
• un enunciato della forma p Se A, allora Bq è vero se e solo se
B è vero nel mondo possibile più simile al mondo reale in cui è
vero A.
I
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
L’argomento, tuttavia, non dipende da questa particolare
teoria dei condizionali: qualsiasi teoria che formuli le
condizioni di verità dei condizionali in termini di verità del
conseguente in un insieme selezionato di mondi in cui è vero
l’antecedente serve allo scopo.
I
Vediamo ora due argomenti ulteriori presentati da Stalnaker a
sostegno della tesi che le proposizioni siano insiemi di mondi
possibili:
I
(Stalnaker presenta anche altri argomenti che non presento
qui).
• un argomento basato sull’attribuzione di credenze agli animali;
• un argomento basato sull’attribuzione di credenze tacite.
(Dunque, l’argomento potrebbe essere riformulato sia usando
la teoria di Lewis sia usando l’analisi dei condizionali come
condizionali stretti).
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
55
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
56
Attribuzioni di credenze agli animali
I
Secondo Stalnaker, evidenza indipendente a favore della tesi
che le proposizioni sono (funzioni caratteristiche di) insiemi di
mondi possibili viene dal problema sollevato dall’attribuzione
di credenze agli animali.
I
La tesi di Stalnaker è che, se gli oggetti di credenza, le
proposizioni, sono insiemi di mondi possibili è possibile
spiegare come sia possibile fare attribuzioni del genere.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Il fido Fido
. . . consider trusty Fido who sees his master bury a meaty bone in the
backyard. Fido goes out the door and begins pawing at the very spot
where the bone is buried. On the belief-desire account, Fido believes that
there is a meaty bone buried in the yard, and wants to get it. . . . [But] it
surely cannot be quite right to say that Fido believes there is a meaty
bone buried in the yard. After all, Fido does not even have the concept of
a bone, much less the concept of a meaty bone or a yard. He may be able
to recognize bones tolerably well, provided they are typical examples and
presented under conditions that are not too outlandish. But this is hardly
enough to establish that he has the concept of a bone, or any belief or
desires about bones. For Fido does not, it seems safe to assume, have any
beliefs about the origin and general anatomical function of bones. . . Worse
yet, Fido does not know the difference between real bones and a variety of
actual or imagined ersatz bones (made of realistic looking plastic, perhaps,
and partially covered with textured soy protein suitably flavoured).
. . . Given Fido’s conceptual and cognitive poverty in matters concerned
with bones, it is surely wrong to ascribe to him any beliefs about a bone.
Stich (1979)
57
Il dilemma
I
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
La soluzione di Stalnaker
I
Il dilemma sollevato dall’attribuzione di credenze agli animali è
questo:
• da un lato, pare del tutto naturale spiegare il comportamento di
Fido che scava nel punto in cui ha visto il suo padrone seppellire
un osso asserendo (12):
(12)
I
I
I
Se consideriamo le proposizioni come entità linguistiche o
complessi strutturati simili a frasi contenuti nella mente, il
dilemma pare irrisolvibile.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
Se le proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità, attribuire a Fido la
credenza che c’è un osso seppellito in giardino presuppone che Fido abbia qualche
meccanismo per distinguere tra possibilità alternative: qualche modo di distinguere,
relativamente a un insieme dato di mondi possibili, quelli in cui c’è un osso seppellito in
giardino da quelli in cui non c’è.
Come fa l’attribuzione (12) a essere vera senza attribuire a Fido la capacità di distinguere
casi in cui nel giardino c’è un osso vero da quelli in cui c’è un osso finto realistico?
(12)
Fido crede che ci sia un osso seppellito in giardino;
• tuttavia, come è possibile che (12) sia vero? Fido non possiede il
concetto di osso, dal momento che non sa neppure distinguere
tra un osso vero e un osso finto, fatto con una plastica che lo fa
apparire vero, ricoperto di carne derivata dalla soia. . .
I
58
I
59
Fido crede che ci sia un osso seppellito in giardino.
Presumibilmente, l’insieme dei mondi possibili necessario per spiegare le disposizioni di
Fido è un insieme che contiene un piccolo numero di mondi rilevanti, dal momento che
Fido probabilmente non concepisce neppure certe possibilità remote che noi concepiamo
(come quella in cui in giardino c’è un osso finto ricoperto di carne di soia).
Nel contesto in cui si parla delle disposizioni di Fido, questo insieme di mondi impoverito
è il dominio a partire dal quale vengono costruite le proposizioni. La proposizione che la
frase “c’è un osso seppellito in giardino” esprime in questo contesto è una funzione da
mondi possibili in questo insieme a valori di verità.
L’attribuzione (12) in questo contesto presuppone dunque che Fido abbia qualche
meccanismo per distinguere relativamente a questo insieme impoverito di mondi possibili
quelli in cui c’è un osso seppellito in giardino da quelli in cui non c’è.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
60
Attribuzioni di credenze ai bambini
I
I
(13)
I
I
I
La soluzione di Stalnaker
L’attribuzione di credenze ai bambini (nel caso che non pensiate che
gli animali possano avere credenze) solleva problemi simili a quelli
sollevati dall’attribuzione di credenze agli animali.
Per riprendere un esempio di Dennett, supponete che un bambino di
sei anni ci dica che suo papà è un dottore. È corretto asserire (13)?
I
I
il bambino crede che papà sia un dottore.
Da un lato, sembra del tutto naturale spiegare il comportamento del
bambino asserendo (13).
Tuttavia come è possibile che (13) sia vero? Il bambino sa distinguere
un dottore da un pompiere e da un fruttivendolo, ma non sa
distinguere un dottore da un ciarlatano senza licenza. Com’è possibile
attribuire al bambino la conoscenza del concetto di dottore?
Di nuovo, se consideriamo le proposizioni come entità strutturate i cui
costituenti sono espressioni linguistiche o complessi strutturati simili a
frasi contenuti nella mente, il dilemma pare irrisolvibile.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
(13)
61
Attribuzioni di credenze tacite
I
62
Il Big Ben e il lobo sinistro di Frege
Secondo Stalnaker, ulteriore evidenza a favore della tesi che le
proposizioni sono funzioni da mondi possibili a valori di verità
viene dal problema sollevato dall’attribuzione di credenze
tacite, ovvero credenze attribuite nonostante che il soggetto
che crede non ci abbia mai esplicitamente o consciamente
pensato.
Come afferma Stich (1982), sarebbe naturale asserire (14)
anche se probabilmente Russell non ci ha mai esplicitamente o
consciamente pensato:
(14)
I
La tesi di Stalnaker è che, se gli oggetti di credenza, le
proposizioni, sono insiemi di mondi possibili è possibile
spiegare come sia possibile fare attribuzioni del genere.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
il bambino crede che papà sia un dottore.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
I
I
Presumibilmente, l’insieme dei mondi possibili necessario per
spiegare le disposizioni del bambino è un insieme impoverito di
mondi possibili, dal momento che il bambino non concepisce
certe possibilità che noi concepiamo (come quella in cui il papà
è un ciarlatano che esercita senza licenza).
Nel contesto in cui si parla delle disposizioni del bambino,
questo insieme di mondi impoverito è il dominio a partire dal
quale vengono costruite le proposizioni. La proposizione che la
frase “papà è un dottore” esprime in questo contesto è una
funzione da mondi possibili in questo insieme a valori di verità.
L’attribuzione (13) in questo contesto presuppone dunque che il
bambino abbia qualche meccanismo per distinguere
relativamente a questo insieme impoverito di mondi possibili
quelli in cui suo papà è un dottore da quelli in cui non lo è.
63
Russell credeva che il Big Ben fosse più grande del
lobo dell’orecchio sinistro di Frege.
Tuttavia, parrebbe che (14) non possa essere letteralmente
vero, in quanto se ammettessimo che un soggetto può avere
credenze del genere, gli stati di credenza di un soggetto
dovrebbero contenere un numero enorme proposizioni, ma
nessuno potrebbe immagazzinare nella memoria tutte queste
proposizioni.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
64
Una via di uscita
I
La via d’uscita di Stich consiste nel concedere che (14) non è
letteralmente vero, ma nell’osservare che sarebbe stato vero se
qualcuno avesse chiesto a Russell se aveva un credenza del
genere:
(14)
I
Un’obiezione
Russell credeva che il Big Ben fosse più grande del
lobo dell’orecchio sinistro di Frege.
In altre parole, che il Big Ben fosse più grande del lobo
dell’orecchio sinistro di Frege non era una credenza di Russell,
ma solo una credenza potenziale di Russell.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
65
La soluzione di Stalnaker
I
I
I
I
I
Se consideriamo le proposizioni come entità strutturate i cui costituenti
sono espressioni linguistiche o elementi che corrispondono a espressioni
linguistiche, non è chiaro come potremmo rappresentare gli stati di
credenza di un soggetto se non come collezioni di proposizioni. Dunque,
non è chiaro come possiamo riconoscere le coerenze tacite senza
incontrare il problema dello spazio di memoria.
Secondo nell’approccio dei mondi possibili, uno stato di credenza può
essere rappresentato come un insieme di mondi, l’insieme dei mondi in cui
tutto ciò che il soggetto crede è vero.
Credere una proposizione p è semplicemente essere in uno stato di
credenza che non ha alcun mondo w tale che p (w ) è il falso.
Secondo questa idea “negativa”, avere più credenze significa riconoscere
meno possibilità: più cose il soggetto crede, meno mondi ci sono nel suo
stato di credenza, in quanto credere una nuova proposizione q significa
eliminare dallo stato di credenza quei mondi a cui q assegna il falso.
Il problema che è impossibile immagazzinare nella memoria tutte le
credenze tacite scompare.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
67
I
L’obiezione di Stalnaker è che non è plausibile trattare tutte le
credenze tacite come credenze solo potenziali, in quanto
alcune credenze tacite possono giocare un ruolo psicologico
nelle azioni e nel modo di ragionar del soggetto che le ha,
anche se egli non ha mai concentrato la sua attenzione su di
esse.
I
Suppongo che Stalnaker abbia in mente esempi di questo
genere: è sicuramente una credenza tacita che il naso della
vostra amata è più piccolo della torre di Pisa, eppure questa
credenza gioca un ruolo nello spiegare le vostre azioni quando
vi avvicinate per baciarla.
S. Zucchi: Atteggiamenti proposizionali – Lezione uno
66