Una società sempre più digitale Caterina Cangià

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Una società sempre più digitale Caterina Cangià
Una società sempre più digitale
Caterina Cangià
Spiccioli di statistica
Non solo teenagers. Sempre più diffuso è l’uso delle nuove tecnologie da parte dei bambini, anche
piccolissimi. Tale dilagante e capillare ondata di digitale richiede agli adulti significativi di
interrogarsi e di riorganizzare il proprio intervento educativo. Dal 9° Rapporto Nazionale sulla
Condizione dell’infanzia e dell’adolescenza pubblicato dall’Eurispes e da Telefono Azzurro (2008),
emerge che il 73,4% dei bambini dichiara di possedere un computer. Il 60,6% del campione
intervistato ha rivelato di avere in casa una console portatile/videogioco. Il 58,6% ha un cellulare, il
56,3% ha l’accesso a Internet e il 56,2% dispone di un lettore di musica Mp3. Spiccioli di statistica,
quelli appena offerti, che danno un’idea della portata del fenomeno “nuove tecnologie”. Sono i
genitori a possederle, nella maggior parte dei casi, ma questo non significa che il bambino non
abbia modo di accedervi, anche se in maniera controllata. Il fenomeno non riguarda solo l’età della
scuola primaria: l’esposizione alle nuove tecnologie inizia, infatti, ancor prima dell’età scolare. Dal
telefonino regalato dai nonni, magari. Oppure dal giochino che il papà ha scaricato da Internet.
Viviamo in un’era che trasuda digitale da tutti i pori: non possiamo fare a meno di incapparci e non
possiamo ignorare il gusto e l’attrazione che scatena nei giovanissimi. Ai grandi – che non sono
comunque immuni dal fascino del click – resta l’arduo compito di indirizzare i piccoli verso un uso
consapevole dei mezzi tecnologici. La prima a essere chiamata in causa è proprio la scuola, poiché
essa è la regista principale della formazione delle giovani generazioni. Aggiungiamo un posto a
tavola per i new media: inglobiamoli nella didattica! Da che età? Sin dalla scuola dell’infanzia,
perché è da questi precoci anni che inizia la fruizione della tecnologia. Questo il focus dell’inserto,
volto a valorizzare il potenziale didattico-educativo degli strumenti elettronici. Questi ultimi hanno
insita in loro una enorme potenzialità che gli educatori possono mettere a servizio della scuola
dell’infanzia. Duplice la ricaduta: un apprendimento più efficace e una formazione al corretto uso
delle tecnologie fin da piccolissimi. Vediamo come.
Capire la rivoluzione digitale
Il primo passo è sempre l’informazione. L’avvento del digitale ha portato cambiamenti epocali nel
quotidiano dei cittadini di tutto il mondo, soprattutto quello occidentale. Già nel 1995 Negroponte,
in un’intervista rilasciata a “MediaMente” descrive la rivoluzione digitale facendo riferimento agli
atomi e ai bit. Immaginiamo di prendere in prestito un libro in una biblioteca pubblica, che si basa
sugli atomi. Una volta che noi siamo a casa a leggerlo la biblioteca rimane sprovvista di quel
volume. Quando noi lo riporteremo, qualcun altro lo prenderà e così via. Il numero di individui che
potrà leggere il libro sarà limitato, perché ognuno lo terrà per sé almeno per qualche giorno. In una
biblioteca digitale l’atomo muta in bit. Ecco la magia che rende il volume sempre reperibile!
Quando “prendo” il bit in prestito un altro rimane sempre al suo posto e milioni di persone in tutto il
mondo possono accedervi simultaneamente. Le potenzialità della Rete sono immense e alla portata
di un’utenza vastissima. Anche perché Internet ha subito un’evoluzione enorme rispetto agli inizi.
Dalla statica fruizione del Web 1.0, che permetteva solo di accedere alle informazioni offerte dai
siti, si è passati alla dinamica interazione del Web 2.0. Da un lato è oggi possibile reperire dati in
formati sempre più sofisticati, dall’altro la Rete sta divenendo una vera e propria nuova agenzia di
socializzazione. I materiali fruibili online spaziano dai filmati – reperibili, ad esempio, su YouTube
(cfr. il sito: http://www.youtube.com/) – alle immagini, ai file musicali, ai software utili per il
lavoro, per lo studio o semplicemente per divertirsi. Per quanto concerne la socializzazione, Internet
ha abbattuto le barriere della comunicazione rendendo possibili dialoghi in diverse parti del mondo.
La e-mail è ben più rapida dei tradizionali busta e francobollo. Inoltre molteplici programmi
permettono di “chattare” ovvero di fare vere e proprie chiacchierate online: la comunicazione è,
allora, immediata. Un botta e risposta veloce che ricorda molto i dialoghi faccia a faccia. A volte
grazie all’ausilio di web-cam si può parlare tranquillamente con un’altra persona che si trova
dall’altra parte del mondo potendo scorgere anche i messaggi non verbali che si sprigionano dal suo
viso. Possiamo dialogare con persone che conosciamo e che fanno parte della nostra cerchia di
amici, come nel caso di Windows Live Messenger (Cfr: http://www.messenger.it/), in cui
l’interazione è 1-to-1 oppure collegarci ad una group chat: il mio messaggio può essere letto da più
utenti contemporaneamente, anche se è mantenuta la possibilità di una comunicazione univoca. È
facile comprendere quali possono essere le implicazioni in ambito lavorativo.
Internet ha modificato anche la vita delle nuove generazioni consentendo una socializzazione che
per gli adulti è, spesso, difficile da comprendere. Passa attraverso i forum di argomenti
appassionanti, oppure tramite i messaggi appesi nella bacheca di qualche social network, come
Facebook (Cfr: http://it-it.facebook.com/) che nasce come metodo per ritrovare vecchi compagni di
corso e che si è tramutato in uno dei luoghi di incontro privilegiato da giovani e adulti.
Non è finita! È possibile, infatti, condividere segmenti di vita personale attraverso diari virtuali
meglio conosciuti come blog: chiunque può leggere e informarsi su ciò che accade ad una persona
cara. Molta dell’interazione umana oggi corre sulla Rete.
Addirittura a volte vengono vissute vere e proprie vite parallele, come nel caso di Second Life.
Alcuni autori sono arrivati a sostenere l’esistenza di più “vite”: Bittanti, nella prefazione al libro di
Gerosa, Second Life (2007), specifica che la “prima vita” è quella non digitale, ovvero quella che
viene solitamente definita “reale” e che comprende l’insieme delle azioni che la persona realizza
offline. Con “seconda vita” si intende invece l’operato di un avatar che agisce in SL e infine c’è la
“terza vita” che non è da considerarsi come la semplice somma delle due precedenti. Essa è la
risultante dell’interazione tra le due. L’individuo si trova a vivere una vita in cui il piano analogico
e quello digitale si intersecano, dando luogo ad una dialettica di presenza/assenza (Gerosa 2007). Il
potenziale di Second Life è stato colto da molti insegnanti e da molte Università che hanno
promosso una serie di iniziative online per ampliare, diversificare e rendere più efficace
l’apprendimento. Addirittura è stato creato un mondo accessibile solo agli adolescenti, Teen Second
Life, un luogo virtuale d’incontro internazionale per ragazzi dai tredici ai diciotto anni, in cui è
possibile farsi degli amici, giocare, apprendere e creare. Questa “seconda vita” offre molteplici
occasioni di apprendimento, come la possibilità di creare oggetti e di partecipare a progetti in
collaborazione con altri coetanei, come ad esempio, la costruzione di un edificio.
Potenzialità del Web, che noi insegnanti dobbiamo imparare a sfruttare nel miglior modo possibile.
Anche quando ci occupiamo dei bambini della scuola dell’infanzia? Soprattutto. I bambini che
abbiamo di fronte mutano anno dopo anno e non possiamo riproporre, oggi, metodi che si sono
dimostrati efficaci per le generazioni di ieri. È bene avventurarsi verso nuovi mondi, sperimentare e
approfondire la conoscenza di quelli che sono stati definiti Digital Natives ovvero i “nativi digitali”,
i bambini che incontriamo ogni mattina nelle nostre aule di scuola dell’infanzia e che abbiamo la
gioia di aiutare a crescere.
Bibliografia
Bauman Z., Consumo dunque sono, Laterza, Roma-Bari 2008.
Bauman Z., Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006.
Gerosa M., Second Life, Meltemi, Roma 2007.
Granieri G., La società digitale, Laterza, Roma-Bari 2006.