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A002508, 1 A002508 FONDAZIONE INSIEME onlus. Da MENTE & CERVELLO del 15/7/2012, pag. 88 <<LINGUE BIFORCUTE>> di Christiane Gelitz, giornalista. Per la lettura completa del pezzo si rimanda al periodico citato. Maldicenza o passatempo? Per gli psicologi il pettegolezzo è un’arma a doppio taglio, che svolge la doppia funzione di collante sociale e di arma per eliminare i potenziali rivali. Prova a immaginare di essere single e che la tua vicina di casa stia flirtando con un uomo di cui sei da tempo segretamente innamorata. Parleresti male della vicina prendendo un caffè con un’amica? Karlijn Massar, psicologa sociale dell’Università di Maastricht, ha sottoposto questo scenario a 83 donne di età compresa fra i 20 e i 50 anni. Il risultato della ricerca, pubblicata nel 2012, è stato che le donne spettegolano tanto più su una possibile rivale quanto maggiore è il «valore di mercato» che si attribuiscono, misurato per esempio dalla frequenza con cui gli uomini rivolgono loro apprezzamenti. Non fa differenza che le possibili rivali siano single o accoppiate. Diversamente da quanto potrebbe lasciar sospettare il cliché dei pettegolezzi da bar, le critiche più aspre vengono dalle partecipanti più giovani. Quando però i ricercatori hanno confrontato le risposte date da donne con lo stesso «valore di mercato» percepito, l’età delle partecipanti non aveva più alcun ruolo. L’attrazione soggettiva esercitata da queste donne sugli uomini ha rivelato di più sulla loro disposizione a spettegolare che sulla loro età. Il pettegolezzo è dunque un difetto delle donne che si ritengono migliori oppure è soltanto un innocuo e divertente passatempo? Il gossip comporta per chi lo pratica un problema di immagine: la maggior parte di coloro che spettegolano è animata da sentimenti misti. Da un lato ci interessa quale collega abbia problemi con l’alcool, chi tradisce il partner e chi è in confidenza con qualche dirigente. D’altra parte non tolleriamo che altri commentino i nostri fatti privati, tanto più alle nostre spalle. Dicerie o pettegolezzi che siano, una conversazione che appioppa giudizi a una persona assente può distruggere amicizie, soprattutto quando è all’opera il figliastro cattivo della maldicenza: la malalingua, che critica severamente peculiarità, insuccessi e altre inadeguatezze del prossimo. Questo aspetto riprovevole non facilita gli psicologi nello studio del fenomeno. 1 A002508, 2 Il ricercatore che chiede ai volontari valutazioni di se stessi attraverso questionari o test deve mettere in conto che le risposte saranno ingentilite. Gli esperimenti aggirano questo problema, tentando di provocare commenti negativi o pettegolezzi in tono generale su altri partecipanti o su chi dirige l’esperimento. I dati così conseguiti, però, non si possono trasferire a situazioni esterne al laboratorio. Per ottenere risultati non falsificati, alcuni ricercatori preferiscono dunque lavorare sul campo. Raccolgono le loro informazioni ascoltando di nascosto i clienti di ristoranti e i passeggeri dei mezzi pubblici, registrando senza dare nell’occhio le chiacchiere che si fanno in ufficio o addirittura infiltrandosi in una società tribale. Questo metodo è sicuramente dispendioso, perché richiede, prima di cominciare a procurarsi informazioni sui pettegolezzi, di conquistarsi la fiducia delle persone inconsapevoli di questi esperimenti. Negli studi sul campo, nel corso degli anni novanta, diversi ricercatori hanno osservato che la maggior parte delle conversazioni fra adulti ruotava intorno alle loro opportunità e solo in secondo luogo si concentrava su quelle di una terza persona assente. Soltanto per il 9 per cento del tempo gli inconsapevoli oggetti della ricerca si esprimevano in modo decisamente negativo. Sono stati esaminati anche gli effetti del contesto: per esempio, se alcuni colleghi si incontravano durante una pausa, una conversazione su sette aveva un sapore negativo. I MISTERI DI WISTERIA LANE. Le casalinghe più famose del piccolo schermo abitano nell’immaginario quartiere di Wisteria Lane, dove passano giornate intere tra prati curatissimi, staccionate bianche e gli immancabili pettegolezzi di chi ha tempo da perdere chiacchierando con i vicini. O almeno è in questo tipico quartiere della ricca borghesia americana che le quattro donne hanno abitato per otto anni, le otto stagioni della fortunatissima serie televisiva Desperate Housewives. Ma le vite di Susan, Lynette, Bree e Gabrielle (interpretate rispettivamente da Teri Hatcher, Felicity Huffmann, Marcia Cross ed Eva Longoria) sono tranquille solo in apparenza, scandite come sono da agghiaccianti segreti e più banali relazioni extraconiugali, omicidi e gravidanze indesiderate, ossessioni e debiti. Cui fanno da contrappunto gli inevitabili commenti velenosi degli abitanti del quartiere. 2 A002508, 3 I bambini non sono da meno: tanto i maschietti quanto le femminucce spettegolano in media 18 volte all’ora, come hanno scoperto gli psicologi Jeffrey Parker e Stephanie Teasley, dell’Università del Michigan ad Ann Arbor, in uno studio del 2006. I ricercatori hanno osservato le videoregistrazioni di bambini e bambine fra i 9 e i 12 anni durante un campo estivo e hanno visto che i bambini parlano tre volte di più di persone del proprio sesso. Mentre le bambine legate da stretti vincoli di amicizia parlavano per lo più fra loro -e molto volentieri del proprio gruppo- i bambini conversavano fra loro più raramente, e quasi mai delle bimbe. Differenze simili fra i due sessi si sono manifestate anche in numerosi studi con adulti, dai quali è emerso che i maschi si muovono di preferenza su un terreno emotivamente non pericoloso. Per esempio preferiscono parlare di persone importanti, come sportivi e politici, o di lontani conoscenti. Le donne invece parlano più spesso di persone con cui hanno rapporti stretti, come amici o parenti. A CHE SERVE PARLAR MALE? Più difficili da capire sono il significato e lo scopo del pettegolezzo. Paul Bloom, psicologo della Yale University, è persuaso che il pettegolezzo non persegua fondamentalmente alcun obiettivo particolare. «Le persone, semplicemente, trovano altre persone così appassionanti da essere indotte a parlarne», spiega. E come i commenti sul tempo, anche i pettegolezzi possono essere utili a diversi scopi. Secondo Bloom, questa spiegazione si concilia con l’ipotesi che il talento nel pettegolezzo abbia procurato all’uomo un vantaggio evolutivo. Questa tesi si fonda su un’ipotesi fondamentale: «Ciò che ha radici così profonde nel comportamento umano serve all’adattamento sociale», dice Robin Dunbar, antropologo dell’Università di Liverpool. Chi per esempio sa identificare potenziali rivali e condivide questa conoscenza con i suoi alleati, gode di un particolare rispetto da parte dei suoi simili. Alla coesione sociale fra i membri del gruppo ha provveduto presumibilmente presso i nostri antenati il reciproco spidocchiamento, il grooming, che i ricercatori continuano a osservare nelle scimmie antropomorfe. Attraverso la cura della pelle, gli animali riversano nella corrente sanguigna una scarica di endorfine, il loro ritmo cardiaco diminuisce e si rilassano. Ma all’aumentare della grandezza del gruppo -che conferisce un vantaggio importante nella lotta contro i nemici- questo atteggiamento reciproco richiedeva forse troppo tempo. 3 A002508, 4 A esso si sostituì lo scambio verbale di informazioni, nel corso del quale i partecipanti costruivano la fiducia reciproca e consolidavano i rapporti. Un altro vantaggio per il gruppo fu che questo scambio di informazioni permise, come il grooming praticato un tempo, di identificare i «parassiti»: non più gli ospiti non invitati che prosperavano sulla pelle dei membri della propria specie, i parassiti sociali umani. E nello stesso modo ci comportiamo ancora oggi quando ci lamentiamo del vicino che non pulisce mai le scale. Con quanta efficacia lo scambio di informazioni all’interno di un gruppo possa prevenire le decisioni egoistiche dei singoli lo dimostrò già a metà degli anni novanta un gruppo diretto dalla politologa Elinor Ostrom, premio Nobel per l’economia nel 2009 e oggi docente all’Università dell’Indiana a Bloomington. I ricercatori avevano dato ai volontari del denaro da investire al computer, e pagavano poi la somma massima quando tutti avevano investito su un determinato mercato. Se invece uno dei partecipanti si dissociava dagli altri e investiva su un altro mercato, riceveva una grande somma, mentre gli altri restavano a mani vuote. Questa situazione si verificava così spesso che in media le persone incassavano il 20 per cento dei massimi pagamenti possibili. Ostrom e colleghi hanno allora cambiato una condizione: permettevano ai volontari una pausa, durante la quale potevano parlare fra loro. Ed ecco che la quota pagata balzò di colpo all’80 per cento! Solo la possibilità che altri potessero giudicare male il comportamento di qualcuno preservava il gruppo dalla maggior parte delle sortite solitarie. UNA LEZIONE PER LA VITA. D’altra parte, come hanno stabilito nel 2008 Jared Piazza e Jesse Bering, della Queen’s University a Belfast, devono essere identificabili anche i potenziali beneficiari. Ognuno dei loro studenti, che partecipavano all’esperimento, doveva dividere ogni volta con un’altra persona dieci gettoni, che rappresentavano dieci opportunità individuali di partecipare all’estrazione di una lotteria con una probabilità di vincere 100 sterline. Metà degli studenti credeva che il secondo giocatore potesse discutere la loro decisione con una terza persona. Solo quelli che disponevano di questa informazione preliminare hanno pagato in media al giocatore loro associato cinque gettoni su dieci. Il timore di diventare il bersaglio di pettegolezzi aveva indotto molte persone a tenere un comportamento onesto, o addirittura altruistico. L’identificazione dei parassiti può rafforzare il gruppo anche su un altro piano, ossia come lezione sociale. 4 A002508, 5 Secondo lo psicologo Roy Baumeister, dell’Università della Florida a Tallahassee, i pettegolezzi trasmettono regole e norme sociali. I discorsi informali intorno al distributore automatico del caffè sarebbero «la fonte d’informazione centrale per i nuovi assunti in un’azienda»; in questo modo essi imparerebbero velocemente le usanze vigenti nel posto di lavoro. Lo stesso vale per le favole e le storie narrate nella Bibbia, che contribuirono alla diffusione di valori morali e di norme di comportamento. Senza dover sperimentare le conseguenze di una violazione delle regole sulla propria pelle, gli ascoltatori impararono dalle esperienze dei protagonisti delle storie. «Il pettegolezzo contiene insegnamenti su come ci si dovrebbe comportare», confermano Sarah Wert e Peter Salovey della Yale University. Come radice dell’istinto umano per il pettegolezzo gli psicologi individuano un bisogno egoistico di verificare punti di vista personali, cercare conferme e confrontarsi con altri, magari per dimostrarsi più intelligenti. Per esempio, chi si meravigliasse della nuova automobile del vicino potrebbe aggiungere che sarebbe più saggio risparmiare denaro per il futuro, e trarne un soddisfacente sentimento di superiorità. L’aspetto egoistico del pettegolezzo è stato osservato anche da Francis T. McAndrew e da Megan A. Milenkovic del Knox College a Galesburg, nell’Illinois. In uno studio del 2002 gli psicologi hanno proposto a un gruppo di studenti dodici tipi di pettegolezzo, per esempio sull’uso di droghe e sull’infedeltà coniugale. CURIOSITA’ DEL PASSATO Incredibile ma vero, un tempo spettegolare davanti a una tazza di caffè era una cosa da uomini. Il vizio di chiacchierare prendendo insieme un caffè e lasciarsi andare a commenti e considerazioni non sempre positivi su una terza persona (assente) risale all’abitudine dei redattori di giornali del Settecento -ovviamente tutti maschi- di scambiarsi notizie nei caffè. Con la parola inglese gossip si intendeva dunque fino ai primi dell’Ottocento un uomo che beve insieme agli amici. I pettegolezzi si riferivano ogni volta a parenti, amici, conoscenti, estranei o docenti. I partecipanti dovevano riferire quanto si sentivano interessati a quelle storie e quante probabilità ci fossero che essi stessi continuassero a raccontarle a qualcuno. 5 A002508, 6 La ricerca ha dimostrato che i volontari preferivano raccontare novità positive su amici e parenti, ma evitavano di parlare di comportamenti disonorevoli. Le uniche situazioni in cui non erano gli amici a suscitare il massimo interesse erano quelle in cui potevano svolgere un ruolo rapporti di parentela, come un’eredità o una grave malattia. Le donne si interessavano principalmente di rivali della stessa età, soprattutto in casi di promiscuità e infedeltà. Gli uomini non dimostravano alcuna preferenza per i pettegolezzi sul proprio sesso, tranne nei casi in cui si trattasse dello status finanziario o della potenza sessuale di un altro uomo. Analizzando la loro ricerca, McAndrew e Milankovic concludono che «gli esseri umani ricercano informazioni che possano rivelarsi utili nelle lotte sociali». Infatti, «gli amici sono i nostri migliori alleati e sono importanti per la nostra ascesa sociale, ma al tempo stesso sono anche i nostri massimi rivali». Lo studio dei due ricercatori statunitensi mostra in modo esemplare di che cosa soffra la ricerca sul pettegolezzo: la maggior parte dei risultati si può interpretare tanto nei senso di una motivazione egoistica quanto di una motivazione sociale. Il fatto che scegliamo di proteggere gli amici dalle maldicenze non deve necessariamente essere attribuito a egoismo, ma può rimandare a una particolare forma di partecipazione e simpatia. La maldicenza come forma particolare dei pettegolezzo rappresenta anche una forma indiretta di violenza, al servizio della propria capacità di autoaffermazione. Così l’antropologa Nicole Hess, del Max-Planck-Institut fur Bildungsforschung di Berlino, dopo una ricerca compiuta insieme a un collega statunitense, ha riferito nel 2006 che donne collocate in uno scenario fittizio nel corso di un esperimento tendevano a reagire a una denigrazione da parte di un collega con pettegolezzi malevoli. In verità i 255 studenti coinvolti nello studio hanno dichiarato che preferivano ricorrere a un altro mezzo per far conoscere al capo la situazione; ma come seconda possibilità le donne sceglievano la maldicenza, mentre gli uomini tendevano a far ricorso alla violenza fisica. Il pettegolezzo è quindi una reazione soprattutto femminile a una provocazione, presumibilmente perché è meglio conciliabile con le norme di comportamento femminili. DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA. Che le aggressioni dirette, ossia fisiche, e quelle indirette, verbali, svolgano funzioni simili è stato dimostrato dalla psicologa britannica Sarah M. Coyne e dai suoi colleghi dell’Università del Lancashire in due esperimenti con studenti e donne adulte. In una ricerca del 2004 i ricercatori hanno presentato a ragazzi e ragazze di età compresa fra gli 11 e i 14 anni un video 6 A002508, 7 in cui una ragazza si unisce a una nuova compagnia, piantando in asso l’amica con la quale si accompagnava di solito. Questa reagisce con una forma di aggressività indiretta, facendo pettegolezzi malevoli sulla compagna che l’ha scaricata. In una seconda versione del filmato le dà uno schiaffo e una spinta. Alla fine però le due amiche si riconciliano: il comportamento aggressivo viene dunque premiato. Dopo la sessione video tutti i volontari dovevano risolvere un compito difficile, durante il quale il ricercatore commentava in modo limitativo i loro sforzi. Infine veniva chiesto agli studenti di valutare il ricercatore con un questionario: doveva essere riconfermato oppure no? E quanto sarebbe stato giusto pagarlo, tra 1 e 100 sterline? I ricercatori hanno equiparato la valutazione negativa data su di loro nel questionario con la maldicenza. E ciò è confermato dal fatto che il comportamento aggressivo osservato nel video non aveva svolto alcun ruolo. In entrambi i casi, infatti, i partecipanti avevano valutato il ricercatore in modo più negativo quando erano state presentate loro in condizioni di controllo neutro clip di eventi sportivi. Non faceva alcuna differenza se i soggetti erano ragazze o ragazzi, se erano più o meno giovani o se venivano descritti dai compagni come più o meno aggressivi. Un risultato simile è stato ottenuto nel 2008 da Coyne e colleghi in un esperimento con circa 60 studentesse che avevano visto spezzoni di film con scene di violenza verbale o fisica. Le partecipanti avevano poi affrontato un frustrante test di intelligenza, in cui la direttrice dell’esperimento le aveva messe sotto pressione commentando in modo negativo i loro risultati. Poi dovevano valutare i cattivi tempi di reazione di una compagna a un segnale acustico e infine, in un questionario, le prestazioni della loro compagna e della direttrice dell’esperimento. Indipendentemente da quale forma di violenza avessero visto nelle scene di film, le partecipanti reagivano sempre in modo più aggressivo di quelle a cui era stato presentato un video neutro. Ma la direttrice dell’esperimento non ha ottenuto nel questionario valutazioni peggiori, benché fosse stata proprio lei a preparare la situazione di frustrazione alle studentesse. Invece l’irritazione delle partecipanti si era manifestata solo nei confronti della compagna. Era chiaro che le ragazze trasferivano la loro aggressività dalla vera colpevole a un bersaglio «più debole». L’immagine ambigua del pettegolezzo ha dunque un nocciolo di verità, poiché dietro parole apparentemente innocue si nascondono a volte atteggiamenti aggressivi. Così il pettegolezzo rivela a volte più cose a proposito di chi lo usa che su chi ne è oggetto. Anche Francis T. McAndrew crede che chi esagera con la maldicenza rischi <<la morte sociale>>. 7 A002508, 8 Con una fama di calunniatore non ci si procurano amici e certamente la fiducia di nessuno. Il pettegolezzo è dunque una cattiva strategia. O nella competizione può pagare? A volte in effetti paga, ma solo a vantaggio delle persone più attraenti. Questa conclusione è stata formulata da un gruppo di ricercatori diretti Maryanne Fischer, psicologa della Saint-Mary University di Halifax, in Canada, sulla base di studi compiuti nel 2009 e nel 2010. Agli occhi dei maschi le attrattive fisiche di una donna rischiano di svanire quando altre donne, più attraenti, esprimono giudizi negativi su di lei. Il pettegolezzo stesso ha invece una ricaduta negativa su coloro che ne abusano quando non sembrano più così amichevoli e degni di fiducia. Anche giovani attraenti non devono temere conseguenze negative quando attaccano direttamente o indirettamente dei coetanei. È quanto hanno scoperto nel 2010 Lisa Rosen e Marion Underwood dell’Università del Texas a Dallas. Avevano invece popolarità giovani meno attraenti, che diffondevano giudizi negativi su altre persone. Questi dati spiegano anche il risultato sorprendente dello studio menzionato in principio, che le donne con un alto «valore di mercato» percepito spettegolano più volentieri, soprattutto perché possono permetterselo. La sgradevole morale di questa storia è dunque che bisogna essere affascinanti per poter spettegolare senza pagarne le conseguenze. IN PIÙ ROSEN L.H. e UNDERWOOD M.K., Facial Attractiveness as a Moderator of the Association Belween Social and Physical Aggression and Popularity in Adolescents, in «Journal of School Psychology», n. 48, pp. 313-333, 2010. FISHER M. e COX A., The Influence of Female Attractiveness on Competitor Derogation, in «Journal of Evolutionary Psychology», n. 7, pp. 141 -1 55, 2009. COYNE S.M. e altri, The Effects of Viewing Physical and Relational Aggression in the Media: Evidence for a Cross-overEffect, in «Journal of Experimental Social Psychology, N. 44, pp. 1551-1 554, 2008. PIAZZA J.R. e BERING J.M., Concerns About Reputation Via Gossip Promote Generous Allocations in an Economic Game, in «Evolution & Human Behavior», n. 6, pp. 487-501, 2008. 8