Šāh Nāma di Firdawsī e il suo “rêve de cosmocrator”, la figura di

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Šāh Nāma di Firdawsī e il suo “rêve de cosmocrator”, la figura di
Recensioni / Oriente Moderno 93 (2013) 321-347
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Šāh Nāma di Firdawsī e il suo “rêve de cosmocrator”, la figura di Alessandro
e quella del principe Bahrām Gūr.
L’ultima parte del saggio prende in esame i “divins intercesseurs et animaux psychopompes la promotion de l’âme vers le divin” (p. 51-58), esaminando il mito del re aquila, nelle sue varianti, le figure degli uccelli sīmurġ,
ʿanqāʾ e ḫvarnah, e le loro attestazioni iconografiche e letterarie (in particolare al-ʿAṭṭār). Il saggio si conclude con una breve analisi della figura di
Muḥammad “héritier des rois cosmiques”, in particolare in una rappresentazione del Miʿrāǧ Nāma (Ms Paris, BnF, sup. tur. 190). Chiude il volume
una corposa bibliografia (nella quale mancano citati in modo sistematico
tutti i manoscritti “inediti” menzionati e riprodotti nel volume che vengono
tuttavia elencati in una tavola delle illustrazioni).
Francesca Bellino
(Università degli Studi di Torino)
Maria José VILAR, Una descripción inédita de Marruecos a mediados del
siglo XIX : diario del viaje del Tánger a Fez en junio de 1866 de Francisco
Merry y Colom, mi­nistro plenipotenciario de España, en misión especial sobre
Ceuta y Melilla. Univer­sidad de Murcia, Servicio de Publicaciones, 2009, 168
p. ISBN 978-84-8371-892-6.
La missione spagnola del giugno 1866, il cui svolgimento è ora esaurientemente illustrato da questa accurata monografia, è una tappa della lunga
vicenda delle relazioni diplomatiche ispano-marocchine; le conferisce
rilievo la conclusione, il 31 luglio, di un accordo a proposito della frontiera
e di un posto di dogana a Melilla, una delle plazas de soberanía spagnole. A
guidare la missione vi era il diplomatico Francisco Merry y Colom – aveva
allora 37 anni – le cui capacità apparvero sempre più evidenti nel corso
della sua carriera, conclusasi quale ambasciatore a Berlino (1883-1895) e a
Roma, dove fu sorpreso dalla morte, cinque anni più tardi. L’avvicinamento
diplomatico fra Spagna e Marocco risaliva alla metà del Settecento, al trattato di Marrakesh, ai tempi del sultano Mohammed ben Abd Allah, promotore di una politica di apertura verso gli Stati europei. Nei secoli precedenti
invece, dal compimento della Reconquista, il regno iberico – unificato sotto
la coppia reale “cattolica” – era stato il più irriducibile avversario degli Stati
Koninklijke Brill NV, Leiden, 2013
DOI: 10.1163/22138617-12340017
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maghre­bini, dal Marocco a Tripoli. Nell’Ottocento si era pervenuti ad ulteriori accordi sino alla ricordata crisi della guerra de Africa – chiusasi con il
trattato di Fès (25 marzo 1860). Restavano tuttavia aperte alcune questioni,
per la cui soluzione si svolse la missione di cui parliamo. Dopo la guerra
Merry y Colom fu nominato console generale a Tangeri, dove restò sino
al 1872, con il rango successivamente di ministro residente e poi ministro
plenipotenziario.
Il viaggio di Merry y Colom e del suo seguito, da Tangeri – dove egli risiedeva quale rappresentante della Spagna – a Fès, una delle residenze del sultano, è do­cumentato da un Diario (p. 75-101), da lui tenuto giornalmente da
domenica 17 giugno a giovedì 28. Vi si annotano con precisione l’itinerario
e le tappe, con accura­ta descrizione geografica del percorso ma non senza
occasionali osservazioni su usi e costumi della popolazione locale. Qualche
anno più tardi una missione diplomatica italiana seguì lo stesso itinerario.
Vi partecipò fra gli altri lo scrittore Edmondo de Amicis che scrisse successivamente un ampio e vivace reportage sul regno dell’estremo Maghreb,
in un volume arricchito da in­cisioni ricavate da disegni dei pittori Stefano
Ussi e Cesare Biseo.
L’aspetto politico-diplomatico dell’incontro con il sultano e dell’esito
delle trattative è testimoniato dal nucleo centrale dei documenti diligentemente raccolti da Maria José Vilar (p. 103-130), perlopiù dispacci dello
stesso capo missione. Nel­la relazione conclusiva (doc. 10) Merry y Colom si
esprime con molta perspicacia e franchezza, e non nasconde che « el pueblo
considera nuestra permanencia allí come temporal, y espera la llegada del
que Dios designe para expulsarnos de la tierra de los creyentes » (p. 117),
nella convinzione espressamente dichiarata che « un agente diplómatico
debe comunicar siempre al Ministerio de Estado sus pen­samientos, y todas
sus ideas, sobre los asuntos relativos al país donde reside » (p. 120).
Una esauriente e accurata bibliografia e la riproduzione in appendice di
alcuni documenti, carte geografiche e illustrazioni (dal De Amicis) arricchiscono il volume.
Salvatore Bono
(Emerito dell’Università di Perugia)