SECONDA APPENDICE AL VOCABOLARIO
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SECONDA APPENDICE AL VOCABOLARIO
FA RO NOT IZI E. IT Ann o V - n ° 90 NO VE M BR E 2013 Redazione e amministrazione: Scesa Porta Laino, n. 33 87026 Mormanno (CS) Tel. 0981 81819 Fax 0981 85700 [email protected] Testata giornalistica registrata al Tribunale di Castrovillari n° 02/06 Registro Stampa (n.188/06 RVG) del 24 marzo 2006 Direttore responsabile Giorgio Rinaldi SECONDA APPENDICE AL VOCABOLARIO DIALETTALE. Già sul web. di Luigi Paternostro Aggiunte e correzioni al vocabolario dialettale mormannese. I termini che appaiono per la prima volta sono contrassegnati da * Lettera B * babbùscia = fr. babouche; pantofola, pianella da camera di panno o di pelle. Anche scarpetta a maglia per bambini. * babilònia = confusione, disordine. * baccalà = comprendere. persona alquanto tarda nel Sì nù baccalà spunzàtu Sembri un baccalà in ammollo, sei un rammollito. Lettera F fascìna = lat. fascina; fascio di sterpi, di ramoscelli secchi, frasche. fisciòli = lat. fisciola; piccola fascia, benda per legare i capelli, per fasciare o gambe o piedi o il seno femminile. fisciulùsu = chi indossa abiti sdruciti, sporchi e non cura igienicamente il proprio corpo. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 1 Lettera I * ìcs = da ictus, colpo, attacco apoplettico. Lettera M * matàfara = gr. μεταφορα, metafora; letteralmente: trasporto, mutazione, traslato. Dare ad un vocabolo, ad un’espressione, un altro significato che ha analogia col primo. Parlare sotto matàfora è usare un linguaggio allusivo, poco esplicito. Esempio. Quando si gioca a tombola invece del numero si dice una sua metafora: Il 77 sono le gambe delle donne, il 90, la paura, ecc. Cfr. pure il vocabolo ‘nciàmbricu. màsculu = lat. masculus, diminutivo di mas, genitivo maris. Maschio, virile, coraggioso, uomo, marito. Lettera ‘M ‘mmìci = lat. vicis + in. In è usato nel senso di al posto di, in luogo di, per. Da qui deriva invece, dopo la contrazione e lo spostamento. Lettera R ricòngu = da raccogliere; luogo stretto, basso, angusto. Lettera S * sbiulàtu = persona perseguitata dalla sorte e dagli uomini. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 2 Dal lat. violo, far violenza, maltrattare, oltraggiare, offendere, danneggiare. sbanià = da vaneggiare a sua volta dal lat. vanus. Pensare intensamente ad un problema da risolvere e metterlo al centro dei propri pensieri e delle proprie azioni. Sostenere con esagerata insistenza un’idea finendo per essere perseguitato dalla stessa. sbapurà = oltre che dal napoletano, come detto, il termine deriva soprattutto dal verbo latino vaporo,as che significa propriamente esalare vapore, evaporare. scintà, scentà = da scindo e non da ex ire. Significa sparire, tagliare, dividere. Orazione utile ad allontanare la paura causata dalla probabile presenza del diavolo. Scènta nimìcu, vatìnni da quà Cà tu cu mmìa non ài chi ci fa. Pì ssù battèsmu chi tèngu ‘ntèsta Ora pro eo e fa timpèsta Sparisci o nemico, va via di qua Tu non hai nulla a che vedere con me. Poiché sono stato segnato dal battesimo E prego appellandomi ad esso, scoppierà una tempesta (che allontanerà il demonio da me). sciruppà, àtu = dall’arabo sciarab, sciurab, sciroppo, bevanda. A Mormanno il termine assume tanti altri significati: - m’agghju sciruppàtu… ho sopportato con fastidio, lungamente e anche pazientemente, una persona, una situazione, un problema; www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 3 - ni l’àgghju fàtta sciruppà gli fo fatto accettare, benché reticente, una determinata situazione; - sciruppà nù lìbru invece è leggere con molta attenzione il testo. sciuscèddra = niente a che vedere con iuscellum che significa brodo (in genovese giuscello). Il vocabolo indica la carruba ma difficile è la sua etimologia. scotulà = dal lat. scotula, rullo o cilindro che si metteva sotto corpi pesanti per agevolarne il movimento. Il vocabolo ha il significato di scrollare, disperdere. Il termine è l’esatto contrario di raccogliere, del lat. colligere, da cui còtu = raccolto. Cfr. secutà = dal lat. sequor e non secutare. spìna = spina delle piante; spina dorsale o colonna vertebrale; spina del pesce. A spìna di zù Vrigòliu, la spina dello zio Gregorio. Quel giorno fu sfortunato per lo zio Gregorio. Mentre mangiava del baccalà fu infilzato da un’acuminata spina proprio nel bel mezzo della gola tanto da essere quasi impedito di respirare. Dopo aver invano tentato di liberarsene si recò da Don Carmin, il medico del paese, che aveva fra l’altro la nomea di essere un mezzo mago per le tante situazioni scabrose che andava risolvendo. Appena Don Carmine lo vide subito pensò che questa visita poteva essere l’occasione di fare lauti guadagni data la situazione economica del paziente www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 4 e data la povertà di quelli che curava in cambio di semplici derrate alimentari. Che succede, zio Gregorio, disse? Succede che mentre mangiavo il baccalà una spina mi s’è conficcata in gola e sto terribilmente soffrendo. Apri e spalanca la bocca, disse don Carmine che subito vide l’aculeo conficcato nel bel mezzo dell’ugola del malcapitato. Presi allora alcuni ferri - ti prego non farmi male, diceva Gregorio con voce flebile e piagnucolosa glieli ficcò in gola titillando su quel corpo intruso che ad ogni movimento procurava un serio fastidio al malcapitato. La cosa non è di facile soluzione, disse grave Don Carmine. Ora ti farò una pennellatura con questa medicina senza dire qual fosse - e sono certo che passerai una buona notte. Torna intanto domattina. La zio Gregorio dormì poco e male. Tanti cattivi pensieri gli andavano per la testa. Non vedeva l’ora che spuntasse il giorno. Preso allora un grosso paniere lo riempì di ogni ben di Dio: frutta di stagione, pane quasi fresco di forno, un bel salame paesano ed una bottiglia di vino d’annata. Don Carmine lo accolse con una severa aria professionale. Lo visitò, gli tocco ripetutamente la spina e alla fine dopo una accurata spennellata, gli disse di volerlo rivedere l’indomani. La cosa continuava. Le visite avevano superato la ventina. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 5 I panieri arrivavano sempre pieni e la tavola di Don Carmine gioiva per quelle vivande che raramente aveva visto anche nei giorni di festa. L’ennesimo giorno Zio Gregorio non trovò Don Carmine, assente per più seri motivi. Fu accolto da Don Vittorio, giovane figlio del dottore, studente al primo anno di medicina. Questi, dopo aver ascoltato il racconto della sua vicenda gli fece aprire la bocca e vide veramente quella benedetta spina che troneggiava nel bel mezzo dell’ugola. State fermo, Zio Gregorio, disse; tra poco ti libererò da questo fastidio! Non vedo proprio perché non ci abbia pensato mio padre. Presa così una semplice pinza gli estrasse quel corpo estraneo, tra la felicità ed i ringraziamenti del paziente. La sera a tavola Don Vittorio raccontò l’operazione al padre che invece di congratularsi con il chirurgo in erba, l’apostrofò concludendo che così era finito il tempo del bel mangiare gratis e di godere di tutti quegli alimenti genuini che lo Zio Gregorio, una volta guarito, si sarebbe guardato bene di portare al professore! E così fu. Lettera T * taurià = lat. taurus, far movimenti simili a quello di un toro, un bue; eccitarsi sessualmente. * tènniru = lat. tener; tenero, morbido, soffice, giovane, delicato, molle. ’ntinnirì = intenerire. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 6 * tògu = lat. toga, ae, da interpretare come persona simpatica, civile, amichevole, più che uno ben vestito o togato. Il vocabolo è importato dal dialetto cosentino. tàli ì’ tàli = lat. talis, tal dei tali. tàrma = tignola, tarlo. tartàgghju = balbuziente tàvula = lat. tabula, tavola, asse. Tàvula vècchia e tàvula nòva qua lu mìntu e qua lu tròvu. Filastrocca usata come quella più nota di ambarabà ciccì cocò. tighèddra = lat. tegula e non tegmentum, casseruola, padella. tilètta = da tela; tela sfilacciata, consumata, poco consistente. Proverbio: A tèla e lìnu //nò sparagnà carlìnu. Compra tela e lino senza pensare al risparmio. Una volta la tela ed il lino erano anche beni dotali tìntu = lat. tingo,is: tinto, colorato e non scolorito come già riportato. Tìntu tìntu ‘u cavudaràru, ma cchjù tìntu cu lu pòrta ‘ncòddru. Il calderaio è tinto di nero ma più è tinto chi lo porta sulle spalle. Il proverbio va così interpretato: chi fa azioni cattive si tinge come il calderaio che si sporca; chi sta dalla sua parte, chi lo difende e ne giustifica i www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 7 comportamenti, si tinge di più, ed è più turpe e cattivo. tirzàna = lat. tertiana; febbre terzana, febbre malarica. tirrùni = torrone, dolce. Lettera U ùgna = lat. unguis, unghia, artiglio Lettera V * vaddrèra = dal lat. vallis; vallata, infossatura, cavità. Così è chiamata una località collocata a nord-est del Pantano. * vèntri = lat venter, ventris, ventre, pancia, stomaco, intestino, visceri. Mi dòli à vèntri = ho mal di pancia. Chi dulùri ì vèntri è detto invece per indicare di aver ricevuto un disturbo, un turbamento tale da essere paragonato ad un serio mal di pancia. La vèntri si chiàma piddricchja, si cchjù ci ni mìntisi cchjù si stinnìcchja. Il ventre è una pelle elastica che si distende e riesce a contenere tutto ciò che vi s’introduce. Il proverbio è riferito ai crapuloni. * viràci = lat. verax, veracis, veritiero, sincero, schietto. * virnìli = invernale. Pìri virnìli, pere che maturano in inverno. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 8 * vitupèrii = lat. vitupero. Biasimi, rimproveri, riprensioni, critiche. vacabbùnnu = lat. vagabundus, vagabondo e non baccahbundus da riscrivere anche bacchabundus e che significa essere invasato come una baccante. Baccha era detta la sacerdotessa del dio Bacco. vajàna = lat. faba vaiana. Faba è la fava che qui figurativamente è da intendere come oggetto a forma di fava, cioè allungato: e vajana, bajana indica precisamente il luogo di coltura del legume, cioè la località campana di Baia, città termale già nota ai romani e loro soggiorno estivo. Mentre sparisce il faba resta e prevale vajana con cui è conosciuto e chiamato il baccello delle leguminose e soprattutto del fagiolo. Il termine è pure usato in senso osceno col significato di membro virile. vavàgghju = anche fantoccio, pupazzo, inetto, sciocco, zimbello. vèna = dal lat. vena come sede della vita, e quindi sangue, energia, vaso sanguigno. Anche vena d’acqua, canaletto, sorgente. Vena del legno, della pietra. Disposizione, talento, ispirazione, vena poetica. Infine come apocope di avena nome del noto vegetale. vicinànzu = lat. vicinalis vicinale, del vicinato, relativo ai vicini. Bene quanto già riportato. vignignà = lat da vinea, vigna, vigneto. Vendemmiare. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 9 vilàtu, velàtu = soprannome; da velo,as velare, coprire, ricoprire, nascondere, celare. vingiàrra = dal lat. vincio, is, avvincere, legare, cingere, stringere, serrare, incatenare. Tronco della vite. virsùra = lat versura e non versorius come già scritto. Estremità del solco ove i buoi girano. Bene il resto. virtìcchiu = dal lat. vertigo come senso vorticoso di rotazione, giro, vortice, rivolgersi, girarsi come fa il fuso in rotazione. Bene la definizione di ferro ricurvo parte del fuso. vitìgnu = lat, viteus. Bene il resto. vittùra = lat. vectura, mezzo di trasporto. Con il suddetto termine si indicava l’asino e gli equini in genere nel senso più aderente possibile al verbo veho che significa appunto portare, trasportare viaggiando e muovendosi da un punto ad un altro. Chi possedeva la vittùra era paragonabile a chi oggi guida ed è padrone di un mezzo meccanico. vlaganìta = bosco a sud di Mormanno ricco di aceri. Nome di incerta e difficile derivazione. Il Rohlfs pensa, con un grosso punto interrogativo, che derivi da una corruzione (sic!) della parola platano. www.faronotizie.it n° 90 LuPa © 10