Intervento_Cortese_Discriminazioni multiple
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"Discriminazioni Multiple" 3° Convegno Nazionale LA PERSONA DOWN VISIONI NUOVE E UTOPIE POSSIBILI Varese, 18 ottobre 2013 Luisa Cortese Consigliera di Parità della provincia di Varese La DISCRIMINAZIONE ha origini molto antiche, nel corso degli anni l’uomo è riuscito ad eliminare buona parte di queste discriminazioni. Esempi recenti sono Martin Luther King, attivista non violento per i diritti civili per le persone di colore e Nelson Mandela, che ebbe un ruolo fondamentale nella fine del periodo discriminatorio dell’apartheid. Ad oggi non si è ancora eliminata in molte società la discriminazione della donna. A livello internazionale la legislazione in materia di discriminazione è regolata dalla DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI, redatta dalle Nazioni Unite e firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, in cui si sancisce il rispetto nei confronti di ogni individuo indipendentemente dalla sua appartenenza ad una particolare religione, etnia, sesso, lingua. Questa carta nacque in risposta alle atrocità commesse dal regime nazista nei confronti degli ebrei e dell’omofobia. La CARTA all’art 21 afferma che: "È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali". 1 La DISCRIMINAZIONE (vedi Codice delle Pari Opportunità nel Lavoro L. 10 aprile 1991 n° 125, art. 4 commi 1 e2) può essere DIRETTA o INDIRETTA. La Discriminazione MULTIPLA, oggetto di questo intervento, è definita nella letteratura scientifica in modi differenti: • discriminazione ADDITIVA • discriminazione AMPLIFICATRICE • discriminazione INTERSEZIONALE Come indicato nel rapporto della Commissione europea "Lutte contre la discrimination multiple: pratiques, politiques et lois, Commission européenne1" del 2007, una discriminazione non sempre è riferibile a un’unica dimensione, come identità di genere, razza o una disabilità, talvolta agiscono due o più fattori concomitanti. Una persona può appartenere contemporaneamente a più gruppi sociali sfavoriti e subire più forme discriminanti ben distinte. Nel caso di compresenza di più fattori discriminatori si parla di discriminazione multipla. La discriminazione ADDITIVA si riferisce a una situazione nella quale la discriminazione risulta da più fattori disgiunti tra loro. Ovvero, una persona è discriminata in una determinata situazione per un fattore e in un’altra situazione per un altro fattore. Esempio: una donna inizia un nuovo lavoro e, poiché disabile, non ottiene la copertura completa da parte dell’assicurazione professionale. Sei mesi più tardi, durante una conversazione con un suo collega uomo si rende conto che per le stesse mansioni e con le stesse qualifiche percepisce un salario notevolmente più basso. La discriminazione AMPLIFICATRICE si riferisce a una situazione nella quale una persona è discriminata in base a due o più fattori concomitanti. In un caso del genere i due fattori agiscono alimentandosi l’un l’altro in modo cumulativo. Esempio: una donna lesbica si candida per l’elezione di un organo esecutivo. La sua candidatura non va a buon fine perché da un lato le donne non sono ritenute all’altezza di assumere una simile funzione e dall’altro gli omosessuali non sono visti di buon occhio nei posti di potere. La discriminazione INTERSEZIONALE si riferisce a una situazione nella quale una persona è discriminata in base a diversi fattori che interagiscono tra loro e che pertanto sono inseparabili. Esempio: un uomo nero è sospettato di detenere stupefacenti e viene per questo controllato dalla polizia senza ragioni fondate, solo a causa del suo sesso, età e colore della pelle (racial profiling). La DISCRIMINAZIONE MULTIPLA è propria della DONNA DISABILE. 1 http://www.europedirectplr.fr/brochures/lutte-contre-la-discrimination-multiple-pratiques-politiques-et-lois227.html 2 Essere donna e avere una disabilità comporta una vita all’insegna della discriminazione multipla che si riscontra nell’istruzione, nella vita affettiva e nel lavoro. I dati Anmil-Istat-Censis ci dicono che le donne disabili trovano con più difficoltà lavoro, spesso devono rinunciare alla maternità e subiscono più discriminazioni rispetto ai maschi. Le politiche di genere non influenzano la loro condizione e le politiche sulla disabilità non tengono conto del genere (denuncia Luisella Bosisio Fazzi consigliera LEDHA). Il concetto di disabilità eclissa il genere. L’esistenza di una doppia discriminazione delle donne è stata riconosciuta dalla Convenzione ONU dei diritti dei disabili, come si legge all’art 6 nel 2006. Il 24 febbraio 2009 il Parlamento italiano ratifica la Convenzione e l’UE il 23 dicembre 2010. L'Articolo 27, dal titolo "Lavoro e occupazione" sancisce Gli Stati parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, inclusivo e accessibile alle persone con disabilità. Gli Stati parti garantiscono e favoriscono l’esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno acquisito una disabilità durante l’impiego, prendendo appropriate iniziative, anche legislative (...) E proprio di lavoro e occupazione voglio trattare in quanto la Consigliera di Parità, istituita dalla legge n. 125/1991 aggiornata in base al DLG n. 198/2006, svolge funzione di controllo dei principi di uguaglianza, di pari opportunità e di non discriminazione di uomini e donne sui luoghi di lavoro. La fotografia che ci viene consegnata dai Rapporti Anmil-Istat-Censis non è delle più rassicuranti2. Pessimi sono i dati che riguardano l’inserimento lavorativo dei disabili, in particolare se donne. Gli uomini occupati si attestano su un 29% per le donne la quota non supera l’11%. A fronte di questi dati si conferma la necessità di una legge che favorisca l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e annulli gli svantaggi, come quello legato alla doppia discriminazione rispetto all’inserimento lavorativo (donna-disabile). Il mondo del lavoro si presenta irto di difficoltà e barriere sia nell’accedervi che nell’affrontarlo. 2 Relazione della Consigliera Nazionale di Parità, Alessandra Servidori, alla Tavola Rotonda "La Donna, il Lavoro, la disabilità", Verona, 9 marzo 2013 3 Sono numerose le barriere che le donne con disabilità incontrano nel momento in cui decidono di mettersi alla ricerca di un posto di lavoro. I pregiudizi giocano un ruolo predominante. L’istruzione ha un ruolo fondamentale e determinante come anche l’atteggiamento che la donna disabile ha nei confronti della vita e la percezione che ha di SÈ. Secondo Harilyn Rousso3 la bassa autostima è uno dei tratti fondamentali che differenzia donne e uomini che si avvicinano al mondo del lavoro. PIU’ una donna con disabilità si sottovaluta meno combatterà per i propri diritti e maggiori difficoltà incontrerà a trovare lavoro. Con livelli di istruzione bassi, un’immagine negativa di sé e le barriere nell’accesso a risorse e servizi di supporto le donne con disabilità trovano grande difficoltà ad uscire da una posizione di isolamento e acquisire esperienza e pratica per assumere un impiego che le soddisfi. Rispetto agli uomini con disabilità le donne sono spesso sotto-impiegate, sotto-pagate e assunte per condizioni lavorative misere. Inoltre, secondo Doren e Benz4 è più facile che le donne con disabilità siano impiegate in low status job rispetto agli uomini con prevalenza di lavori di segreteria e professioni di aiuto. Esistono a livello internazionale programmi specifici volti all’inserimento lavorativo delle donne disabili, ad esempio: • COUNT US IN! presenta una serie di raccomandazioni per la stesura di programmi che promuovono le abilità imprenditoriali fra le persone con disabilità. • VOICES OF WOMEN ENTREPRENEURS in Etiopia,Tanzania, Uganda, Zambia è una rassegna di storie di giovani donne disabili che sono riuscite a diventare imprenditrici. Per concludere: perché interessarsi alla condizione di vita della donna disabile? I dati statistici sono la risposta a questo quesito. Senza un lavoro che permetta alla donna disabile di essere autosufficiente alla discriminazione multipla si aggiunge una ulteriore discriminazione la povertà. 3 Russo H. (2001), Strong Proud Sisters, p. 68 4 Doren B., Benz M., Gender equity issues in the vocational and transition services and employment outcomes experienced by young women with disabilities. Citato in Russo H. (2001), Strong Proud Sisters 4