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Due gradi - Contributo al dibattito sul cambiamento climatico del 16
febbraio 2015 a Roma
Il Protocollo di Kyoto è stato approvato nel 1997 ed è entrato in vigore
nel 2005 come convenzione internazionale, prolungando la United
Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) del 1992
per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. La sua tesi è che il
riscaldamento globale esiste ed è causato dalle emissioni di CO2
provocate dall’uomo. Un’organizzazione nei pressi di Roma sta
analizzando questi effetti: presso l’ESRIN, il Centro dell'ESA per
l'Osservazione della Terra con sede a Frascati, possono essere tra l’altro
misurati via satellite la concentrazione di gas serra nell’atmosfera, il
riscaldamento terrestre, l’innalzamento del livello del mare. L’ESA
sostiene l’iniziativa sul cambiamento climatico per conto del Protocollo di
Kyoto. I fatti studiati e rilevati derivano dal monitoraggio dei cambiamenti
dovuti allo sfruttamento rurale, alla selvicoltura nonché alla
deforestazione e affiancano protocolli e direttive per i bilanci nazionali sui
gas a effetto serra.
L’impiego a livello funzionale e aziendale dell’osservazione della terra
per l’informazione nazionale è già iniziato nell’ambito del Protocollo di
Kyoto, ma si potrebbe senz’altro fare di più.
Alcuni interrogativi fondamentali:
Le basi scientifiche rappresentano tuttora il pomo della discordia tra gli
Stati?
No, dovremmo avere superato tale questione. Non possiamo continuare
a negare la realtà:
- gli studi via satellite hanno dimostrato che gli oceani e i mari si
stanno riscaldando
- non si può contestare l’innalzamento del livello del mare su base
annua: registriamo un aumento annuo di 3,1 mm in tutto il mondo,
come diretta conseguenza dell’aumento della temperatura globale
e della conseguente espansione termica delle masse d'acqua.
Come ognuno può ben immaginare, i piccoli Stati insulari non
staranno fermi ad aspettare. Alcuni di essi hanno già stipulato
accordi con i Paesi vicini per evacuare la loro popolazione, come
ha fatto l’Australia; alcuni, come la Papua Nuova Guinea, hanno
già iniziato alcuni anni fa a trasferire gli abitanti dalle regioni
costiere in alta montagna. Potete immaginarVi che grande fatica
sia convincere un pescatore a vivere in una zona montana o
rurale? ImmaginateVi soltanto come sarebbe dover persuadere
tutti gli abitanti di Napoli a trasferirsi in Alto Adige per motivi
climatici!
Riflettiamo a sufficienza su come possono continuare ad esistere
Stati come il Bangladesh? Che cosa succederà se la gente
comincerà a trasferirsi in regioni ad altitudini sempre più elevate?
Milioni di persone? Che cosa accadrà in Europa? Pensate solo alle
dighe nei Paesi Bassi che, come sapete, si trovano in parte al di
sotto del livello del mare. I più anziani si ricorderanno
probabilmente delle conseguenze di un’inondazione alla fine degli
anni settanta che costrinse ca. 50.000 olandesi a lasciare il loro
Paese. Che ne sarà dell’Italia con i suoi 8.000 km di sviluppo
costiero?
La masse d’acqua in futuro avranno più forza, più “volume”. Gli
tsunami ci colpiranno più duramente di quanto mai avvenuto finora.
Possiamo ignorare questi avvertimenti?
- La ricerca paleoclimatica sulle carote di ghiaccio ha dimostrato
senza ombra di dubbio che a causa dei gas a effetto serra il nostro
ambiente dall’inizio dell’era industriale si surriscalda più
rapidamente che mai.
Non possiamo negare l’evidenza. La tecnologia satellitare come
strumento indipendente e obiettivo ci consente oggi di convalidare
queste tesi con riguardo al Protocollo di Kyoto. Chi afferma ancora
che non è in atto né un cambiamento climatico né un aumento
delle temperature non può più essere preso sul serio.
Il Protocollo di Kyoto può funzionare? Sì, può funzionare.
Analogamente al Protocollo di Montreal contro l’assottigliamento
dello strato di ozono, al quale hanno dato un importante contributo
satelliti di ricerca a grande distanza, che hanno monitorato nel
corso di diversi anni la riduzione degli oceani, una simile
misurazione può essere svolta anche secondo i criteri del
Protocollo di Kyoto.
Nel caso del Protocollo di Montreal possiamo confermare un lento
recupero della fascia di ozono da quando sono stati messi al
bando i clorofluorocarburi (CFC). Noi dovremmo fare lo stesso
seguendo i criteri del Protocollo di Kyoto.
In che cosa consiste la sfida?
Vi sono molteplici sfide. Necessario è il principio “top down”, che
tuttavia non è sufficiente. È necessario altresì un approccio “bottom
up”, ma non ha abbastanza efficacia. Molte persone continuano ad
ignorare la problematica del cambiamento climatico e questo avrà
conseguenze per loro e per le future generazioni. Ognuno di noi si
trova dinnanzi a delle sfide: abbiamo bisogno di una politica
energetica unica dell’Europa, non possiamo soffocare le imprese
energivore e dobbiamo impedire che lascino l’Europa. Dovremmo
trovare meccanismi funzionanti come per il mercato delle emissioni
dei gas a effetto serra, che (purtroppo) è fallito per le oscillazioni
dei prezzi energetici.
Un impulso positivo è stato dato a Lima da alcuni Paesi in via di
sviluppo che hanno offerto contributi al Fondo per il clima. Hanno
dato prova di grande responsabilità nei confronti del loro Paese,
dei loro cittadini e del pianeta. L’obsoleta distinzione tra Paesi in
via di sviluppo e Paesi sviluppati è quindi superata. È stato
costituito un Fondo con una dotazione di oltre 10 miliardi di dollari
statunitensi, in attesa di nuovi progetti. Ed io sono fiera di poter dire
che la Germania è il primo Paese ad aver annunciato il proprio
contributo ed ha stanziato 750 milioni per il Fondo, superando
l’obiettivo posto. Nemmeno questi fondi saranno sufficienti, ma
sono un ottimo inizio. I Governi costateranno fiduciosi che il nuovo
orientamento verso un mondo più sostenibile creerà anche nuovi
posti di lavoro. In Germania la svolta energetica verso le energie
rinnovabili ha creato 260.000 posti di lavoro, una cifra fornita da
fonti ufficiali (Ministero Federale dell’Economia). L’alta competitività
dell’industria automobilistica tedesca è dovuta alle modifiche
apportate ai motori rivelatesi necessarie negli anni ottanta a causa
della crisi petrolifera, quando l’industria fu costretta a lavorare in
modo più efficiente e meno dipendente dalle fonti energetiche.
Questo portò ad una completa revisione tecnologica, di cui
approfittiamo ancora oggi.
La Germania si è impegnata a ridurre del 40% le sue emissioni già
entro il 2020. Ci mancano ancora alcuni punti percentuali per
raggiungere quest’obiettivo. Abbiamo già realizzato una “svolta
energetica” e il relativo dialogo, il cosiddetto “St. Petersburg
Dialogue” fu un’iniziativa del Ministro Federale dell’Ambiente che
ormai si è già svolta cinque anni di seguito. La nostra popolazione
è consapevole della problematica, ma non basta. È necessario che
tutte le persone raggiungano questa consapevolezza. Perché solo
insieme troveremo delle soluzioni.
Il nostro ambiente naturale si modificherà completamente. Forse in
futuro non sarà più possibile coltivare il grano negli U.S.A., invece lo si
potrà fare in Siberia. Queste previsioni sono state fatte già nel 1979! La
biodiversità subirà grandi perdite con ripercussioni ancora sconosciute
sulla vita delle persone e degli animali, fatto che ha allarmato
l’organismo delle Nazioni Unite UNESCO. Le due organizzazioni con
sede a Roma, FAO e WFP, stanno discutendo su “come nutrire il
pianeta”. Il Governo cinese in passato aveva tematizzato
quest’argomento come uno dei maggiori problemi. Ban Kim Moon a
settembre ha invitato i vertici del Governo al Summit sul clima di New
York.
La sostenibilità e la sicurezza alimentare sono il motto dell’EXPO di
quest’anno. Pertanto il Protocollo di Kyoto e la lotta al cambiamento
climatico e al surriscaldamento del pianeta non è una questione
secondaria a cui dedicare la nostra attenzione soltanto dopo aver risolto
tutti gli altri problemi che si presentano. No, è una necessità impellente!
In considerazione della gravità delle sue ripercussioni sulla vita umana in
tutto il mondo, tutte le altre crisi – ISIS, gli stessi conflitti in Ucraina e in
Siria – hanno un’influenza minore.
Il cambiamento climatico è il problema reale, tutte le altre sono crisi.
Stiamo parlando del futuro del nostro pianeta. E per questo motivo
necessitiamo urgentemente di un ampio e dettagliato accordo che vincoli
tutti gli Stati.
Ringrazio il Sindaco Marino e il Kyoto Club per il sostegno (pubblico)
fornito all’odierna conferenza.
Il cambiamento climatico è il vero problema da affrontare per evitare una
VERA crisi per il pianeta e i suoi abitanti.
Pertanto mi auguro che la COP21 a Parigi avrà il successo di cui
abbiamo tutti bisogno. In bocca al lupo!
Grazie per l’attenzione