Di alcune sepolture della necropoli di Pithekoussai

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Di alcune sepolture della necropoli di Pithekoussai
Vivara incorniciate in basso ed
a sinistra da una parte dei Campi Flegrei. In alto a sinistra è
un cartiglio molto semplice con
iscritto il titolo Ischia quae olim
Aennaria (come la prima parte
dell’iscrizione della carta di Ortelio), mentre in basso a destra è la
scala in miglia anch’essa inserita
in un cartiglio e a sinistra la scritta inquadrata in una piccola cornice: quo utilior magis necessaria atque amoenior insulae pars
verusque eius situs obviam iret
plaga superior meridies obversa est.
Ai margini in alto a sinistra e
a destra sono i rispettivi punti
cardinali, meridies, oriens, occidens. Nel mare, rappresentato
con puntini come nelle precedenti carte, di fronte alla costa
settentrionale dell’isola è la scritta: Maris Tyrrheni sive Inferi
pars.
La carta è disegnata in maniera
piuttosto approssimata e si presenta poco curata. Il disegno della morfologia costiera e interna
di tutto il territorio è impreciso
ed abborracciato. In particolare, per quando riguarda Ischia,
si nota inoltre l’assenza di alcuni toponimi anche importanti,
come T. S. Restitutae, Promontorium Imperatori, Vicus Latrista, Balneum Plagae romanae ed
altri e un errore nella posizione
del nome dell’abitato di Piano cui
è attribuito il nome di Barano e
viceversa, mentre ridottissima e
senza toponimo è la raffigurazione dell’Arso.
Sul verso della carta sono note
storico-geografiche su Procida ed
Ischia in latino.
La fonte di conoscenza di Ischia
per Metellus fu Abramo Ortelio
che egli conobbe.
(Fonte : Ischia nelle Carte geografiche del Cinquecento e
Seicento di Dora Niola Buchner, Imagaenaria, luglio 2000).
Di alcune sepolture della necropoli di Pithekousai
Analisi preliminare dei resti odonto-scheletrici umani
di VIII-VII sec. a. C. dagli scavi di Buchner 1965-1967
di Melania Gigante, Luca Bondioli, Alessandra Sperduti
(...)
La presente analisi prende in esame un gruppo selezionato di sepolture della necropoli di Pithekoussai.
Le 28 deposizioni a inumazione e a
cremazione hanno restituito complessivamente 29 individui di cui
2 perinatali, 8 infanti e 20 adulti.
Tra gli adulti è stato diagnosticato il sesso di 15 individui (10 maschi e 5 femmine). Il basso stato di
conservazione dei resti ha limitato
fortemente l’estrazione delle informazioni di base della serie. La
tendenziale sottostima di individui
di sesso femminile1 tra gli inumati
impone senz’altro alcune considerazioni. Uno degli aspetti di maggiore
interesse della realtà archeologica
pitecusana è la simultaneità della
consuetudine funeraria della cremazione e dell’inumazione dei defunti
per tutto il tempo che dalla metà
dell’VIII sec. a.C. si estende fino agli
inizi del VI sec. a.C. L’impianto della
necropoli era pertanto caratterizzato da tumuli, a copertura di lenti
di terra nera e carboni, mescolata a
frammenti di ceramica, ornamenti
e ossa combuste, e da sepolture in
fossa terragna, scavate ad una profondità variabile e contenenti i resti
scheletrici di giaciture primarie. La
forte inclusività di questa necropoli2
rende inverosimile l’ipotesi che l’assenza di inumati di sesso femminile
sia da ricondurre ad una codificata
gestualità funeraria di tipo selettivo.
L’assenza di individui di sesso femminile tra gli inumati adulti è probabilmente da ricondurre all’alto tasso
di N.D. dovuto alla mancanza di elementi sesso-specifici.
Piuttosto, la lettura del record
funerario pitecusano offre un’immagine altra del sepolcreto, fondata su una diversificazione nel
trattamento del corpo del defunto
1 È opportuno osservare come nel campione delle inumazioni siano presenti 4
individui di sesso non determinabile
2 B. d’Agostino, Pithecusae e Cuma nel
quadro della Campania di età arcaica,
in RM 117, 2011 pp. 35-53.
Discussione e conclusioni
operata su classi d’età e rango sociale. Il rito dell’inumazione appare infatti connotato dalla presenza di individui di tutte le classi
di età; ciò emerge anche dall’analisi di questo campione, entro cui si
attesta la contemporanea presenza
di perinatali in enchytrismoi, adolescenti e adulti. D’altro canto, se il
duplice e coevo rito funerario non
La Rassegna d’Ischia n. 6/2016
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è unicamente destinato a distinguere le diverse classi
d’età, la cremazione si connota pur sempre come un
rito d’élite, riservato a defunti che sono stati, pleno
iure, membri della comunità. L’inumazione, invece,
è il rito della marginalità, dell’inserimento imperfetto
all’interno della realtà comunitaria di Pithekoussai3.
Le classi di età delle cremazioni sembrano supportare questa ricostruzione: si tratta infatti di individui con
un’età stimata alla morte superiore ai 20 anni4. Al contempo, il sesso non rappresenta un vincolo di accesso
al rito crematorio, come suggerito dalla sex ratio del
campione che è prossima all’unità.
La scarsità dei rinvenimenti, lo stato frammentario e la pessima conservazione dei reperti meritano,
invece, un’ulteriore riflessione. Quantitativamente le
cremazioni della serie pitecusana mostrano valori ponderali complessivi assai inferiori a quelli registrati per
altri campioni odonto-scheletrici cremati appartenenti
a orizzonti cronologici simili. Per la serie Pontecagnano-Colucci5 la media del peso per individui di sesso
maschile è di 1491±331 grammi, contro una media di
poco inferiore di 1126±401 grammi per gli individui
di sesso femminile; decisamente più esiguo ponderalmente è il campione pitecusano con una media di
330±98,7 grammi per gli individui di sesso maschile e
di 329±82,5 grammi per gli individui di sesso femminile. Pur considerando il sostrato culturale differente
e le pratiche rituali differenziate tra comunità pitecusana e Pontecagnano-Colucci, resta il problema della
3 B. d’Agostino, op. cit.
4 Ricordiamo il caso eccezionale della T. 168 a cremazione,
o Tomba della Coppa di Nestore, che testimonia come la volontà di autorappresentazione sociale da parte di un gruppo
elitario della comunità permettesse di rompere la tradizione funeraria ammettendo al rito crematorio un individuo di
un’età stimata di circa 12 anni. (Becker 1995).
5 Le sepolture di propr. Colucci (tra il primo e il terzo quarto
dell’VIII sec. a. C, fase I B finale - IIB) si localizzano nell’area
nord-occidentale della necropoli pontecagnanese del Picentino (De Natale 2016).
scarsa conservazione, difficilmente attribuibile ad una
volontaria dispersione dei resti scheletrici cremati nelle fasi di passaggio dalla combustione del corpo alla
deposizione secondaria dello stesso.
Dagli scavi non sono stati identificati i luoghi che
scandivano le varie fasi del rituale, in primis quella della combustione del corpo, giacché, come scrive
Buchner «i roghi stessi non erano mai accesi sul posto
dove fu eretto il tumulo, ma su un ustrino comune che
non è stato ancora trovato». Non di secondaria importanza è la deposizione dei resti combusti «accumulati
in un leggero incavo praticato sulla superficie pianeggiante del piano di calpestio, dunque non sotterrati,
e ricoperti col tumulo (...) internamente riempito di
pietre e terra alla rinfusa6». Di certo, per il campione
delle inumazioni, ove si documentano casi di individui
rappresentati da soli 4 frammenti di radici e corone
dentane, la natura vulcanica del sito ha compromesso
irreparabilmente la preservazione dei resti. Sebbene i
frammenti odonto-scheletrici combusti siano più immuni da alterazioni diagenetiche7, la mancanza di un
contenitore funerario, quale ad esempio l’urna biconica del funerale villanoviano della coeva Pontecagnano,
potrebbe aver influito sulla dispersione dell’originaria
deposizione. Non meno importante è l’ipotesi di una
raccolta selettiva dei resti dal rogo funebre.
Il presente contributo sulla serie pitecusana non può
certo essere considerato esaustivo: esso rappresenta una fase preliminare di analisi morfologica di base
su un sottocampione archeologicamente omogeneo.
L’estensione a tutti i reperti ancora non sottoposti ad
analisi antropologica, provenienti dagli inediti scavi
Buchner, permetterà di contestualizzare meglio quanto evidenziato in questa fase. Numerose ulteriori analisi morfologiche, di maggiore dettaglio, non saranno
probabilmente possibili a causa dello stato di conservazione dei resti; ciononostante, l’uso di tecniche
analitiche per la determinazione dei rapporti isotopici
dello Stronzio potrà dare, nel breve futuro, importanti
contributi per la conoscenza della composizione della
popolazione di Pithekoussai8, attraverso la stima della
componente alloctona della comunità.
*
Esempi di conservazione del record odonto-scheletrico di
alccune sepolture a cremazione e a inumazione, necropoli di
Pithekoussai, VIII-VII sec a. C., scavi di Buchner.
20 La Rassegna d’Ischia n. 6/2016
6 Buchner 1982
7 G. Depierre, Crémation et archéologie. Nouvelles
alternatives méthodologiques en ostéologie humaine,
Dijon 2014.
8 T. D. Price et al., The Characterization of biologically
available Strontium Isotope Ration for the Study of Prehistoric Migration, Archaeometry 44, 2002, pp. 117-135 --M. L. Jorkov et al., The petrous Bone: a new sampling Site
for identifying early dietary Patterns in stable isotopic Studies, in American Journal of Physical Anthropology 138, pp.
199-209 --- L. Harvking et al., Strontium Isotope Signals in
cremated petrous Portions as Indicator for ChildhoodOrigin,
in Plos One 9-7, 2014 pp1-5.