“Svegliate il mondo!”. La vita consacrata oggi.

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“Svegliate il mondo!”. La vita consacrata oggi.
“SVEGLIATE IL MONDO!”. LA VITA CONSACRATA OGGI
Incontro con le Formatrici e i Formatori
Cordoba, 13 agosto 2015
+ Enrico dal Covolo
Ho accettato volentieri questo dialogo con voi, formatrici e formatori delle
Famiglie Religiose legate a questo Centro di Studi Filosofici e Teologici, e dunque
alla Pontificia Università Lateranense.
Non vi parlerò tanto (o non soltanto) come Vescovo-Rettore di questa
Università. Vi parlerò piuttosto come un confratello, che ben quarantadue anni fa ha
professato i consigli evangelici tra i Salesiani di Don Bosco. Siamo nell’anno della
vita consacrata, e fra tre giorni ricorre il bicentenario della nascita di san Giovanni
Bosco, padre e maestro dei giovani. Tutto questo ci aiuta, secondo l’invito di Papa
Francesco, a guardare il passato con gratitudine, a vivere il presente con passione, e
ad abbracciare il futuro con speranza.
Articolerò il mio intervento in due momenti distinti.
Ci sarà anzitutto una parte più “teologica”, fondativa, che trova
nell’Esortazione Apostolica Vita Consecrata (= VC) di san Giovanni Paolo II il punto
privilegiato di riferimento.
La seconda parte, invece, sarà più “pratica”, e si ricondurrà prevalentemente al
magistero di Papa Francesco.
Vi premetto la lettura del n. 104 di VC, perché è illuminante sia per la prima,
come per la seconda parte. “Non sono pochi”, scriveva Giovanni Paolo II quasi
vent’anni fa, “non sono pochi coloro che oggi si interrogano perplessi: perché la vita
consacrata?... Interrogativi simili sono esistiti sempre, come dimostra eloquentemente
l’episodio evangelico dell’unzione di Betania: ‘Maria, presa una libbra di olio
profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù…, e tutta la casa si
riempì del profumo dell’unguento’. A Giuda che, prendendo a pretesto il bisogno dei
poveri, si lamentava per tanto spreco, Gesù rispose: ‘Lasciala fare!’ (Gv 12,3-7)… E’
da questa vita ‘versata’ senza risparmio che si diffonde un profumo che riempie tutta
la casa. La casa di Dio, la Chiesa, è, oggi non meno di ieri, adornata e impreziosita
dalla presenza della vita consacrata” (VC 104).
1. Prima parte: alle sorgenti trinitarie e cristologiche della vita consacrata
Chiamata di Dio, risposta dell’uomo, missione: lungo questo itinerario – che è
l’itinerario caratteristico di ogni storia di vocazione, dalla Bibbia ai tempi della
Chiesa – rifletteremo su quella specifica forma di vocazione che è la vita consacrata,
risalendo alle sue profonde sorgenti, cioè alle sorgenti trinitarie e cristologiche della
vita consacrata.
1.1. La vita consacrata: un dono trinitario (VC 1)
“La vita consacrata, profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti
di Cristo Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito”
(VC 1).
Fin dalle prime parole dell'Esortazione Apostolica Post-sinodale Vita
Consecrata (firmata il 25 marzo 1996: si tratta, come è noto, del più importante
documento del Magistero postconciliare sul tema in esame), Giovanni Paolo II
dichiarava che la vita consacrata affonda le sue radici non nella terra, ma nel cuore
stesso di Dio. Essa “è un dono” della Trinità alla Chiesa e al mondo.
Ciascuna delle tre Persone è protagonista di questo dono, e ciascuna di esse
svolge una particolare azione di grazia nella vita consacrata.
L'icona della Trasfigurazione (Mt 17,1-9), che ricorre come un leitmotiv nel
testo magisteriale, consente di contemplare questa presenza e azione del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo.
1.2. A Patre ad Patrem: la chiamata-elezione di Dio (VC 17)
“L'icona della Trasfigurazione”, infatti, “rivela alle persone consacrate
innanzitutto il Padre, creatore e datore di ogni bene, che attrae a sé una sua creatura
con uno speciale amore e in vista di una speciale missione: ‘Questi è il Figlio mio
prediletto: ascoltatelo!’... Qui sta il senso della vocazione alla vita consacrata:
un'iniziativa tutta del Padre, che richiede da coloro che ha scelti la risposta di una
dedizione totale ed esclusiva” (VC 17).
Ecco il primo tratto costitutivo della vita consacrata: la chiamata-elezione,
l'iniziativa assolutamente gratuita di Dio. E questa è, in particolare, l'azione del
Padre, colui che crea e “ricrea”, che chiama e suscita, lungo tutta la storia della
salvezza.
Lo stesso Giovanni Paolo II, rileggendo con occhi di fede la storia della sua
vocazione (anche se la sua non era una vocazione alla vita consacrata), confessava
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che agli inizi sta il mistero. “La vocazione”, ha scritto, “è il mistero dell'elezione
divina” (Dono e mistero, p. 9). E adduceva a riprova un testo, che si carica per noi di
grande significato. E' Dio che parla, rivolgendosi al profeta Geremia: “Prima di
formarti nel grembo materno, ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce ti avevo
consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni” (Ger 1,5).
1.3. Per Filium: una risposta sulle orme di Cristo (VC 18)
La natura cristiforme della vita consacrata si manifesta, ancora una volta,
nell'icona della Trasfigurazione.
“Essa implica un ‘ascendere al monte’ e un ‘discendere dal monte’: i discepoli
che hanno goduto dell'intimità del Maestro, avvolti per un momento dallo splendore
della vita trinitaria e della comunione dei santi, quasi rapiti nell'orizzonte dell'eterno,
sono subito riportati alla realtà quotidiana, dove non vedono che ‘Gesù solo’
nell'umiltà della natura umana, e sono invitati a tornare a valle, per vivere con lui la
fatica del disegno di Dio e imboccare con coraggio la via della croce” (VC 14).
E' questo il secondo tratto caratteristico della vita consacrata: la risposta. Nei
Vangeli la risposta – quando è affermativa, come quella di Maria e degli apostoli – si
traduce nella sequela di Cristo (ma c'è anche la risposta negativa del giovane ricco,
che “se ne va via triste”: Mc 10,22).
La sequela è un itinerario impegnativo, che comporta un faticoso esodo: non a
caso nel racconto lucano della Trasfigurazione l'argomento del dialogo di Gesù con
Mosè ed Elia è proprio l'esodo “che doveva compiersi a Gerusalemme” (Lc 9,31).
Bisogna lasciare la propria terra, come Abramo; oppure, come gli apostoli,
occorre lasciare le reti, o meglio tutto, per seguire Gesù. L'esodo per la sequela,
dunque.
Ma nella vita consacrata la risposta è ancora più esigente, e impegna il
chiamato in un cammino incessante di cristificazione. “Nella vita consacrata”, infatti,
“non si tratta solo di seguire Cristo con tutto il cuore, amandolo ‘più del padre e della
madre, più del figlio o della figlia’, come è chiesto ad ogni discepolo, ma di vivere ed
esprimere ciò con l'adesione ‘conformativa’ a Cristo dell'intera esistenza, in una
tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo e secondo i vari
carismi, la perfezione escatologica. Attraverso la professione dei consigli, infatti, il
consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, la forma di vita che il Figlio di Dio prese quando
venne nel mondo. Abbracciando la verginità, egli fa suo l'amore verginale di Cristo e
lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre; imitando la sua
povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell'amore tutto gli restituisce;
aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero dell’obbedienza filiale, lo
confessa infinitamente amato e amante, come Colui che si compiace solo della
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volontà del Padre, al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende. Con tale
immedesimazione ‘conformativa’ al mistero di Cristo la vita consacrata realizza a
titolo speciale quella confessio Trinitatis che caratterizza l'intera vita cristiana,
riconoscendo con ammirazione la sublime bellezza di Dio Padre, Figlio e Spirito
Santo, e testimoniandone con gioia l'amorevole condiscendenza verso ogni essere
umano” (VC 16).
La vita consacrata unisce quindi alla sequela una più intensa intimità con Gesù.
La risposta, che Gesù chiede ai consacrati, è “un coinvolgimento totale, che comporta
l'abbandono di ogni cosa, per vivere in intimità con Lui e seguirlo dovunque Egli
vada” (VC 18).
In definitiva, il consacrato vive la sequela di Gesù nella maniera più alta e
radicale. Questo suo modo di vivere il Vangelo è quasi “divino, perché abbracciato da
Lui, Uomo-Dio, quale espressione della sua relazione di Figlio Unigenito col Padre e
con lo Spirito Santo. E' questo il motivo per cui nella tradizione cristiana si è sempre
parlato della obiettiva eccellenza della vita consacrata” (VC 18).
1.4. In Spiritu: consacrati per la missione (VC 19)
Infine, l'icona della Trasfigurazione evoca la presenza della terza Persona della
Trinità, quella che nella storia della salvezza santifica e manda. Il testo
dell'Esortazione si riferisce alla “nube luminosa” che avvolse Gesù, Mosè ed Elia (Mt
17,5), e commenta: “Una significativa interpretazione spirituale della Trasfigurazione
vede in questa nube l'immagine dello Spirito Santo. Come l'intera esistenza cristiana,
anche la chiamata alla vita consacrata è in intima relazione con l'opera dello Spirito
Santo” (VC 19).
Ed ecco il terzo tratto caratteristico della vita consacrata: la missione, il cui
protagonista è lo Spirito Santo. Lo Spirito infatti, proseguiva Giovanni Paolo II,
“lungi dal sottrarre alla storia degli uomini le persone che il Padre ha chiamato, le
pone al servizio dei fratelli secondo le modalità proprie del loro stato di vita, e le
orienta a svolgere particolari compiti, in rapporto alle necessità della Chiesa e del
mondo, attraverso i carismi propri dei vari Istituti” (VC 19).
Conviene introdurre a questo punto una precisazione terminologica,
apparentemente erudita, che però si rivela di una certa utilità nella nostra riflessione.
Commentando l'Esortazione Post-sinodale abbiamo incontrato spesso tre termini, a
tal punto vicini tra loro, da essere impiegati talvolta come sinonimi: essi sono
vocazione, consacrazione e missione.
Usandoli, dovremmo ricordare sempre che il vero soggetto di ciascuna delle tre
azioni è Dio stesso: è Lui che chiama, è Lui che consacra, è Lui che manda.
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Dovremmo così riconoscere nella vita consacrata tre momenti di un'unica storia di
vocazione, che ha Dio come protagonista: è il Padre che chiama, è Cristo che
consacra a propria immagine, ed è lo Spirito Santo che invia nella missione.
Questa semplice riflessione, che parte dall'uso dei termini, riconduce alla
Trinità come alla sorgente della vita consacrata, e aiuta a “fare sintesi”, cioè a non
contrapporre mai gli impegni della consacrazione e della missione.
I consacrati imitano non solo l'atteggiamento orante e adorante di Gesù
(intendo alludere agli impegni derivanti dalla consacrazione), ma anche i suoi gesti di
accoglienza, di conforto, di assistenza, cioè i gesti della missione. Si ha in tal modo
armonia tra vita contemplativa e vita apostolica: la prima anima la seconda, e la
seconda è espansione necessaria della prima: “In Cristo Signore”, spiega VC 9,
“religiosi e religiose devono continuare a specchiarsi in ogni epoca, alimentando
nella preghiera una profonda comunione di sentimenti con Lui, affinché tutta la loro
vita sia pervasa dallo spirito apostolico e tutta l'azione apostolica sia compenetrata di
contemplazione”.
1.5. Per la preghiera e per la vita (VC 111)
Per la preghiera suggerisco di riprendere VC 111 (“Preghiera alla Trinità”), in
modo da ricondurre in orazione le considerazioni fin qui svolte.
Trinità Santissima, beata e beatificante, rendi beati i tuoi figli e le tue figlie
che hai chiamato a confessare la grandezza del tuo amore, della tua bontà
misericordiosa e della tua bellezza.
Padre Santo, santifica i figli e le figlie che si sono consacrati a Te, per la
gloria del tuo nome. Accompagnali con la tua potenza, perché possano
testimoniare che Tu sei l’Origine di tutto, l’unica sorgente dell’amore e della
libertà. Ti ringraziamo per il dono della vita consacrata, che nella fede cerca
Te e nella sua missione universale invita tutti a camminare verso Te.
Salvatore Gesù, Verbo Incarnato, come hai consegnato la tua forma di vita a
quelli che hai chiamato, continua ad attirare a Te persone che, per l’umanità
del nostro tempo, siano depositarie di misericordia, preannuncio del tuo
ritorno, segno vivente dei beni della risurrezione futura. Nessuna tribolazione
li separi da Te e dal tuo amore!
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Spirito Santo, Amore riversato nei cuori, che dai grazia ed ispirazione alle
menti, Fonte perenne di vita, che porti a compimento la missione di Cristo con
i numerosi carismi, noi Ti preghiamo per le persone consacrate. Riempi il loro
cuore con l’intima certezza d’essere state prescelte per amare, lodare e
servire. Fa’ gustare loro la tua amicizia, riempile della tua gioia e del tuo
conforto, aiutale a superare i momenti di difficoltà e a rialzarsi con fiducia
dopo le cadute, rendile specchio della bellezza divina. Da’ loro il coraggio di
affrontare le sfide del nostro tempo e la grazia di portare agli uomini la
benignità e l’umanità del Salvatore nostro Gesù Cristo.
Amen!
Per la conversione della vita potremmo interrogarci invece su tre semplici
spunti.
* La vita consacrata è dono trinitario: coltivo la dimensione contemplativa
della mia vita, per rendere sempre più operante in me questa persuasione?
* La vita consacrata è progressiva conformazione a Cristo, che nasce da un
innamoramento per lui e da una conseguente, radicale gerarchia dei valori: che cosa
nella mia vita è concorrenziale con l'amore per Cristo? Che cosa devo ancora lasciare
per seguirlo più da vicino?
* La vita contemplativa e la vita apostolica devono compenetrarsi in una sintesi
profonda, all'insegna dell'imitazione di Cristo. La mia azione apostolica è penetrata di
contemplazione e di amore? La mia contemplazione approda a gesti coerenti di carità
e di servizio?
2. Seconda parte: riflessioni tratte dal magistero del Papa Francesco e di
alcuni Vescovi
Mi riferirò soprattutto alla Lettera Apostolica indirizzata a tutti i consacrati in
occasione dell’Anno della Vita Consacrata (21 novembre 2014); al colloquio di Papa
Francesco con i Superiori Generali (Vaticano, 29 novembre 2014); e alla riflessione
proposta dal card. Ricardo Ezzati, Arcivescovo di Santiago del Cile, durante i giorni
trascorsi a Torino nel maggio scorso, insieme con i Vescovi salesiani del mondo.
2.1.Sofferenze e debolezze nelle quali possono trovarsi alcuni consacrati
Il Papa Francesco ci invita a farci vicini con tenerezza e amore alle situazioni
di sofferenza e di debolezza dei consacrati e delle consacrate del nostro tempo. Da
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questo impegno sorgono alcune domande: dove si trova oggi la vita consacrata? Che
succede con i consacrati e le consacrate? A quali minacce si trova esposta la vita
consacrata? Quali sono le sue sofferenze e le sue debolezze, oggi? Quali le possibili
cause del suo malessere, ma anche quali le risorse per il suo futuro?
Mi sembra che la risposta a queste domande inviti a mettere insieme quattro
virtù evangeliche: la temperanza, la saggezza, il realismo e la capacità di sognare.
Temperanza per percepire e gestire il presente con rettitudine e serenità nel contesto
di molteplici forze contrapposte, per non lasciarsi turbare e perdere il senso della
realtà. Saggezza per saper affrontare il presente e il futuro, coniugando all’unissono
fiducia e profezia. Occorre saper leggere le cose importanti, e non lasciarsi travolgere
dalla molteplicità delle informazioni. Finalmente realismo e capacità di sognare,
perché siamo certi che il Signore ha voluto e vuole la vita consacrata. Temperanza,
saggezza, realismo e capacità di sognare, messe insieme, ci aiuteranno a guardare il
futuro con speranza e discernere la strada che il Signore ci invita a percorrere con
fiducia.
Che cosa leggiamo o che cosa ascoltiamo della vita consacrata in questi ultimi
decenni? Di fronte ai problemi e alle molteplici contraddizioni che l’accompagnano e
l’affliggono, ci troviamo con la sincera volontà di rinnovamento di molti, ma anche
con il disanimo di alcuni, con gli occhi e le orecchie chiuse di altri, con paure, o
ancor peggio con paralisi o rassegnazione di molti, incapaci di profezia, o incapaci di
prendere le opportune misure per mettere in opera ciò che il Vaticano II e diversi
documenti ecclesiali postconciliari continuano a proporre con insistenza, cioè
“l’adeguato rinnovamento della vita religiosa”.
Con sano realismo avvertiamo che la vita consacrata:
 sta attraversando una stagione di crisi;
 una crisi che può diventare un kairós, un’opportunità di grazia,
 se si ha il coraggio di decisioni giuste, e di tempi opportuni,
 con sguardo audace e fiducioso nel futuro.
Al riguardo, cito un esperto religioso latinoamericano, che scrive: “Un juicio
muy repetido, por tanto, es que la Vida Consagrada se encuentra en un momento
crítico y está llamada a tomar decisiones, y su futuro dependerá de esas
decisiones. Vive tiempos excepcionales en que se está gestando un nuevo paradigma
que debemos delinear en sus rasgos fundamentales y convertir en una alternativa que
la historia, por su propia lógica, acabará inevitablemente por asumir e imponer” (J.
M. Arnáiz, Radiografía y propuesta de la Vida Consagrada).
Certamente è questo un compito impegnativo, non solo per gli Istituti, ma
anche per tutta la Chiesa. È giudizio ripreso da più parti che la vita consacrata si
trova in un momento critico, in una stagione di crisi, chiamata a discernere e a
decidere scelte fondamentali, dalle quali dipenderà anche il suo futuro. Vive tempi
eccezionali, quando si gestisce un nuovo paradigma, da discernere evangelicamente,
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in una realtà complessa, carica di ambiguità e che cambia vertiginosamente, per cui
la “semplicità della colomba e la scaltrezza del serpente”, sono di grande necessità.
I pessimisti vedono con preoccupazione il presente e il futuro della Vita
Consacrata e lo definiscono con tre parole chiavi: caos, notte oscura e tramonto.
 Caos: cioè tutto è confuso; non si sa dove si va.
 Notte oscura: niente è chiaro, mancano profeti credibili.
 Tramonto: la vita consacrata ha i giorni contati; cammina verso la sua
estinzione.
Questi pessimisti hanno davanti agli occhi statistiche che parlano di calo
generalizzato di vocazioni; di numerosi abbandoni dovuti a cause diverse; di
sproporzione tra opere da “mantenere”e numeri in calo di consacrati. Si calcola che
gli abbandoni si aggirino intorno ai 3000 all’anno… Le motivazioni invocate vanno
dalla mancanza di fede, alle crisi affettive, alla perdita del significato della propria
consacrazione, alla depressione psichica, l’individualismo… Alcuni rimangono, ma
divorziati dal proprio Istituto, senza vita e missione condivisa. La visione è davvero
pessimista.
A livello generale, preoccupa che una quarantina di Istituti di vita consacrata si
trovino commissariati dal Dicastero, per motivi assai diversi e di grave natura. Ne
ricordo alcuni: fondatori con problemi gravi di autoritarismo, che hanno danneggiato
la libertà dei loro seguaci con pressioni indebite; comunità con forme preconciliari di
vita; temi economici; di formazione; problemi di natura affettivo-sessuale…
Preoccupa la mancanza di creatività missionaria di altri tempi; “la stanchezza dei
buoni”; alcune espressioni mondane e di vita secolarizzata nelle comunità, dove la
preghiera è povera o in alcuni casi quasi inesistente; la tentazione consumista e la
ricerca del confort che offre il potere e il piacere.
Anche l’esercizio dell’autorità, e la mancanza di persone disponibili per
esercitarla, diventa un problema sempre più pressante.
Carlos Palacio, esperto gesuita, denuncia il male peggiore che soffre la vita
consacrata: “La vita consacrata sembra soffrire di anemia evangelica, personale e
istituzionale... Per vincere questa grave malattia urge riscattare la passione per la
persona di Gesù Cristo, il primo amore che deve irradiare la vita delle persone
consacrate” (cfr. Luzes e sombra da Vida religiosa consagrada nos dias de hoje, in
“Convergencia”, settembre 2011).
2.2.Un fuoco che accende altri fuochi
Grazie a Dio, nella Chiesa non sono mai mancati, e non mancano oggi,
consacrati e consacrate, che vivono la passione per la persona di Gesù Cristo, nella
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fedeltà al dono ricevuto nel carisma dei loro fondatori. Sono i santi di ieri e di oggi,
consacrati e consacrate che danno una gioiosa testimonianza di coerenza e di fedeltà;
che vivono intensamente la spiritualità dell’incontro con Cristo, nella comunione
ecclesiale e nella diaconía ai fratelli; con un forte desiderio di maggiore radicalità
evangelica e carismatica; presenti in mezzo ai poveri nelle periferie geografiche ed
esistenziali del nostro tempo; veri ponti che uniscono gli ultimi con Gesù Cristo e con
la Chiesa; preoccupati di offrire una formazione integrale ai fratelli e alle sorelle;
impegnati a servire, con trasparenza e semplicità, specialmente i più bisognosi;
uomini e donne che amano la Chiesa e condividono la loro vita e missione con laici
associati; portatori di segni di chiara vitalità e di futuro che entusiasma; testimoni di
fraternità con un positivo impatto ecclesiale e sociale. Questi fratelli e sorelle sanno
bene che il rinnovamento della loro vita consacrata sarà possibile e fecondo solo se
affonda le proprie radici in una vera e forte spiritualità evangelica, fondata nella
Parola di Dio e alimentata dall’Eucaristia, la preghiera, la vita comunitaria e il dono
di sé ai fratelli.
Alberto Hurtado, il celebre santo gesuita della Chiesa cilena, parlando della
forza della testimonianza cristiana, la definiva come “un fuoco che accende altri
fuochi”. È questa testimonianza che produrrà frutti abbondanti di rinnovamento e di
nuove vocazioni.
Animare e far crescere “un fuoco che accenda altri fuochi” sintetizza bene il
nostro compito nei riguardi della vita consacrata, nelle nostre Chiese particolari.
2.3. Conclusione: il pressante invito del Papa Francesco ai consacrati
Il Santo Padre, nella Lettera indirizzata a tutti i consacrati in occasione
dell’Anno della Vita Consacrata, offre precisi stimoli a cui prestare attenzione
nell’esercizio del nostro ministero. Richiamo solo alcuni spunti, tratti dalla seconda
parte della Lettera.
2.3.1. Sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il cuore e
rendere felici. È un invito a vivere nella gioia. Infatti “una sequela triste è una triste
sequela... La vita consacrata non cresce se organizziamo belle campagne vocazionali,
ma se le giovani e i giovani che ci incontrano si sentono attratti da noi, se ci vedono
uomini e donne felici”.
2.3.2. Svegliate il mondo, perché la nota che caratterizza la vita consacrata
è la profezia. “Mai il religioso deve rinunciare alla profezia... È capace di
discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è
libero, non deve rispondere ad altri padroni se non a Dio, non ha altri interessi che
quelli di Dio”.
2.3.3. Chiamati ad essere esperti di comunione. “Mi aspetto che la
spiritualità di comunione diventi realtà, e che voi siate in prima linea nel cogliere la
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grande sfida che vi sta davanti: fare della Chiesa la casa e la scuola della
comunione... Comunione all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto... La
mistica di vivere insieme..., in comunità che diventano sempre più internazionali...
Mi aspetto che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti..., in una sincera
sinergia tra tutte le vocazioni nella Chiesa”.
2.3.4. Uscire da se stessi per andare nelle periferie esistenziali. “C’è
un’umanità intera che aspetta: persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in
difficoltà; bambini abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati e
vecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e donne in
cerca del senso della vita, assetati di divino... Non rimanete prigionieri dei vostri
problemi”.
2.3.5. Quello che Dio e l’umanità di oggi domandano: è una domanda alla
quale nessuna forma di vita consacrata dovrebbe sottrarsi. Questo impone “una seria
verifica sulla sua presenza nella vita della Chiesa e sul suo modo di rispondere alle
continue e nuove domande che si levano attorno a noi, al grido dei poveri... Soltanto
in questa attenzione ai bisogni del mondo e nella docilità agli impulsi dello Spirito,
quest’Anno della Vita Consacrata si trasformerà in un autentico kairós, un tempo di
Dio, ricco di grazie e di trasformazione”.
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