Datteri alla crema

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Datteri alla crema
Chiacchiere&Distintivo, Nr. 15
Sarà un caso, ma via via che il Corso di scrittura creativa organizzato dal nostro Cral diffonde il suo seme
(se mi passate l’espressione) fra le nostre colleghe, ecco che arrivano in redazione scritti sempre più ispirati, vere e proprie opere, che oramai sarebbe riduttivo chiamare raccontini… Godetevi allora questi
Pochi millimetri la dividono dal salto. E’ una forchetta da frutta, piccola,
infantile in quella sua dimensione ridotta. Solo
pochi millimetri. La lunghezza di un battito di ciglia per modificare per
sempre
l’insopportabile
stato di quiete.
“Perché non cade?” Angela guarda, aspetta. Come se fosse lì, in
quell’immobilità sospesa, il segreto di
quel silenzio maledetto. Se cadesse, se si
infrangesse
tintinnando insolentemente
sul pavimento,
lei potrebbe alzarsi, muoversi, tornare alla vita.
Forse
tornare
indietro. A prima. Prima che
succedesse
tutto.
Angela ascolta il silenzio.
Non è mai totale, non è
mai vero. Dietro di lei, alle sue spalle, dietro la sedia su cui rimane immobile in attesa del risveglio, il
ronzio del frigorifero la
accarezza insistentemente. A intermittenza si anima a raffreddare cibi non
ancora consumati, in attesa.
“Non ho messo in tavola i datteri, non c’è
stato il tempo.” Li aveva preparati con
cura, incisi delicatamente per non
ferirli nel profondo. Una linea netta, da
un’estremità
all’altra, solo su un lato. Poi aveva tolto
i noccioli. Ad uno ad
u n o
Angela annusa l’odore residuo del forno. E’ dappertutto. Anche nei suoi
capelli.
Le cene si chiudono spesso con la frutta. A volte
col dolce. O con il silenzio.
Con il silenzio quasi mai.
soffice, appena profumata
di limone. Un aroma leggero, da assaporare con
lentezza. Deposti in cerchio su un piccolo piatto
dal bordo dorato. Piccole
conchiglie gonfie di dolcezza, fiori carnosi che si
schiudono tra le labbra a
Guarda la forchetta argentata,
distrattamente posata in posati sul palmo della
un angolo del tavolo, pro- mano. Aperti e riempiti
con una crema bianca e
prio vicina al bordo.
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rivelare il segreto nascosto di quel cuore candido
e morbido. Come un segreto d’amore.
“Non c’è stato il tempo”.
La sua mente si allontana,
veloce. Pericolo, qualcosa
lampeggia nel buio, la
chiama, insistente. Angela
cambia strada. Intravede
quella luce rossa palpitante, indietreggia. C’è sempre un prima a cui si può
tornare, sicuro, rassicurante. Si aggrappa a quel
pensiero, a quel prima in
cui niente è ancora successo. Indietro. E’ mattina. Angela inizia la sua
giornata pianificando i gesti con precisione. Perché
tutto funzioni, bisogna avere ben chiara la successione del tempo. Preparare una cena richiede organizzazione, metodo, lucidità. Angela conosce la
trasformazione. C’è una
magia antica nel mescolare, impastare, pesare. Avere di fronte elementi
grezzi, informi, e plasmarli in una forma nuova, piegarli alla volontà
caparbia della creazione.
Oggi creerà per lui. Le
scorrono nella mente i gesti familiari e ripetuti della
farina bianca e impalpabile che si amalgama al
giallo delle uova fino a
raggiungere
l’elasticità
vellutata
della
pasta,
pronta alla sferzata impla-
Chiacchiere&Distintivo, Nr. 15
cabile del mattarello di legno. Lo vede scorrere ritmicamente sul tagliere,
avanti e indietro, sui bordi
di un cerchio sempre più
sottile, più raffinatamente
vicino al risultato finale.
Ritorna alle narici il profumo inconfondibile del vino
bianco che sfrigola nel tegame di coccio a smorzare il ribollire nervoso dei
bocconcini di carne, avvolti in una nuvola di radicchio rosso. “Ho sbagliato qualcosa?” Di nuovo quella luce, rossa e
palpitante, di nuovo il
dolore che spinge verso
il pericolo. Il dolce, deve pensare al
dolce, mentre
le unghie si
conficcano
a
fo ndo
nella
carne
sottile
delle mani. Sono
strette,
chiuse
come una morsa
d’acciaio. Le dita
ripiegate
all’in terno,
fredde.
Sangue
ghiacciato dallo sgomento. Vene di marmo.
Il dolce. Il suo dolce preferito: pasta frolla, panna
montata e frutti di bosco.
Gli ingredienti consueti, il
burro montato con lo zucchero, soffice schiuma di
mare. Uova, farina, e un
cucchiaino di lievito in
polvere ad alleggerire la
consistenza della pasta e
renderla friabile sul palato. E poi……poi……poi……
Non c’è più niente, nessun appiglio, niente mani
gentili a cui aggrapparsi.
Niente. Il silenzio le esplode nelle orecchie, nello stomaco. Un grumo dolorante.
“E’ finita Angela, possibile
che non ti fossi accorta di
niente?”
Accorta. C’era qualcosa di
cui accorgersi, capire. Lei
capiva solo l’amore. Non
c’era posto, dentro di lei,
per nient’altro. La sua voce, distante, logica, fredda. Le trapana il cervello
con parole incomprensibili. Non può più fuggire. E’
una farfalla impazzita,
prigioniera di una scatola di
vetro. Sbatte contro le
parole, inciampa, torna
indietro.
Angela guarda le immagini del suo amore perso,
disperso, concluso annientato, scavarle il ventre come lame arroventate.
Ascolta risate, telefonate,
voci sussurrate nella notte.
Risente il calore delle sue
mani prepotenti, invadenti, delicate e selvagge,
percorrerle il corpo.
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Ripercorre il linguaggio
segreto dell’amore, quello
che appartiene solo a lei e
lui. E a nessun altro. A
nessun altro.
Angela guarda la piccola
forchetta d’argento. Forse…… se cadesse……
Aggrapparsi alla tovaglia
bianca di lino, candida luce immacolata di ghiacciaio.
Tirare, con forza.
Guardare il mondo esplodere in mille frammenti di
vetro, nei cocci dei piatti
caduti, sui mattoni rossi,
nel vino rovesciato, sulla
tovaglia accasciata, nel
disordine del dolore.
Rosso rubino, rosso sangue. Rosso sangue.
Scivolare,
guardare
il
mondo accartocciarsi su
se stesso e racchiudersi
dentro il pulsare sordo del
cuore.
Inginocchiarsi sul pavimento. Guardare i
calici infranti
in cerca del
frammento
c he
anco ra
conserva il sapore delle
sue labbra. Sentirle avvicinare. Calde, insistenti.
Respirare il suo respiro.
Non poterlo più fare. Mai
più.
Aprire un varco al dolore
perché possa scorrere, uscire. E gridare, gridare,
gridare.
Angela guarda la piccola
forchetta d’argento. Immobile, in quell’assurda
vicinanza al bordo. Immobile. Forse…… se cadesse……
ANONIMA VENEZIANA