Il nuovo concetto di disoccupato

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Il nuovo concetto di disoccupato
Articolo pubblicato sul numero 14|2016 del 18/04/2016
Il nuovo concetto di disoccupato
di Gesuele Bellini
Con il Decreto legislativo n. 150 del 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il
lavoro e di politiche attive”, viene ridisegnato il concetto di “disoccupato”. Vediamo cosa è cambiato.
Lavoro : Previdenza : Indennità di disoccupazione
Lavoro : Previdenza : Ammortizzatori sociali
D.Lgs. n. 22 del 2015, art. 10
D.Lgs. n. 150 del 2015, art. 18
D.Lgs. n. 150 del 2015, art. 19
D.Lgs. n. 150 del 2015, art. 20
D.Lgs. n. 150 del 2015, art. 23
D.Lgs. n. 150 del 2015, art. 25
D.Lgs. n. 181 del 2000, art. 1
In termini generali per disoccupazione viene intesa la
condizione di mancanza di un lavoro per una persona in
età lavorativa che lo cerchi attivamente, sia nel caso che
lo abbia perso (in questo caso si parla di disoccupato in senso
stretto), sia perché è in cerca della prima occupazione (in tale
ipotesi è più corretto parlare di inoccupato).
In sostanza la disoccupazione rappresenta la condizione opposta all’occupazione.
In macroeconomia il concetto di disoccupazione si può estendere all’intero Stato e sulla base dei dati
raccolti si possono calcolare stime statistiche.
Al riguardo, si sente spesso parlare di tasso di disoccupazione che è un indicatore statistico del
mercato del lavoro, più in generale del mondo lavoro, e tra i principali indicatori di congiuntura
economica. L’obiettivo primario di tale indice è misurare una discrepanza sul mercato del lavoro
dovuto ad un eccesso di offerta di lavoro (da parte dei lavoratori) rispetto alla domanda di lavoro (da
parte delle imprese), mentre non è adatto a misurare discrepanze dovute a mancanza di manodopera
(ricercata dalle imprese).
In altre parole, il tasso di disoccupazione è il rapporto tra il numero di coloro che cercano
lavoro e il totale della forza lavoro, cioè la somma tra gli occupati e le persone in cerca di lavoro.
Di converso il tasso di occupazione è il rapporto, tra il numero degli occupati e il totale della
popolazione.
Una criticità di questo concetto, spesso incidente sulla rilevazione effettiva del dato, è quella per cui
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il tasso di disoccupazione così considerato può escludere la maggior parte dei disoccupati e questo
perché il conteggio riguarda solo chi, tra i disoccupati, sta cercando lavoro non chi, pur essendo
senza lavoro, abbia rinunciato a cercarlo.
In questo contesto, la rilevazione campionaria ISTAT sulle forze di lavoro rappresenta la principale
fonte di informazione statistica sul mercato del lavoro. Le informazioni che vengono rilevate
dall’istituto in parola sono la base per ricavare le stime ufficiali degli occupati e delle persone in
cerca di lavoro – stime sono prodotte e diffuse trimestralmente a livello nazionale e regionale e solo
annualmente a livello provinciale – necessarie per il calcolo dei tassi di occupazione e di
disoccupazione.
In termini pratici, il tasso di occupazione si ottiene dal rapporto in percentuale tra gli occupati e la
cd. forza lavoro, cioè la popolazione della classe di età 15-64 anni. Secondo l’indagine sulle forze di
lavoro, armonizzata a livello europeo, una persona è definita occupata se, nella settimana di
riferimento in cui viene effettuata l’intervista, ha svolto almeno un’ora di lavoro retribuito, oppure ha
svolto almeno un’ora di lavoro presso l’azienda di un familiare o ancora è stata assente dal lavoro
(ad esempio per ferie, malattia, cassa integrazione), ma ha mantenuto il posto di lavoro.
Le forze di lavoro sono date dalla somma degli occupati e delle persone in cerca di occupazione. Una
persona è definita in cerca di occupazione se rispetta due criteri: ha effettuato almeno un’azione
attiva di ricerca di lavoro nelle 4 settimane precedenti l’intervista ed è disponibile a lavorare nelle
due settimane successive a quella dell’intervista. Se questi due criteri non sono entrambi soddisfatti
la persona è considerata inattiva (ovvero rientrante tra le non forze di lavoro).
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT nell’ultimo trimestre dell’anno scorso l’occupazione è
risultata stabile, dopo la crescita nei due trimestri precedenti, registrandosi un aumento nel Nord e
nel Centro contrapposto ad una riduzione nel Mezzogiorno. Il tasso di occupazione sta salendo
soprattutto per gli ultra cinquantenni mentre quello d’inattività diminuisce.
L’aumento tendenziale dell’occupazione registrato nel quarto trimestre (+184 mila) è dovuto quasi
esclusivamente agli uomini e risulta trainato dai lavoratori dipendenti, cresciuti di 298 mila unità, in
gran parte a tempo indeterminato (+207 mila) e, tra i dipendenti a termine, dall’incremento di
quanti hanno un lavoro di durata non superiore a sei mesi. Accanto alla risalita degli occupati a
tempo pieno, l’aumento del lavoro a tempo parziale coinvolge soprattutto quello di tipo volontario
(dati ricavati dal sito www.istat.it).
La disoccupazione “legale”
Prima di entrare nel merito del nuovo concetto di disoccupazione e mettere in luce i relativi effetti
sui soggetti interessati appare utile ripercorrere le scelte definitorie operate dal legislatore.
Il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, recante “disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed
offerta di lavoro, in attuazione dell’art. 45, comma 1, lett. a), della L. 17 maggio 1999, n. 144” come
modificato dal D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, all’art. 1 stabilisce che per “stato di disoccupazione”
si intende “la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo
svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi
competenti”, distinguendo tra i “disoccupati di lunga durata”, e cioè, “coloro che, dopo aver perso
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un posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova
occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani” e “inoccupati di lunga” durata, cioè
“coloro che, senza aver precedentemente svolto un’attività lavorativa, siano alla ricerca di
un’occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani”.
Lo status di inoccupato, viene specificato nella stessa legge che spetta a coloro che, senza aver
precedentemente svolto un’attività lavorativa, siano alla ricerca di un’occupazione da più di 12 mesi
o da più di 6 mesi, se giovani.
In merito la Conferenza Unificata Stato-Regioni, nella seduta del 10 dicembre 2003, aveva precisato
che mantengono lo stato di disoccupazione anche i soggetti che percepiscono nell’anno solare un
reddito da lavoro non superiore a quello escluso da imposizione sulla base dei parametri fissati dalle
vigenti norme fiscali.
Lo stato di disoccupazione o inoccupazione per i soggetti interessati doveva essere formalizzato con
un’apposita dichiarazione scritta che doveva essere presentata dal lavoratore interessato al Centro
per l’impiego nel cui ambito territoriale si trova domiciliato. Ai Centri per l’impiego spettava, quindi,
il controllo e l’attestazione dell’effettiva permanenza del soggetto interessato nello status di
disoccupazione o inoccupazione.
Dal 1° gennaio 2013 i lavoratori licenziati non possono più godere dello status di
inoccupato o disoccupato ma della nuova forma di assistenzialismo rientrante in una
assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), che si sostanzia in un assegno mensile di durata
variabile il cui importo è pari al 75% della retribuzione ricevuta. La stessa è usufruibile da parte dei
lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente l’occupazione, previa richiesta, da
presentarsi all’INPS oppure ad un Patronato, e può essere fatta da tutti i dipendenti del settore
privato, apprendisti compresi, i dipendenti pubblici con contratti a tempo determinato, i soci
lavoratori subordinati di cooperative e i lavoratori dello spettacolo. I requisiti per chiedere
l’Assicurazione sono:
●
●
l’aver guadagnato due anni di anzianità e almeno un anno di contributi;
presentare domanda entro 60 giorni dal licenziamento.
È prevista anche una forma ridotta di ASpI per coloro che non raggiungono l’anno di contributi, ma
superano le 13 settimane.
Infine, è da rilevare che possono richiedere l’assicurazione anche coloro che, licenziati, hanno
avviato con successo la procedura di conciliazione.
Sino al 2017, l’ASpI verrà applicata in maniera transitoria nel senso che la durata del sussidio
cambierà di anno in anno sino ad assestarsi nel 2017, dal quale anno si avranno solo due fasce:
under 55, per i quali l’ASpI avrà durata pari a 12 mesi e over 55, la cui durata sarà 18 mesi.
Questa forma di assistenza sostituirà anche la mobilità, che verrà gradualmente ridotta siano a
scomparire nel 2017.
Il sussidio lo perde chi trova un’occupazione di durata superiore ai sei mesi, chi raggiunge la
pensione, chi guadagna un assegno di invalidità (in questo caso, può scegliere quale sussidio
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percepire).
Chi intraprende un’attività indipendente non perde tale forma di assistenza, a patto che non superi il
guadagno di euro 4800 annui. In ogni caso, vedrà l’assegno diminuire dell’80% del reddito presunto
che il lavoratore ricaverà dall’attività. In ultimo va ricordato che perde l’ASpI anche chi rifiuta
un’offerta di lavoro congruo.
Le nuove misure di politica attiva in materia di lavoro
Il Decreto n. 150/2015, com’è noto, ha provveduto al riordino della normativa per il lavoro e le
politiche attive.
Tra le varie misure innovative si sottolineano l’istituzione di una nuova rete nazionale dei servizi per
le politiche del Lavoro, coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro
(in acronimo ANPAL), e formata dalle strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, dall’INPS,
dall’INAIL, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione,
dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall’ISFOL nonché dal sistema delle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di
secondo grado.
L’ANPAL è dunque una nuova Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro che il Governo ha
deciso di istituire al fine di creare una rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro,
coordinata appunto dalla stessa Agenzia. Tale sistema informativo insieme al fascicolo elettronico
del lavoratore, servirà ad agevolare l’offerta e la domanda di lavoro sia privato che pubblico e a
monitorare le prestazioni erogate dallo Stato. Per questo motivo, i datori di lavoro dovranno
precedere all’invio telematico delle comunicazioni di assunzione, trasformazione dei contratti di
lavoro e di cessazione e licenziamento del lavoratore, informazioni che saranno appunto inserite nel
sistema informativo e che costituiranno il fascicolo elettronico del lavoratore, accessibile da tutti i
soggetti interessati tra cui Regioni e Province.
Tale Agenzia attraverso la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati sostiene il
reddito delle persone inoccupate o disoccupate attraverso l’attuazione di strategie di
responsabilizzazione e attivazione del lavoratore, fondamentali nell’incentivare il suo reinserimento
nel mercato del lavoro attraverso specifici percorsi soggettivi.
Inoltre, ai sensi dell’art. 18, D.Lgs. n. 150/2015, le Regioni e le Province autonome hanno affidato ai
Centri per l’impiego, in forma aggregata con i soggetti privati accreditati, l’attivazione di misure atte
all’inserimento e al reinserimento nel mercato del lavoro di disoccupati, di lavoratori beneficiari di
strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro o a rischio di disoccupazione.
In particolar modo sono state previste attività volte all’analisi delle competenze in relazione alla
situazione del mercato del lavoro locale con ausilio alla ricerca di un’occupazione.
È stato inoltre previsto un orientamento individualizzato all’autoimpiego e tutoraggio per le fasi
successive all’avvio dell’impresa con avviamento ad attività di formazione ai fini della qualificazione
e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo.
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Particole rilievo ha assunto poi, lo strumento del tirocinio per incrementare le proprie competenze e
sono stati attivati strumenti finalizzati alla conciliazione dei tempi di lavoro con gli obblighi di cura
nei confronti di minori o di soggetti non autosufficienti.
Il nuovo concetto di soggetto disoccupato
In questo panorama di tutele nei confronti della mutazione del rapporto di lavoro con particolare
riguardo allo stato di disoccupazione, con il D.Lgs. n. 150/2015, all’art. 19 comma 1, si è provveduto
a inserire nell’ordinamento una nuova nozione di soggetto disoccupato.
In base a tale ultima normativa sono considerati lavoratori disoccupati i soggetti privi di
impiego che dichiarano, in forma telematica, al portale nazionale delle politiche del lavoro
la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla
partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per
l’impiego.
Tale definizione si discosta, in parte, da quella che l’art. 1, comma 2, lett. c) del D.Lgs. n. 181/2000
dava allo stato di disoccupazione individuandolo nella condizione del soggetto privo di lavoro, che
sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo
modalità definite con i servizi competenti.
In sostanza la nuova norma presuppone la sussistenza di due requisiti che si concretizzano in una
componente soggettiva che consiste nell’essere privi di impiego e una oggettiva, cioè dichiarare la
propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle
misure di politica attiva del lavoro.
Tale condizione, come specifica il Ministero del Lavoro nella circolare del 2015, tuttavia, non rileva
in via esclusiva ai fini dell’accesso ai servizi ed alle misure di politica attiva del lavoro, ma
rappresenta solo un elemento che può essere considerato allo scopo di meglio mirare l’intervento o
di stabilire criteri di priorità.
Invero, lo stato di disoccupazione può essere valutato come titolo per la partecipazione a specifici
programmi di inserimento lavorativo o concorrere alla definizione del requisito di partecipazione
rilevando nel momento della registrazione al Programma e dell’inizio del servizio o della misura di
politica attiva, risultando, invece, ininfluente se la condizione di disoccupazione viene perduta in
momenti intermedi tra la registrazione e l’inizio del servizio o della misura di politica attiva.
Dal lato procedurale, ai fini della presa in carico da parte dei servizi competenti, i lavoratori
dipendenti possono effettuare la registrazione nel portale nazionale delle politiche del lavoro dal
momento della ricezione della comunicazione di licenziamento, anche in pendenza del periodo di
preavviso nel quale sono considerati lavoratori a rischio di disoccupazione.
Nelle more della piena operatività del portale nazionale delle politiche del lavoro, le dichiarazioni di
immediata disponibilità (DID) potranno essere sottoscritte presso il centro per l’impiego o saranno
rilasciate ai sistemi informativi regionali esistenti che già prevedono tale modalità. In questo ultimo
caso, i sistemi regionali raccoglieranno le informazioni nell’ambito delle schede anagrafiche e
professionali (SAP) e provvederanno ad inoltrarle al nodo di coordinamento nazionale attraverso il
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canale di cooperazione applicativa, secondo gli standard tecnici di cui al Decreto del Ministro del
lavoro del 30 ottobre 2007 e all’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 20 febbraio 2014.
In base alle informazioni fornite in sede di registrazione gli utenti dei servizi per l’impiego vengono
assegnati a una classe di profilazione aggiornata automaticamente ogni novanta giorni in ragione
della durata della disoccupazione e delle altre informazioni raccolte durante il servizio – allo scopo di
valutarne il livello di occupabilità, secondo una procedura automatizzata di elaborazione dei dati.
Una volta generatosi, lo stato di disoccupazione deve essere confermato. A tale fine, ai sensi dell’art.
20, D.Lgs. n. 150/2015, i lavoratori disoccupati sono tenuti a contattare i centri per l’impiego entro
30 giorni dalla data della registrazione telematica (in mancanza, sono convocati direttamente dai
medesimi uffici) per la profilazione e la stipula di un patto di servizio personalizzato.
Ai sensi dell’art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 150/2015, trascorsi sessanta giorni dalla data di
registrazione di cui all’art. 19, comma 1, il disoccupato che non sia stato convocato dai centri per
l’impiego ha diritto a richiedere all’ANPAL, tramite posta elettronica, le credenziali personalizzate
per l’accesso diretto alla procedura telematica di profilazione predisposta dall’ANPAL al fine di
ottenere l’assegno di ricollocazione di cui all’art. 23.
Nel patto di servizio personalizzato, inoltre, deve essere riportata la disponibilità del richiedente alla
partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva del
lavoro, e all’accettazione di congrue offerte di lavoro, come definite ai sensi dell’art. 25, D.Lgs. n.
150/151.
Ai sensi dell’art. 25, D.Lgs. n. 150/15, per offerta di lavoro congrua si intende quella definita dal
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, su proposta dell’ANPAL, sulla base dei seguenti
principi: a) coerenza con le esperienze e le competenze maturate; b) distanza dal domicilio e tempi
di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico; c) durata della disoccupazione; d)
retribuzione superiore di almeno il 20% rispetto all’indennità percepita nell’ultimo mese precedente,
da computare senza considerare l’eventuale integrazione a carico dei fondi di solidarietà.
Le norme nazionali o regionali ed i regolamenti comunali che condizionano prestazioni di carattere
sociale allo stato di disoccupazione, ai sensi dell’art. 19, comma 7, del D.Lgs. n. 150/2015, si
intendono riferite alla condizione di non occupazione allo scopo di evitare l’ingiustificata
registrazione come disoccupato da parte di soggetti non disponibili allo svolgimento dell’attività
lavorativa, a decorrere dalla data di entrata in vigore del citato decreto.
Il Ministero del Lavoro nella sua circolare del 2015 ha inteso specificare anche il concetto di non
occupazione, anche con riferimento alla prestazione di attività lavorativa di scarsa intensità, per il
quale richiama in via analogica, le disposizioni degli artt. 9 e 10 del D.Lgs. n. 22/2015, che
prevedono la conservazione della prestazione di nuova assicurazione sociale per l’impiego anche nei
casi in cui il beneficiario svolga un’attività lavorativa da cui derivi un reddito annuo inferiore al
reddito minimo escluso da imposizione. In tal caso il legislatore ha inteso tutelare il diritto ad una
prestazione per coloro che svolgano attività lavorativa, in forma subordinata o autonoma, di scarsa
intensità. Analogamente, pertanto, la condizione di non occupazione fa riferimento alle persone che
non svolgono attività lavorativa, in forma subordinata, parasubordinata o autonoma ovvero a coloro
che, pur svolgendo una tale attività, ne ricavino un reddito annuo inferiore al reddito minimo escluso
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da imposizione. Tale limite è pari, per le attività di lavoro subordinato o parasubordinato, ad euro
8.000, e per quelle di lavoro autonomo ad euro 4.800.
Lo stato di disoccupazione, invece, dal 24 settembre 2015, non è più compatibile con l’attività
lavorativa, a prescindere dalle condizioni di reddito. Il limite di reddito rimane in vigore solo per i
disabili (iscritti alle liste speciali di cui alla legge n. 68/1999)
Interventi per il nuovo disoccupato: l’assegno di
ricollocazione
L’aver inquadrato il nuovo concetto di disoccupato impone che si faccia un cenno sugli effetti che
comporta tale condizione in particolar modo per quanto riguarda l’intervento dello Stato nei suoi
confronti.
Al riguardo, il recente Decreto n. 150/2015 sul riordino delle politiche attive oltre a specificare
meglio lo stato di lavoratore disoccupato anche parziale e di lavoratore a rischio di disoccupazione, è
intervenuto con una misura rivolta al sostegno della disoccupazione di coloro che una volta
terminata la NASpI, risultano ancora privi di un’occupazione.
In particolare, per consentire ai disoccupati di trovare nuove opportunità lavorative l’art. 23, D.Lgs.
n. 150/2015, ha previsto il cd. assegno di ricollocazione.
In virtù di detto assegno, ai disoccupati percettori della NASpI, la cui durata di disoccupazione
ecceda i quattro mesi, è riconosciuta, qualora ne facciano richiesta al Centro per l’impiego presso il
quale hanno stipulato il patto di servizio personalizzato, una somma denominata assegno individuale
di ricollocazione, la cui entità è graduata in funzione del profilo personale di occupabilità; tale
assegno è escluso dall’assoggettamento fiscale e previdenziale.
Per tali soggetti l’assegno di ricollocazione servirà a pagare corsi di formazione professionale
organizzati dai Centri per l’Impiego, dalla Regione o dal Comune, al fine di agevolare il
reinserimento del soggetto sul mercato del lavoro in presenza di particolari requisiti stabiliti dalla
stessa normativa.
Il requisito principale previsto nella stessa norma consiste nell’aver fruito dell’indennità di
disoccupazione NASpI e rientrare nella categoria di lavoratori a rischio occupazione ovvero
disoccupati totali o parziali.
Nella prima categoria sono compresi i lavoratori a rischio collocati in cassa integrazione
straordinaria a seguito di una cessazione, anche parziale, dell’attività dell’azienda, sospesi per una
procedura concorsuale del datore di lavoro o in cassa integrazione in deroga o ancora in contratti di
solidarietà.
I lavoratori disoccupati riguardano coloro che hanno acquisito lo status di disoccupato dopo aver
sottoscritto presso il Centro per l’impiego, la DID, dichiarazione di disponibilità immediata al lavoro
resa nella nuova disciplina per via telematica attraverso il portale unico registrazione o attraverso la
domanda all’INPS di uno dei trattamenti di disoccupazione, ASPI, NASpI e Dis Coll.
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Tra costoro si annoverano i lavoratori che hanno cessato il rapporto di lavoro a causa di un
licenziamento collettivo, giustificato motivo, risoluzione definitiva di un contratto di lavoro a tempo
determinato, a chiamata, apprendistato, inserimento, somministrazione o a progetto; coloro che
hanno cessato l’attività lavorativa per cessazione anticipata del contratto per cause diverse dalle
dimissioni volontarie o da risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ovvero per dimissioni per
giusta causa del lavoratore.
Infine, tra i lavoratori disoccupati parziali sono da ricordare coloro che pur avendo un lavoro
dipendente o autonomo hanno un reddito annuo di importo pari o inferiore a quello esente da IRPEF,
e di conseguenza esonerati dall’obbligo di dichiarazione dei redditi.
L’assegno di ricollocazione in pratica è un voucher disoccupati (da non confondere con i voucher
lavoro per pagare lavori occasionali con l’assegno di ricollocamento) che spetta alle persone ancora
prive di occupazione, dopo la fruizione della NASpI.
Procedura per la richiesta dell’assegno
La richiesta del servizio di assistenza alla ricollocazione, che sospende il patto di servizio
personalizzato, deve essere effettuata dal disoccupato, a pena di decadenza dallo stato di
disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito, entro due mesi dalla data di rilascio
dell’assegno e ha una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato
l’intero ammontare dell’assegno.
Risulta inoltre necessario osservare che l’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 150/2015, in relazione alla
circostanza di un nuovo lavoro, ha previsto che lo stato di disoccupazione è sospeso in caso di
rapporto di lavoro subordinato di durata fino a sei mesi.
La disposizione si disinteressa delle eventuali conseguenze incombenti in caso di svolgimento di
un’attività di lavoro autonomo da parte del disoccupato e, pertanto, nel silenzio normativo potrebbe
anche ben sostenersi che doversi l’inizio di tale attività comporti la perdita dello status di
disoccupato indipendentemente dal reddito che si vada a conseguire, riscontrandosi di fatto una
totale assenza di coordinamento con l’art. 10, D.Lgs. n. 22/2015, che detta disposizioni in materia di
compatibilità dell’erogazione della NASpI con lo svolgimento dell’attività lavorativa in forma
autonoma o di impresa individuale.
Il disoccupato deve presentarsi al Centro per l’Impiego ed iniziare l’iter per la domanda di assegno
di ricollocazione o presentare e gestire in vi telematica, una volta entrato in funzione il Portale Unico
Registrazione disoccupati. Una volta completato l’istanza, ha la possibilità di scegliere l’agenzia per
il lavoro dalla quale farsi assistere nella ricerca attiva di una nuova occupazione; tuttavia l’agenzia
riceverà una remunerazione, dallo Stato o dalla Regione con la dote attribuita al lavoratore, solo nel
caso in cui sia concretamente trovato un lavoro.
Il lavoratore a questo punto deve effettuare il colloquio con il personale del Centro per l’impiego, a
seguito del quale il lavoratore viene inserito in una classe di profilazione, stilata in base al suo
profilo tecnico professionale attitudinale, al fine di valutare il suo grado di occupabilità.
Successivamente, una volta finita l’indennità di disoccupazione, risultante ancora privo di
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occupazione da almeno 4 mesi il lavoratore viene chiamato dal Centro per l’Impiego, per
sottoscrivere un Patto di servizio personalizzato, contenente anche l’indicazione circa la sua
disponibilità a partecipare ad iniziative formative, corsi di riqualificazione o di politica attiva e ad
accettare offerte di lavoro qualora congrue al suo profilo.
L’eventuale non partecipazione alle iniziative di inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro
comporta delle sanzioni che vanno dalla decadenza della prestazione, sospensione o decurtazione
delle somme erogate con l’assegno.
Il predetto assegno non costituisce reddito imponibile e le modalità operative, così come il rispettivo
ammontare verranno definiti con una delibera del Consiglio di Amministrazione
dell’ANPAL-l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, previa approvazione del ministro
del Lavoro e delle Politiche sociali.
L’importo dello stesso è parametrato al profilo di occupabilità, nel senso che quindi più si avranno
difficoltà a trovare un’occupazione congrua e più alta sarà la somma erogata, e può essere speso dal
lavoratore presso il centro per l’Impiego o presso i soggetti accreditati in materia di politiche attive
del lavoro, per poter frequentare corsi professionali che lo aiuteranno a reinserirsi sul mercato del
lavoro. I percettori di prestazioni di sostegno al reddito, potranno, inoltre essere chiamati a svolgere
attività di volontariato nel Comune di residenza.
Condizioni per il riconoscimento dello stato di disoccupazione:
• essere privo di lavoro;
• avere un’età superiore a 16 anni con obbligo scolastico assolto (cioè almeno 10 anni di
frequenza) oppure a 18 anni, e inferiore a 66 anni;
• essere immediatamente disponibile allo svolgimento di un’attività lavorativa;
• presentarsi, anche in via telematica, a un servizio pubblico competente.
Lo stato di disoccupazione si perde nei seguenti casi:
• assunzione con un contratto a tempo indeterminato o con un contratto a tempo determinato
di più di 6 mesi;
• avvio di un’attività di lavoro autonomo di qualsiasi durata;
• mancata conferma periodica della DID entro sei mesi dal colloquio al Centro per l’Impiego;
• mancata presentazione a una convocazione del Centro per l’impiego senza una giustificazione
adeguata e documentata (malattia, gravidanza, gravi impedimenti).
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