La neve carbonica che piace all`ambiente
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La neve carbonica che piace all`ambiente
SVERNICIATURA E SEPARAZIONI CRIOGENICHE IMPIANTI CRIOGENICI SERVIZIO CO2 – GHIACCIO SECCO DRY ICE BLASTING LA NEVE CARBONICA CHE PIACE ALL’AMBIENTE Pellets di varie dimensioni, anche micro, ‘sparati’ da ugelli subsonici o supersonici sempre più evoluti. Passi in avanti sorprendenti nella resa del passaggio da anidride carbonica liquida a neve carbonica. Macchine sempre più versatili e alla portata. Un settore in crescita, quello delle pulizie tecniche e delle sabbiature criogeniche realizzate tramite ghiaccio secco. I motivi sono presto detti: un salto di qualità nella produzione; potenze più modulabili; il moltiplicarsi delle applicazioni; la necessità di evitare l’impiego di sostanze chimiche e di prediligere procedimenti a impatto ambientale zero. Dopo oltre un decennio di rodaggio, il blasting criogenico inizia a farsi largo sui mercati: tanto nella produzione e vendita delle apparecchiature quanto nei servizi alle imprese. Se ne fa ricorso nelle fonderie e nell’industria alimentare, nelle centrali elettriche e nelle sverniciature, nella pulizia degli edifici, nel restauro delle opere d’arte, nella cantieristica navale e in tanti altri settori. In Europa le aziende produttrici di macchine per il dry ice blasting sono una dozzina. L’Italia gioca la sua partita e i risultati iniziano ad arrivare, come dimostrano fatturati, prototipi e brevetti. ‘PROIETTILI’ DA 3 MILLIMETRI PER ‘DECONTAMINARE’ Nella gran parte dei casi si usano pellets da 3 millimetri di diametro. Ma si possono impiegare granuli da 1,7 millimetri (per interventi più delicati), pezzi di maggiori dimensioni (fino a 20 millimetri: cilindri, blocchetti, mattonelle da macinare) oppure micro granuli da 0.3-0.5 millimetri, usati per lo più nell’elettronica e dove serve una pulizia di precisione. Tutto dipende dagli stampi: dal tipo di piastra di estrusione con la quale viene lavorato il ghiaccio secco e dai sistemi di macinazione. M.E.C srl leader in Italia nella produzione di macchine per il dry ice blasting, parte dalla fine, dal risultato: ‘proiettili’ di ghiaccio secco lanciati con pressioni che spesso superano le dieci atmosfere da macchine via via più evolute. Il procedimento è relativamente semplice. L’anidride carbonica liquida viene espansa con questo risultato: circa un terzo solidifica e diventa neve carbonica, che ha una temperatura di - 78,5°; il resto passa allo stato gassoso (può disperdersi nell’ambiente oppure essere recuperata e utilizzata). Se si parte dalla CO2 liquida stoccata in serbatoi isotermici, a -20° e 20 bar di pressione, quelli usati di solito nell’industria, si arriva a una resa del 40%. Se si parte dalla CO2 a temperatura ambiente con 60-70 bar di pressione la resa è del 28%. Il meccanismo brevettato da M.E.C. permette, invece, una resa del 100%, la neve carbonica viene trasformata in pellets. E’ una trafila semplice: viene spinta da un pistone negli stampi. I pellets sono subito utilizzabili: vengono conservati in normali contenitori isotermici. La durata è di circa tre, quattro giorni, a seconda della frequenza con la quale si aprono gli stessi contenitori. Il ghiaccio secco è igroscopico, assorbe l’umidità. Non presenta alcun problema di tossicità né di inquinamento: la CO2 liquida e gassosa, inodore, non infiammabile e con un peso di una volta e mezza superiore a quello dell’aria, si usa anche nell’ industria alimentare. CHOC TERMICO E CRACKING ZERO RESIDUI E ZERO ABRASIONI Il cuore del sistema di sabbiatura criogenica con pellets di anidride carbonica è rappresentato da tre fasi: choc termico, (cracking), pulizia meccanico-cinetica e sublimazione con microesplosioni. A seguito dello choc termico scaturito dal raffreddamento localizzato, lo strato da asportare si contrae. La sostanza da rimuovere, resa fragile da quello sbalzo termico, si frammenta e si stacca. A quel punto i pellets che la colpiscono sublimano e danno vita ad altra energia cinetica e a microesplosioni. Questa azione combinata permette la rapida rimozione delle sostanze. La velocità con la quale i granuli colpiscono la zona da trattare è elevatissima (anche 300 metri al secondo) e ciò permette di liberare una notevole energia. Nel sublimare, i pellets formano anidride carbonica: un gas inerte e secco. Questo significa che non resta alcun residuo sulla superficie trattata (se si esclude lo strato portato via). Dunque, non si rende necessario lo smaltimento di alcun materiale, cosa che accade sempre con le normali sabbiature. I pellets, che hanno una durezza di circa 1,5 Mohs, non producono alcun tipo di abrasione: non intaccano la superficie del materiale trattato le cui qualità restano immutate. DUE TIPI DI MACCHINE E PRESSIONI CRESCENTI Un sistema bitubo Venturi, molto affidabile e a costi contenuti, impiegato con pressioni fino a 10 bar. Un meccanismo monotubo, usato per macchine (e impieghi) più importanti e in grado di sfruttare pressioni oltre i 10 bar. Appartengono a queste due famiglie le macchine utilizzate per il dry ice blasting. Il resto lo fanno le dimensioni, la maneggevolezza, il tipo di ugelli impiegati per ‘sparare’ i pellets. Il ricorso a un’apparecchiatura piuttosto che all’altra dipende dal tipo di esigenze. Il sistema bitubo sfrutta il movimento Venturi. Aria e pellets sono separati: i granuli vengono proiettati attraverso l’aspirazione e un meccanismo che sfrutta una depressione. Le macchine monotubo, invece, hanno un distributore-miscelatore che mischia aria e pellets: tutto poi passa da un tubo e da una pistola ad aria. Le macchine bitubo funzionano con una pressione tra i sei e dieci bar: oltre i dieci bar si verificano problemi di contropressione e le performance calano. Se si usano ugelli normali, bitubo e monotubo hanno performance più o meno simili. Se si impiegano ugelli più performanti, subsonici o supersonici, e si parla anche di mach 2 e mach 3, l’incremento di energia è tale che si possono utilizzare soltanto i monotubo. Nella scelta della macchina, oltre al contaminante, vale a dire quello che si vuole rimuovere, conta molto il tipo di approccio. Un esempio? In Svizzera, dove è da sempre molto elevato il supporto ai tecnici che svolgono questo tipo interventi, tutti gli operatori sono sempre super accessoriati e abituati a ridurre al minimo la fatica: là si ricorre più di frequente alle macchine monotubo e a pressioni elevate. La gamma Mec comprende una quindicina di macchine: si va dai bitubo modello base, 8mila euro a listino, ai monotubo con ugelli supersonici da 15mila euro. Poi ci sono le grandi macchine che pesano tonnellate e sono installate nei cicli produttivi. Per quel che riguarda le macchine più semplici, quelle trasportabili, M.E.C. propone una decina di modelli: la gran parte lavorano sui 6/7 bar, poi ci sono quelle che lavorano sui 12-16 bar. I grossi impianti invece sono costituiti da apparecchiature più grandi e robotizzate: alcune macchine per il trattamento degli stampi monoblocco pesano 8 tonnellate. Completano il quadro delle realizzazioni M.E.C. le macchine usate per la microelettronica e la micromeccanica: le più piccole della gamma. E i pellettizzatori? M.E.C srl propone tre modelli, con due grandezze diverse per modello: dai trenta ai duecento chili. DAGLI STAMPI AI MURALES IL GHIACCIO DECONTAMINA TUTTO Non c’è ambito della produzione meccanica e siderurgica, come delle pulizie civili e industriali e del settore energetico, che non si intersechi con la ‘decontaminazione’ ottenuta grazie alla pulizia tecnica resa possibile dal “dry ice blasting”. Le macchine possono essere usate su tutti i materiali che non risentono di una forte variazione di temperatura. In alcuni casi, vedi nell’industria siderurgica, la macchina per il blasting criogenico è annessa alle linee produttive. Il ricorso al freddo per rimuovere scorie è così frequente (e così decisivo per il ciclo produttivo) che si preferisce dotarsi della macchina piuttosto che richiedere di volta in volta l’intervento di una ditta esterna. In altri casi gli interventi, programmati, avvengono grazie a società esterne. Ci sono industrie dove le linee vanno pulite più volte al giorno. Nelle fonderie e ovunque ci siano quel tipo di stampi, le macchine per il crio blasting sono di grandi dimensioni e installate. In quel caso le aziende si dotano anche delle macchine per produrre i pellets (con un impiego just - in - time che riduce lo stoccaggio del ghiaccio secco). Un altro impiego frequente è quello nel settore editoriale: molte rotative vengono trattate con una frequenza mensile. Altri impieghi importanti e relativamente frequenti quelli nelle centrali elettriche (turbine e scambiatori di calore), nel settore ferroviario (treni, sanificazioni). Poi c’è il vasto campo delle pulizie: da quelle degli arredi urbani e dei luoghi pubblici (rimozione di gomme da masticare e graffiti) ai locali in cui si è verificato un incendio (rimozione della fuliggine) al vasto campo dei restauri, a cominciare dal recupero soffitti di cassettoni in legno. Per capire quale tipo di potenza e di pellets utilizzare, si fanno delle prove su piccole parti dell’oggetto da trattare. L’esperienza di chi è chiamato a garantire l’intervento è importante ma da sola non basta. INQUINAMENTO AZZERATO E PERFORMANCE MIGLIORI (RUMORE ESCLUSO) L’incremento di efficienza nelle strumentazioni sottoposte a trattamento di pulizia criogenica non è soltanto visibile ma, in alcuni casi, misurabile. L’esempio più significativo è quello della produzione elettrica: l’incremento di efficienza degli alternatori dopo il trattamento criogenico arriva anche a superare il 10 per cento. Il ghiaccio secco può essere mischiato ad altre prodotti, ad esempio il bicarbonato. La sua grande versatilità permette di offrire risposte efficaci a esigenze le più varie. A cominciare da tutti i settori in cui si fa ricorso a idropulitrici e a sabbiatture. I vantaggi legati al blasting criogenico sono tanti: tempi di intervento più rapidi, nessuna abrasione provocata dalla sabbiatura, nessuna necessità di recupero di liquidi utilizzati con le idropulitrici, o della sabbia delle sabbiatrici il che significa azzerare rifiuti, smaltimenti e costi aggiuntivi, soprattutto se si fa ricorso a sostanze chimiche. Proprio in questo ambito, strettamente legato alla tutela dell’ambiente, si profilano per il crio blasting margini di applicazione (e spazi di mercato) notevoli. L’altro grande vantaggio è la possibilità di utilizzare la sabbiatura criogenica direttamente sulle linee di produzione e sui pannelli di controllo, proprio per l’assenza di acqua, sostanze chimiche e abrasive eccetera. Questa opzione, tra l’altro, rende superfluo lo smontaggio. Un esempio? E’ possibile intervenire su quadri elettrici (la legge italiana prevede l’impiego del crio blasting su apparati fino a mille volt), cosa che ovviamente non può avvenire per le strumentazioni che impiegano acqua, detersivi o abrasivi. Non manca, però, qualche difetto; il consumo di aria è piuttosto elevato e bisogna fare i conti con il costo del ghiaccio secco e con il rumore provocato dalla lavorazioni. Le emissioni sonore generate durante gli interventi oscillano tra gli 80 e 110 dBA. Ma a volte si arriva anche a 115 decibel. LE ORIGINI NEGLI STATI UNITI NEL 1972 NEGLI ANNI NOVANTA L’APPRODO IN ITALIA La gran parte delle tecnologie divenute di uso corrente sul finire del XX secolo hanno debuttato negli Stati Uniti in ambito militare o spaziale e sono rimaste, per anni, segrete. Non sfugge alla regola il crio blasting, approdato in Italia negli anni Novanta. Dal 1972 la Nasa inizia ad utilizzare in maniera sistematica le tecnologie alla base del crio blasting. Per oltre un decennio di questa procedura si conosce poco o nulla, Nel 1982 due azienda americane iniziano a sviluppare macchine per la pulizia criogenica. Nel 1989 il primo paese europeo ad acquistare le macchine americane è la Francia. Da lì il crio blasting arriva in Spagna, Regno Unito, Germania, Svizzera. In Italia la prima azienda a specializzarsi nelle macchine per la pulizia criogenica è la novarese Mec, tra il 1992 e il 1995, con l’uso di apparecchiature americane. Nel 1997 la Mec costruisce la prima macchina. Poi perfeziona di anno in anno la produzione, anche grazie alla collaborazione con centri di ricerca (università di Berlino, Bilbao e con il Politecnico di Torino) e una serie di innovazioni divenute altrettanti brevetti depositati. RICERCA E SVILUPPO, PARTITA DECISIVA PER CRESCERE SERVONO IDEE E BREVETTI Proprio la questione del rumore è uno dei fronti sui quali la ricerca applicata cerca di dare risposte. Innovazione e sviluppo, nell’ambito del crio blasting, hanno fatto e faranno la differenza. Lo dimostra la sfilza di brevetti depositati in Italia e in una decina di altri paesi, da MEC, un‘azienda molto attenta anche ai prototipi. Il settore è di nicchia e anche qui, per crescere, si deve innovare. Una fetta importante delle attività gestite da MEC sono rivolte proprio al progressivo miglioramento delle macchine e dei processi di lavorazione. Di recente il risultato più importante ottenuto da M.E.C., subito brevettato, è stato quello relativo alla produzione di ghiaccio secco. M.E.C. è riuscita a portare al 100% la quantità di CO2 liquida trasformata in ghiaccio secco. Un bel passo in avanti. Ricerche importanti riguardano l’abbattimento del rumore e l’impiego di ugelli sempre più evoluti. Se ne usano di vari materiali: alluminio, plastica, fibre di carbonio e acciaio, a seconda dell’uso che se ne deve fare. Per gestire questa partita decisiva, i rapporti con i centri universitari è indispensabile. M.E.C. collabora da anni con le Università di Berlino e Bilbao. La collaborazione con i ricercatori tedeschi ha visto la M.E.C. coinvolta in un progetto da milioni di euro. Di notevole rilievo anche i contatti con il Politecnico di Torino, con il quale M.E.C. ha lavorato soprattutto alla progettazione di nuovi ugelli. I fondi per la ricerca non sono dietro l’angolo. Nelle istituzioni comunitarie ci sono ma le istanze vanno seguite con attenzione. Farlo bene diventa un lavoro nel lavoro.