Da poco, mi ero trasferito in una grande villa, bella e signorile, in
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Da poco, mi ero trasferito in una grande villa, bella e signorile, in
Sogno Da poco, mi ero trasferito in una grande villa, bella e signorile, in una delle zone più eleganti della città. La mia nuova casa aveva un giardino immenso, che comprendeva un gazebo vicino il quale, c’era un barbecue che non vedevo l’ora di inaugurare. Il giardino era costellato di aiuole colme di fiori coloratissimi e cespugli tagliati con cura, dalle forme più varie: ce n’erano molte a forma di pesce, ne ricordo anche una a forma di tornado e una che credo fosse fuoco. Al limitare del giardino crescevano numerosi alberi da frutto, alcuni ancora in fiore, nonostante la stagione. Un melo particolarmente carico di frutti, all’apparenza dorati, sotto il quale si trovava una fontana con una statua che rappresentava l’acquario: la donna con l’anfora da cui sarebbe dovuta scorrere l’acqua. Ma la fontana non era funzionante, e sembrava non esserlo da parecchio tempo. Decisi di arrampicarmi sull’albero per raccogliere uno dei frutti dorati. Trovai un ramo basso e ci salii sopra. Passai poi per un secondo ramo, poi un terzo, fino ad arrivare dove nascevano i primi frutti. Allungai un braccio per raccoglierne uno particolarmente lucido e liscio dall’aspetto gustoso, quando, persi l’equilibrio. Caddi di schiena nella fontana, battendo la testa sulla pietra. Mentre vedevo tutto scurirsi, feci in tempo a scorgere qualche goccia, subito dopo sentii dell’acqua gorgogliare. Poi, tutto buio. Non ricordo nient’altro di quel momento. Mi svegliai e realizzai di non essere più nel lussureggiante giardino dove ero svenuto. Non sapevo dell’esistenza di un luogo del genere sulla terra, era tutto così strano. Una volta ripreso dalla caduta, mi resi conto di essere bagnato fradicio. Ero stanchissimo. Stavo avvicinando le mani alla faccia per strofinarmi gli occhi, nell’intento di svegliarmi un po’, ma qualcosa me lo impedì. Subito cercai uno specchio, per fortuna ce n’era uno appeso alla parete della stanza in cui mi trovavo, mi guardai nel mio riflesso e vidi che una grande bolla trasparente circondava la mia testa. Cosa mi era successo? Entrai nel panico, cominciai ad urlare. A quel punto, qualcuno entrò dalla porta chiusa a chiave, questo fatto mi tranquillizzò, o almeno per un istante. Quando lo vidi mi misi ad urlare nuovamente: avevo visto un essere simile in alcuni libri mitologici, ma ero convinto non esistesse. Aveva sembianze umane ed era alto poco più di un metro e mezzo. Era di un colore azzurro-verde, aveva le mani palmate e la bocca a forma di becco. La creatura mi chiese di tranquillizzarmi, poi mi offrì un panino e un bicchiere d’acqua. Non mi fidavo, ma avevo talmente tanta fame che non esitai ad accettare. Anche se subito dopo realizzai che avevo ancora la bolla in testa e che mangiare era impossibile. Provai a fare qualche passo di corsa, ma mi venne difficile, andavo molto lento. La cosa non mi turbò, ormai avevo capito, ero in un mondo sott’acqua o qualcosa del genere. La creatura mi fece cenno di seguirlo. Superammo numerosi corridoi e scalinate: stavamo andando sempre più in alto. L’essere nuotava più veloce di me, quindi lo persi di vista molte volte. Per qualche motivo, la mia goffaggine sembrava divertirlo. Ad un certo punto, nuotammo verso l’alto, fino ad una botola che ci condusse in un’area senz’acqua, dove potei togliere la bolla, la creatura al mio fianco respirava tranquillamente. Finalmente potei mangiare. Ad ogni morso mi chiedevo cosa ci fosse dentro il panino, eppure non riuscii a capire quale fosse il suo ripieno. - Mi chiamo Pkey. si presentò. – Io sono Daniel- risposi. – Ti ho trovato privo di sensi, ho deciso quindi di portarti qui. Ti ho salvato la vita. – mi spiegò lui. Gli credetti, ma avevo parecchie domande da porgli. -Cos’è questo edificio? Dove ci trovavamo esattamente? – chiesi quindi impaziente. – Questo è un ospedale. - rispose. Prima che io facessi altre domande, si affrettò a dirmi -Non ci troviamo sulla Terra, ma su Acqua, un altro pianeta. - - Mi puoi aiutare a tornare a casa? – chiesi nervoso. Avrei dovuto aspettare molto tempo… Sarei potuto non tornare mai. Sempre più teso dissi – Non è possibile, ci deve essere un modo! Perché non posso tornare sulla Terra? – Pkey, con la solita espressione indifferente, e il tono della voce calmo, cominciò a raccontare - La regina di Acqua, possiede uno scettro fatto di un corallo molto raro, con in cima una perla di valore inestimabile, che viene tramandato ormai da molte generazioni. Questo scettro ha il potere di controllare i passaggi tra Acqua e gli altri mondi. I sovrani di Aria se ne sono impossessati. - sospirò. – Quanti pianeti esistono? - chiesi io, che fino a poche ore prima ero convinto che la Terra fosse l’unico luogo abitato. – E perché i sovrani di Aria hanno fatto ciò? - Vedi, ci sono quattro mondi: Acqua, Terra, Aria e Fuoco- cominciò – Fuoco ha paura di Acqua perché in uno scontro non avrebbe speranza, volendo essere il più forte ha proposto ad Aria un’alleanza. Aria ha le forze militari più deboli, quindi ha accettato. - continuò. –A cosa serve rubare lo scettro? - chiesi –Lo scettro è necessario per entrare liberamente ad Acqua, per facilitare un eventuale attacco. - mi rispose lui. – Ti devo portare dalla regina, rimetti la bolla in testa e seguimiVidi la regina seduta sul trono, e mi inchinai davanti a lei. Era…era una sirena! Aveva una lunga coda color rosa corallo, i capelli erano neri, e gli occhi blu intenso. – Chi è lui? - chiese la regina con tono fermo. Io mi presentai –sono Daniel, vengo dalla Terra. – Potresti esserci utile. Immagino che tu voglia tornare a casa… L’unico modo che hai per tornare a casa è recuperare lo scettro. Per farlo ci devi aiutare a combattere- disse lei con sicurezza. Acconsentii a combattere. –Trovagli un ruolo nel campo di battaglia! - ordinò a una sirenetta seduta accanto a lei. Salutai Pkey. Fui condotto quindi nella sala di addestramento, lì, c’erano altre persone che si esercitavano: ce n’erano molte simili a Pkey, e ne ho visti anche alcune fatte interamente d’acqua. –io sono Hazel, ti aiuterò a trovare il tuo punto di forza- mi disse. Mi fece provare alcune delle abilità che era comune avere tra gli abitanti della Terra tempo prima. Dopo ore e ore di tentativi vani, una gigantesca roccia mi comparve davanti, quando alzai le mani verso l’alto, battendo contemporaneamente il piede a terra. Continuai ad esercitarmi. Alla fine, agitando le mani circolarmente e portandole poi in avanti, alcune pietre si scaraventarono sul muro di fronte a me. Ero sbalordito per ciò che ero in grado di fare, ma non riuscivo a controllare i miei poteri, infatti, nei giorni successivi mi allenai ininterrottamente. Una sera, a cena mi venne in mente una domanda: Perché gli abitanti della Terra non sapevano niente degli altri mondi? Lo chiesi ad Hazel, e lei mi spiegò che in passato, la Terra, cercò di dominare sugli altri, e che fu esiliata in seguito ad una lunga guerra. Con il tempo, il ricordo di tutto ciò svanì. Come era stato previsto, arrivò il giorno dell’attacco. Gli abitanti di Acqua non si fecero affatto cogliere di sorpresa, anzi, furono pronti al contrattacco. Sapevano bene di essere avvantaggiati sott’acqua, ma non sottovalutarono gli avversari. Io ero in prima fila, dovevo proteggere l’esercito, usando le pareti di roccia. Ero molto agitato. Sentii i nemici farsi sempre più vicini. Ora sì che avevo davvero paura. Poi li vidi, erano lì, davanti a me. Ero terrorizzato. Il lato positivo, è che la mia posizione mi permise di vedere l’aspetto degli avversari. A terra, schierati, gli abitanti di Fuoco erano completamente corazzati, probabilmente per ripararsi dall’acqua che li circondava. Gli abitanti di Aria arrivarono volando, e si fermarono sopra a quelli di Fuoco. Alcuni erano uccelli con sembianze umanoidi, che arrivarono cavalcando spiriti di forma equina; altri avevano testa e busto da donna, ma ali piumate al posto delle braccia e taglienti artigli al posto dei piedi. Cercai con lo sguardo Pkey e Hazel che mi sorrisero incoraggianti. La battaglia ebbe inizio. Tutti partirono all’attacco, io feci lo stesso. Creai subito delle barriere di roccia per proteggere i miei compagni dalle frecce e dalle lance, e alcuni avversari in corsa ci sbatterono contro. Scagliai alcuni massi contro i volatili. La battaglia si concluse con la nostra vittoria. Durante lo scontro, la regina riuscì a rubare lo scettro al re di Fuoco, che fu poi fatto prigioniero. Alla fine della battaglia venni condotto nella sala del trono. Lì, la regina mi incise sul braccio lo stemma di Acqua, il simbolo che tutti i cavalieri reali avevano. Poi, riaprì il passaggio per la Terra. Salutai i miei amici prima di lasciarli, probabilmente per sempre. Tornai a casa. Mi ritrovai sulla Terra. Ero in ospedale. Vidi i miei genitori, mi dissero che ero stato in coma per alcuni mesi. No, non poteva essere solo un sogno! Mi guardai il braccio…c’era lo stemma.