Corte di Cassazione Terza penale Data: 06.02.2013

Transcript

Corte di Cassazione Terza penale Data: 06.02.2013
Il delitto di pornografia minorile è configurabile esclusivamente quando il materiale medesimo ritragga o
rappresenti visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta
sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della
regione pubica
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere Dott. GRILLO Renato - Consigliere Dott. AMORESANO Silvio - rel. Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.D. ;
avverso l'ordinanza dell'1.8.2012 del Tribunale di Roma;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P.G., dr. Tindari Baglione, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
sentito il difensore, avv. Leonardi Michele, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1) Con ordinanza in data 1.8.2012 il Tribunale di Roma rigettava la richiesta d riesame proposta nell'interesse di
L.D. avverso l'ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Roma il 13.7.2012, con la quale era stata applicata nei
confronti del predetto L. la misura cautelare della detenzione in carcere per i reati di detenzione di
un'ingente quantità di materiale pedopornografico e di produzione e diffusione di materiale
pedopornografico.
Premetteva il Tribunale che, a seguito di un'Indagine, svolta anche mediante agenti sotto copertura, avviata
dall'A.G. di Torino per contrastare il fenomeno della pedopornografia, si accertava, tra l'altro, che l'indagato si
procurava per via telematica tale materiale.
Nel corso di una perquisizione domiciliare veniva rinvenuto un p.c. portatile, due hard disk esterni, due macchine
DirittoItaliano.com - Tutti i diritti riservati - Autorità: Corte di Cassazione Terza penale Data: 06.02.2013 Numero: 5874
ESTREMI: Corte di Cassazione Terza penale Data: 06.02.2013 Numero: 5874
fotografiche ed altro materiale. L'analisi degli hard disk consentiva di accertare che era stato memorizzato
ingente materiale pedopornografico, realizzato attraverso lo sfruttamento sessuale di minori (per un totale di 60
Gbyte), schedato e catalogato.
Il contenuto, esplicitamente erotico del materiale, non poteva essere posto in discussione, contrariamente a
quanto sostenuto dalla difesa.
Sussisteva, altresì, il concreto pericolo di diffusione del materiale detenuto, per cui era configurabile il reato di cui
all'art. 600 ter c.p.
Infine sussisteva altissima probabilità di condotte recidivanti ed unica misura adeguata risultava quella di
massimo rigore.
2. Ricorre per cassazione L.D., denunciando la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, nonchè il travisamento del contenuto delle fotografie indicate agli allegati 3 e 4 del fascicolo del
riesame. Il Tribunale, nel ritenere sussistente il fumus dei reati ipotizzati, ha travisato il tenore delle fotografie,
discostandosi dai parametri di valutazione indicati all'art. 1 della Decisione Quadro 2004/68/Gal.
Si è limitato, invero, ad affermare che il contenuto erotico del materiale era desumibile dal fatto che si era posta
particolare attenzione agli organi genitali od ai glutei. Per fa configurabilità del reato è, invece, necessario il
coinvolgimento dei minori in pratiche sessuali.
Con il secondo motivo denuncia la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 600 ter c.p., comma 1, nonchè
la violazione del principio costituzionale di offensività in relazione ai criteri ermeneutici di cui all'art. 1 della
Decisione Quadro 2004/68/GAI del 2.12.2003. Tali criteri, vincolanti per l'interprete nazionale, richiedono che i
minori vengano rappresentati in "atteggiamenti lascivi" e "coinvolti o implicati" in attività di tipo sessuale. Le foto
rinvenute, carpite a distanza, non presentano alcun contenuto erotico, essendo esse, sotto tale profilo,
assolutamente "neutre".
Con il terzo motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione
alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria. Il Tribunale ha, apoditticamente, ritenuto incontestabile la
sussistenza del pericolo di diffusione del materiale; dalla lettura del provvedimento non emerge in base a quali
elementi e a quale iter logico si sia ritenuto sussistente siffatto pericolo. La fattispecie di cui all'art. 600 ter c.p.,
comma 3 presuppone, invece, che vi sia da parte dell'agente la messa a disposizione del materiale ad un
numero indeterminato ed indistinto di soggetti.
Con il quarto motivo, infine, denuncia la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
relazione al rigetto della richiesta di sostituzione della misura della detenzione carceraria con quella degli arresti
domiciliari, avendo il Tribunale omesso di considerare che la richiesta medesima indicava la possibilità di
applicare rigide restrizioni nell'utilizzo di ogni sistema informatico.
Motivazione
1. Il ricorso è fondato nel termini di seguito indicati.
2. Il ricorrente contesta la sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 600 ter c.p. assumendo che il materiale
contenuto negli allegati 3 e 4 del fascicolo del riesame non ha, palesemente, carattere pedopornografico.
La censura sollevata dal ricorrente comporta la necessità di individuare la nozione di pornografia minorile.
Il legislatore, sia nella relazione al disegno di legge che durante i lavori parlamentari (L. n. 269 del 1998 e quella
di modifica n. 38/2006), evitò di prendere posizione (con una nozione astratta) sul punto, lasciando all'interprete
di valutare, di volta in volta, il carattere pornografico del materiale. La giurisprudenza di questa Corte solo con la
sentenza n. 10981 del 4.3.2010 ha indicato, con precisione, i criteri di individuazione del "materiale pornografico
minorile", ritenendo che il delitto di pornografia minorile è configurabile esclusivamente quando il
materiale medesimo ritragga o rappresenti visivamente un minore degli anni diciotto implicato o
coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva
dei genitali o della regione pubica. In motivazione si premetteva che in precedenza la giurisprudenza di
legittimità non aveva avuto modo "di affrontare direttamente questo compito, verosimilmente perchè le
fattispecie concrete al suo esame non presentavano margini di incertezza e non configuravano situazioni di
confine. L'unico precedente, ormai risalente nel tempo, ha una utilità relativa, giacchè non si misurava con le
fattispecie penali introdotte dalle leggi citate, ma si limitava a definire la pornografia in relazione alla nozione di
osceno formulata nell'art. 529 c.p., precisando che la pornografia è compresa nel più ampio concetto di oscenità,
e si identifica con "la descrizione o illustrazione di soggetti erotici, mediante scritti, disegni, discorsi, fotografie,
ecc, che siano idonei a far venir meno il senso della continenza sessuale e offendano il pudore per la loro
manifesta licenziosità" (Cass. Sez. 3, n. 1197 del 6.11.1970, Bianco, mass. 116647). Tanto premesso, si
ricordava che, secondo il Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell'Infanzia, sulla vendita dei bambini,
la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, stipulato a New York il 6.9.2000 e ratificato dall'Italia
con L. 11 marzo 2002, n. 46, si intendeva per pornografia minorile "qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi
mezzo, di un bambino dedito ad attività sessuali esplicite, concrete o simulate, o qualsiasi rappresentazione
degli organi sessuali a fini soprattutto sessuali". Sulla stessa linea era la definizione contenuta nella citata
decisione quadro del Consiglio Europeo n. 2004/68/GAI del 22.12.2003, relativa alla lotta contro lo sfruttamento
sessuale dei bambini e la pornografia infantile, secondo la quale si intendeva per "bambino" una persona d'età
inferiore ai diciotto anni, e per "pornografia infantile" un materiale che ritrae o rappresenta visivamente: 1) "un
bambino reale implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, fra cui l'esibizione lasciva dei genitali
o dell'area pubica"; 2) "una persona reale che sembra essere un bambino, implicata o coinvolta nella suddettta
condotta"; 3) "immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto nella suddetta condotta" (art.
1).
Entrambe le definizioni quindi sottolineavano due elementi essenziali della pornografia "quello della
rappresentazione di una figura umana e quello dell'atteggiamento sessuale della figura rappresentata". La
sentenza in questione nell'affrontare il problema della vincolatività di tale definizione normativa per il giudice
nazionale, rilevava che i "contrasti o i dubbi interpretativi non sono più ammessi dopo l'intervento della Corte di
giustizia, che con la sentenza 16.6.2005, C-105/03 - la famosa sentenza Pupino - ha fatto chiarezza sul punto.
In particolare, la Corte ha osservato che il carattere vincolante delle decisioni quadro è formulato dall'art. 34,
comma 2, UE in termini identici a quelli usati dall'art. 249, comma 3, CE per le direttive comunitarie ("la direttiva
vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la
competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi"). Ciò - secondo la sentenza Pupino "comporta, in capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai giudici nazionali, un obbligo di interpretazione
conforme del diritto nazionale" (par. 34).
Ne deriva che il giudice, nell'applicare il diritto nazionale, deve interpretarlo in modo conforme alle decisioni
quadro adottate nell'ambito del titolo 6^ del Trattato UE (par. 43), ovviamente entro i limiti stabiliti dai principi
generali del diritto (par. 44).
L'obbligo di interpretazione conforme cessa soltanto quando la norma del diritto nazionale si rivela incompatibile
col risultato perseguito dalla decisione quadro; in altri termini detto obbligo "non può servire da fondamento ad
un'interpretazione contro legem del diritto nazionale" (par. 47). Da questa impostazione deriva che il giudice
italiano, nell'applicazione dell'art. 600 ter c.p., deve fare riferimento alla nozione di pedopornografia fornita
dall'art. 1 della decisione quadro 2004/68/GAI, al fine di rendere compatibile la fattispecie penale ai principi di
determinatezza e offensività.
Perciò, il materiale pedopornografico previsto dalla norma codicistica come oggetto materiale della
condotta criminosa deve essere inteso come quel materiale che ritrae o rappresenta visivamente un
minore degli atti diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale può essere
anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica.
Com'è evidente, questa è una interpretazione non contro, legem, ma secundum legem, perchè non fa che
restituire alla fattispecie penale un significato costituzionalmente compatibile col principio di determinatezza,
laddove richiede alla pedopornografia (e in genere alla pornografia) una connotazione esplicitamente sessuale"
(cfr.sent. n. 10981/2010).
Anche la sentenza di questa sezione n. 21392/2010, pur non affrontando espressamente la questione,
richiedeva però che, per la configurabilità del reato, ci si trovasse in presenza di "fotografie ritraenti immagini di
minori in pose sessualmente equivoche".
3. Nel quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato, che poneva l'accento, nella individuazione di
materiale pedopornografico, sul carattere lascivo della esibizione e quindi su atteggiamenti esplicitamente
sessuali, è intervenuta la L. 10 del 2012. n. 172 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio
d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a ______, e di
adeguamento delle norme interne.
Tale legge con l'art. 4, comma 1, lett. h) ha modificato il testo dell'art. 600 ter e, per quel che interessa in questa
sede, ha inserito all'u.c. una definizione precisa di pornografia minorile ("si intende ogni rappresentazione, con
qualunque mezzo di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o
qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore degli anni diciotto per scopi sessuali"). A parte la
novità rappresentata dall'inserimento, per la prima volta, nella legislazione nazionale della nozione di pornografia
minorile, si è in presenza, per porre evidentemente un argine al dilagante fenomeno, di un indubbio maggior
"rigore", pur temperato dal riferimento agli "scopi sessuali" essendo sufficiente anche la sola rappresentazione
degli organi sessuali e non più la esibizione lasciva degli stessi.
Tale norma, così interpretata, non può, però, ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 4, trovare applicazione nella
fattispecie in esame, essendo stato il fatto commesso in data 10.7.2012 e quindi prima dell'entrata in vigore della
L. n. 172 del 2012.
3.1. Il Tribunale, pur dando che le foto ritraggono minori infraquattordicenni nudi o in costume da bagno, mentre
si trovano in spiaggia, con particolare attenzione agli organi genitali od ai glutei, ha apoditticamente ritenuto che
"il contenuto esplicitamente erotico del materiale è oggettivamente apprezzabile," senza indicare da quali
elementi abbia tratto la natura lasciva della esibizione, (così come richiesto, per le ragioni in precedenza
esposte, dalla normativa previgente).
Rimanendo assorbite le censure di cui al terzo motivo di ricorso, la ordinanza impugnata va, pertanto, annullata
sul punto con rinvio per nuovo esame.
4. Anche in ordine all'adeguatezza della misura le censure del ricorrente sono, comunque, fondate.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di scelta delle misure cautelari, ai fini della motivazione
del provvedimento di custodia in carcere, non è necessaria un'analitica dimostrazione delle ragioni che
rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi con argomenti logico
giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione del reato nonchè della personalità
dell'indagato gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come
la misura più adeguata al fine di impedire la prosecuzione dell'attività criminosa, rimanendo in tal modo
assorbita l'ulteriore dimostrazione della inidoneità delle altre misure coercitive (ex plurimis Cass. Pen.
sez. 6 n. 17313 del 20.4.2011).
E' indubitabile, però, che il Tribunale, per il principio di completezza della motivazione, debba esaminare le
deduzioni delle parti ed argomentare in ordine alle stesse. Sicchè non costituisce motivazione adeguata quella
che, in presenza di temi specifici sollevati, si limiti alla riaffermazione della motivazione dell'ordinanza impugnata
in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
4.1. Il Tribunale, senza tener conto che la richiesta difensiva di sostituzione della misura di massimo rigore con
gli arresti domiciliari prospettava l'applicazione, a carico dell'indagato, di rigide restrizioni nell'utilizzo di ogni
sistema informatico o idoneo alla connessione alla rete, si è limitato ad affermare che "a fronte dell'ammessa
incontrollabilità dell'inclinazione e della insopprimibile pulsione ossessiva a visitare siti pornografici deve ritenersi
necessitata l'applicazione della misura cautelare di massimo rigore".
PQM
Annulla l'ordinanza Impugnata e rinvia al Tribunale di Roma.
Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell'istituto penitenziario
competente perchè provveda a quanto stabilito dall'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2013