La missione come dia..

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La missione come dia..
MAXIMINO CEREZO BARREDO
chiesa in america latina
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MAURO CASTAGNARO
La missione
come
dialogo
e compassione
L’
Mauro Castagnaro,
giornalista
professionista,
specialista di America
latina, redattore di
Missione Oggi e curatore
presso La Meridiana di
diversi volumi, ultimo
dei quali:
(con L. Eugenio)
Il dissenso soffocato.
Un’agenda per papa
Francesco (2013).
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Missione Oggi | marzo 2015
espressione “dialogo profetico” non ha una
significativa diffusione in America latina, però i due termini sono molto evocativi nella sua
tradizione ecclesiale. L’idea di “dialogo profetico” permette, secondo chi l’ha coniata, di ricondurre a comprensione unitaria vari elementi della
prassi missionaria: testimonianza e annuncio; liturgia, preghiera e contemplazione; giustizia, pace e salvaguardia del creato; dialogo interreligioso; inculturazione; riconciliazione. Tali elementi
sono tutti, sia pur in diversa misura, presenti
nell’esperienza della Chiesa dell’America latina.
ELEMENTI DEL DIALOGO PROFETICO
Caratterizzante è stato ed è l’impegno per la
giustizia, che ha visto molti cristiani denunciare
le situazioni di oppressione ed emarginazione,
condividere forme di vita solidale e partecipare
a lotte sociali, riconoscendo non solo il diritto
degli ultimi a organizzarsi, ma l’operare dello
Spirito in questi movimenti popolari. Più di recente tale impegno si è esteso ai problemi ambientali. Da queste pratiche è sorta, col nome di
teologia della liberazione, una rilettura dell’intero messaggio evangelico alla luce di quella
“opzione preferenziale per i poveri” che costituisce il maggior contributo latinoamericano al
magistero della Chiesa universale.
Ciò ha prodotto quella radicale forma di testimonianza che è il martirio, in cui si sono ritrovati fianco a fianco catechisti e sindacalisti,
religiose e leader contadini, con la particolarità
di essere vittime di altri cristiani e non per ra-
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Un notevole sforzo i missiologi latinoamericani
stanno compiendo a favore del dialogo con le
religioni delle popolazioni autoctone e di quelle dei
discendenti degli schiavi africani nonché in vista
dell’inculturazione del Vangelo. Negli ultimi anni si
è affrontata l’urgenza di un dialogo tra teologia
della liberazione e pluralismo religioso
gioni confessionali, ma per motivi di scontro tra
diverse visioni del cattolicesimo. Né si può dimenticare, sul piano della testimonianza e dell’annuncio, quella generazione straordinaria di
vescovi, che il teologo Joseph Comblin definì
“santi padri della Chiesa latinoamericana”.
Questo rinnovamento ecclesiale ha implicato
anche la produzione di un ampio repertorio di
preghiere, canti, liturgie e opere d’arte (dai Salmi
di Ernesto Cardenal ai murales di Maximino Cerezo Barredo alla Misa campesina nicaraguense)
che ha portato queste forme di espressione religiosa a frequentare i terreni inediti del riscatto
sociale, della violenza politica e della coscientizzazione culturale. Presente, anche se meno
elaborato sul piano teologico, è stato il lavoro dei
cristiani per la pace, mentre quello per la riconciliazione (dopo decenni di violenza o tra indios
e bianchi oppressori) è risultato credibile solo là
dove, come in Guatemala, le Chiese sono riuscite
a decidersi tra chi chiedeva verdad y justicia sulle violazioni dei diritti umani e chi sollecitava
perdon y olvido di quei crimini, restando invece
ambiguo nei paesi come l’Argentina in cui la gerarchia aveva legittimato regimi repressivi in nome della “nazione cattolica”.
Un notevole sforzo i missiologi latinoamericani (dall’equipe messicana del Centro nacional
de ayuda a las misiones indigenas-Cenami all’italiano Ettore Frisotti) stanno compiendo a favore del dialogo con le religioni delle popola-
zioni autoctone dei discendenti degli schiavi
africani nonché in vista dell’inculturazione del
Vangelo. Negli ultimi anni si è affrontata l’urgenza di un dialogo tra teologia della liberazione
e pluralismo religioso.
Riprendendo, quindi, i due termini del nostro
concetto, possiamo aggiungere che il dialogo è
stato anche all’interno della Chiesa, attraverso
il forte sviluppo concreto, a volte anche forzando la gabbia di un diritto canonico mortificante,
di una sua concezione comunitaria: basti pensare alle Comunità ecclesiali di base o all’esperienza di collegialità senza paragoni in altri continenti delle Conferenze generali dell’episcopato latinoamericano, passando per il profilo sinodale attribuito in molte Chiese particolari alle
Assemblee diocesane e al rilevante ruolo svolto
spesso dalle Conferenze episcopali. La profezia,
d’altro canto, è stata vissuta proprio come discernimento, “in tempo favorevole o contrario,
nonostante l’opposizione, la derisione e la persecuzione” del “senso degli eventi quotidiani”,
come “annuncio della parola di Dio al popolo di
Dio” e come “denuncia di ciò che si oppone al
progetto di vita sognato da Dio”, con una fedeltà
capace di andare fino alla morte, come esemplificato da p. Ignacio Ellacuría.
PER APPROFONDIRE
ROBERTO E. ZWETSCH
MISSÃO
COMO COM-PAIXÃO
POR UMA TEOLOGIA DA
MISSÃO EM PERSPECTIVA
LATINO-AMERICANA
Sinodal-Clai,
Sao Leopoldo-Quito 2008
pp. 431; s/p
presso:
[email protected]
SFIDE E PROSPETTIVE PER LA MISSIONE
In America latina il mondo evangelico legato
alle “Chiese di missione” ha negli ultimi 40 anni
sviluppato il concetto di “missione integrale”, per
affermare che la missio Dei abbraccia l’intera vita
umana in tutte le dimensioni. Il padre di questa
prospettiva, il pastore battista ecuadoriano René
Padilla, ha sostenuto la necessità di coniugare
“annuncio cristiano” e responsabilità sociale.
L’America latina è oggi caratterizzata da
grande dinamismo sociale, da governi non
Santuario Martires
da Caminhada
(Ribeirão Bonito, Brasile),
“Sangue per il popolo”,
murales di Maximino
Cerezo Barredo (1986).
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La missione
sarà chiamata a
misurarsi con la
secolarizzazione
in corso anche
in America
latina,
ripensando la
laicità, i
privilegi
dell’istituzione
ecclesiastica, i
rapporti tra
etica cristiana e
diritto civile
René Padilla.
espressione delle oligarchie tradizionali, dalla
fuoriuscita dalla miseria per considerevoli segmenti di popolazione, ma anche dal persistere di
un’integrazione subalterna nel mercato mondiale che lascia poco spazio ad alternative nazionali
autonome ed esige uno sfruttamento intensivo
delle risorse naturali, a scapito dell’ambiente, da
una sempre più pervasiva presenza della violenza criminale e del narcotraffico.
In tale contesto particolarmente felice mi pare
l’intuizione del missiologo luterano brasiliano Roberto Zwetsch, che parla di “missione come compassione”. Secondo l’autore la “compassione di
Dio” potrebbe essere la traduzione della missione
per un tempo in cui impera “l’insensatezza della
corsa al profitto a qualunque costo, lo sfacelo della
distruzione dell’ambiente e l’insensibilità per la
sofferenza di milioni di esseri umani”.
Prospettive promettenti sembra dischiudere
oggi anche la “missione continentale” lanciata
nel 2007 dalla V Conferenza dell’episcopato latinoamericano: dopo un quinquennio in cui i
modi di intenderla hanno oscillato dal rilancio
delle devozioni tradizionali al tentativo di contrastare la crescita delle Chiese pentecostali e
neopentecostali riproducendone i tratti carismatici o utilizzando tecniche di marketing, l’elezione di papa Francesco pare orientarla verso le
“periferie geografiche ed esistenziali”.
In questa luce la missione dovrà, prima di
tutto, continuare a essere il “vivere e lottare la
causa di Gesù”, cioè per il Regno di Dio
buona notizia per tutti gli oppressi, cui
mettere al servizio la Chiesa. Il
“Regnocentrismo” resta la
“grande conversione pendente”, in vista della quale servirà
una “missione rivolta all’interno” che muti le
strutture ecclesiastiche per
“costruire il Regno” anche
dentro la comunità ecclesiale
(per es. con la piena partecipazione delle donne). Ciò implicherebbe pure riprendere la
riflessione su “fede e politica”, interrogandosi su come
realizzare un “accompagnamento critico” dei
processi politici di cambiamento, cui non
mancano radici nel
“cristianesimo della liberazione”, ma verso i
quali è finora prevalsa la diffidenza.
In secondo luogo sarà necessario rilanciare i
processi di inculturazione del cristianesimo nelle
cosmovisioni indigene e afroamericane, favorendo l’effettivo sviluppo di Chiese autoctone,
come pure approfondire il dialogo con le religioni non cristiane locali e il contributo della tradizione ecclesiale latinoamericana (cioè “a partire dall’opzione per i poveri”) al confronto
mondiale tra le fedi. Una pratica più consapevole dovrà, poi, strutturare l’accompagnamento di
quelle categorie di persone più o meno escluse,
da riconoscere come soggetti ecclesiali a pieno
titolo: migranti, disabili, detenuti, malati cronici,
vittime di violenza sessuale, ecc.
In terzo luogo è urgente irrobustire la dimensione ecologica della missione e la presenza nelle enormi periferie delle megalopoli latinoamericane. Terreni ineludibili, ma ancora quasi inesplorati sono quelli delle donne, dei loro processi di autoaffermazione e dei diversi femminismi,
quelli di una rinnovata “identità maschile” capace di assumere la propria parzialità, e quelli
delle minoranze sessuali che chiedono la costruzione di una “Chiesa dell’arcobaleno”.
Infine la missione sarà chiamata a misurarsi
con la secolarizzazione in corso anche in America latina, ripensando la laicità, i privilegi dell’istituzione ecclesiastica, i rapporti tra etica cristiana e diritto civile.
CONCLUSIONE
Nell’odierno contesto latinoamericano “missione” sembra, quindi, sempre più dover far rima con “accompagnamento, consolazione, condivisione, vicinanza, relazione, incontro” e muoversi in spazi tematici e umani inediti, dove dovrà favorire ancora lo sviluppo di teologie contestuali, che permettano alla Chiesa nuovi sguardi su se stessa, sul Vangelo e su Dio. La Chiesa
è “per sua natura missionaria” nel senso che è
fatta per andare costantemente oltre se stessa,
verso i mondi in cui essere salvezza e presenza
stimolante di Dio. Sono le periferie geografiche
ed esistenziali, frequentando le quali essa comprende sempre più nitidamente il Vangelo e la
propria identità. Mentre l’annuncio cristiano si
riduce, ancora una volta, al kerigma originario,
alla novità del Gesù crocifisso e risorto.
MAURO CASTAGNARO