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23/10/2016
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L'Adi La presa in carico è affidata ad una equipe multidisciplinare che affianca anche i familiari
L'Adi - Adi cure palliative è il servizio che si basa sull'offerta a domicilio di prestazioni socio-sanitarie
nell'ambito di un progetto di assistenza stabilita da un'équipe multidisciplinare. Per il gruppo Habilita, la
responsabile del servizio è la dott.ssa Patrizia Miranda. La presa in carico in Adi è a misura delle necessità
del paziente non solo per la cura, ma anche per l'équipe che sinergicamente si occuperà del sostegno e la
formazione dei familiari che svolgono la funzione di care giver.
L'Adi è un servizio di assistenza intensiva che risponde alla logica della continuità della cura e
dell'integrazione ospedale- territorio. Le caratteristiche orografiche del territorio bergamasco, l'aumentare di
complessi (dovuto ad esempio all'invecchiamento della popolazione) e l'orientamento delle politiche
sanitarie a mantenere il paziente il più possibile nel proprio contesto sociale faranno sì che l'Adi, l'Adi-cure
palliative rappresentano la risposta più appropriata per un numero crescente di pazienti.
L'Adi continua essere un servizio importante per Habilita, per questo ci sono delle novità nel servizio.
Dottoressa Miranda, cosa offre il servizio Adi?
«L'Adi è un servizio completo a 360° che interviene in aiuto ai pazienti, nel particolare svolge le Cure
palliative rivolte a malati oncologici (pazienti con patologia tumorale), il Trattamento di pazienti con
pluripatologie cronico-evolutive invalidanti (SLA, Sclerosi Multipla, etc...), la gestione di pazienti in terapia
nutrizionale artificiale, l'assistenza socio-sanitaria a pazienti con lieve e medio carico assistenziale (cure
delle lezioni cutanee), le prestazioni estemporanee (sostituzione catetere vescicale, prelievi ematici,
sostituzione sondino naso gastrico), i trattamenti fisioterapici (riabilitazione funzionale motoria e cognitiva),
sostegno psicologico al paziente e alla famiglia e sostegno educativo al paziente, e lo Sportello Patronato
per evasione domande invalidità». Quali sono le novità del servizio Adi?
«Siamo riusciti ad aumentare i nostri servizi fornendo altre tipi di progetti, e sono l'Adp - Assistenza
domiciliare privata, ha lo scopo di soddisfare qualsiasi tipo di richiesta al domicilio, il Progetto Badanti, è un
servizio dedicato a tutte le persone che cercano un aiuto, puntiamo su "Formazione, Sicurezza e
Continuità". L'Ambulatorio Infermieristico, lo Sportello Patronato, per dare supporto per la gestione delle
pratiche di invalidità civile e il Piccolo Magazzino Ausili, dove si possono trovare letti, comoda, carrozzine e
bascule». Nello specifico cosa offre il Progetto Badanti?
«Tutto quello di cui una famiglia può avere necessità, cioè: l'analisi del bisogno del familiare, l'assistenza
nella stipulazione del contratto, la consulenza scale, il supporto alla famiglia nella fase post-assunzione
(sostituzione dell'assistente familiare in caso di ferie, in caso di incompatibilità assistente familiare/famiglia),
i colloqui di selezione degli assistenti familiari, l'attività di formazione agli assistenti familiari, il monitoraggio
dell'inserimento lavorativo dell'assistente familiare, un servizio di supporto e supervisione continua e
periodica, la possibilità di usufruire del servizio Adi, se insorgesse un bisogno sanitario, e il Patronato
Assistenza pratiche di invalidità». E l'Ambulatorio infermieristico?
«Questo servizio ha lo scopo di dare prestazioni infermieristiche gratuite; è un progetto utile per tutte le
persone che necessitano di piccoli servizi, quali la rilevazione dei paramentri vitali (pressione arteriosa,
saturimetria, frequenza cardiaca), rilevazione glicemia per pazienti diabetici, rimozione punti sutura, piccole
medicazioni, iniezioni intramuscolari e sottocutanee (sotto prescrizione medica, con possibilità di
continuazione anche in giorni e orari fuori ambulatoriali) e l'educazione sanitaria; il tutto senza
necessariamente avventurarsi in lunghe ore di attesa nei grandi centri sanitari e con la possibilità di
continuazione anche in orario fuori ambulatorio».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 24/10/2016
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L'assistenza domiciliare, un servizio prezioso
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«Ciclo» doloroso , quali sono i rimedi?
Antinfiammatori e pillola contraccettiva le «armi» principali per contrastarlo
Antonella Sparvoli
Provare un lieve dolore dall'ombelico in giù durante i primi giorni del ciclo è fisiologico, ma quando il dolore
è forte fino a diventare invalidante non è affatto normale. In questi casi si parla di dismenorrea, una
condizione che interessa in forma moderata-severa circa il 15 per cento delle donne e che è meglio non
sottovalutare.
A che cosa è dovuta la dismenorrea?
«La percezione del dolore durante le mestruazioni è legata alla contrazione del muscolo uterino stimolata
dal calo dei livelli di estrogeni e progesterone che si verifica nel momento in cui l'ovulo non viene fecondato
e quindi la donna non è incinta. La riduzione dei livelli di questi ormoni comporta infatti il rilascio di
prostaglandine e altri fattori infiammatori che, stimolando la muscolatura dell'utero, provocano contrazioni
dolorose. Nelle donne che soffrono di dismenorrea primaria, cioè non legata a cause specifiche, c'è
verosimilmente un eccesso di produzione di prostaglandine costituzionale. A ben guardare si nota spesso
che una ragazza con dismenorrea ha una madre, una sorella o una nonna che hanno fatto i conti con lo
stesso disturbo. Ma il dolore mestruale può essere associato anche ad altre problematiche ginecologiche e
non. In questi casi si parla di dismenorrea secondaria» spiega Rossella Nappi, responsabile del Centro di
procreazione medicalmente assistita e dell'Ambulatorio di endocrinologia ginecologica e della menopausa
presso l'Irccs Fondazione San Matteo, Università degli Studi di Pavia.
Quali sono le principali cause di dismenorrea secondaria?
«La più comune è l'utero retroverso che, presentando una curvatura anomala, rende più difficoltosa e
dolorosa la fuoriuscita del sangue mestruale (l'utero si deve contrarre di più). Altre possibili cause sono i
fibromi uterini, l'endometriosi e l'adenomiosi. Quest'ultima è una forma particolare di endometriosi in cui
piccole porzioni di endometrio si "nascondono" nella muscosa uterina, causando dolore ogni volta che c'è il
ciclo. Si tratta di una condizione subdola che è difficile scovare in una ragazza giovane, ma che è sempre
bene prendere in considerazione come possibile causa di dismenorrea, soprattutto quando il ciclo
mestruale è molto abbondate e dura a lungo».
Come bisogna comportarsi?
«Innanzitutto se il dolore mestruale arriva puntuale ogni mese e pregiudica lo svolgimento delle normali
attività, siano esse scolastiche, lavorative o sportive, è bene non sottovalutarlo. Con un'attenta visita
ginecologica si possono scoprire molte cose e individuare la strategia terapeutica più adatta. Non solo,
qualora si sospetti che i dolori siano attribuibili ad altre condizioni si possono fare accertamenti mirati, a
partire dall'ecografia transvaginale o addominale».
Quali le possibili cure?
«Le principali armi a disposizione per contrastare la dismenorrea sono i farmaci antinfiammatori non
steroidei e la pillola contraccettiva nelle sue numerose varianti, compresa la contraccezione estesa, cioè
che riduce il numero delle mestruazioni all'anno. Con gli antinfiammatori si può fare una mini-profilassi
ciclica temporizzata che consiste nel somministrare questi farmaci a basso dosaggio per 3-4 giorni durante
il ciclo. In questo modo non solo si favorisce una riduzione del rilascio delle prostaglandine, ma si riduce
anche la proliferazione della muscosa uterina, facilitando il suo distacco durante il mestruo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'ovulo non fecondato viene rilasciato nella tuba di Fallopio per raggiungere l'utero La dismenorrea è una
condizione caratterizzata da un ciclo mestruale molto doloroso. Può essere primaria o secondaria
DISMENORREA PRIMARIA DISMENORREA SECONDARIA I SINTOMI PERCHÉ SI AVVERTE IL
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 24/10/2016
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Medicina Mi spieghi dottore Lo specialista
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DOLORE La causa è sconosciuta: la dismenorrea non risulta collegata ad alcuna patologia della regione
pelvica Le mestruazioni dolorose sono associate ad altre problematiche ginecologiche o del basso addome
Nella dismenorrea primaria il dolore avvertito è probabilmente legato a una maggiore produzione di
prostaglandine. Interessa soprattutto le adolescenti e spesso è accompagnata da mestruazioni abbondanti
La causa più comune di dismenorrea secondaria è l'utero retroverso L'adenomiosi è un tipo particolare di
endometriosi in cui il tessuto dell'endometrio si insinua nel muscolo uterino (miometrio) La retroversione
dell'utero è il posizionamento diverso di questo organo rispetto al suo assetto naturale. In pratica l'utero
anziché trovarsi inclinato verso l'addome, è adagiato verso la colonna vertebrale La dismenorrea causa un
dolore di tipo crampiforme, quindi con delle fitte più intense Il dolore riguarda la parte bassa dell'addome
(dall'ombelico in giù) e può irradiarsi a tutto il pavimento pelvico con sintomi aggiuntivi come urgenza a
urinare e dolore nella zona lombare oppure dolore al momento della defecazione A volte la dismenorrea è
accompagnata da mal di testa, dolore durante e/o dopo i rapporti sessuali, fibromialgia ecc I dolori possono
iniziare uno o due giorni prima delle mestruazioni e protrarsi fino al quarto, quinto giorno del ciclo Le donne
che soffrono di dismenorrea moderata-severa Altre possibili cause sono l'endometriosi, l'adenomiosi e i
fibromi uterini. Talvolta il dolore mestruale è collegato anche ad altre condizioni non ginecologiche, per
esempio la stitichezza cronica o la sindrome del colon irritabile LA DIAGNOSI In casi selezionati, per
risalire alla causa dei dolori, può rendersi necessario il ricorso ad altre indagini diagnostiche (esami del
sangue e/o strumentali) 15% UTERO IN POSIZIONE NORMALE UTERO RETROVERSO Si basa su una
visita ginecologica accurata Utile l'esecuzione di un'ecografia transvaginale o addominale per escludere
altre patologie come fibromi o polipi TUBA DI FALLOPIO UTERO OVULO OVAIO Una volta che l'ovulo è
giunto nell'utero, l'endometrio si sfalda in seguito al calo dei livelli di estrogeni e progesterone e si ha la
mestruazione La riduzione dei livelli di estrogeni e progesterone comporta il rilascio di prostaglandine e altri
mediatori dell'infiammazione che stimolano la muscolatura uterina, provocando contrazioni spastiche e
dolorose 1 3 2 Un lieve dolore durante il ciclo è fisiologico. Ecco che cosa succede normalmente quando si
hanno le mestruazioni Per contrastare la dismenorrea si possono usare farmaci antinfiammatori non
steroidei a basso dosaggio, da assumere per 3-4 giorni quando c'è il ciclo Un altro trattamento possibile è
la pillola nelle sue numerose varianti La pillola estroprogestinica classica a basso dosaggio è utile
soprattutto se si sospetta che dietro alla dismenorrea si celi l'endometriosi o l'adenomiosi La pillola
estroprogestinica estesa, che fa mestruare solo 3-4 volte l'anno, è adatta soprattutto alle donne che hanno
diversi disturbi legati al ciclo (dolore, ciclo abbondante ecc) La pillola solo progestinica, che riduce il flusso
mestruale fino a farlo scomparire, si usa in particolar modo quando c'è una diagnosi di adenomiosi o
endometriosi Per alleviare il dolore spesso si consiglia anche l'integrazione di magnesio che riduce gli
spasmi muscolari Nei casi in cui la dismenorrea si associa a un flusso mestruale abbondante si può
valutare l'integrazione con acido folico e ferro, per prevenire/correggere un'eventuale anemia In caso di
dismenorrea secondaria possono essere utili trattamenti supplementari, in relazione alla patologia che è
alla base del disturbo LE CURE Corriere della Sera / Mirco Tangherlini
Foto: responsabile Ambulatorio di endocrinologia ginecologica e della menopausa Irccs Fondazione San
Matteo, Università degli Studi di Pavia
Foto: I video di Corriere.it sulla salute della donna su http://www. corriere.it/ salute/video
23/10/2016
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diffusione:89323
tiratura:122069
Italia, le malattie neurologiche record nel mondo occidentale
«Serve una gestione 'dedicata' e non 'generalista' delle diverse urgenze »
DI PIERLUIGI MONTEBELLI Uno scenario preoccupante, quello fotografato dalla Società Italiana di
Neurologia (SIN) in occasione del 47° Congresso Nazionale in corso a Venezia, fino al 25 ottobre: in Italia
sono oltre 1.000.000 le persone affette da demenza, di cui 600.000 quelle colpite da Alzheimer, mentre
circa 930.000 sono i pazienti con conseguenze invalidanti dell'Ictus, patologia che ogni anno fa registrare
120.000 nuovi casi. Sempre nel nostro Paese, il Morbo di Parkinson colpisce circa 200.000 persone,
mentre all'Epilessia sono attribuiti 500.000 casi, dei quali almeno un quarto con situazioni particolarmente
impegnative. In minoranza, ma con un trend in costante aumento, i 90.000 pazienti, spesso giovanissimi,
colpiti da Sclerosi Multipla e quelli con malattie dei nera o dei muscoli. Ma la condizione più frequente è
quella della cefalea, di cui ha sofferto, almeno una volta nella vita, circa il 90% della popolazione e che
richiede, in molti casi, un approccio intensivo e personalizzato, al fine di formulare una diagnosi corretta ed
evitare gravi rischi o una severa limitazione delle attività quotidiane. «Le malattie del cervello - afferma il
Prof. Leandro Provinciali, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di
Scienze Neurologiche degli Ospedali Riuniti di Ancona - costituiscono ormai la condizione patologica più
diffusa nel mondo occidentale, avendo superato le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Trattandosi di
malattie in costante aumento, soprattutto a causa dell'invecchiamento della popolazione, appare quanto
mai necessario potenziare la risposta assistenziale. Questo sarebbe possibile attraverso una gestione più
efficace dell'urgenza, che non deve più essere 'generalista', cioè indifferenziata per qualsiasi evento acuto,
ma 'dedicata', ovvero rispondente alle esigenze specifiche della compromissione neurologica. Una
declinazione appropriata dell'assistenza del paziente neurologico, sia ospedaliera che territoriale, deve
tenere presente le specifiche esigenze correlate sia alle malattie complesse, che richiedono elevata
competenza specifica ed approccio interdisciplinare, sia alle condizioni evolutive che necessitano di un
trattamento adeguato. È inoltre auspicabile un'estensione delle competenze neurologiche alla fase
avanzata delle malattie, evitando la declinazione generalista delle cure palliative, attualmente dedicate in
prevalenza alle malattie neoplastiche, cardiache e renali».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 24/10/2016
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Pagina a cura di StudioNews - [email protected] - Grafica: Milano Graphic Studio Srl A Venezia H 47°
Congresso della Società Italiana di Neurologia
25/10/2016
Sito Web
QS - QuotidianoSanita.it
Dolore cronico. Colpisce oltre 15 milioni di italiani. Simg: "Formiamo
medici famiglia per migliorare assistenza"
Finita la prima Scuola di Alta Formazione dedicata esclusivamente agli MMG. Nel nostro Paese oltre 3
milioni di malati hanno bisogno di cure complesse e un terzo di loro necessità di terapie palliative. Claudio
Cricelli: "Con questi nuovi percorsi didattici vogliamo contribuire alla riorganizzazione delle cure primarie del
nostro sistema sanitario nazionale".
25 OTT - I medici di medicina generale italiani sono sempre più in prima linea nella cura e assistenza agli
oltre 15 milioni di persone che nel nostro Paese sono colpite da dolore cronico. Oltre 3 milioni di malati
hanno bisogno di cure complesse e un terzo di loro necessita di cure palliative. Si è appena conclusa la
prima Scuola di Alta Formazione in Cure Palliative e Terapia del Dolore avviata dalla Società Italiana di
Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg). Il corso ha visto la partecipazione di 30 camici bianchi da
tutta Italia. I risultati saranno presentati al 33° Congresso Nazionale della Simg che si svolge a Firenze dal
24 al 26 novembre, dove verranno premiati i migliori tre Progetti operativi presentati dai Discenti. "La scuola
è solo l'ultimo atto di un processo iniziato oltre sette anni fa - ha dichiarato Claudio Cricelli Presidente
Nazionale Simg -. La nostra Società Scientifica è stata infatti antesignana del processo di riorganizzazione
delle cure primarie. Vogliamo dare il nostro contributo per creare la figura del medico di medicina generale
'con interessi disciplinari speciali' sul modello di quella già attiva nel Regno Unito e in altri Paesi. Per questo
stiamo avviando nuovi percorsi didattici per tutti i professionisti".
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 26/10/2016
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Edizioni regionali
25/10/2016
Sito Web
QS - QuotidianoSanita.it
Lazio. Hospice avranno 104 posti letto in più. Zingaretti: "Quasi 2.000 i
posti domiciliari per parenti o per chi fa assistenza"
E' stato approvato con decreto commissariale l'aumento di 104 posti letto in regime residenziale negli
hospice del Lazio: saranno in tutto quindi 494 (rispetto ai 390 precedenti) i posti a disposizione per i
pazienti che necessitano di cure palliative ."Il decreto - dichiara Zingaretti - porta a quasi 2.000 il numero
dei posti domiciliari concessi a parenti o a chi fa assistenza al malato"
25 OTT - E' stato approvato con decreto commissariale l'aumento di 104 posti letto in regime residenziale
negli hospice del Lazio: saranno in tutto quindi 494 (rispetto ai 390 precedenti) i posti a disposizione per i
pazienti che necessitano di cure palliative. "Un decreto - spiega il presidente della Regione Lazio, Nicola
Zingaretti - che ha l'obiettivo di garantire il fabbisogno assistenziale in materia di cure palliative e che porta
a quasi 2.000 il numero dei posti domiciliari temporaneamente concessi a parenti e o a chi fa assistenza al
malato negli hospice del Lazio". La Regione Lazio, con questo atto, ha praticamente ridefinito il fabbisogno
regionale dei posti in regime residenziale, ottemperando alle indicazioni contenute nella proposta dei
Programmi Operativi 2016/2018 attualmente in corso di adozione. Sarà demandato, infine, alle aziende
sanitarie locali la stipula di nuovi accordi interaziendali con le strutture confinanti e sottodimensionate per
definire i percorsi di presa in carico e di accesso ai servizi indispensabili a garantire ai cittadini bisognosi
pari opportunità assistenziale.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 26/10/2016
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Edizioni regionali
25/10/2016
Pag. 1 Ed. Milano
diffusione:248077
tiratura:374273
Per la cannabis terapeutica a un anno dal via utilizzo impossibile
ALESSANDRO CORICA
Mancano ancora le linee guida A PAGINA IX AL PALO. Con i pazienti costretti a mettere mano al
portafogli, nonostante ormai quasi un anno fa la Regione abbia recepito il decreto del ministero della Salute
che dava il via libera. E abbia promesso la gratuità dei trattamenti, perlomeno in ospedale. Sono le cure a
base di cannabis terapeutica: un capitolo spinoso, che nel corso dell'ultimo anno al Pirellone è stato
affrontato diverse volte, con due ordini del giorno votati dal Consiglio regionale per dare il via libera nelle
strutture pubbliche.
Non solo: in via Filzi sono ben tre le proposte di legge - una depositata da M5s nel 2013, una dal Pd in
agosto e una di iniziativa popolare, sostenuta da oltre 6mila firme, nel gennaio 2016 - che attendono di
essere discusse. Per ora, però, inutilmente. A lanciare l'allarme sono stati ieri, in commissione Sanità, i
medici dell'associazione Luca Coscioni, che curano molti pazienti che hanno bisogno di trattamenti a base
di cannabis.
Utili per combattere nausea e spasmi in chi è affetto da sclerosi multipla o ha lesioni del midollo spinale,
che soffre di dolore cronico o anoressia. «Ma al momento - denunciano Giovanni Careddu e Widmer Scaioli
- in Lombardia è impossibile riuscire ad accedere, gratis o pagando un ticket, a questi trattamenti in
ospedale. L'unica strada, per il malato, è quella di acquistare di tasca propria in farmacia i preparati galenici
(a base del principio attivo, ma privi degli effetti psicoattivi della sostanza, ndr) e utilizzarli a casa». Una
beffa, insomma. «Il problema - aggiungono i medici - è che la Regione in questi mesi non ha mai emanato
le linee guida necessarie: per questo, in ospedale i trattamenti non sono autorizzati. Senza contare che, in
Lombardia, manca una legge regionale ad hoc, necessaria per esempio per acquistare il principio attivo
dall'estero e farlo arrivare qui».
In Europa è l'Olanda il maggior produttore di cannabis: in Italia il ministero della Salute ha autorizzato solo
l'Istituto farmaceutico militare di Firenze a produrre cannabis. Cento chili l'anno, «che però coprono solo il
cinque per cento del fabbisogno nazionale», dice Careddu. Di qui, la necessità di una legge regionale. Che
permetterebbe di regolare la somministrazione delle cure non solo in ospedale, ma anche a domicilio:
«Abbiamo depositato lo scorso gennaio la nostra proposta di legge. Finora, però, non è mai stata discussa,
nonostante ci sia anche una legge del 1971 che prevede per le proposte come la nostra, l'obbligo di essere
esaminate entro tre mesi», ricorda Barbara Bonvicini, che coordina il comitato che ha raccolto le firme per il
deposito della proposta d'iniziativa popolare.
«Una norma regionale è necessaria per consentire l'inserimento della cannabis nei piani terapeutici: la
Lombardia, come ha già fatto la Toscana, deve fare presto», conferma la democratica Sara Valmaggi.
«Quella della cannabis terapeutica - aggiunge la grillina Iolanda Nanni - è una battaglia culturale che potrà
essere vinta solo se verranno scardinate le resistenze, frutto di puro pregiudizio ideologico, da parte di
talune sacche della politica di governo».
LA DENUNCIA
Tre le proposte di legge mai discusse "Pregiudizio culturale"
PER SAPERNE DI PIÙ www.regione.lombardia.it cannabisterapeutica.it
Foto: LE BUSTINE La leader radicale Rita Bernardini con due confezioni di cannabis per uso medico
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/10/2016
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LA REGIONE
25/10/2016
Pag. 17 N.45 - 31 ottobre 2016
diffusione:72991
tiratura:125331
in corsia è arrivata la cinematerapia
Un cartone animato o un film d'avventura come "terapia del sollievo" per i pazienti e i loro familiari. È il
progetto MediCinema realizzato al policlinico Agostino Gemelli di Roma che ha creato all'interno
dell'ospedale una vera e propria sala cinematografica d'avanguardia dove, tra le poltrone, esistono spazi
studiati apposta per i degenti in carrozzella o allettati. L'appuntamento settimanale, con film di prima visione
per grandi e piccini, è stato realizzato con il contributo di Walt Disney Company e di Rai Cinema. Obiettivo?
Umanizzare l'ospedalizzazione, creando momenti di svago da trascorrere insieme ai propri cari per ridurre
lo stress della malattia, specie nel pre o postintervento. Un modello che può essere "esportato" anche in
altri ospedali italiani. Ansa © Walt Disney Pictures, Shutterstock
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/10/2016
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lo sapevi che...
25/10/2016
Pag. 58 N.45 - 31 ottobre 2016
diffusione:72991
tiratura:125331
BARTOLINITE COSÌ LE TUE ZONE INTIME NON SOFFRONO PIÙ
Se le "ghiandole" si infiammano, calma subito gonfiore e dolore
Claudio Buono
Hai i genitali gonfi che rendono il sesso doloroso? Potresti soffrire di bartolinite, l'infiammazione di una o di
entrambe le ghiandole di Bartolini. Localizzate all'interno delle grandi labbra, contribuiscono alla normale
lubrificazione della vagina, soprattutto durante il coito. Ma se i loro dotti si chiudono (ad esempio per
compressione o sfregamento delle parti intime durante rapporti prolungati, o per un'infezione batterica) non
possono più emettere il liquido all'esterno. Di conseguenza le ghiandole si gonfiano e, da piccole come
mandorle, possono raggiungere le dimensioni di un'albicocca, causando fastidio quando cammini, stai
seduta, durante l'intimità. Ecco le soluzioni. intervieni con antibiotico e impacchi «Se il gonfiore non è
eccessivo, basta detergere la zona infiammata, mattino e sera, con un sapone liquido germicida ed
eventualmente applicare una pomata antibiotica, fino al miglioramento dei sintomi», spiega Fiammetta
Trallo, specialista in ginecologia e ostetricia a Bologna. Se invece ti provoca dolore intenso, è segno che si
è formato un ascesso con accumulo di pus. Rivolgiti al tuo ginecologo che ti prescriverà un antibiotico,
solitamente per via orale, da abbinare a impacchi o abluzioni locali con acqua calda. In alternativa, un
ottimo rimedio casalingo consiste nell'applicare del sale grosso caldo. Fanne scaldare un cucchiaio in un
pentolino (senza acqua) per un minuto o poco più. Poi avvolgi i grani arroventati in una garza o in un
fazzolettino di cotone e attendi che la temperatura sia più sopportabile prima di applicare la medicazione,
per un paio di minuti, sulla parte infetta. Il calore aumenterà la dilatazione del canale che, aprendosi
nuovamente, provocherà la fuoriuscita del liquido. Infine applica una pomata antibiotica. Ripeti il
trattamento 2-3 volte al dì, per 3-4 giorni. quando è necessario l'intervento Viene prescritto se
l'infiammazione persiste nonostante le cure. Si tratta di una piccola incisione superficiale (previa anestesia
locale) allo scopo di aprire la cisti e svuotarla, seguita da un breve periodo di terapia con un antibiotico
locale. Si fa in ambulatorio, è mutuabile, dura circa 5 minuti e subito dopo sei già in piedi. GETTY
in caso di recidive Capita, a volte, che il problema si ripresenti a distanza di tempo (per esempio 2 o 3
volte all'anno). «In questo caso si può intervenire con la cosiddetta "marsupializzazione"», chiarisce la
ginecologa Fiammetta Trallo. Dopo lo svuotamento della ghiandola, il chirurgo ne estroflette i due margini
esterni e applica qualche punto di sutura per creare un'apertura permanente, in modo che il liquido non
possa più ristagnare all'interno. L'intervento, a carico del servizio sanitario, dura attorno ai 10-15 minuti,
viene effettuato in day hospital e dopo mezz'ora si possono riprendere le normali attività. Se anche questa
operazione dovesse fallire, non resta che l'asportazione chirurgica della ghiandola: «Si tratta di una
soluzione estrema che si effettua raramente, per le cisti persistenti con continua produzione di pus che non
possono essere trattate diversamente», chiarisce la nostra consulente.
Foto: CONSULTA GRATIS IL NOSTRO ESPERTO dott. Fiammetta Trallo ginecologa a Bologna Tel. 0270300159 2 novembre ore 10.30-11.30
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 25/10/2016
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la salute di starbene / PRONTO INTERVENTO
26/10/2016
Pag. 31
diffusione:38083
tiratura:47650
Dal 7 novembre aprirà all'ospedale Santissima Trinità di Romano l'ambulatorio di cure palliative
oncologiche. Ad annunciarlo è la direzione dell'Asst Bergamo Ovest che gestisce la struttura ospedaliera,
destinata a un potenziamento generale grazie anche alla riqualificazione del reparto di Ortopedia e
l'apertura di nuovi ambulatori.
Un apposito spazio sarà infatti messo a disposizione dei pazienti affetti da neoplasie, accolti da un medico,
una psicologa e tre infermieri. All'ambulatorio potranno accedere tutti i pazienti oncologici ambulatoriali
residenti a Romano e nel territorio limitrofo, che necessitano di terapia di supporto in corso di
chemioterapia, anche se seguiti da altre Asst, oppure di impostazione o rivalutazione della terapia antalgica
precedentemente assegnata, e per cure palliative. Il paziente potrà così essere preso in carico presentando
un'impegnativa per «Visita oncologica di controllo», con la motivazione dell'invio, dopo avere fissato
l'appuntamento al numero 0363.990270, dal lunedì al venerdì, dalle 8,30 alle 15. A Romano sarà quindi
disponibile l'ambulatorio di cure palliative (il lunedì dalle 8 alle 16,45), di supporto e terapia del dolore (da
lunedì a venerdì dalle 8 alle 15,45).
Le cure palliative sono tutte quelle terapie per curare non la causa della malattia, ma i problemi di salute
che ne conseguono: sono dedicate al malato e alla sua famiglia, cercando di trovare soluzioni ottimali ai
problemi che possono insorgere durante la malattia. •
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 26/10/2016
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Terapia del dolore a Romano A novembre apre l'ambulatorio
26/10/2016
Pag. 44 N.211 - novembre 2016
diffusione:67100
tiratura:118000
LE INFIAMMAZIONI ALLA COLONNA, CHE SPESSO COINVOLGONO ANCHE BACINO, GAMBE E
COLLO,TOLGONO ENERGIA E DIFESE A TUTTO L'ORGANISMO: SCOPRI COME LIBERARTENE
SENZA FARMACI!
autunno il progressivo calo termico e l'aumento della mole di impegni e di lavoro mettono a dura prova tutto
l'organismo. Ma novembre, in particolare, è un momento di stress intenso per i tessuti di sostegno, come
ossa e cartilagini: ora infatti siamo nel pieno delle attività professionali e sociali, che ci caricano di tante
incombenze fìsiche e mentali. Così si arriva in questa stagione col corpo già pieno di tossine e di dolori, alle
articolazioni ma soprattutto alla colonna. Un sintomo da non sottovalutare È proprio il mal di schiena il
primo segnale del sovraccarico cui ci stiamo sottoponendo: sulla spina dorsale, in realtà, si concentrano
tutti i pesi, fisici e mentali, che dobbiamo sostenere nel corso delle nostre giornate.Alcuni fra noi si sono
quasi rassegnati a convivere con questo disagio latente e lo tengono sotto controllo con i medicinali, altri
invece lo affrontano solo quando il dolore diventa acuto e insostenibile. Minimizzare l'attacco di mal di
schiena è comunque un errore che rischiamo di scontare nei mesi prossimi, ritrovandoci una mattinaci
punto in bianco, nell'impossibilità di alzarci dal letto: perché il dolore lombare, se non viene curato, diventa
cronico e può bloccare le nostre attività. Evita gli antidolorifici Questo mese abbiamo chiesto ai nostri
esperti di mettere a punto un programma naturale per prevenire l'insorgenza di mal di schiena, artriti e
cervicalgie e per curarli, se sono già present, senza usare farmaci. Non dimentichiamo, infetti, che gli
antinfìammatori di sintesi (i famosi Fans) attenuano i sintomi ma non risolvono la causa del dolore e, se
assunti per lungo tempo e a dosi massicce, si accumulano nel fegato e nei reni, intossicandoli in maniera
anche seria. • Ecco quello che c'è da fare questo mese Perche in autunno il dolore peggiora L'arrivo delle
piogge e dell'aria umida di novembre sensibilizza le cartilagini e riaccende i dolori ossei. Ecco serché in
questa stagione il mal di schiena è in assoluto a patologia per la quale ci si rivolge di più al medico... Per
prima cosa, drena i tessuti Per prevenire e attenuare i dolori a collo e colonna devi liberare dalle tossine la
matrice, cioè il tessuto che avvolge organi e articolazioni: è qui che si accumulano le scorie che creano
infiammazione. Usa le erbe per l'attacco acuto Scegli quelle adatte a te in base alla localizzazione del
dolore: Boswellia per il mal di schiena "basso" Rhus toxicodendron per i disturbi dorsali e artiglio del diavolo
se fanno male le spalle e la cervicale. 1 granuli contro i disturbi cronici L'omeopatia ti offre una serie di
rimedi "mirati" per trattare il mal di schiena che tende a cronicizzare: prova Nux vomica.Thuja e l'unguento
con zenzero e peperoncino...
Foto: • con la consulenza del professor Emilio Minelli, esperto dì Medicina Integrata Centrata sulla Persona
e della dottoressa Cristina Molina, medico chirurgo esperto in omeopatia e omotossìcologia
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 27/10/2016
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vinci il mal di schiena Eviti anche artriti e cervicale
27/10/2016
Pag. 38 Ed. Basilicata
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II SALUTE NON SOLO MALATI ONCOLOGI
Terapie del dolore , soltanto parole
APPROCCIO L'atteggiamento dei medici nei confronti della cannabis è in linea con quanto accade per gli
oppioidi approvati da tempo CURA «STUPEFACENTE» Uso terapeutico della cannabis. Da due anni c'è
una legge regionale che però viene ignorata dal sistema sanitario Oltre 90mila lucani tra atroci sofferenze.
Leggi disattese e medici «distratti»
MASSIMO BRANCATI l «I dolori leggeri concedono di parlare, i grandi dolori rendono muti», diceva
Seneca. Il dolore è il più grande nemico dei malati. Annienta la loro dignità, spegne la loro energia e la
volontà di combattere. La legge 38 del 15 marzo 2010 prevede che all'interno della cartella clinica, nelle
sezioni medica ed infermieristica, in uso presso tutte le strutture sanitarie, devono essere riportate le
caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero, nonché la tecnica antalgica
e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito. La normativa è rimasta sulla carta.
La Basilicata si è limitata a deliberare in relazione alle reti delle cure palliative e del dolore ed è in linea con
le altre regioni che sulla questione «sonnecchiano». È una questione di approccio culturale prima che
organizzativo: oggi, anche nelle istituzioni più avanzate, il dolore continua ad essere una dimensione cui
non viene riservata adeguata attenzione, nonostante sia stato scientificamente dimostrato quanto la sua
presenza sia invalidante dal punto di vista fisico, sociale ed emozionale. Il medico è portato a considerare il
dolore un fatto secondario rispetto alla patologia di base cui rivolge la maggior parte dell'attenzione e
questo atteggiamento può estendersi anche ad altre figure coinvolte nel processo assistenziale. Sono circa
90mila i residenti in Basilicata che combattono contro il dolore cronico, una sofferenza che perdura nel
tempo fino a minare il benessere psico-fisico della persona. La platea, in costante crescita, impone una
seria riflessione sul tema. Ma, come dicevamo, la legge 38 - che ha sancito per tutti gli italiani il diritto a non
soffrire - viene snobbata ed è ri. masta sulla carta anche la legge regionale sull'uso della cannabis per le
terapie anti-dolorifiche. Il via libera all'uso terapeutico è contenuto in una normativa proposta dall'attuale
presidente del consiglio regionale, Franco Mollica nel 2014. C'è stata l'approvazione, ma siamo una delle
regioni in cui la classe medica, in generale, utilizza poco gli oppioidi. E sulla cannabis c'è un atteggiamento
di «chiusura nonostante sia stata certificata da esperti l'efficacia farmacologica dei cannabinoidi che si
fonda su acquisizioni scientifiche, sperimentazioni e pratiche cliniche sempre più diffuse a livello mondiale.
L'atte ggiamento della classe medica lucana nei confronti della cannabis è in linea con quanto è accaduto
per gli oppioidi già approvati da tempo e prescritti con il contagocce. Un esempio è la morfina, ma anche
altre sostanze che sono state legalizzate quando il ministero della Sanità era retto da Umberto Veronesi.
Un appello, dunque, a riflettere sul sotto-utilizzo di questi farmaci prima di addentrarsi in nuove frontiere:
«Dell'introdu zione della cannabis - dice Marcello Ricciuti, responsabile Unità operativa di terapia e dolore e
cure palliative dell'hospice del San Carlo Potenza - se ne parla da anni, ma vorrei ricordare che non è
ancora scientificamente validata. A mio parere, con la disponibilità di altri farmaci oppioidi non c'è la
necessità di ricorrere a situazioni che non conosciamo a fondo. Grazie alla legge 38 e alla delibera della
Giunta regionale che ha pianificato la rete della terapia del dolore, stiamo ottenendo buoni risultati». Sullo
scarso utilizzo di oppioidi in Basilicata, Ricciuti sottolinea che «probabilmente l'uso è un po' indietro sul
territorio, non certo nei quattro hospice. È necessario coinvolgere di più e meglio i medici di base, sfatando
alcuni tabù».
Foto: M A L AT T I A Molte persone affette da sclerosi multipla lottano per curarsi con la cannabis
terapeutica
Foto: CANNABIS Sull'utilizzo di questa sostanza c'è un atteggiamento di chiusura che fa il paio con quanto
già accade per gli oppioidi approvati da tempo, come la morfina
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 27/10/2016
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27/10/2016
Pag. 38 Ed. Basilicata
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PROGRAMMA LA FIRMA TRA IL SOTTOSEGRETARIO DE FILIPPO E LA PRESIDENTE DELLA
FONDAZIONE, PANNUTI
Un accordo tra Governo e Ant per l'accesso a cure palliative
l Il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, e la presidente della Fondazione Ant Raffaella Pannuti,
hanno firmato a Roma un protocollo di intesa per definire e realizzare un programma di interventi
sull'utilizzo e l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, in linea con quanto previsto dalla legge
38 del 15 marzo 2010. L'Ant (Assistenza Nazionale Tumori) è una nota realtà no profit che opera a livello
nazionale nell'ambito dell'assistenza medica specialistica domiciliare ai malati di tumore e della
prevenzione oncologica. «Il Protocollo - ha dichiarato il sottosegretario De Filippo - è un importante modello
di partenariato pubblico e no profit e di sinergie che hanno come fine ultimo la presa in carico dei bisogni
della persona malata di tumore, quali cura ed assistenza, ma anche il mantenimento di uno stato di
benessere e qualità della vita attraverso l'applicazione di strumenti terapeutici atti a lenire le sofferenze».
Per la presidente della Fondazione Ant, Raffaella Pannuti, «è un passo importante per riconoscere alle
persone il diritto a non soffrire». «Il dolore - c o n t i nu a il sottosegretario - rappresenta uno dei più grandi
problemi di salute pubblica ed è considerato dall'Oms fra le sei priorità da affrontare nel 21° secolo. Negli
ultimi anni si è assistito ad un crescente processo di sensibilizzazione e di presa di coscienza del diritto a
non soffrire. La terapia del dolore comprende interventi diagnostici e terapeutici per individuare appropriate
terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate,
per la soppressione e ilcontrollo del dolore. Si può essere sottoposti alla terapia sia in ambito ospedaliero
che domiciliare. Il volontariato - aggiunge - svolge un ruolo fondamentale sopperendo ad esigenze sociali e
sanitarie espresse dalle fasce sociali più deboli come anziani, malati o bambini, integrandosi o
sostituendosi all'in tervento pubblico qualora quest'ultimo non sia in grado di dare una risposta adeguata.
Nel campo delle cure palliative operano una serie di associazioni no profit, tra cui l'Ant è la più
rappresentativa, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella sensibilizzazione verso la sofferenza fisica e
psicologica dei malati terminali fornendo loro non solo farmaci, ma anche assistenza materiale e spirituale e
compensando spesso la carenza delle strutture sanitarie pubbliche e private, soprattutto nel centro sud
Italia. Le professionalità coinvolte nel settore delle cure palliative sono multidisciplinari con competenze
diverse tra cui medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, assistenti spirituali e volontari. Il volontario
svolge un complesso lavoro integrandosi in equipe con gli altri operatori coinvolti ed ha un ruolo
insostituibile nell'at t u a z i o n e di compiti socio-assistenziali con l'obiettivo del miglioramento della qualità
della vita del malato e dei suoi familiari».
Foto: S OT TO S E G R E TA R I O Vito De Filippo
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 27/10/2016
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Pag. 26 N.9 - OTTOBRE 2016
La legge 38/2010 è considerata un modello a livello mondiale a tutela del cittadino
Luca Nicolosi
primi di ottobre al Teatro delle Muse di Ancona si è tenuta la prima tappa del "NienteMale Roadshow",
percorso itinerante di incontri rivolto all'opinione pubblica. Ha l'obiettivo di sensibilizzare i cittadini sul loro
diritto ad accedere alla terapia del dolore, come stabilito dalla Legge 38 del 15 marzo 2010 "Disposizioni
per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore" , e di informare i cittadini dell'esistenza
di una rete di assistenza a cui si possono rivolgere per avere soluzioni contro il dolore. "La 38 del 15 marzo
2010 è una legge di progresso, ed è considerata, a livello mondiale, una legge "modello" a tutela del
cittadino. È innegabile che dal 2010, in Italia, ci sia stata una evoluzione culturale sul tema dolore. Basti
pensare che fino a sei anni fa serviva una ricetta in triplice copia e un medico "dalla mente aperta" per poter
curare un paziente con i derivati della morfina. Oggi, invece, stiamo lavorando per l'approvazione della
cannabis per uso medico. Nonostante questo, la conoscenza della legge 38 è ancora lacunosa e
clamorosamente insufficiente.", dichiara Guido Fanelli , ordinario di Anestesia, Rianimazione e Terapia del
Dolore dell'università degli Studi di Parma, sottolineando l'importanza di NienteMale Roadshow . "Iniziative
come questa - conclude Fanelli - che si rivolgono al cittadino paziente e al cittadino medico e che arrivano
nella provincia, assumono un grande valore sociale e informativo". Hanno preso parte all'evento esponenti
del mondo scientifico e delle istituzioni. il presidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali della
Regione Marche, Fabrizio Volpini , l'assessore Sanità e Servizi Sociali del Comune di Ancona, Emma
Capogrossi , il presidente dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Ancona, Fulvio Borromei , il
presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Ancona, Piero Maria Calcatelli , e il presidente di Federfarma
Marche Pasquale D'Avella . Il direttore del Dipartimento Scienza e Fede del Pontificio Consiglio della
Cultura, Mons. Tomasz Trafny , puntualizza l'importanza delle cure palliative al fine di alleviare la
sofferenza umana. Numerose le associazioni locali coinvolte, come la Lega del Filo d'Oro, la cui mission è
quella di assistere e riabilitare persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali; la Fondazione
Ospedale Salesi, che rappresenta un aiuto e sostegno all'Ospedale Salesi di Ancona, per garantire migliori
livelli qualitativi all'assistenza, anche con il progetto "Ospedale senza dolore"; l'Associazione Patronesse
Salesi, dedita all'assistenza dei bambini ricoverati e delle loro famiglie, la cui testimonianza ha arricchito
l'incontro incentrandosi sull'importanza della terapia del dolore e delle cure palliative, soprattutto per i più
piccoli. Dal dibattito è emerso come, purtroppo non esistano limiti di età alla percezione del dolore, come
spiega la Responsabile del Centro Regionale Veneto Terapia del Dolore Pediatrico università di Padova,
Franca Benini . "Molteplici, soprattutto per l'età pediatrica - dice Benini - sono le conseguenze, a breve e
lungo termine, di un dolore non trattato. Inoltre le conoscenze raggiunte in ambito diagnostico e terapeutico
sul dolore nel bambino sono tali e tante da poter assicurare un corretto ed efficace approccio antalgico
nella quasi totalità dei casi. Purtroppo, nella realtà clinica attuale, rimane ancora molto da fare.
Informazione, formazione, professionalità e motivazione al cambiamento, rappresentano gli strumenti per
centrare l'obiettivo e riconoscere anche al paziente pediatrico, il diritto a non soffrire". Nel corso dell'evento
sono stati distribuiti dei questionari sull'autopercezione del dolore cronico e sulla conoscenza della Legge
38/2010. L'indagine, facoltativa, costituirà una fonte preziosa di dati da condividere con il ministero della
Salute alla conclusione del percorso di eventi, previsto a Roma il prossimo ottobre 2017. "Siamo orgogliosi
di sostenere un progetto importante e innovativo come "NienteMale Roadshow" - commenta Gianluigi
Frozzi , amministratore delegato Pharma di Angelini - . "Questa iniziativa è un esempio concreto del valore
che può esprimere la collaborazione tra istituzioni pubbliche e azienda privata, nell'interesse comune a
diffondere la conoscenza della Legge 38 e a sviluppare una cultura sociale della terapia del dolore. Da
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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Terapia del dolore Un diritto per chi soffre
27/10/2016
Pag. 26 N.9 - OTTOBRE 2016
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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sempre, la lotta al dolore è una delle aree di maggiore impegno strategico di Angelini, su cui continuiamo
ad investire sia nella ricerca di farmaci innovativi che con iniziative educazionali e di sensibilizzazione
sull'uso corretto ed appropriato dei farmaci". L'iniziativa è realizzata con il grant educazionale di Angelini e
con il patrocinio del ministero della Salute. "NienteMale Roadshow", prevede una serie di incontri in diverse
città. Il prossimo evento si terrà a Crotone il prossimo novembre.
Foto: In particolare in età pediatrica sono molte le conseguenze di un dolore non trattato
27/10/2016
Pag. 32 N.11 - novembre 2016
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ARTROSI AL GINOCCHIO Quando puoi non operarti
Non sempre la degenerazione della cartilagine va affrontata con l'intervento chirurgico. Dall'acido ialuronico
alle cure termali, le terapie efficaci
- Testo di Lucia PanaginiDifficoltà a compiere i primi passi dopo essere stati a lungo seduti, la sensazione di avere un ginocchio
«che non regge», impaccio nello scendere o salire le scale. Sono i sintomi dell'artrosi del ginocchio,
tecnicamente chiamata gonartrosi, una delle forme più comuni di malattia dell'apparato muscoloscheletrico. Ne soffrono migliaia di italiani, soprattutto donne e over 50. «La frequenza della malattia
aumenta progressivamente con l'avanzare dell'età», spiega Antonella Fioravanti, dell'unità operativa
complessa di reumatologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Siena. «La sua diffusione è destinata
dunque a crescere nei prossimi decenni dato il graduale allungarsi della durata media della vita. Inoltre,
essendo il ginocchio un'articolazione portante, costituisce una delle forme di artrosi che più facilmente può
condurre a invalidità». L'artrosi del ginocchio origina da un'alterazione tra i processi distruttivi e ricostruttivi
della cartilagine. Quando i primi prendono il sopravvento sui secondi, questo tessuto perde elasticità, si
assottiglia, si frammenta. A questo punto vengono coinvolte tutte le altre strutture del ginocchio, cioè l'osso,
i legamenti e la membrana sinoviale (che riveste l'intera articolazione). «Si distinguono due forme di
gonartrosi», enumera Fioravanti. «La primitiva non ha una precisa causa scatenante e si presenta spesso
su entrambe le ginocchia; la secondaria, prevalentemente monolaterale, dipende da malformazioni
congenite, come il ginocchio varo o valgo, o dovute a traumi. Diverse evidenze hanno infatti confermato
un'aumentata incidenza di gonartrosi dopo la rottura del legamento crociato anteriore e dopo interventi al
menisco». TERAPIE CONSERVATIVE Il dolore rappresenta il primo campanello d'allarme e il sintomo
principale dell'artrosi del ginocchio. In una certa percentuale di pazienti si può presentare anche un
versamento articolare che, se cospicuo, fa avvertire un senso di tensione e rende difficoltosi i movimenti di
flessione. La diagnosi viene effettuata sulla base di un'accurata visita clinica e di alcuni semplici esami: una
radiografia, un'ecografia articolare e l'esame del liquido sinoviale (soprattutto se è presente un
versamento). «Una volta effettuata la diagnosi di gonartrosi e valutato lo stadio di evoluzione della
malattia», chiarisce la reumatologa, «la terapia dovrà mirare a combattere il dolore e la limitazione
funzionale, a controllare gli episodi infiammatori e a prevenire il più possibile l'evoluzione della patologia,
attraverso un programma che si avvalga di trattamenti farmacologici e non, da concordare con uno
specialista di fiducia». Ecco quali sono le terapie più utilizzate. Attività fisica. Per mantenere in esercizio
l'articolazione è importante il ricorso a un'attività fisica giornaliera, che dovrebbe essere, almeno nelle fasi
iniziali del trattamento, assistita da un terapista della riabilitazione. «L'esercizio fisico», argomenta
Fioravanti, «permette di facilitare e conservare la mobilità articolare, di ridurre o prevenire la riduzione del
volume e della forza dei muscoli, di mantenere la coordinazione del movimento attraverso l'apprendimento
di posture e di gesti corretti». Trattamenti termali. I bagni o i fanghi termali rappresentano un valido ausilio
da affiancare alle più moderne terapie mediche e sono particolarmente indicati per i soggetti intolleranti ai
farmaci. «Molto utile può risultare l'esercizio in piscina termale, soprattutto se assistito da validi terapisti
della riabilitazione», sottolinea la reumatologa. Farmaci. La terapia farmacologica agisce su due fronti:
diminuisce il malessere e rallenta l'evoluzione della malattia. Per combattere il dolore (quindi solo i sintomi)
sono utili gli analgesici e, nel caso di mancata risposta, gli antinfiammatori non steroidei. «In presenza di un
versamento articolare o di dolore resistente, si può ricorrere anche a infiltrazioni locali con basse dosi di
cortisone», aggiunge Fioravanti. Per rallentare l'evoluzione della malattia, invece, si possono utilizzare
farmaci in grado di favorire i processi riparativi della cartilagine, come i condroprotettori. «Questi farmaci
vanno utilizzati per lunghi periodi di tempo, sono generalmente ben tollerati e non presentano problemi di
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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IL TUO CORPO
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Pag. 32 N.11 - novembre 2016
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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interazioni con altri medicinali». Iniezioni con acido ialuronico. «La terapia intra-articolare con acido
ialuronico è entrata di recente a pieno diritto nell'armamentario terapeutico per il trattamento della
gonartrosi», premette la reumatologa. Per i preparati a più basso peso molecolare solitamente viene
suggerita un'infiltrazione a settimana per cinque settimane consecutive; l'efficacia sul dolore e sulla
funzione articolare si manifesta di solito dopo la seconda-terza infiltrazione e i risultati persistono fino a sei
mesi dopo la fine del ciclo di terapia. Per i prodotti a più alto peso molecolare il numero di infiltrazioni e il
ritmo varia a seconda del tipo di preparato; essi determinano una più rapida risoluzione dei sintomi, talora
evidente già dopo la prima infiltrazione; l'efficacia della terapia nel tempo è invece simile agli altri prodotti.
Le iniezioni di acido ialuronico sono in genere ben tollerate; in alcuni casi, nelle successive 24 ore, può
verificarsi una reazione locale con dolore e tumefazione. Tutori o stampelle. essere poi aiutato attraverso il
ricorso a bastoni semplici, a stampelle canadesi o girelli che possono rendere la camminata meno dolorosa
e più sicura. CHIRURGIA Se i farmaci e i trattamenti conservativi non aiutano più, si può prendere in
considerazione un intervento chirurgico che vada o a correggere eventuali deformità delle gambe o a
sostituire del tutto o in parte l'articolazione del ginocchio. «Dopo quattro-sei mesi di cure tradizionali senza
alcun risultato è possibile richiedere un consulto chirurgico», suggerisce Vincenzo Madonna, direttore del
dipartimento di chirurgia del ginocchio dell'ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona).
«Compito dello specialista sarà valutare il grado di artrosi, in base all'età del paziente e al suo livello di
attività e orientarlo, se necessario, sull'intervento più adatto». Interventi precoci-preventivi. tratta di
operazioni che vanno a correggere quei difetti che possono far insorgere o acuire la gonartrosi, in
particolare il ginocchio varo o valgo (cioè un'articolazione che tende verso l'esterno o verso l'interno).
«Interventi di questo tipo possono essere utili anche nella fase iniziale della malattia», spiega Madonna, «e
sono generalmente consigliati ai pazienti più giovani che, in caso di protesi, vista l'età andrebbero incontro
a una o più sostituzioni dell'articolazione artificiale nel corso della loro vita: la durata media di una protesi al
ginocchio, infatti, è di 15 anni». In alcuni casi può essere inserito nel ginocchio un dispositivo che
funzionerà come un ammortizzatore riducendo il carico sul versante interno dell'articolazione (essendo
questo dispositivo creato esclusivamente per l'artrosi del compartimento interno del ginocchio). È possibile
altresì ridurre l'attrito sulle cartilagini anche attraverso una protesi del menisco, nel caso la
lesione/degenerazione di questa struttura fibrocartilaginea fosse sintomatica. Infine, l'osteotomia, ossia il
taglio mirato di parte dell'osso tibiale o femorale, serve a correggere l'asse del ginocchio, limitando quindi il
carico dove la cartilagine è maggiormente usurata. Protesi. Esistono due opzioni chirurgiche per i pazienti
affetti da artrosi del ginocchio in stadio più avanzato: la sostituzione totale dell'articolazione (protesi totale)
o di una sola parte (protesi monocompartimentale). Nel primo caso la protesi riguarda tutte le strutture del
ginocchio. Nel secondo caso si sostituisce selettivamente solo il compartimento più compromesso
dall'artrosi (mediale, laterale, femoro-rotuleo). «Prima dell'intervento, quindi, è necessario sottoporsi a
esami accurati per verificare lo stato della propria articolazione», evidenzia il chirurgo. IL RECUPERO
Entrambe le tipologie di intervento sono eseguite in anestesia spinale o totale. Le soluzioni precoci sono
meno invasive e quindi prevedono due soli giorni di permanenza in ospedale e il recupero completo dopo
30 giorni dall'intervento. «Solo nel caso della osteotomia il pieno recupero avverrà dopo un paio di mesi»,
puntualizza Madonna. Le operazione di protesi richiedono invece dai tre ai cinque giorni di degenza
ospedaliera; il recupero è di circa 45 giorni per le protesi parziali e 60 per le protesi totali. Le ipotesi
chirurgiche sono sconsigliate in presenza di patologie reumatiche e/o neurologiche e infezioni in corso.
Dopo l'intervento è bene sottoporsi a una visita specialistica una volta all'anno. iSTOCK
Peso sotto controllo per prevenire L'artrosi del ginocchio è una malattia degenerativa: fondamentale è
quindi l'attuazione di misure preventive volte a evitare o comunque ridurre l'insorgenza o l'aggravamento
della patologia. Anzitutto attenzione ai chili di troppo. «Il sovrappeso o l'obesità non aumentano solo il
carico meccanico sul ginocchio», sottolinea la reumatologa Antonella Fioravanti. «Il tessuto adiposo in
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Pag. 32 N.11 - novembre 2016
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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eccesso, infatti, produce delle sostanze che vanno a danneggiare la cartilagine». Praticare una regolare
attività fisica è dunque la prima regola per prevenire l'artrosi. Importante è anche correggere le anomalie
congenite o acquisite, come per esempio i piedi piatti, o una dismetria degli arti inferiori, ossia la presenza
di una gamba più corta dell'altra. Se trascurati, questi piccoli difetti possono favorire l'insorgenza della
malattia.
Il barometro del nostro corpo Èin arrivo l'inverno, povere le mie ginocchia! Chi non ha mai sentito almeno
una volta un'affermazione del genere? A livello popolare, infatti, la diminuzione della temperatura e l'umidità
sono collegate ai dolori dell'artrosi, del ginocchio e non solo. Ma per la medicina è davvero così? A
sgombrare il campo dai dubbi è la reumatologa Antonella Fioravanti: «Il caldo e il freddo non hanno alcuna
influenza sull'insorgenza e il decorso dell'artrosi». Un piccolo riscontro, però, c'è: «Le temperature più rigide
possono accentuare la sintomatologia dolorosa», aggiunge la specialista. Ecco spiegato perché d'inverno
in molti hanno la sensazione di soffrire maggiormente di artrosi del ginocchio.
27/10/2016
Pag. 112 N.11 - novembre 2016
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Altro che depressa... soffro di fibromialgia
da Antonella De Minico Quando è iniziata non so dirlo con esattezza, anche se un po' dolorante lo sono sempre stata. Ricordo che
avevo 37 anni e un sabato mattina continuavo a chiedermi: cosa mi sta succedendo? La stanchezza e il
grande affaticamento mi impedivano di fare i soliti lavori domestici. Ero una persona molto attiva, capace di
fare tanto in poco tempo. Avevo due figli piccoli, un marito con cui gestivo un'azienda ed era normale dare
la colpa allo stress accumulato con il superlavoro e con le difficoltà che si possono incontrare in famiglia.
Sentivo male dappertutto e svegliandomi credevo di non essere mai andata a letto. Secondo mio marito era
un problema di testa: ero depressa, non smetteva di dirmelo. Ho vissuto malissimo quelle parole, ma non
avevo in mano niente per smentirle. A un certo punto ho anche pensato di essere una malata immaginaria.
NON ERA UN PROBLEMA DI TESTA Per un po' ho portato pazienza, fino a quando non mi sono decisa
ad andare dal mio medico di base. Gli accertamenti, però, non evidenziavano nulla. Allora, mi ha prescritto
una visita reumatologica. La specialista alla quale mi sono rivolta, vedendomi, non ha avuto dubbi: si
trattava di fibromialgia. Ero presa da tutte le altre cose che stavano accadendo alla mia vita e a quel nome
non avevo dato molto peso. Credevo che finendo in «ia» si trattasse di un'infiammazione. Mentre lei
parlava ero come avvolta nella nebbia e quando mi ha proposto degli antidepressivi per aiutarmi a stare
meglio li ho rifiutati: io non ero depressa. Il nostro incontro si è concluso con un suo sentito «mi dispiace» e
un consiglio: rivedere la mia quotidianità, rispettandomi, pormi obiettivi piccoli e raggiungibili. Uscita da
quella stanza è cambiato tutto: il mio dolore aveva un nome. Mio marito non aveva ragione, non era un
problema di testa, ma nel frattempo mi ero indebolita. Ho deciso di lasciarlo e di cercare un lavoro più
adatto alle nuove esigenze. Senza mai rinunciare a una delle mie più grandi passioni, il volontariato. Nel
mentre, cercavo di saperne di più sulla mia malattia anche grazie a internet. In rete ho letto che un centro di
Siena reclutava persone come me, per uno studio. Sono stata arruolata e seguita da un team di esperti, tra
cui un reumatologo, un fisiatra, un fisioterapista, una psicologa e un medico dello sport. Avevo iniziato a
stare molto meglio: facevo ginnastica mirata ed esercizi di rilassamento per la muscolatura. Poi, purtroppo,
i fondi sono finiti e con loro lo studio. MI DISTRAGGO PASSEGGIANDO Nel 2004, per mettermi a
disposizione di chi come me ha a che fare con questa malattia, ho chiesto al mio medico di base di poter
affiggere un volantino nel suo studio con i miei contatti. Le persone hanno iniziato a chiamarmi e abbiamo
creato gruppi di autoaiuto: molti sono arrabbiati con la malattia. Pur capendoli, credo che lottarle contro non
serva a molto, meglio prenderla per mano. Altrimenti la tensione aumenta il dolore. Dopo tre anni, dopo
tanti convegni, grazie all'Aisf Ð l'Associazione italiana sindrome fibromialgica di Milano, abbiamo aperto una
sede qui a Belluno, di cui sono la referente. Oltre a quest'impegno, per ÇdistrarreÈ il dolore faccio ci- che
mi piace: passeggio, fotografo, invito amiche a casa con cui chiacchierare e partecipo a progetti benefici.
Quando la sera mi invitano fuori, se non ho più forze dico che sono «scaduta», come ben sanno i miei
amici. Non amo voltarmi indietro, ma sono consapevole che molte cose sono cambiate. I miei figli ora
hanno capito tutto ma io, come molti fibromialgici, non parlo tanto di me. Anche al mio ex marito la
situazione • finalmente chiara: siamo persino riusciti a recuperare un buon rapporto. Carla Dalla Stella La
bambola Happy è diventata la mascotte di Carla, che la porta con sé a tutti i convegni.
Te lo spiega il reumatologo
STANCHEZZA E DOLORE CRONICO INCIDONO SULL'UMORE
Focus Gianniantonio Cassisi , REUMATOLOGO PRESSO L'ASL 1 DI BELLUNO, MEMBRO
DELL'ITALIAN EXPERT MEETING ON FIBROMYALGIA AND CHRONIC WIDESPREAD PAIN Si stima
che la fibromialgia interessi il 3% della popolazione, tra i 30 e i 50 anni, mentre la percentuale sale al 1012% per chi è affetto dal solo dolore cronico diffuso. È più immediato fare diagnosi alle donne che agli
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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LA MIA STORIA
27/10/2016
Pag. 112 N.11 - novembre 2016
diffusione:57867
tiratura:112850
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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uomini, e per questo fino a poco tempo fa si pensava fosse una malattia perlopiù a tinte rosa. In realtà,
studi recenti dicono che su cento pazienti, trenta sono uomini. SINTOMI Essendo una sindrome, interessa
più aspetti della persona, ma il sintomo che porta a una consulenza reumatologica è il dolore in più parti del
corpo. Che deve avere determinate caratteristiche: dura da almeno tre mesi, si presenta senza apparente
motivo e può persistere anche tutto il giorno. È sempre accompagnato da astenia (stanchezza senza
motivo), dal senso di affaticamento e da sonno non ristoratore. Possono essere presenti anche disturbi
cognitivi e sensoriali: non è raro dimenticare con facilità cose o fatti recenti, non sopportare il sole per il
fastidio dato dalla luce, e/o non sopportare più suoni o odori che prima si tolleravano bene. Pur essendo
riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità, in Italia non è ancora stata inserita tra le malattie
croniche invalidanti. Ma dal punto di vista sociale lo è. Richiede spesso un radicale cambio di stile di vita e
a volte anche di lavoro. CAUSE Oggi, a differenza di anni fa quando si pensava fosse un problema di tipo
psicologico, sappiamo con certezza che la sindrome fibromialgica ha una componente genetica. Ma non è
detto che tutte le persone predisposte la sviluppino. Tra le cause, situazioni di stress fisico o psichico in
occasione di eventi traumatici, come un incidente o una perdita importante, oppure in concomitanza del
protrarsi di situazioni (affettive, lavorative...) che generano ansia, disturbi del sonno e altre situazioni
dolorose perduranti da tempo. C'è una sensibilizzazione del sistema nervoso centrale che porta al
malfunzionamento dei meccanismi che governano la percezione del dolore; a questo si accompagnano
spesso alterazioni del tono dell'umore. TRATTAMENTI La sindrome fibromialgica richiede l'intervento di
più esperti. Il referente è il reumatologo, ma è fondamentale che lavori in team con lo psicologo, il fisiatra e
il fisioterapista, avvalendosi anche di neurologi e terapisti del dolore quando necessario. I farmaci più usati,
neuromodulatori e oppioidi, riducono l'intensità del dolore in media del 30%. Non trattandosi di
un'infiammazione, antinfiammatori e cortisonici sono inutili. Anche i miorilassanti e il paracetamolo hanno
un'azione piuttosto limitata. Fondamentale è invece la cura riabilitativa. La ginnastica prescritta ad hoc da
un medico aiuta il tono muscolare, gli esercizi di rilassamento e la terapia cognitivo-comportamentale
seguiti da uno psicologo possono alleviare il dolore e i disagi che sorgono a seguito dell'eventuale perdita
di memoria breve, delle difficoltà di concentrazione, o dell'incapacità di sostenere un discorso. Potrebbero
essere utili anche le metodiche complementari, come l'agopuntura, la balneoterapia e qualche integratore.
Ma queste ultime vanno valutate caso per caso insieme al medico: ogni fibromialgico è un caso a sé. Oggi
si discute molto sull'uso della cannabis e dalla camera iperbarica per trattare questa malattia. Ma gli studi in
merito non sono ancora sufficienti per dichiararle terapie sempre efficaci.
Foto: Il racconto di Carla
Foto: Carla Dalla Stella ha 55 anni e da quando ne aveva 37 soffre di fibromialgia. Dal 2007 è presidente
della sede di Belluno dell'Aisf, l'Associazione italiana sindrome fibromialgica.
27/10/2016
Sito Web
QS - QuotidianoSanita.it
Analgesia da oppioidi . Lo stress può annullarla nella nella IBD
L'azione analgesica di oppioidi endogeni e di farmaci oppioidi potrebbe essere annullata da una condizione
di stress psicologico correlata a condizioni croniche. Questi i risultati di una ricerca sperimentale pubblicati
online su Gut.
27 OTT - (Reuters Health) - Secondo alcuni studi in vitro e sui topi, lo stress psicologico che accompagna
le condizioni croniche come una malattia infiammatoria intestinale (IBD) può annullare l'azione analgesica
di oppioidi endogeni e farmaci oppioidi. Come ha dichiarato il Dr. Stephen J. Vanner: "Lo stress psicologico
può mutare la segnalazione degli oppioidi nei nocicettori facendo sì che i farmaci di questo tipo causino
dolore piuttosto che alleviarlo". In un articolo online del 27 settembre su Gut, il Dr. Vanner del Kingston
General Hospital, in Ontario, ha osservato insieme ai colleghi che quando la IBD progredisce, la
segnalazione nocicettiva periferica riflette un equilibrio di mediatori pronocicettivi e antinocicettivi che
comunicano con i neuroni dei gangli della radice dorsale (DRG). "Nel passaggio da infiammazione acuta a
cronica", aggiungono, "l'espansione del sistema oppioide endogeno provoca un importante cambiamento in
questo equilibrio". In una serie di esperimenti che hanno coinvolto colon infiammati di pazienti con colite
ulcerosa e topi con colite cronica indotta da destrano solfato di sodio, il team ha esaminato tali modifiche
nell'eccitabilità dei nocicettori dei DRG del colon.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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Edizioni regionali
28/10/2016
Pag. 19 Ed. Padova
diffusione:47960
<p>E la Regione amplia medici specialisti e patologie per la prescrizione ai pazienti </p>
Mauro Pigozzo
ROVIGO Il gotha veneto e nazionale della canapa domani in città per un convegno attesissimo. Già
occupati tutti i 145 posti a disposizione al Museo dei Grandi Fiumi. Si rifletterà sul ruolo della canapa
industriale, quella usata ad esempio per tessuti e sulle ultime novità relative alla canapa terapeutica.
Il centro di ricerca che opera dal 1912 a Rovigo, il Crea, è all'avanguardia nazionale. Vengono coltivate qui
tutte le piantine di marijuana usata a fini curativi che poi vengono fatte crescere a fini medici nello
stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze, unico autorizzato in Italia. Negli ultimi due anni da
Rovigo partite circa 500 «radici» che hanno prodotto otto chili di «erba» col principio attivo thc, quello antidolore.
Il convegno apre una nuova stagione a livello regionale sul fronte della canapa medica che porta il Veneto
quasi ai livelli della Toscana. Nel Bur (Bollettino ufficiale regionale) dello scorso 30 settembre è stata
pubblicata la nuova legge sanitaria che ha recepito le richieste avanzate dalla commissione Sanità.
Aumentano i medici specialisti che possono prescrivere la marijuana: prima c'erano solo i neurologi, ora
anche chi si occupa di trattamento del dolore, cure palliative e reumatologia. E si ampliano le patologie
trattabili: prima solo gli spasmi muscolari da sclerosi multipla, ora anche i dolori neurologici, i pazienti
farmaco-resistenti o con intolleranze agli oppioidi.
«Manca ancora l'epilessia, ma molto è stato fatto» dice Giampaolo Grassi, ricercatore del Crea-Cin.
«Speriamo che in un futuro anche i medici di base, dopo la prima prescrizione degli specialisti, possano
permettere ai pazienti di usare canapa terapeutica».
Intanto, però, le polemiche sull'attività della commissione non si placano. Il Movimento 5 Stelle, con Patrizia
Bartelle, ha presentato un'interrogazione dove sostiene che in Veneto i pazienti trattati con prodotti a base
di cannabis nel 2015 sono stati 207. Di questi, otto hanno ricevuto la copertura finanziaria del Sistema
sanitario nazionale. Per gli altri 199, spese a carico loro. «Per cosa sono stati spesi questi soldi - si chiede il
consigliere regionale - Visto che non è disponibile alcun risultato? Per cosa i veneti hanno pagato 821.608
euro?».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 28/10/2016
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Cannabis terapeutica, Polesine sempre al top Negli ultimi due anni
prodotte 500 piantine