Slum | Dmemory - Mondadori Education
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Slum | Dmemory Attualità Slum PERIFERIE DEL MONDO Da maggio gli abitanti delle città hanno superato quelli di tutto il resto del pianeta. E le banlieue sono gli ecosistemi di domani di Alberto Salza Jorg Bruggemann/Ostkreuz/G.Neri Mads Nissen/G.Neri Giulio Di Sturco/G.Neri Guy Tillim/VU/G.Neri Yann Arthus Bertrand/Corbis J. Röder/Ostkreuz/G. Neri Il 23 maggio del 2007, o giù di lì (le proiezioni dell'università del North Carolina sono probabilistiche), è successo un fatto straordinario: è nato un bambino. Quella creatura ha fatto sì che gli abitanti delle città siano più di quelli di tutto il resto della Terra. Tre miliardi e mezzo, più uno. Tra un trentennio, i 3/4 dell'umanità faranno parte di un universo di cemento-acciaio-vetro-baracche. Come canta Pepe Kale dal Congo: "Quelli che sono venuti nella metropoli sono caduti in un deserto". Lavorando con i pastori nomadi d'Africa, mi sorprese la mancanza del termine "povero". Usano la parola araba "meshkin". "Se sei povero sei morto", spiegavano. E ancora: "I poveri non siamo noi". Nel semideserto scoprii il "modello a sifone" della miseria, la tazza del cesso che genera e ospita un'altra umanità: gli abitatori di slum. Ogni gruppo umano riconosce un livello di indigenza compatibile con l'ambiente. Se si supera una soglia prestabilita dalla cultura, si viene espulsi dal sistema. Sola andata. I pastori turkana del Kenya, autosufficienti, non hanno poveri per due motivi: 1) non possono permetterseli; 2) se sei povero (senza bestiame) non sei più un Turkana. Fine della storia e giù per il sifone. Oltre 3 miliardi di persone (il 50 per cento) vivono con meno di 2$ al giorno. Il rapporto popolazione/risorse non consente più la mobilità verticale ai poveri. Dove vanno a finire? Le poche cittadine del territorio turkana (come in tutta l'Africa) si riempiono di baracche. Hanno la forma di capanne, ma sono fatte con materiali urbani: cartoni, teloni di plastica e, soprattutto, lamiere riciclate. Da lì, le masse semiurbanizzate vengono ulteriormente espulse, fino al cartello "Benvenuti nella bidonville", dove incontrano i "profughi urbani", cacciati dal centro città. "I poveri non sono più "sfruttati" ma sono diventati un "sovrappiù" escluso dall'appartenenza alla società": lo ha detto a metà maggio il cardinale Bergoglio, primate d'Argentina. "Si tratta di qualcosa di nuovo: escludendo le persone si elimina alla radice il senso di appartenenza alla società, perché non ne sono più ai margini, ma stanno proprio fuori, come un'eccedenza (sobrantes)". Il fenomeno, noto negli Usa, è arrivato in Europa, come dimostrato dall'incremento esponenziale dei "nuovi poveri" (vedi i dati Istat, www.istat.it). Come afferma Gita Verma: "La causa prima dello slumming urbano sembra essere non la povertà urbana, ma la ricchezza urbana". Per tutte le eccedenze umane negli slum, la ricchezza è un'ossessione mitologica: si chiama lard (da dollar) a Kinshasa, o maille (maglia) nella banlieue di Parigi. Dappertutto ci si rivolge ad appropriazioni di ricchezza (o servizi) semi-magiche: lotterie, catene di sant'Antonio. Il microcredito e le cooperative a fondi rotativi sono divenuti un "culto del cargo", istigato dalle Ong e dagli operatori dello sviluppo. I pentecostali distribuiscono paramedicine e promettono, alleluia, una vita decente. Nell'aldilà. Nascendo in città, la creatura di maggio 2007 ha avuto una probabilità di oltre 1/3 di nascere in una baraccopoli. A oggi, sono circa un miliardo e mezzo gli abitanti di slum, l'ecosistema del futuro. Secondo le proiezioni, il 95 per cento dell'incremento di umanità avverrà a ritmi straordinari nelle aree urbane dei Paesi in "via di inviluppo" (massacrati dal neoliberismo): nel 1950, Lagos aveva 300mila abitanti, nel 2004, 14 milioni; Rio è passata da 3 a 12 milioni. Al 2005, il megaslum si trovava a Città del Messico: Neza-Chalco-Izta, con oltre 4 milioni di persone. Nel 2025, Mumbai supererà i 33 milioni (60 per cento negli slum). Nessuno sa se concentrazioni di povertà di tali dimensioni siano biologicamente sostenibili. Kofi Annan ha affermato che "il centro della povertà globale si sta muovendo verso le città. Nei prossimi trent'anni, gli abitanti degli slum supereranno i due miliardi" (rapporto Un-Habitat The Challenge of Slums, www.unhabi tat.org). Che cosa è mai uno slum? La definizione operativa di un'agenzia Onu (Egm, Nairobi 2002), connette lo slum a: 1) accesso inadeguato all'acqua e 2) alle fogne e altre infrastrutture; 3) infima qualità strutturale dell'abitazione; 4) sovraffollamento; 5) insicurezza nello status residenziale. Tali caratteristiche riguardano gli aspetti fisici e legali, escludendo le dimensioni sociali (indefinibili). La definizione dei parametri non è unanime e richiede "prove sperimentali sul terreno" e "modificazioni locali degli indicatori". Lo slum è qualitativo, non quantitativo: un insediamento contiguo i cui abitanti hanno inadeguate abitazioni e inesistenti servizi di base. Le autorità sovente non considerano lo slum come parte della città. Difficoltà operative: 1) lo slum è troppo complesso per i parametri urbanistici; 2) lo slum è un concetto relativo (uno slum in una città potrebbe essere quartiere residenziale altrove); 3) lo slum muta troppo rapidamente per quanto riguarda la giurisdizione legale o l'aggregazione sociale. La baraccopoli è una città rovescia. Ed è vicina a noi. Lo hanno dimostrato le periferie francesi - al plurale - nel 2006. La periferia è un limbo, l'interfaccia tra città e contado, "sede della "peri-urbanizzazione", una nebbia epistemologica che nessuno studia", come afferma in un'intervista Mike Davis, il sociogeografo de Il pianeta degli Slum (Feltrinelli, 2006). Nelle periferie francesi si parla il verlan, gergo costruito con l'inversione delle sillabe. Sarkozy insultava i ragazzi chiamandoli recaille (canaglia). E loro gridavano ai keuf (sbirri): "Noi siamo caillera". E Sarkozy replicò: "Feccia da ripulire con la Karcher (pompa degli spazzini)". Echi verbali di "pulizia etnica". Nel 2005, ad Harare in Zimbabwe, l'"Operazione Murambasvina" (Fuori la spazzatura) è stata il più grande sgombero di slum: 750 mila persone hanno perso tutto sotto i bulldozer. A Manila si risparmia sul diesel. Per ottenere una "demolizione a caldo" si prende un gatto o un topo, lo si intride di cherosene e lo si rilascia in fiamme tra le baracche. È interessante notare come pochissime istituzioni si occupino della struttura operativa e della gestione dello slum. Tra queste spiccano i sistemi militari Usa (manuale dei Marines MCWP 3-35.3 Military Operations on Urbanized Terrain e RAND Corporation's Arroyo Center) e francesi (Système Felin). Come dice Keith Dickson, dell'U.S. Army War College: "La guerra asimmetrica in aree urbane sarà la sfida del secolo per le forze sillabe. Sarkozy insultava i ragazzi chiamandoli recaille (canaglia). E loro gridavano ai keuf (sbirri): "Noi siamo caillera". E Sarkozy replicò: "Feccia da ripulire con la Karcher (pompa degli spazzini)". Echi Slum | Dmemory verbali di "pulizia etnica". Nel 2005, ad Harare in Zimbabwe, l'"Operazione Murambasvina" (Fuori la spazzatura) è stata il più grande sgombero di slum: 750 mila persone hanno perso tutto sotto i bulldozer. A Manila si risparmia sul diesel. Per ottenere una "demolizione a caldo" si prende un gatto o un topo, lo si intride di cherosene e lo si rilascia in fiamme tra le baracche. È interessante notare come pochissime istituzioni si occupino della struttura operativa e della gestione dello slum. Tra queste spiccano i sistemi militari Usa (manuale dei Marines MCWP 3-35.3 Military Operations on Urbanized Terrain e RAND Corporation's Arroyo Center) e francesi (Système Felin). Come dice Keith Dickson, dell'U.S. Army War College: "La guerra asimmetrica in aree urbane sarà la sfida del secolo per le forze armate occidentali. Chi controllerà le città detterà il futuro del mondo". A Sadr City e Mogadiscio si stanno portando avanti con il lavoro. Mike Davis ironizza: "Una villa miseria di Buenos Aires ha il peggior feng shui del mondo: è costruita in una zona alluvionale dove un tempo c'erano un lago, una discarica di materiali tossici e un cimitero". L'ecosistema dello slum è collegato a una serie di "pericoli innaturali": cattiva geologia (Messico per terremoti), pessimo clima (Manila con le inondazioni), traffico (a Lagos i bus sono detti danfos, "bare volanti"). Il problema maggiore restano le deiezioni umane: almeno mezzo chilo al giorno a testa (anche se non si mangia). A Mathare 4A (Nairobi) gli abitanti ricorrono ai "gabinetti volanti", detti anche "missili scud": "Facciamo i bisogni in un sacchetto di plastica", mi ha detto una signora, "poi lo gettiamo sul tetto". Un "imprenditore informale" appoggiato dalle Ong (problema aggiuntivo per gli slum) ha creato cessi a pagamento: 5 cent. Una cifra esorbitante: si calcola che ad Accra, in Ghana, l'uso dei bagni pubblici per famiglia, una volta al dì, costi il 10 per cento del salario base. A maggio è nato un bambino. O una bambina. O qualcos'altro. Ambiente selettivo, alto tasso di mutazioni (esposizione a radiazioni), separazione geografica, interruzione del flusso genico, elevata competizione, natalità accelerata: questi sono i prerequisiti di una speciazione. Gli abitanti degli slum, in un futuro non troppo lontano, potrebbero non appartenere più alla specie Homo sapiens. I mutanti dei depositi abusivi di scorie radioattive, sopravvissuti a frane e inondazioni, mangiando rifiuti tossici, bagnandosi ad Aroma Beach (Filippine), allontanati dal mondo per mezzo di muri (Palestina), filo spinato (dappertutto), "corridoi sicuri" (vedi Palm Springs, sia in California sia in Cina) sono andati nell'altrove del sifone. Generando mostri volanti a Kinshasa. La capitale del Congo è tutta uno slum, dove si mangia a turno: un giorno i bambini e il giorno dopo gli adulti. L'incremento di miseria "a sifone", legato alla guerra per i diamanti e altri minerali strategici, tra cui il coltan dei telefoni cellulari, causa delle stragi in Ruanda, ha fatto sì che almeno duemila bambini siano stati accusati di stregoneria, di aver provocato guai e malattie (soprattutto Aids o cancro) alle proprie famiglie. Di conseguenza sono puniti, spesso con la morte. Per questo vagano per le strade, organizzati in bande gerarchiche, paramilitari. In uno schizzo di comprensione postmoderna (accesso immediato al consumo della modernità), un dodicenne afferma: "Tutto è utile nel corpo umano: per questo sono cannibale. Il sangue è diesel, kerosene e vino rosso; il liquame di putrefazione è olio motore, è profumo, acqua potabile, sciroppo farmaceutico, pomata da sfregare sul corpo. La colonna vertebrale è una radio, un telefonino, una trasmittente; la testa è marmitta, piscina, un secchio per lavarsi; gli occhi sono uno specchietto, una tv, un telescopio; con i capelli si può fare un divano per il tinello". I bambini strega di Kinshasa dicono di vivere nel "mondo pandemonio", nella "quarta dimensione", nella "città doppia". Il Kindokinisme, neologismo lingala da kindoki, "stregoneria", è la Second Life dei miseri. Mangiando metafore di uomini-macchina, i bambini strega dimostrano di contare nel mondo degli adulti, che è la baraccopoli allargata. Non è difficile volare sulla scopa come Harry Potter. Ma occorre essere straricchi per sapere che fare, una volta lassù. Sopra il sifone. Alberto Salza è un antropologo Urbanizzazione? Non è sempre un male Poveri, giovani, donne: i nuovi abitanti delle città. Una popolazione destinata a crescere sempre più velocemente, soprattutto in Asia e Africa. Tanto da arrivare a sfiorare - dagli attuali 3 - i 5 miliardi entro il 2030. Lo dicono le previsioni dell'ultimo rapporto dell'Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, presentato in Italia da Aidos, l'associazione Donne per lo sviluppo. Dati e tabelle. Ma anche storie. Di chi abbandona la campagna per cercare un futuro migliore. Una migrazione che non si può fermare e che racchiude, secondo l'Unfpa, potenzialità da liberare con politiche mirate e sfatando qualche pregiudizio. A cominciare da quello che riguarda le megalopoli: oltre la metà dell'aumento avverrà in centri con meno di 500mila abitanti. "L'urbanizzazione", spiega la presidente di Aidos Daniela Colombo, "non è un male in sé. Chiunque abbia visitato una baraccopoli si è chiesto: "Ma cosa ha spinto questa gente a vivere in condizioni che non hanno niente di umano?". In realtà, per la maggior parte di chi migra percorrere una distanza di 200 km equivale a fare un salto di mille anni". Soprattutto per le donne che in città non troverebbero soltanto violenza ed emarginazione, ma maggiori opportunità economiche. E non solo: una delle disparità più evidenti riguarda l'accesso all'istruzione. Nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo le ragazze tra i 10 e i 14 anni che frequentano la scuola sono il 18,4 per cento in meno delle loro coetanee in città. La percentuale sale al 37,5 tra i 15 e i 19 anni. Spesso si fugge dalla campagna anche per evitare matrimoni precoci o forzati. Nell'Africa Sub-sahariana e nell'Asia meridionale il 50% delle giovani che vivono lontano dai centri abitati si sposa prima dei 18 anni; mentre in città la percentuale scende al 25%. Torna al sommario