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umero 15°/2014
I rischi per la salute nel settore orafo
Nell’ultimo numero del supplemento “I corsi” della rivista ISL è stato pubblicato un
approfondimento dedicato al settore orafo. Da questo interessante lavoro riprendiamo
alcuni temi di utilità nella nostra attività di tutela.
Il settore orafo è un settore complesso che presenta una notevole varietà di lavorazioni
specifiche e una altrettanto notevole varietà di possibili combinazioni nell'ordine di
esecuzione della varie fasi.
Schematicamente è possibile accorpare le lavorazioni in cinque grandi gruppi:
1.
preparazione leghe;
2.
preparazione semilavorati;
3.
montaggio e saldatura;
4.
finitura;
5.
operazioni ausiliarie e di supporto.
Ogni gruppo è poi possibile suddividerlo in sottogruppi a loro volta scomponibili in fasi,
stante tale complessità alla parte tecnologica sarà dedicata una successiva e specifica
newsletter.
I fattori di rischio nel settore orafo
I fattori di rischio presenti nella lavorazione dei metalli preziosi sono molto numerosi.
La lavorazione orafa comprende, come si diceva attività produttive diverse e come
conseguenza anche le mansioni e soprattutto i rischi professionali sono sensibilmente
diversificati, si va dunque dal rischio chimico, a quello posturale, al rischio di dermatite
allergica da contatto (DAC) ad infine al rischio per l'apparato visivo.
Le fasi del ciclo produttivo nel settore orafo sono rappresentate principalmente dalle
lavorazioni chimico-metallurgiche.
Preliminarmente occorre ricordare che nell’ultimo decennio il cadmio è stato
prevalentemente sostituito dall’indio.
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Il cadmio e lo zinco hanno una temperatura di fusione sensibilmente inferiore a quella
degli altri metalli e, a volte, questo può essere causa di fumate di vapori metallici se
introdotti nel crogiolo quando gli altri metalli sono già fusi.
L’inalazione di fumi metallici può causare irritazione delle vie respiratorie. Il cadmio
provoca effetti dannosi soprattutto a livello renale ed è classificato come cancerogeno.
Nelle microfusione a cera persa il rischio principale è rappresentato dalla esposizione a
polveri aerodisperse di silice cristallina libera presente nei materiali utilizzati per la
formature dello stampo gessoso in percentuali variabili dal 70 al 75%1.
L’esposizione si verifica sia durante le operazioni di prelievo della polvere dai sacchi e
mescolamento in acqua, sia durante la rottura delle forme, eseguita a secco e la pulizia dei
locali di lavoro. Uno studio condotto sui lavoratori di questo settore ha evidenziato alcuni
casi di pneumoconiosi.
L’esposizione a vapori di fumi metallici che si liberano nella fase di microfusione a cera
persa mediante riscaldamento con forno ad induzione elettromagnetica è risultata dai dati
di letteratura essere estremamente contenuta contrariamente al rischio derivante dalla
microfusione mediante riscaldamento con cannello ossiacetilenico che espone ad elevate
concentrazioni di fumi di fusione in cui il principale inquinante ambientale è l’argento.
L’inalazione di fumi di cera e di vulcanizzazione della gomma sono causa di irritazione
delle prime vie aeree.
Dopo la microfusione e le operazioni ad essa connesse seguono le operazioni di
montaggio e di saldatura.
I rischi connessi alle operazioni di saldatura dipendono dal tipo di lega di apporto e dai
flussanti impiegati. Le leghe di apporto possono contenere elevate quantità di cadmio oltre
a zinco, argento e rame in quantità variabili. Il rischio più rilevante era rappresentato dalla
presenza di cadmio attualmente in via di sostituzione con l’indio per le sue caratteristiche
chimico-fisiche e per la minore tossicità.
I flussanti (acido borico, anidride borica) sono dei materiali che hanno funzioni decapanti
e fondenti. La saldatura espone i lavoratori oltre al rischio derivante dai fumi metallici
anche a concentrazioni di CO, gas nitrosi (NO2 e N2O4) e ozono.
1
Sull’argomento vedi anche:
L. Gambacciani, A. Macioce, L. Valori, G. Bocchicchio, O. Orsini, P. Cuccoli: “Esposizione a
silice libera cristallina nel comparto orafo aretino” 3° seminario Contarp Napoli 2004;
AA.VV.: “Il rischio silice nei principlai comparti di lavoro toscani” Progetto regionale
F. Cavariani: “Esposizioni sconosciute e impreviste a silice” Modena 2008
Ripanucci-Verdel: “Possibilità di inquinanti silicotigeni nei laboratori di oreficeria” ISS 1978
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Laddove viene effettuata solo la brasatura l’esposizione a fumi appare essere molto
contenuta.
Quando l’oggetto prezioso è stato ottenuto in forma grezza viene poi sottoposto alla
finitura che prevede trattamenti meccanici, chimico fisici e galvanici. Nei trattamenti
meccanici per le operazioni di levigatura, pulitura e lucidatura, vengono utilizzate varie
paste abrasive mescolate con cere naturali o con paraffine. E’ da segnalare in queste paste
la presenza di quarzo in concentrazioni variabili (1-45%).
Le operazioni di finitura di tipo meccanico se vengono realizzate con l’ausilio di pulitrici
da banco dotate di aspirazione localizzata e di schermi protettivi riducono sensibilmente
la contaminazione ambientale derivante dai residui della lavorazione e di conseguenza il
rischio inalatorio dei soggetti esposti. Accanto ai trattamenti meccanici si collocano i
trattamenti chimico-fisici che prevedono l’utilizzo di numerosi composti chimici:
soluzioni contenenti acido solforico, bagni di soda caustica, solventi clorurati, alcoli,
chetoni.
Gli effetti tossici di interesse professionale sono generalmente conseguenti ad esposizioni
prolungate nel tempo per concentrazioni di gran lunga inferiori a quelle in grado di
produrre l’insorgenza di quadri di intossicazione acuta.
I rischi per la salute derivanti dall’esposizione a queste sostanze sono basati su una azione
di tipo irritativo a carico delle prime vie aeree e dei bronchi, fino a quadri più severi come
edema, fibrosi ed enfisema polmonare.
Nei confronti del sistema nervoso centrale i solventi oltre a mostrare effetti tossici di
natura aspecifica, mostrano tossicità specifica legata alla produzione di intermedi
metabolici dotati di spiccate proprietà tossicologiche. E’ questo il caso del metanolo in
grado di produrre gravi danni a carico del nervo ottico.
Una descrizione particolareggiata merita, per la severità degli effetti clinici che può
produrre, il cianuro di potassio che può provocare quadri clinici variamente composti con
cefalea, astenia, vomito, confusione mentale, lacrimazione epistassi, edema polmonare
sino a determinare, nei casi di intossicazione acuta, perdita di coscienza per paralisi
respiratoria.
Nell’ambiente di lavoro della fase di lavorazione del ciclo galvanico è possibile la
formazione di aerosol contenenti una vasta gamma di sostanze chimiche portate in
atmosfera dallo svilupparsi di nebbie, vapori e gas d’elettrodo durante le diverse fasi del
ciclo produttivo. Si tratta principalmente di miscele basiche provenienti dallo sgrassaggio
alcalino dei pezzi, miscele acide generate dal decapaggio delle superfici metalliche,
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metalli quali nichel, zinco e cobalto, cianuri, solventi clorurati e sostanze organiche da
bagni utilizzati a temperature superiori a quella ambiente. Inoltre gli impianti di
trattamento delle acque di lavaggio possono prevedere, prima della filtrazione e dello
scambio ionico, stadi di abbattimento chimico con sostanze concentrate, ossidanti o
riducenti, acide e basiche.
Contaminazioni atmosferiche di minore entità possono anche derivare dallo stoccaggio dei
rifiuti, oltre che dal risollevamento delle polveri depositate sulle superfici del ciclo
galvanico.
I fattori di rischio presenti nella lavorazione artigianale durante il ciclo galvanico sono:
-
Manipolazione di sostanze pericolose incompatibili tra loro, ad esempio per un
evento accidentale può avvenire la miscelazione di acidi con cianuri e
conseguentemente si può avere sviluppo di acido cianidrico (gas tossico);
-
Esposizione a vapori di cianuro, il processo è tale da non sviluppare questo
inquinante se non in concentrazioni basse localizzate all’interfaccia acqua-aria per
effetto della anidride carbonica dell’atmosfera;
-
Esposizione a vapori di sostanze acide (acido solforico) che si sviluppano durante
la conduzione dei bagni galvanici;
-
Esposizione a vapori di sostanze caustiche (soda caustica) che si sviluppano
durante la conduzione dei bagni galvanici;
-
Esposizione a nebbie contenenti nichel sotto forma di sali solubili, che si
sviluppano dai bagni di nichelatura;
-
Manipolazione di sostanze acide (acido solforico), utilizzate per i bagni galvanici;
-
Manipolazione di sostanze caustiche utilizzate per i bagni galvanici;
-
Ingestione accidentale di sostanze acide, caustiche o cianuri.
L’irritazione delle prime vie aeree e dei bronchi può provocare edema, fibrosi, enfisema,
questi sono i danni derivanti dalla inalazione di vapori.
Gravi lesioni dell’apparato respiratorio possono essere provocate in caso di inalazione di
vapori di soda caustica.
L’asma bronchiale può essere causata dall’inalazione di nebbie contenenti nichel sotto
forma di sali solubili. Inoltre i sali solubili di nichel sono più pericolosi della forma
metallica e vengono indicati come cancerogeni dall’ACGIH.
L’inalazione di solventi clorurati (percloroetilene, tricloroetano) può provocare danni
acuti o cronici del sistema nervoso centrale.
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IL contatto accidentale con alcali (soda caustica) può provocare ustioni molto gravi dei
tessuti.
Il contatto con solventi clorurati (percloroetilene, tricloroetano) può provocare irritazione
della pelle e degli occhi.
Il monitoraggio ambientale per la determinazione del nichel aerodisperso è stato
storicamente eseguito raccogliendo su filtro gli aerosol di particelle solide e liquide che si
disperdono nell’aria ambiente. Sebbene la determinazione dell’esposizione mediante
campionamento personale sia da previlegiare, la maggior parte degli studi di esposizione
nel comparto galvanico, specialmente i più datati, sono stati eseguiti mediante
campionamenti d’area (in posizione fissa). Le ricerche degli ultimi anni sono invece state
eseguite mediante valutazione dell’esposizione personale (in zona respiratoria) e con
tempi di campionamento comprendenti l’intero turno lavorativo.
La frazione dimensionale delle particelle aerodisperse di principale interesse per il
monitoraggio ambientale è quella inalabile approssimabile in prima istanza alle polveri
totali sospese.
Migliori condizioni dell’ambiente di lavoro, procedure innovate e buone pratiche di igiene
industriale hanno ridotto negli ambienti galvanici l’esposizione alle sostanze pericolose,
principalmente metalli tossici e portato ad una netta diminuzione delle patologie correlate
come tracheo-bronchiti, asma e polmoniti.
Tuttavia l’esposizione cronica alle basse dosi può portare nel tempo agli insidiosi effetti
che culminano con le neoplasie e per questo il rilevamento precoce di danni biologici è il
nuovo target della tossicologia industriale. Grazie agli sviluppi degli ultimi anni oggi
abbiamo a disposizione una più ampia serie di matrici biologiche dove ricercare nuovi
indicatori di effetto e di dose da affiancare al monitoraggio ambientale e personale per
aggiungere informazioni alla catena esposizione-dose-effetto .
Le patologie di tipo allergico come dermatiti, riniti, congiuntiviti o asma bronchiale erano
più facilmente riscontrabili in passato a causa degli alti valori di esposizione correlati a
tecnologie produttive ormai obsolete. Tali effetti erano probabilmente correlati non solo
alla esposizione a metalli ma anche alla compresenza di questi con altri agenti di rischio
quali nebbie acide, gas d’elettrodo e particolato aerodisperso.
Poiché nel comparto galvanico i lavoratori sono contemporaneamente esposti a numerosi
agenti chimici, caratterizzati anche da molteplici effetti avversi per la salute umana,
occorre valutare attentamente possibili effetti aggregati, additivi o sinergici, specialmente
nel caso di sostanze con nota tossicità sui medesimi organi bersaglio.
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Nel settore della galvanica sono in atto innovazioni importanti che non riguarderanno
ragionevolmente i settori tradizionali.
Le applicazioni di nichel e cromo su materiali ferrosi da solvente acquoso tenderanno
plausibilmente a ridursi ai soli ambiti in cui sono impiegati per scopi tecnici strategici non
rimpiazzabili mentre in altre applicazioni, oggetti di piccole dimensioni, come nel settore
orafo possono essere ottenuti depositi con livelli prestazionali ugualmente elevati
mediante tecniche in vuoto tipo PVD (Plasma Vacuum Deposition) e CVD (Chemical
Vapour deposition). Troveranno poi ampie possibilità di sviluppo futuro i rivestimenti
nanocomposti e nanostrutturati ad alte prestazioni, preminentemente per quanto riguarda
la deposizione su materiali plastici o in fibra di carbonio, come pure altre tecniche di
deposizione come PECVD (Plasma-Enhanced Chemical Vapour Deposition), sputetring e
plasma grafting che porteranno a nuove combinazioni di materiali strutturali/funzionali.
Rischio posturale. La letteratura individua il ruolo della fissità posturale come elemento
di rischio per i diversi tratti della colonna vertebrale.
Nel settore orafo il posto di lavoro è caratterizzato da un banco di altezza media, non
regolabile, munito di due cassetti, il superiore nel quale vengono conservati gli strumenti
di lavoro, l’inferiore, tenuto costantemente aperto e poggiante sulla parte anteriore delle
cosce, per la raccolta dei frammenti di lavorazione del metallo prezioso.
Il sedile di lavoro nella maggioranza dei casi non è regolabile in altezza ed è privo di
supporto lombare.
La postura al banco è seduta fissa ed è mantenuta per lo più per l’intero turno lavorativo,
questa condizione determina:
1) un atteggiamento in costante flessione del rachide cervicale dovuto alla postazione di
lavoro e alla necessità di osservare piccoli particolari;
2) una contrazione isometrica dei muscoli trapezi e posteriori del collo;
3) un carico sui dischi intervertebrali L3 L4 variabile far 100 e 150 kg per un soggetto di
taglia media, che tende a ridursi qualora esse appoggi i polsi al piano di lavoro o i gomiti
sul margine superiore del cassetto.
Tali fenomeni sostanziano una fissità di carico discale ed impegno muscolare che vanno
considerate come elemento di rischio per il rachide cervicale e lombare.
Una indagine pubblicata nel 1990 sullo stato di salute dei lavoratori orafi della USSL 71 di
Vicenza ha evidenziato una netta prevalenza di disturbo a carico dell’apparato locomotore
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rispetto gli altri apparati indagati (respiratorio, cutaneo, visivo, disagio psichico) con
differenze rilevanti rispetto alla popolazione italiana
Disturbi a carico dell’apparato locomotore
Campione ISTAT
Campione orafi
Maschi 15%
Maschi 47%
Femmine 18%
Femmine 63,9%
Rischi di ordine biomeccanico non derivano soltanto dalla prolungata assunzione di
posture scorrette ma anche dalla ripetuta esecuzione di determinati movimenti che,
soprattutto in alcune operazioni quali limatura, fresatura, carteggio, cesello, assumono un
ruolo di causa efficiente nel determinismo di patologie a carico dell’arto superiore.
Dermatite allergica da contatto (DAC)
Il processo di lavorazione orafa comporta in alcune sue fasi l'impiego di varie sostanze ad
alta capacità irritante (basi ed acidi forti), di prodotti detergenti unitamente a sostanza a
nota capacità allergizzante come ad esempio la cera d'api, le resine epossidiche, il rodio, i
solventi clorurati.
La manipolazione di acidi, acqua regia, acido cloridrico, acido nitrico durante le
operazioni di trasporto, travaso, dosaggio può provocare irritazione della pelle o dermatite
da contato.
In caso di contatto prolungato si possono verificare ustioni o necrosi dei tessuti.
Sebbene le
quantità di sostanze impiegate siano minime e la lavorazione comporti
l'impiego di piccoli utensili come ad esempio pinze per afferrare il pezzo da immergere nei
bagni di pulizia o di piccole lime, non può peraltro essere escluda la possibilità di
patologie cutanee a seguito di contatto ripetuto e/o accidentale.
Possono quindi svilupparsi dermatiti irritative e allergiche specie in soggetti predisposti
come ad esempio i soggetti atopici e in soggetti sofferenti di pregresse patologie alle mani
sia di natura allergica che di altra natura.
Da sempre l'oro è stato considerato un metallo inerte, resistente all'azione ossidante
dell'aria, insolubile nelle soluzioni debolmente acide. I dati più recenti derivanti dalla
letteratura sembrano evidenziare una prevalenza della sensibilizzazione all'oro più elevata
di quanto ipotizzato prima dell'introduzione dell'oro tiosolfato nelle serie standard
impiegate per la diagnosi eziologica delle dermatiti di sospetta natura allergica.
Infatti, l'inserimento dell'oro sodio tiosolfato ha mostrato
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una prevalenza di
sensibilizzazione nella popolazione generale che varia nei diversi studi condotti dal 4,6%
al 13%.
Si è dimostrato che i soggetti sensibilizzati all'oro sono soliti indossare monili d'oro in più
sedi corporee rispetto ai soggetti non sensibilizzati. Questa osservazione permette di
ipotizzare pertanto un potenziale effetto dose/risposta.
Nel comparto degli orafi non sono ad oggi segnalate dermatiti allergiche da contatto con
sali d'oro, mentre invece, alcuni casi di sensibilizzazione da contatto con i sali d'oro, di
cui è nota la capacità irritante e sensibilizzante, vengono segnalati negli addetti ai processi
di doratura galvanica.
Alcune segnalazioni di patologia cutanea nel settore orafo riguardano invece la
sensibilizzazione alla etilendiamina cloridrato, una ammina alifatica di cui è ben noto il
potere sensibilizzante. Essa può essere presente nei detergenti impiegati nei bagni di
pulizia ad ultrasuoni per la detersione dei monili d'oro. Essa ha la funzione di agire come
agente sequestrante per la alta affinità nei confronti di tutti gli ioni metallici ad eccezione
di quelli d'oro ed argento.
L'irritazione della pelle (dermatiti da contatto) e irritazione degli occhio (congiuntivite)
sono i danni attesi per il contatto con acido solforico. Risale al 1987 la prima segnalazione
di dermatite allergica da contatto di un gioielliere causata dal rodio.
Successive
segnalazioni di dermatiti allergiche da sali di rodio, impiegati in metallurgia per la finitura
di metalli al fine di conferire resistenza alla corrosione e impedire la ossidazione ne hanno
potuto confermare l'alta capacità allergizzante.
Rischi per l'apparato visivo
Le operazioni di decapaggio, sgrassatura ed asciugatura comportano l'esposizione a vapori
di acidi e di solventi irritanti per la mucosa congiuntivale, così come accade a causa dei
fumo di cera e dei fumi metallici che si sprigionano rispettivamente durante la
microfusione e la saldatura.
Per quanto attiene agli agenti fisici vanno ricordati gli effetti potenzialmente dannosi degli
ultravioletti e delle radiazioni infrarosse che possono raggiungere l'occhio del lavoratore
durante le fasi di saldatura.
Mentre il mantenimento prolungato nel tempo di uno stato di attivazione continua dei
sistemi di accomodamento e di convergenza può determinare un affaticamento che si
manifesta con la comparsa di astenopia occupazionale caratterizzata da sintomi oculari
(rossore, lacrimazione, bruciore, senso di corpo estraneo, prurito, dolore periorbitario e/o
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retrobulbare) e generali (cefalea, astenia, nausea e tensione generale).
Si tratta di manifestazioni che regrediscono con la cessazione della esposizione lavorativa
e con il riposo.
Tutta la documentazione citata può essere richiesta alla Consulenza MedicoLegale Nazionale via e-mail all’indirizzo [email protected],
[email protected]
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