Con gli occhi di chi? Lo sfruttamento del lavoro minorile

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Con gli occhi di chi? Lo sfruttamento del lavoro minorile
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Con gli occhi di chi?
Lo sfruttamento del lavoro minorile
UN FENOMENO MOLTO PIU' DIFFUSO DI QUANTO SI PENSI
DISCUTIAMONE
COMINCIANDO DALLA SCUOLA
La Newsletter di Alisei e Defy si rivolge ad insegnanti e studenti italiani ed irlandesi per stimolare discussioni ed
approfondimenti su tematiche legate ai diritti dei minori.
Se vuoi comunicare con noi e inviarci suggerimenti o critiche oppure se vuoi ricevere la nostra Newsletter, scrivici.
La Newsletter avrà cadenza trimestrale, sarà disponibile in italiano ed in inglese e inviterà l'opinione pubblica europea e
soprattutto il mondo della scuola a visitare gli spazi di discussione attivati all'interno dei siti di Alisei e Defy, con
l'intento di creare un luogo privilegiato dove comunicare e mettere in contatto tra loro utenti e scuole italiane ed
irlandesi.
La Convenzione sui diritti dell’infanzia;
Bambini e conflitti armati;
Il traffico dei bambini legato al lavoro e allo sfruttamento sessuale;
I Summit mondiali sull’infanzia;
Povertà e lavoro minorile;
Opinioni dei giovani italiani e irlandesi sullo sfruttamento del lavoro minorile: i risultati di una ricerca realizzata da
Alisei e Defy.
Questi i temi trattati dalle prossime Newsletter. Se vuoi partecipare al dibattito o soltanto ricevere i successivi
numeri del bollettino telematico, inviaci la tua e-mail.
INDICE
Nel passato
I numeri attuali
Le contraddizioni
Una storia per capire
Le forme di lotta
La legislazione internazionale e italiana
L'Ipec
L'Unicef
La Global march
Le iniziative di Alisei in Italia
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NEL PASSATO
La Rivoluzione Industriale, tra la fine del 1700 e la metà del 1800, porta ad un largo uso di manodopera di donne e
bambini. Il terreno per la Rivoluzione Industriale è stato preparato da enormi cambiamenti partiti dalla Gran Bretagna:
l’ascesa della borghesia, la liberazione dell’agricoltura dai rapporti feudali, lo sviluppo del capitalismo mercantile, il
rapidissimo sviluppo tecnologico, della comunicazione e dei trasporti.
L’aumento dei beni di consumo e dei prodotti alimentari legati all’avvento del capitalismo nell’agricoltura e
nell’industria, portano ad un rapido incremento demografico e ad una concentrazione di masse di lavoratori nei centri
urbani. Nuove possibilità di sopravvivenza si aprono soprattutto nelle città, intorno ai grossi complessi industriali, ma le
condizioni di lavoro divengono drammatiche.
Un’inchiesta del 1842 sul lavoro minorile nelle miniere di carbone in Inghilterra, mette in luce quali sono le condizioni
di lavoro che deve sopportare anche il mondo dell’infanzia di quel periodo. “…nelle miniere di carbone si presentano
casi in cui vengono assunti al lavoro bambini sin dai 4 anni di età…nel caso di piena occupazione della forza lavoro, le
giornate di lavoro normali per i giovani sono di rado inferiori alle 11 ore…nella maggior parte di queste miniere il
lavoro notturno rientra nel normale sistema di lavoro, svolgendosi più o meno regolarmente in conformità alla richiesta
di carbone”.
Nel 1835 i lavoratori occupati nell’industria cotoniera inglese sono così ripartiti: 58.053 uomini, 67.824 donne, 65.486
giovani (13-18 anni), 28.771 bambini. L’orario di lavoro normale, al quale vengono sottoposti adulti e fanciulli, è dalle
12 alle 16 ore al giorno, con un salario appena sufficiente alla sopravvivenza.
I primi tentativi di regolamentare il lavoro minorile iniziano già nella prima metà del 1800. In Inghilterra nel 1831 una
legge vieta il lavoro notturno nell’industria tessile agli operai di età inferiore ai 18 anni e proibisce di assumere (nelle
fabbriche tessili, ad eccezione dei setifici) bambini al di sotto di 9 anni. Un’altra legge del 1844 riduce a 6 ore e mezza
giornaliere il lavoro dei bambini ed a non più di 12 ore la giornata lavorativa di donne e giovani, limite ulteriormente
ridotto a 10 ore nel 1847. In Francia nel 1841 viene proibito l’impiego di bambini al di sotto di 8 anni e si fissa un
orario di otto ore al giorno al massimo per i ragazzi dagli 8 ai 12 anni, non nei turni di notte (cioè tra le 9 di sera e le 5
di mattina).
I NUMERI ATTUALI
L’IPEC (Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile) dell’OIL (Organizzazione Internazionale del
Lavoro) ha prodotto stime globali e regionali sul lavoro minorile di bambini e bambine di età compresa tra i 5 ed i 14
anni:
Stime globali e regionali sul lavoro minorile (IPEC 1996)
S t i m e gl obal i e r egi on al i s u l l avor o m i n or i l e ( I P E C
1996)
B ambini
B ambine
v.a.
(in milioni)
v.a.
(in milioni)
v.a.
(in milioni)
%
Afr ica
44.8
35.2
80
32
As ia
82.1
69.9
152
60.8
Amer ica
Latina
11.7
5.8
17.5
7
Oceania
0.3
0.2
0.5
0.2
Mondo
140
110
250
100
R egi on e
Entr ambi i s es s i
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Tra paesi maggiormente coinvolti dal fenomeno ricordiamo alcune percentuali che si riferiscono ai bambini lavoratori
rispetto al totale dei bambini. Asia: il Bhutan con il 51.05%, Timor Est con il 45.39%, il Nepal con il 45.18% e il
Bangladesh con il 30.12. Africa: il Mali con il 54.53%, il Burkina Faso con il 51.05%, il Burundi con il 48.97%. In
queste percentuali mancano i dati dei bambini tra i 14 ed i 15 anni dei bambini impiegati in lavori domestici,
difficilmente quantificabili e che aumenterebbero notevolmente le stime.
Le tipologie di attività in cui i minori vengono impiegati sono le seguenti: a) lavoro domestico (presso case differenti
dalla propria); b) lavoro forzato (che include forme di schiavitù); c) sfruttamento sessuale; d) lavoro in industrie o
piantagioni (è la tipologia che comporta più rischi per la salute); e) lavoro di strada; f) lavoro in famiglia propria.
Per saperne di più
www.unicef.org; www.minori.it; www.ilo.org
LE CONTRADDIZIONI
Il numero dell’8 Aprile di “The Economist” riporta la seguente notizia. Nel distretto di Sialkot, in Pakistan, la forte
pressione di organismi di volontariato e dell’OIL ha portato a stipulare l’”Accordo di Atlanta” per combattere lo
sfruttamento del lavoro minorile. Tutti i centri di manifatture del distretto sono da quel momento passati sotto uno
stretto controllo da parte dei funzionari dell’OIL. I costi di produzione delle imprese che producono palloni da calcio
per conto della Adidas, alla Puma o alla Nike, sono notevolmente aumentati. Tra il 1996 e il 1998 il volume delle
vendite pakistane dei palloni nel mercato americano è crollato dal 65% al 45%.
Risultato della vicenda.
Da un lato della medaglia.
Le imprese più grandi, come la Saga Sports, hanno messo in regola tutti gli impiegati, non più pagati a cottimo ma con
uno stipendio mensile, spese mediche gratuite, buoni per acquisto di cibo, strutture sportive a disposizione. Circa 6.000
bambini hanno avuto l’opportunità di frequentare la scuola grazie agli aiuti del “Programma Atlanta”.
Dall’altro lato della medaglia.
Alcune delle imprese più piccole non hanno sopportato l’aumento dei costi ed hanno dovuto chiudere. Molte famiglie
hanno dovuto pagare un alto prezzo a queste rapide e drastiche trasformazioni: tantissimi bambini e donne hanno perso
il loro lavoro, causando una generalizzata perdita del 20% delle entrate familiari. Alcune testimonianze sostengono
inoltre che i bambini prima lavoravano part-time e quindi l’80 -90% poteva frequentare la scuola e che gli scandalistici
articoli usciti nei giornali avrebbero dovuto puntare i riflettori verso le industrie che fabbricano mattoni e ferri
chirurgici, in cui le condizioni sono molto peggiori. In definitiva, molti dei bambini licenziati non solo non hanno
smesso di lavorare, ma sono costretti a farlo in situazioni ancor più disagiate.
RISPONDICI !!!
L'OIL deve continuare la sua battaglia?
E' meglio smettere di comperare palloni della Adidas, Puma o Nike?
Quale potrebbe essere una battaglia vincente?
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Una storia per capire
Iqbal Masih, un bambino pakistano con un nome tristemente famoso e una storia legata allo sfruttamento del lavoro
minorile.
12 i dollari che suo padre ha intascato dopo averlo venduto come schiavo ad un fabbricante di tappeti di Punjab.
4 i suoi anni quando inizia a tessere.
12 o anche 13 le ore di lavoro giornaliere in cui era costretto a incrociare migliaia di nodi per creare splendidi tappeti.
1 rupia al giorno (poco più di 50 lire) la sua paga.
A 10 anni esce allo scoperto e decide di raccontare la sua storia, che è la storia di milioni di bambini nel Pakistan e nel
mondo.
Tutti lo ascoltano.
Il 16 aprile 1995 la mafia dei tappeti decide che è diventato un testimone troppo scomodo dei loro malaffari.
Ha 13 anni quando viene ucciso.
In una strada del suo paese natale finisce il suo sogno di diventare un famoso avvocato, difensore di tanti bambini
sfruttati nel mondo.
LE FORME DI LOTTA
LA LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE E ITALIANA
Il 19 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva la Convenzione dei Diritti sull’Infanzia che
introduce il concetto fondamentale del bambino non più un oggetto da tutelare ma soggetto di diritti. Rispetto alla
questione del lavoro minorile, con l’articolo 32, vengono regolamentati nel dettaglio: a) le età minime di ammissione
agli impieghi; b) gli orari di lavoro e le condizioni di impiego; c) le pene o le altre sanzioni per garantire l’attuazione
effettiva dello stesso articolo 32.
Nel 1999, la Convenzione dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) n° 182 stabilisce e regolamenta le
“Forme più gravi d i sfruttamento minorile”. Per tutti gli individui al di sotto dei 18 anni viene stabilito il divieto di
svolgere lavori che rientrano tra le forme più gravi di lavoro minorile: a) i lavori che espongono i minori a sevizie
fisiche, psicologiche o sessuali; b) i lavori sotterranei, sottomarini e quelli che vengono effettuati ad altezze pericolose;
c) i lavori per eseguire i quali occorre utilizzare macchine, materiali o utensili pericolosi, o per i quali è necessario
portare carichi particolarmente pesanti; d) i lavori che si effettuano in un ambiente malsano e che possono ad esempio
esporre a sostanze, agenti o processi pericolosi, o a condizioni estreme quanto a temperature, rumori o vibrazioni; e) i
lavori che vengono effettuati in condizioni particolarmente difficili per ciò che concerne, ad esempio, la durata, il
carattere notturno o l'impossibilità di un ritorno quotidiano al domicilio.
Per quanto riguarda la legislazione italiana, l’elemento di maggiore importanza è la legge 977 del 1967, nella quale
viene stabilita l’età minima a 15 anni, 14 anni per il lavoro agricolo e i servizi familiari. Fra i 15 e i 18 anni si può
lavorare, ma non in attività pericolose, faticose, insalubri.
L’IPEC (Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro mino rile)
Nel 1992 l’OIL ha lanciato il programma IPEC, con gli scopi di eliminare il lavoro minorile al di sotto dei 12 anni,
quello in condizioni di schiavitù e nocivo e di migliorare le condizioni dei ragazzi lavoratori al di sotto dei 15 anni.
Il programma IPEC chiede la collaborazione di Governi, sindacati, associazioni non governative, famiglie e
imprenditori ed è oggi operativo in molti fra i principali Stati a “rischio”.
L'UNICEFSecondo l’UNICEF è urgente adottare i seguenti provvedimenti:
1. Immediata eliminazione del lavoro infantile in condizioni pericolose e in condizioni di sfruttamento
2. Rendere l’istruzione gratuita e obbligatoria
3. Maggiore tutela legale per il lavoro minorile nel settore economico non ufficiale, compresi i lavori in strada, in
ambito familiare e domestico.
4. Registrazione anagrafica dei neonati per garantire l’esercizio dei diritti del bambino e per agevolare i controlli degli
ispettori del lavoro
5. Raccolta dati e controllo
6. Codici di condotta e politiche di acquisto a tutela dei minori.
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LA GLOBAL MARCH
Il 1998 è stato l’anno della Global March Against Child Labour: in oltre 90 Paesi decine di migliaia di persone hanno
partecipato attivamente con lo scopo di promuovere i diritti dei bambini, in particolare il diritto all’istruzione gratuita e
quello di non essere sfruttati in lavori dannosi per lo sviluppo fisico, mentale e sociale. Sette sono le proposte elaborate
dai partecipanti alla Global March: a) sensibilizzazione sul tema dello sfruttamento infantile; b) ratifica e applicazione
da parte degli stati delle leggi esistenti e delle convenzioni sul lavoro minorile; c) massimo stanziamento di risorse
nazionali e internazionali per garantire l’istruzione a tutti i bambini e le bambine del mondo; d) mobilitaz ione
dell’opinione pubblica per lottare contro le ingiustizie sociali che obbligano i bambini a lavorare; e) eliminazione
immediata delle forme più intollerabili di lavoro minorile; f) promozione di azioni concrete da parte di imprenditori e
consumatori; g) riabilitazione e reintegrazione sociale dei bambini lavoratori. In Italia la Marcia è stata coordinata da
Mani Tese, che ha raccolto le adesioni di 1549 associazioni, 915 scuole, 256 enti locali e 835 cittadini a titolo
individuale (tra cui anche il premio Nobel Dario Fo). Sono state raccolte oltre 40.000 firme affinché il Governo italiano
sostenesse l’approvazione della nuova Convenzione OIL. Dal gennaio 2000 Mani Tese ha assunto il coordinamento
europeo della Global March ed ha lanciato la Campagna Global March 2000.
Come pensi di poter contribuire in maniera attiva e concreta alla campagna 2000 della Global March?
Sei d'accordo sui contenuti dell'iniziativa?
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Per saperne di più:
www.manitese.org