Psicologi: chi siamo, dove andiamo e da dove
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Psicologi: chi siamo, dove andiamo e da dove
Psicologi: chi siamo, dove andiamo e da dove veniamo? Ecco le risposte ;-) Qual è il quadro normativo di riferimento che permette di tutelare il diritto costituzionale del cittadino alla salute e il valore della nostra categoria professionale? Quale il ruolo degli Ordini? Quale l’entità delle pene previste per chi esercita abusivamente? CLICCA SULL’IMMAGINE PER TROVARE LE RISPOSTE Consiglio che vai… consulenza che trovi Con l’ultima seduta si è concluso il secondo mese di vita del nuovo Ordine degli Psicologi della Sicilia. I lavori del Consiglio sono scanditi da ritmi serrati e noi consiglieri di AltraPsicologia Sicilia decliniamo il nostro impegno scegliendo una strada ostruzionismo ma di opposizione fatta non di sterile critica e costruttiva, sostenendo soltanto i provvedimenti che si dimostrano essere di evidente utilità per il bene di ogni iscritto all’Ordine e della professione. Ma per far questo serve mantenere alta l’attenzione in ogni istante, anche per riuscire a comprendere le dinamiche politico-consiliari talvolta poco chiare. Ne abbiamo avuto conferma in occasione della scorsa seduta di Consiglio quando si è parlato del punto all’ordine del giorno che andava sotto la voce “incarichi di consulenza”. Pensavamo si trattasse di una discussione su esperti esterni (come commercialisti, tecnici, … ) ed invece ci siamo imbattuti nella proposta del Presidente che proponeva di “arricchire” il lavoro del Consiglio attraverso la nomina di 3 consulenti esterni che sarebbero dovuti essere retribuiti per un anno con 600 euro lordi al mese per un totale di 7200 euro annui per ogni consulente. Ma la vera notizia è che questi consulenti sarebbero dovuti essere 3 ex consiglieri!!!! Persone che, a detta del Presidente, hanno esperienza ed autorità in specifici settori della nostra professione e quindi particolarmente utili per l’Ordine, nelle aree di psicologia dell’emergenza, scolastica e deontologica. Non nascondiamo che davanti ad una proposta del genere ci siamo trovati quanto meno presi alla sprovvista perché, se pure ci aspettavamo che prima o poi qualche consigliere “uscito dalla porta” della precedente consiliatura sarebbe “rientrato dalla finestra” in quella attuale, mai ci saremmo aspettati un ingresso così trionfale e … oneroso! Assorbito il colpo, abbiamo manifestato immediatamente la nostra contrarietà, attraverso una discussione nella quale pur non esprimendo giudizi di merito sull’operato professionale dei possibili futuri consulenti, ne abbiamo sottolineato il particolare “attaccamento alla poltrona” ma anche l’effettiva inutilità dell’incarico, dato che nel Consiglio attuale sono presenti consiglieri di esperienza che avrebbero potuto svolgere i compiti che si intende affidare ai consulenti, lavorando in maniera ordinaria all’interno del Consiglio. Non essendo comunque contrari aprioristicamente all’idea di servirci di figure di spicco della nostra professione per il bene dell’Ordine, la nostra proposta è stata quella di inserire gli eventuali consulenti all’interno di specifici gruppi di lavoro senza un ulteriore carico per il bilancio dell’Ordine. Dopo questa discussione, visto l’orario, la seduta del Consiglio è stata sospesa e rinviata al mattino seguente quando inaspettatamente il Presidente annunciava che, non essendoci unanimità su questo provvedimento, riteneva giusto bloccare la discussione e rinviarla dopo la costituzione dei gruppi di lavoro. Prendiamo atto con grande orgoglio del fatto che la “sana” opposizione di AltraPsicologia ha permesso di fermare (almeno per il momento) un provvedimento secondo noi sbagliato ed ingiustificabile agli occhi degli iscritti, che restano il nostro unico e vero punto di riferimento. Ma vogliamo bypassare ulteriori commenti a riguardo e, a fronte della proposta avanzata dal Presidente, ci limitiamo ad riassumere la posizione di AltraPsicologia così che ogni lettore possa operare un confronto e farsi una personale idea in merito. Crediamo che: 1. sia sbagliata l’idea di decidere a priori quali siano le aree della nostra professione nelle quali ci sia bisogno di “una marcia in più”. 2. Se ci sono dei professionisti che possono apportare il loro bagaglio di esperienza all’interno di precise aree lavorative, perché non inserirli in altrettanto specifici gruppi di lavoro senza bisogno di stanziare diverse migliaia di euro per il loro compenso? 3. Se la maggioranza vanta la volontà di segnare un cambiamento o addirittura (come più volte affermato) una “rivoluzione”, non sarebbe il caso di dare un segno forte di cambiamento affidandosi ad esperti lontani dalla logica della politica professionale, quindi non andando a ripescare tra ex consiglieri che sono stati in carica per 8 o addirittura 12 anni? Dopo tutto la Sicilia è una terra ricca di tanti professionisti seri, stimati ed affermati! 4. 4. Secondo la proposta avanzata dal Presidente l’incarico per i consulenti dovrebbe essere annuale, per avere modo di valutare l’effettiva utilità del loro lavoro. Secondo noi, invece, solo inserendo i consulenti in un gruppo di lavoro si potrebbe valutarli, perché il loro operato coinciderebbe con i risultati eventualmente ottenuti dal gruppo del quale fanno parte. È opportuno ricordare che, dato che i consulenti proposti sono delle persone di fiducia del Presidente e che essi hanno degli evidenti legami umani e professionali con molti degli attuali consiglieri della maggioranza, si rischia di dare origine ad un meccanismo in cui “controllato” e “controllore” sono quasi la stessa cosa! 5. Diciamo le cose come stanno: se una proposta del genere venisse approvata, la maggioranza dovrebbe rendere conto agli iscritti di una prassi in cui le cariche retribuite all’interno del nostro Ordine possono essere facilmente aumentate con buona pace della tanto vantata “spending review”! Queste le nostre obiezioni. Queste le nostre proposte: semplici e concrete. Ma soprattutto coerenti, perché AltraPsicologia si è fatta carico delle esigenze degli iscritti prima e continua a farsene carico ora che siamo, seppur in minoranza, dentro il Consiglio dell’Ordine. Solo questa predisposizione ci potrà permette di essere utili alla collettività: perché se invochiamo la trasparenza dobbiamo adottarla su ogni aspetto della vita del Consiglio e se parliamo di spending review non possiamo applicarla in certi ambiti e metterla da parte in altri. Il nostro dovere è centesimo! salvaguardare l’Ordine…centesimo per Angelo Barretta e Dario Caminita. Diario di Bordo: Giorno 1, l'insediamento Il giorno 11 febbraio il nuovo consiglio dell’Ordine si è finalmente insediato! La giornata è iniziata con un lungo discorso del Presidente uscente su ciò che è stato fatto negli ultimi mesi e su quali sono, secondo lui, le tante priorità da perseguire nel futuro; Abbiamo ascoltato attentamente ciò che ha riferito e, nonostante alcuni spunti interessanti, non nascondiamo la nostra perplessità verso quelle questioni poco chiare come la Fondazione, che abbiamo già fortemente criticato e che continuano invece a rimanere avvolte da una nube di mistero ed incertezza malgrado le nostre incessanti richieste; nel suo discorso viene appena accennata. In seguito si è passati alla rapida elezione delle cariche. Presidente Dott. Di Iullo, Vicepresidente Dott. Cicconi, Segretario Dott.ssa Cottone e Tesoriere Dott. Tenaglia. Subito dopo l’insediamento si è passati alla prima seduta del nuovo Consiglio a cui noi di AltraPsicologia (AP) abbiamo partecipato nonostante alcune perplessità espresse nei giorni precedenti tramite mail PEC e poi messe a verbale durante la seduta riguardante la mancata disponibilità di tutti i documenti necessari per una correttata e attenta esamina dei punti all’ordine del giorno (o.d.g.) e la prassi inusuale della sua convocazione, una seduta con tanto di o.d.g. convocato da un Presidente uscente per conto del futuro Presidente il quale non era stato ancora eletto e di un Consiglio non ancora insediato al momento della convocazione. La mancanza di un proprio Regolamento del Consiglio dell’Ordine, evidenzia fin da subito carenze nell’organizzazione e nelle procedure dello svolgimento del Consiglio stesso (atti del consiglio parziali e incompleti, mancanza di bozze delle delibere, non chiarezza sulle modalità di votazione e di affrontare mozioni sospensive…) Rispetto ad alcuni punti all’o.d.g. ( iscrizione, cancellazione, trasferimenti iscritti, nomina Responsabile ufficio Responsabile e Responsabile Trasparenza, delibere amministrative), per una buona amministrazione dell’Ordine, abbiamo ritenuto opportuno procedere alla votazione in maniera favorevole. In relazione al punto della Trasparenza amministrativa, abbiamo ribadito al Consiglio che è auspicabile che il nostro Ordine diventi presto virtuoso rendendo l’ente trasparente attraverso il sito, non solo un rispetto nei confronti degli iscritti, che così sapranno dove e come vengono utilizzati i propri soldi, ma soprattutto perché ci sono leggi che vanno rispettate. Qualche consigliere ha pensato che con il nostro intervento stessimo facendo “terrorismo psicologico” e che dobbiamo essere psicologi e non burocrati, ma non dobbiamo dimenticare che il nostro ruolo e il nostro lavoro come Consiglieri dell’Ordine, non è di fare “psicologia” ma “amministrare” un Ente Pubblico non Economico e non possiamo prescindere quest’aspetto. Il nostro gruppo a tal fine ha offerto la totale disponibilità affinchè ciò venga realizzato celermente. I punti all’ o.d.g. più critici hanno riguardato la tanto famigerata Fondazione e una variazione sul bilancio preventivo 2014. Per la prima questione, di cui vi abbiamo già informato in passato qui e qui, non siamo riusciti ad avere informazioni aggiuntive ed UFFICIALI, nè riguardo gli scopi, né sul ruolo che l’Ordine stesso ricopre all’interno di tale Fondazione, nonostante avessimo espressamente richiesto lo statuto e la delibera del consiglio che ne sanciva la nascita. A tale richiesta inviata via PEC ci è stato dato un semplice stralcio dell’articolo 8 dello statuto, in formato word, riguardante il comitato direttivo e scientifico; avremmo dovuto votare una rosa di cinque candidati dal quale ne sarebbero stati estratti, da parte della Fondazione, due da inserire nel direttivo stesso. In sede di consiglio abbiamo rinnovato tale richiesta, ma sia il presidente uscente che successivamente il neoeletto, ci hanno informato di non possedere alcun documento a riguardo, né lo statuto della stessa. Com’è possibile non avere nessuna documentazione riguardo qualcosa che nasce all’interno del Consiglio?? Come è possibile che a noi Consiglieri non vengano fornite neanche le delibere relative alla costituzione della Fondazione? Durante la trattazione di questo punto all’o.d.g. , il Presidente neo eletto Di Iullo, propone i seguenti nomi: Cottone, Marinelli( AP), Cicconi, Legge e Manfreda. La consigliera di AltraPsicologia, Stefania Marinelli, non può in alcun modo accettare la proposta, in quanto proprio la mancanza di informazioni “UFFICIALI” sulla Fondazione, le rende impossibile una chiara valutazione sulla natura, sulle finalità della stessa e sulle ripercussioni che queste ultime potrebbero avere sulla vita professionale dei colleghi. Dato che si sta parlando di una Fondazione privata, che ha degli scopi ben precisi, ci domandiamo come sia possibile essere membro di questo ente avvalorandone, quindi, gli scopi, senza nemmeno conoscerli!! A questo punto il nominativo della Marinelli è stato sostituito con quello della Paris. Di fronte a tale mancanza di informazione, noi sei consiglieri di AltraPsicologia siamo stati costretti ad abbandonare l’aula non partecipando alla votazione per esprimere il nostro dissenso. Gli altri 9 consiglieri hanno votato favorevolmente ai 5 nomi proposti, nonostante “ufficialmente” anche loro fossero all’ oscuro di tutto??!! Allo scopo di chiarire questa situazione alquanto fumosa sarà certamente una nostra priorità approfondire la questione, facendo ulteriori richieste di informazioni e di documentazione “UFFICIALE”. Un altro punto spinoso sul quale abbiamo chiesto chiarimenti è una variazione del bilancio preventivo 2014 a solo un mese di distanza dall’approvazione del bilancio stesso. La consigliera Marida D’Angelo (AP) ha chiesto delucidazioni inerenti l’aumento consistente dei capitoli: “spese per attività di collaborazione e consulenza professionisti” ,“spese elettorali per rinnovo del consiglio” e l’istituzione di un nuovo capitolo di spesa “ spese componenti commissione avviso pubblico”, sicuramente potevamo essere d’accordo nella dimunizione fatta al capitolo “arredi”. Se proprio doveva esserci una variazione, ci sarebbe piaciuto che contemplasse un aumento delle spese per i Servizi agli Iscritti e non per le spese “consulenze professionali”. Anche in questo caso le nostre perplessità non sono state placate dalle sommarie spiegazioni del nuovo presidente, nonché ex tesoriere. Riteniamo che sia essenziale gestire il denaro degli iscritti in maniera congrua e trasparente e non è quindi sufficiente fornire informazioni generiche e poco chiare su una questione così delicata. A tal proposito, alla votazione la consigliera Marida D’Angelo è uscita come segno di dissenso mentre gli altri 5 consiglieri di AP hanno espresso voto contrario. Gli altri 9 consiglieri hanno votato a favore della suddetta variazione. Le osservazioni da noi riportate in questo primo Consiglio vogliono essere un monito nonchè un augurio per uno svolgimento del lavoro corretto e TRASPARENTE. Ci rammarica se alcuni hanno interpretato le nostre osservazioni non in chiave positiva e propositiva quali volevano essere. Non ce ne vogliano gli altri colleghi consiglieri, ma non possiamo accontentarci di risposte generiche e non siamo disposti ad occupare una sedia solo per alzare la mano ad ogni votazione. Vogliamo subito iniziare a lavorare seriamente e concretamente su attività che tutelino e promuovano la professione. A tal proposito auguriamo a tutti i colleghi consiglieri un buon lavoro, in un clima di serenità e collaborazione per il bene degli iscritti. I Consiglieri: Lisa Bellaspiga Angelo Collevecchio Cinzia D’Amico Marida D’Angelo Stefania Marinelli Zoppo Luigi Lo psicologo che scambiò la simpatia per il voto Dal punto di vista puramente teorico, il voto è una nostra espressione di preferenza in cui selezioniamo uno o più candidati per ricoprire un incarico specifico. In pratica, si è chiamati a votare per poter affidare (cioè dare fiducia) a qualcuno la dirigenza di un determinato ente o istituzione. Quando poi i candidati si costituiscono in gruppi, movimenti o partiti è perché rappresentano valori e programmi comuni; quindi affidare a loro il proprio votonon significa solo dare fiducia alle singole persone, ma anche credere in un’idea, un programma, una prospettiva futura. In passato, quando le ideologie erano più marcate e i mass media non erano ancora così invasivi quanto oggi, il voto, oltre a rappresentare un’idea di futuro, era anche manifestazione della classe sociale del votante. Infatti, ad essere votati erano i candidati, ma questi rappresentavano qualcosa di più ampio e profondo; si votava un’idea, un futuro, un’appartenenza. Oggi il mondo è cambiato e il comportamento di voto è maggiormente influenzato dall’immagine del candidato, cioè da quanto il singolo leader sia capace di essere convincente, simpatico e abile ad attrarre le proiezioni del “pubblico” votante. Quello che il candidato mostra è più importante di quello che è e che simboleggia. Infatti, gli studi indicano che gli elettori si affidano maggiormente alle caratteristiche dell’amicalità e altre caratteristiche legate all’immagine della persona più che al programma e ai contenuti. Mi domando se questo cambiamento nella modalità di scelta di voto appena descritto stia avvenendo anche per le elezioni dell’Ordine oppure se gli psicologi siano una popolazione che, per le peculiarità delle loro competenze e conoscenze, si comporta in modo differente. L’ultimo risultato elettorale potrebbe essere un elemento a favore della prima ipotesi, quella che gli psicologi votano secondo semplice euristiche legate all’immagine e all’amicalità. Infatti, bisogna partire dalla considerazione che le elezioni ordinistiche servono ad incaricare qualcuno a governare la professione, cioè l’organizzazione della nostra attività lavorativa, quella che ci permette di guadagnarci da vivere. Crisi economica e le difficoltà che tutti stiamo attraversando nella nostra professione possono quindi spiegare la bassa numerosità dei votanti e il comportamento di non-voto. Tale comportamento racconta più di ogni altro i vissuti di sfiducia, rifiuto e rassegnazione che proviamo quando non riusciamo a svolgere la professione e fatichiamo ad ottenere un guadagno congruo. Questi vissuti attivano scorciatoie cognitive volte a risolvere il disagio, individuando la soluzione delle nostre difficoltà nella falsa credenza che i nostri interessi professionali individuali, per quanto siano connessi a come verrà diretto il nostro Ordine professionale , possano e vadano difesi esclusivamente nel privato. Di conseguenza si attivano comportamenti di non-voto o di voto nel caso si conosca personalmente il candidato che sembra cordiale e amichevole (nella speranza che possa aiutarmi personalmente in futuro, il famoso “santo in paradiso”). D’altro canto, a favore della seconda ipotesi,cioè che gli psicologi sono in grado di comprendere oltre la mera immagine e la superficiale conoscenza del candidato, vi sono proprio le nostre competenze e conoscenze legate alla professione che ci permettono di fare una valutazione più articolata. Infatti, noi psicologi abbiamo una capacità di comprensione delle persone e dei gruppi più profonda rispetto alla popolazione generale (almeno si spera!). Quindi, teoricamente, dovremmo essere più abili a discriminare la cordialità e l’apparenza di un candidato o un gruppo da ciò che esso rappresenta realmente, cioè il sistema di valori, il programma, la direzione futura. Queste due ipotesi sarebbero da studiare empiricamente. Naturalmente la speranza di tutti è che sia vera la seconda ipotesi, altrimenti rischiamo di ridurci ad uno dei personaggi dei libri di Oliver Sacks, tra il comico e il patologico, e il nostro Ordine ne sarà lo specchio. E' nato prima l'Ordine o i suoi iscritti? 18 febbraio 1989: il Parlamento Italiano approva la legge 56/89 che istituisce e disciplina l’ordine degli psicologi in Italia. Martedì 18 febbraio 2014: 25 anni dopo, cosa è cambiato? Come si è evoluto il nostro sistema e come si festeggiano i 25 anni della nascita della nostra professione in Campania? Altrapsicologia, mantenendo fede a quanto promesso prima e durante la campagna elettorale e incuriosita dall’invito, ha partecipato, dal primo pomeriggio, alla giornata di festeggiamenti indetta dal consiglio dell’Ordine degli psicologi Campani. Il suddetto invito recitava: “OPEN DAY – 18 Febbraio 2014 Festeggiamo i 25 anni dell’Ordine degli Psicologi L’Open Day sara’ un giorno per riflettere su quello che insieme in questi venticinque gli psicologi hanno costruito, parlare dei nostri progetti e nutrire i nostri sogni.” Durante la giornata è stato possibile assistere alla proiezione del film “La psicologia raccontata a mia figlia” in tre orari diversi ( alle 12:00, alle 15:30 e alle 19:00) e discutere di alcune tematiche. Nonostante un ricco buffet dolce/salato, è stata registrata una bassa affluenza dei colleghi all’evento, il che non ha consentito la realizzazione di quanto preventivato, cioè la possibilità di confrontarsi su tematiche professionali e interrogare la comunità su progetti e idee per il futuro della professione. Non pervenuti tutti gli ex consiglieri che per primi hanno assistito e partecipato alla creazione dell’Ordine campano nel lontano 1989. Pur considerando fondamentale la promozione e lo sviluppo del senso di appartenenza professionale, dell’associazionismo, economico, soprattutto e necessario nell’attuale non posso non domandarmi lo contesto sviluppo politico- cosa si sarebbe potuto fare in occasione di tale ricorrenza e /o a partire da essa. Non è forse vero che la nostra è una professione giovane che necessita ancora di tanto lavoro legato alla promozione e alla tutela? Non è forse vero che 25 anni dall’istituzione dell’Ordine degli psicologi sono relativamente pochi se paragonati alla presenza e al riconoscimento ottenuto da altre professionalità racchiuse nei propri ordini nel contesto comunitario? Non è forse vero che è necessario lavorare sul territorio e tra i colleghi affinché vi sia, da un lato la possibilità di toccare con mano la nostra prima fonte di “sostentamento professionale” , cioè le relazioni, permettendo così alla comunità sociale di sviluppare una nuova concezione della psicologia, e da un altro lato permettere ai colleghi di ritrovarsi in uno spazio condiviso dove “il vecchio” si incontra con “il nuovo”, rendendo ognuno di noi partecipe alla formazione e alla crescita di un’Istituzione che ha ancora tanto cammino da compiere? Dal 1989 ad oggi si sono succeduti diversi consigli e dunque numerosi consiglieri che per primi hanno avuto il compito e la fortuna di creare, ad immagine e somiglianza dello psicologo, un contesto che fosse “la casa degli psicologi” , un organo che ci rendesse non più orfani, che fosse la porta di accesso del cittadino al mondo della psicologia stessa; Il 18 febbraio 2014 era il giorno in cui i primi psicologi e i fondatori dell’Ordine avrebbero potuto incontrare gli oltre 5.000 iscritti che, con la loro professionalità e iscrizione, concorrono al mantenimento dell’Istituzione, per condividere e trasferire loro il senso di appartenenza e, soprattutto, il senso del dovere nei confronti dello sviluppo della nostra professione, un senso che deve dimorare in ogni professionista e che permetterà un giorno di proporre nuove leggi elettorali che definiscano e tutelino maggiormente la nostra professione da troppi anni ferma a quella data dell’89. Dopo il tran tran elettorale, tutto è tornato alla quotidianità, tutti valori e le idee sembrano essersi dissolti nel vuoto, solo l’oblio sembra farla da padrone, eppure soltanto un mese fa veniva chiuso il seggio e venivano nominati i nuovi consiglieri, soltanto poche settimane fa c’è stato l’insediamento del nuovo consiglio. Nella giornata di ieri, il silenzio dei corridoi dell’ordine lasciava immaginare che il desiderio di far parte di una grande istituzione, i festeggiamenti e le migliaia di voti espressi non erano altro che segnali di un’individualità che mal si sposa con l’idea di “Ordine” , la cui nascita doveva servire a sviluppare in ognuno di noi quel senso di appartenenza che avrebbe spinto ogni professionista a lavorare prima per la categoria e poi per se stesso. Ciò che è rimasto di ieri è che non c’è storia né presente e che dunque non ci può essere futuro senza un contributo reale allo sviluppo della nostra giovane professione. Cosa è accaduto in questi pochi decenni per permettere che l’aridità imbrigliasse i nostri pensieri e le nostre idee? Cosa realmente ha intenzione di fare la vecchia e la nuova classe politica professionale affinché si ritorni a pensare che la nostra professione ha ancora tutta la vita davanti per poter crescere e svilupparsi nel migliore dei modi? A tutti noi l’ardua sentenza… Veneto: sfiducia al presidente dell'Ordine dalle associazioni di psicologi. Per la seconda volta, la maggioranza dei consiglieri dell’Ordine degli Psicologi del Veneto esprime la propria netta sfiducia verso l’operato del Presidente uscente Nicolussi, che invece di mantenere il ruolo super partes che dovrebbe avere sia come Presidente che come responsabile dell’organizzazione delle elezioni, si schiera apertamente con una delle liste in campo, usa i mezzi dell’Ordine (bollettino notiziario e newsletter) per fare propaganda privata, ignora le richieste e le opinioni della maggioranza del Consiglio, squalifica l’operato dei consiglieri. In questa seconda mozione di sfiducia, firmata da 8 consiglieri su 15, la maggioranza quindi dei Consiglieri, che potete leggere qui (2014 02 11 – Mozione sfiducia Nicolussi), le associazioni e i consiglieri rinnovano quando già chiesto nella precedente interpellanza: che il presidente adotti un comportamento imparziale e rispettoso del Consiglio, anche in vista delle prossime elezioni. Altrapsicologia, SIPAP e Cultura & Professione, pur nella propria indipendenza, stigmatizzano insieme e con forza il comportamento del Presidente di un Ordine che si pone al di fuori di ogni logica procedurale e democratica. L’indizione di nuove elezioni in Veneto, da tutti voluta in tempi brevi, si allontana. Nel consiglio dell’11/2/2014, in cui si dovevano indire le nuove votazioni, il presidente uscente Nicolussi – messo alle strette dalla richiesta di garanzie inequivocabili per il nuovo processo elettorale – non ha sentito ragioni, ha abbandonato il consiglio assieme al tesoriere facendo cadere il numero legale. Questi sono i fatti che il Presidente omette di riferire nelle sue newsletter, ormai sempre più lontane dalla verità. In questi giorni gli psicologi veneti hanno ricevuto l’ennesima newsletter da parte dell’Ordine, in cui il Presidente indica presunte date elettorali decise in autonomia, propone sondaggi agli iscritti senza alcune condivisione consiliare ma usando i mezzi che ha avuto a disposizione dal Consiglio, chiede agli scrutatori di lavorare gratuitamente. Queste iniziative personali confermano la mancanza di una riflessione critica sul suo ruolo, sulle sue responsabilità nella situazione in cui si trova l’Ordine Veneto, sul mancato raggiungimento del quorum alle recenti elezioni e sulle ricadute sugli iscritti e sulla psicologia nazionale. Gli errori vengono sempre scaricati sugli altri consiglieri, creando le condizioni per la caduta di ogni garanzia e imparzialità nell’ottica di un corretto svolgimento del voto che si dovrà ripetere a breve. La nostra unica richiesta e volontà è che le nuove elezioni si svolgano in modo chiaro, agevole e trasparente, guidate da un Presidente che sia all’altezza del ruolo di responsabile imparziale che deve rivestire. Se questo non è possibile, chiediamo con forza che il Presidente Nicolussi si dimetta: potrà così sponsorizzare liberamente chi ritiene, senza usare i mezzi e il nome dell’Ordine, che è un ente pubblico finanziato con le quote di tutti gli psicologi veneti. AltraPsicologia vuole sentire la tua voce! Stiamo preparando un filmato con intervistea studenti (o ex studenti) di scuole di psicoterapia che hanno voglia di raccontarci punti di forza e qualità, ma anche problemi e difficoltà incontrate nel loro percorso di formazione: le lezioni, l’eventuale terapia, il rapporto con i docenti, il tirocinio, etc… Non ci interessano (e non divulgheremo) i nomi delle scuole di cui ci racconterete, e se lo volete potrete rimanere anonimi: vogliamo raccogliere le vostre esperienze per costruire un contributo che possa essere uno spunto di riflessione per chi sta decidendo di intraprendere questo tipo di formazione. Il filmato sarà proiettato l’8 aprile durante l’ultima serata del ciclo di incontri che AP ha organizzato presso lo Spazio Sugus. Ti proponiamo due mezze giornate per registrare le interviste: venerdì 28 febbraio dalle 15 alle 19 e domenica 2 marzo dalle 10 alle 14, presso lo Studio Clinico di Via Bassini 40 a Milano. È necessario prenotarsi [email protected] scrivendo a: In alternativa è possibile inviarci dei contributi scritti o dei video. Per questi ultimi l’invio è possibile tramite la piattaforma Wetransfer (i file devono essere al massimo di 2GB), sempre indicando la nostra mail come destinatario. Un nuovo ciclo promosso da AP! di eventi 8 incontri gratuiti su vari temi riguardanti la nostra professione: come implementarla e verso quali settori concentrare la nostra attenzione? Saranno occasioni in cui approfondire argomenti specifici, guidati da relatori esperti, e soprattutto interagire, conoscendo persone nuove e prospettando scenari stimolanti. Gli incontri si svolgeranno presso lo Spazio Sugus, in Via Dal Verme, 4 Milano (MM Garibaldi o Zara), ogni settimana nel giorno indicato, dalle 18 alle 20. Maggiori dettagli qui. Quale futuro per gli psicologi nelle risorse umane? Il nostro Alessandro Raggi, ha intervistato per Altra Psicologia Campania, il Prof. Dott. Francesco Donato Perillo , Presidente dell’ Associazione Italiana per la Direzione del Personale (AIDP) – Gruppo Campania e docente di Gestione delle Risorse Umane al corso di laurea magistrale in Comunicazione pubblica e d’impresa dell’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Il Prof. Perillo, dal suo osservatorio sicuramente privilegiato sul mondo dello sviluppo delle risorse umane nelle imprese private e negli enti pubblici, si è espresso sul ruolo, attuale e futuro, che a suo parere potranno avere gli psicologi sia nell’ambito dell’AIDP che nell’area dell’HR Management. Vediamo cosa è stato chiesto al Prof. Perillo: Ci sono Psicologi associati ad AIDP Campania? Vorrei innanzitutto precisare che AIDP non è l’associazione dei Direttori del personale, ma “per” la direzione del Personale. Non una lobby di professionisti, dunque, ma una comunità di persone che per ragioni professionali, mettendo insieme cuore e interesse, investono sui valori del lavoro e dello sviluppo del potenziale delle persone nelle organizzazioni. Il gruppo Campania dell’Aidp riunisce ad oggi un centinaio di soci, compresi i giovani non ancora in carriera del gruppo Young HR. Soprattutto tra questi vi sono laureati in psicologia, anche se non ancora psicologi. Tra i senior prevalgono le discipline giuridico-economiche. Nella sua qualità di Presidente dell’Associazione AIDP in Campania, come valuta professionalmente la figura dello psicologo inserito all’interno delle aziende e delle organizzazioni in generale? Provengo da una lunga e intensa esperienza aziendale, in grandi gruppi internazionali, ho soprattutto il polso di quella realtà, e con cognizione posso dire che la professionalità di base dello psicologo ha grande spazio oggi e ancora di più in prospettiva. Non mi riferisco però alla figura dello psicologo “a sportello”, come era stata introdotta in azienda, insieme a così quella dell’assistente sociale, già negli anni ’60 sulla spinta dello spirito olivettiano. Anche se oggi si va diffondendo la filosofia del cosiddetto benessere organizzativo, non ha senso che le aziende, insieme agli asili nido, alle palestre,all’assicurazione sanitaria, forniscano uno sportello di servizi psicologici per i dipendenti. Nel migliore dei casi esse offrono un pacchetto di fringe benefits sempre più personalizzati, all’interno convenzioni con studi di psicologi. del quale possono inserire Quali spazi e quali bisogni, dal suo punto di vista, vi sono nel nostro territorio per la collaborazione tra gli psicologi e il mondo delle imprese? Su quali temi? Il ruolo dello psicologo, quello del lavoro e delle organizzazioni, è ben altro e ha una ben più ampia prospettiva professionale: non più uno specialista cui indirizzare casi patologici individuali, ma un professionista per curare le patologie organizzative e orientarle sempre più allo sviluppo delle potenzialità delle persone. Passiamo cioè da un servizio esterno ed accessorio a una dimensione invece organicamente interna al funzionamento dell’impresa, funzionale ai suoi obiettivi vitali, sintetizzabili nello scopo di produrre valore nel tempo (ben altro che mero profitto nel breve termine). Per orientare l’impresa in questa direzione è necessario creare e mantenere un clima positivo, favorire condizioni di motivazione degli individui, fornire strumenti di gestione in grado di assicurare percezione di equità e valorizzazione del merito tra i collaboratori, allineare i comportamenti organizzativi ai valori dell’impresa, investire nella formazione comportamentale, liberare i talenti inespressi. In una parola: l’impresa competitiva, quella che opera nell’era della conoscenza e della globalizzazione, è chiamata a “curare” (proprio nel senso di aver cura) la dimensione individuale e personale molto di più di quella collettiva (sindacato, contratto) e molto di più che nel passato. Chi proviene da una formazione psicologica è perfettamente indicato in questo ruolo. Vedo le direzioni HR del futuro prossimo-venturo popolate di professional di questo tipo. Per la sua esperienza anche come Direttore del Personale in grandi aziende, crede che la laurea specialistica, magari con indirizzo Lavoro e Organizzazione, sia sufficiente a consentire allo psicologo neolaureato di poter già lavorare con un’azienda come consulente o come junior HR specialist? E’ necessario un ulteriore passaggio, non difficile per uno psicologo neolaureato: un buon master in gestione e sviluppo Risorse Umane, che sia però orientato alla pratica e alla trasmissione delle esperienze da parte di professionisti HR. Di master ve ne sono tanti, ma quelli che servono davvero sono riconoscibili dalla provenienza professionali dei docenti e dalla qualità degli stage che possono offrire. Noi stessi come AIDP dallo scorso anno offriamo ai soci un ciclo annuale di incontri formativi che vanno nella direzione della condivisione delle buone pratiche e delle esperienze. AIDP prevede attività nel prossimo anno pensate anche per gli psicologi, o con il supporto di psicologi? Non espressamente per gli psicologi, ma nel senso di cui parlavo prima sì; la gran parte dei nostri incontri formativi, convegni e forum, se escludiamo i temi strettamente specialistici della normativa del lavoro, sono dedicati allo sviluppo delle persone attraverso sistemi di valutazione, di assessment, di formazione per le competenze comportamentali e per il rafforzamento della selfefficacy. Peccato che la prevalenza del nostro tessuto industriale, in particolare nella nostra Campania, sia costituita da piccole imprese, la cui sensibilità a queste impostazioni è ancora molto bassa, se non inesistente: si discute ossessivamente di finanziamenti, di credito, di aiuti pubblici, di fiscalità e di oneri insopportabili. Manca ancora la vision di un diverso modo di essere azienda “glocal” su un mercato in rapidissima evoluzione. Eppure, ne sono convinto, è tutta qui l’innovazione che serve. Francesco Donato Perillo Laurea in filosofia e studi di economia, ha maturato una trentennale esperienza nella Direzione del Personale in Italia ed all’estero (1979-2008) nell’ambito del Gruppo Finmeccanica, ove ha ricoperto ruoli di responsabile Risorse Umane e Organizzazione nelle aziende Selenia, Alenia Aeronautica, Finmeccanica-Sistemi Missilistici; di Direttore Formazione e Sviluppo nella Alenia Marconi Systems (poi AMS), Joint Venture tra Finmeccanica e British Aerospace, e in Telespazio; di Direttore Generale della Fondazione Space Academy, costituita da Telespazio, Thales Alenia Space, Selex -Elsag e l’Università dell’Aquila per l’alta formazione nel settore spaziale. Oggi è consulente manageriale, formatore della Luiss Business School e docente di Gestione delle Risorse Umane al corso di laurea magistrale in Comunicazione pubblica e d’impresa dell’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. E’ autore dei volumi: La leadership d’ombra, Guerini e Associati 2005, romanzo di formazione manageriale adottato in interventi formativi di prestigiose aziende; L’insostenibile leggerezza del management – best practices nell’impresa che cambia, Guerini e Associati 2010, Romanzo aziendale, Vertigo 2013. Cura la rubrica “Un’impresa imperfetta” per la rivista Persone & Conoscenze, edizioni Este, Milano. E’ il Presidente dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale (AIDP) – Gruppo Campania. GLBT e psicologia: l'intervento psicoterapeutico sul disagio legato all'identità di genere e l'orientamento sessuale. di Luca Cometto. Con grande piacere intervisto oggi il collega Guido Mazzucco: psicologo e psicoterapeuta operativo sui territori di Torino e Genova, fondatore di Sipsis, Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali. Guido, innanzitutto un po’ di chiarezza: il termine GLBT è ora molto diffuso, e la recente discussione alla Camera della legge sull’omofobia ha riportato all’attenzione pubblica le rivendicazioni di gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Pur essendo definizioni entrate nel linguaggio comune, la maggior parte delle persone non conosce il loro significato, e lo stesso credo valga per molti colleghi. Vuoi aiutarci a fare qualche distinzione? L’acronimo GLBT o LGBT è quello comunemente utilizzato per riferirsi all’insieme delle persone Gay, Lesbiche, Bisessuali, Transessuali e Transgender. Nello specifico, quando si parla di gay, lesbiche, bisessuali (e anche eterosessuali, ovviamente) si fa riferimento a quella dimensione dell’identità sessuale che è l’orientamento sessuale di una persona. L’orientamento sessuale è l’esperienza relazionale dell’attrazione sessuoaffettiva che per i soggetti omosessuali (gay e lesbiche) è orientata nei confronti di soggetti appartenenti al medesimo sesso e, per i soggetti bisessuali, nei confronti di entrambi i sessi. Se l’orientamento sessuale si riferisce alla domanda “chi mi piace?” e quindi alle caratteristiche dell’ “oggetto del desiderio”, il transessualismo si riferisce ad un aspetto differente dell’identità sessuale, quello dell’identità di genere, e cioè dell’identificazione primaria di un soggetto come maschio o come femmina, e potremmo dire che abbia a che fare con la domanda: “chi mi sento di essere?”. Se per la maggior parte delle persone sesso biologico ed identità di genere coincidono (per es. una donna, biologicamente tale e che “si sente” tale), nel caso del transessualismo ciò non accade. Il transessuale, poi, potrà transitare da un sesso ad un altro attraverso un percorso, appunto, di transizione che potrà concludersi (o meno) con la riattribuzione chirurgica del sesso, cioè con l’adeguamento alla propria identità di genere. Il transgender, indipendentemente dal fatto di essere maschio o femmina, oppure di essere “transitato” da un sesso ad un altro, potremmo dire che esalta la non appartenenza definitiva ad un unico genere, ma che esprime nel proprio modo di essere ed apparire caratteristiche che “attraversano i generi”,per lo meno quelli culturalmente assegnati all’uomo e alla donna. L’acronimo GLBT o LGBT, dunque, si riferisce a tutte quelle persone la cui sessualità presenta in alcuni dei suoi aspetti una evoluzione che potremmo definire “atipica” (nel senso di “meno frequente”), rispetto a quella della maggior parte delle persone. In riferimento alla tua attività di psicoterapeuta con pazienti GLBT, quali sono le richieste di aiuto che più spesso ti vengono formulate? Sono sempre di più le persone che si rivolgono al mio studio per poter finalmente parlare della propria vita e delle proprie “normali” difficoltà esistenziali, da una parte senza il timore di essere etichettate come patologiche per il solo fatto di essere, per esempio, gay o lesbiche, dall’altra senza dover impiegare troppo tempo a spiegare tanti aspetti della specificità dell’esperienza lgbt che molti colleghi ignorano. Altre, soprattutto le più giovani, chiedono di essere sostenute rispetto alla confusione e alla difficoltà che provano nel definirsi, mentre molte altre ancora chiedono un sostegno per fare coming out in famiglia, con gli amici oppure al lavoro, oppure per capire se e quando farlo e in che modo, oppure ancora per sostenere l’impatto di situazioni di mancata accettazione da parte di persone significative. Accade che un paziente si rivolga a te chiedendoti di “correggere” il suo orientamento sessuale? In questi casi come si dovrebbe comportare il terapeuta? Accade e non mi stupisce, se si pensa a come, nella nostra cultura ma non solo, l’omonegatività sia ancora un tratto costitutivo. E’ cosa recente, tutto sommato, parlare di omosessualità in termini che non siano patologizzanti o socialmente discriminanti, ed è purtroppo un traguardo tutt’altro che definitivo. Lo stigma sociale porta all’odio verso se stessi, e la richiesta di “conversione” è un’espressione di questo odio, che può portare, lo sappiamo bene, al suicidio. Che cos’è che ha condotto questo specifico paziente ad un tale livello di disaccordo con se stesso e con i propri desideri, al punto da chiedere di cambiarli?(e cioè di cambiare se stesso?) Nella esperienza clinica comune, sono due le esperienze fondamentali a partire dalle quali un paziente può formulare una tale richiesta. La prima è l’esperienza di chi ha una identità fragile o, diremmo oggi, “liquida”. L’identità o l’orientamento sessuale è in questo caso l’ambito esperienziale in cui il paziente riesce a cogliere una parte di quella fragilità, che è più diffusa e fondante, e riguarda la propria identità complessiva. In questo caso, a prescindere dalle differenze di approccio e di stile terapeutico, sarebbe necessario affrontare la questione da una prospettiva più ampia e meno “focalizzata” e diretta. L’altra, è l’esperienza di chi ha appunto introiettato valori, sentimenti ed atteggiamenti negativi rispetto all’omosessualità da uno o più contesti d’appartenenza significativi, quali ad esempio la famiglia, gli amici o il proprio gruppo religioso. Alla luce di questo, è importante che il terapeuta domandi, almeno a se stesso : “questo paziente mi chiederebbe di modificare il proprio orientamento sessuale se la società, la propria famiglia o la propria religione considerassero apertamente l’omosessualità dell’eterosessualità?”. sullo stesso piano In questo caso il terapeuta, avendo una adeguata formazione rispetto agli effetti e alla fenomenologia dello stress da minoranza e/o dell’omofobia interiorizzata, esplorerà la richiesta del paziente cogliendo il tipo di disagio che esprime per poter individuare il sostegno specifico necessario, che spesso non è soltanto psicoterapeutico ma anche “di rete”. Per poter fare questo, il terapeuta dovrebbe avere conoscenze adeguate e idee chiare rispetto ad alcune domande fondamentali: cosa dice la ricerca sui tentativi di cambiamento di orientamento sessuale? È possibile o no cambiare orientamento sessuale? È dannoso? È etico per il terapeuta perseguire questo obiettivo? (A questo proposito, esistono nella prassi terapeutica alcune “scappatoie” che gli psicoterapeuti “riparativi” adottano per eludere queste domande etiche, deontologiche e cliniche ai danni, naturalmente, dei pazienti stessi, ma questo è un argomento che ci porterebbe lontano…) Che tipo di interventi terapeutici e tecniche adotti con i pazienti GLBT? Si spazia dalla terapia individuale, a quella di coppia e a quella di gruppo. Questo dipende ovviamente dal tipo di bisogno che la persona esprime e dal grado di consapevolezza e di accettazione raggiunto nel proprio percorso. Quale tipo di formazione, di valori personali, e di caratteristiche individuali dovrebbe avere uno psicologo per lavorare efficacemente con clienti GLBT? Esistono delle linee guida per l’intervento psicologico in questo campo? Una recente ricerca di Lingiardi e Nardelli avente come oggetto l’atteggiamento degli psicologi verso l’omosessualità, rileva da una parte la carenza negli psicologi e negli psicoterapeuti di formazione sulle tematiche dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, dall’altra la loro disponibilità ad attuare interventi terapeutici mirati alla “conversione” dell’orientamento sessuale su richiesta del paziente. Altre ricerche evidenziano la presenza negli psicologi e negli psicoterapeuti di un bagaglio di teorie ingenue e di stereotipi sui temi dell’omosessualità e dell’identità di genere. Per questo motivo credo sia necessaria una formazione più ampia sulle identità sessuali nelle loro dimensioni costitutive e nelle loro evoluzioni, quelle “atipiche” ma anche quelle “tipiche”, senza correre il rischio di assumere la norma eterosessuale come paradigma di riferimento. In questa “dialettica delle differenze” possiamo produrre conoscenza e decostruire modelli e stereotipi che spesso si celano dietro i panni di teorie psicologiche datate e mai sottoposte a verifica. Omosessuali, bisessuali e transessuali sono indotti spesso a domandarsi e a domandare ad altri il “perché” del loro essere e del loro desiderare, mentre l’universo eterosessuale, per un pregiudizio culturale radicato, resta al di fuori e al riparo da questa esplorazione. Rispetto ai valori personali e alle caratteristiche individuali del terapeuta con pazienti lgbt, credo che il punto sia saperli riconoscere e valutarne l’impatto nel lavoro terapeutico. Avere gli stessi valori del paziente, oppure valori differenti, può implicare risorse e rischi su entrambi i fronti nella misura in cui non riconosciamo quanto siano questi ad orientarci nel lavoro clinico piuttosto che le evidenze della ricerca scientifica e le indicazioni metodologiche e deontologiche della comunità scientifica a cui apparteniamo. Le evidenze, della ricerca ma non solo, mostrano come psicoterapeuti che hanno un orientamento politico conservatore e/o una fede religiosa, soprattutto se praticanti, sono più propensi a patologizzare l’omosessualità. Questa è la ragione per cui nel marzo del 2000, nel “Position statement” sulle terapie mirate al tentativo di modificare l’orientamento sessuale, l’American Psychiatric Association afferma, tra il resto: a)“[…]Recenti e pubblicizzati sforzi di ripatologizzare l’omosessualità affermando che può essere curata sono spesso guidati non dal rigore scientifico o dalla ricerca psichiatrica, ma a volte da forze religiose e politiche che si oppongono ai pieni diritti civili per gay e lesbiche. L’APA si propone di rispondere prontamente e appropriatamente come organizzazione scientifica quando affermazioni che l’omosessualità è una malattia vengono fatte da gruppi politici o religiosi”. E, prima ancora, nel ’98: “L’APA si oppone ad ogni trattamento psichiatrico, come le terapie riparative o di conversione, basato sull’assunto che l’omosessualità sia di per sé un disturbo mentale o basato sull’assunto aprioristico che il paziente debba modificare il proprio orientamento sessuale”. Nel 2009 l’American Psychological Association pubblica il report sulle “AppropriateTherapeutic Responses to Sexual Orientation”. In Italia il primo Ordine Regionale a dotarsene è stato quello della Campania, per arrivare a quello del Lazio, che proprio il mese scorso ha deliberato le Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali. L’articolo 3 del Codice Deontologico degli psicologi italiani ci ricorda che “lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità”. Quale deve essere a tuo avviso il ruolo dello psicologo nella prevenzione delle discriminazioni e dell’omofobia, quali interventi ritieni efficaci, ed attraverso quali canali? Il primo modo per uno psicologo, etero o omosessuale che sia, di combattere l’omofobia è di occuparsi della propria, di riconoscerla ed elaborarla, per impedire che interferisca nel lavoro terapeutico, anche in forme “sottili” e meno esplicite. Questo può voler dire, per esempio, non dare per scontato l’orientamento eterosessuale dei propri clienti, esprimendo così anche implicitamente la possibilità omosessuale come ugualmente legittimata, oppure considerare l’omofobia di un paziente sullo stesso livello degli atteggiamenti razzisti oppure maschilisti. Il secondo modo è quello di combattere l’omofobia all’interno della propria comunità professionale. Spesso capita di ascoltare da parte di colleghi affermazioni esplicitamente discriminatorie ed omofobe, piuttosto che imbattersi in pubblicità di psicoterapeuti che si definiscono esplicitamente “riparativi”: in quel caso è possibile segnalare il collega presso l’Ordine competente. A questo proposito sarebbe importante pensare a dei protocolli per le segnalazioni di questo tipo, magari attraverso una sottoscrizione condivisa da molti colleghi, che può essere – almeno simbolicamente – più significativa. Allo stesso modo credo che sia importante, qualora si venga a conoscenza di iniziative promozionali di convegni a carattere ideologico fortemente discriminatorio, come quelli che recentemente si sono svolti in Lombardia e in Piemonte proprio all’indomani dell’approvazione alla Camera del discusso Ddl contro l’omofobia, di monitorare e sollecitare gli Ordini competenti a prendere pubblicamente le distanze da queste iniziative ogni qualvolta ve ne sia la necessità, e questo prima di tutto per tutelare il diritto dei cittadini a ricevere informazioni corrette ed autorevoli in merito a questioni inerenti la propria salute. Tutti pazzi per il quorum Cari colleghi lombardi, forse qui dalla Campania non sono proprio nella posizione più adatta per esprimere un parere su quanto accaduto in merito al mancato raggiungimento del quorum nella vostra Regione, ma presa da fervore post-elettorale non riesco a farmi i fatti miei e vi scrivo i miei pensieri dalla mia terra. Mai e poi mai mi sarei aspettata un simile accadimento. “Questa è una follia!”: è stata la mia prima reazione quando ho avuto la notizia. La mia generazione è figlia di quei padri che combattevano per la psicologia in Parlamento e quelli che combattevano per la psicologia all’interno delle università: gli psicologi d’oggi esistono grazie al loro impegno, al loro essere pionieri, al loro aver creduto e perseguito un sogno con tutte le forze. Ora, dice Ossicini, è il momento della RIVOLUZIONE della psicologia. Un’idea meravigliosa che può passaresolo attraverso decisioni della nostra politica professionale. le Un assaggio delle possibilità di questa rivoluzione l’abbiamo avuto in Lombardia negli ultimi 4 anni. In un Ordine a maggioranza AltraPsicologia, dove anche alcuni consiglieri di minoranza hanno saputo offrire fattiva collaborazione per il bene della comunità, dove sono state portate avanti iniziative che in 20 anni di ordini degli psicologi nessuno si era mai sognato. Il Festival della cultura psicologica, i webinar su argomenti innovativi e trasversali per la professione, trasparenza assoluta su ogni atto del Consiglio, la biblioteca dei test, la certificazione sui DSA anche per i liberi professionisti, una campagna di tutela della professione portata avanti senza se e senza ma…solo per citare alcune iniziative che mi vengono in mente. Di certo non tutto è stato perfetto, molte cose potevano e possono essere migliorate e molte altre ancora se ne possono fare di nuove. Ben ricordo la malcelatissima invidia per quanto fatto da OPL in questi quattro anni, considerando che tra i punti più alti della consigliatura campana uscente c’è il restauro di una pala d’altare (se non sai cos’è una pala d’altare, non crucciarti, nessuno di noi lo sapeva prima), ritenuta assolutamente necessaria dal nostro “riconciliarci con la bellezza”… ex Presidente per Mi sono allora ricordata di quando un’amica è stata ricoverata per la prima volta in un ospedale campano per il brutto male che l’ha colpita. Una diagnosi oncologica fatta già in pronto soccorso, 20 giorni di ricovero e di inutile attesa per fare una TAC…che non farà mai, perché i suoi familiarisi presero la responsabilità di riportarla a casa e di metterla in macchina per portarla a Milano. In una clinica non di certo per ricconi, dove in una settimana faranno tutti gli esami e intervento chirurgico; un posto accogliente, pulito, moderno e con personale organizzato e professionale. I familiari si sono sentiti venire dal terzo mondo e d’improvviso catapultati nella società civile. Quando alla fine del ricovero hanno dato loro un foglio su cui indicare il livello di soddisfazione, energiche crocette sono state messe sui voti più alti, nonostante fosse stata fatta la più infausta delle prognosi possibili. Contemporaneamente compilava il questionario una signora di Milano, ricoverata nel letto accanto a quello della mia amica. Snocciolava critiche che ai suoi familiari hanno fatto strabuzzare gli occhi:che avrebbe pensato quella signora se avesse passato solo un paio di orette in quella sorta di ospedale da campo da cui erano scappati? Ma dire che quando si ha tanto ci si abitua troppo bene e non si mai contenti, è un’analisi che rischia di essere superficiale. Così come lo sarebbe pensare che si era tutti così contenti che dalla soddisfazione ne è discesa una specie di “sicuro” disimpegno…che tanto sono tutti così contenti che andranno a votare in massa! Da brava appassionata di Bateson e di sistemi, non posso fare a meno di interrogarmi sulla relazione che c’è tra quanto avvenuto qui in Campania, con una partecipazione così massiccia, e quanto avvenuto in Lombardia, con l’Ordine finito in stallo per i prossimi mesi.E non posso fare a meno di ipotizzare che la connessione tra questi due eventi così apparentemente opposti non abbia a che fare con i contenuti (o almeno non solo) ma più con il modo in cui gli psicologi si relazionano all’istituzione che li rappresenta. In generale l’Ordine non è mai visto di buon occhio dagli psicologi: viene per lo più percepito come quell’organismo dentro cui sono obbligati a buttare 140 euro ogni anno per poter lavorare, senza che questa tassa si trasformi in qualche servizio. Intendiamoci: non è una rappresentazione campata in aria, considerando com’è andata la politica professionale a partire dalla nascita degli Ordini… Ma quello che mi ha colpito durante gli incontri e le discussioni con i colleghi nella fase pre-elettorale e durante la campagna è che all’istituzione Ordine vengono attribuiti compiti che non gli spettano affatto. Nell’immaginario collettivo sembra che l’Ordine possa far tutto e non lo fa, pertanto va disprezzato, fino a sognarne l’abolizione. Come fosse una specie di “padre professionale“, che è buono se mi risolve tutti i problemi, ora e subito, e cattivo se non lo fa. Considerando che tutte le professioni, e la nostra con le sue peculiarità, non se la passano bene, è inevitabile che l’Ordine potrà essere solo cattivo e basta. Non c’entra nulla se io nell’avviarmi alla libera professione non mi sono fatto un business plan e non mi sono organizzato una strategia di promozione professionale. Non c’entra nulla se io continuo a propormi per lavorare gratis nelle scuole o nelle asl, pure da 10 anni. Non può l’Ordine sostituirsi al mio talento, alla mia creatività, alle mie conoscenze di base, ma può darmi gli strumenti per mettere a frutto tutto questo. Aiutarmi a essere un giovane adulto e un giovane adulto professionista…perché è questo che siamo tutti noi, quando superiamo il nostro esame di stato. L’Ordine può fare tutto questo ed in Lombardia si indubbiamente iniziato un lavoro in questo senso. è Qualcuno ipotizza che il quorum in Lombardia non sia stato raggiunto perché c’era insoddisfazione per il lavoro svolto. Fosse anche così, per quanto ai miei occhi appaia incredibile (ma come detto, sono inevitabilmente di parte e potrei essere miope), il lavoro fatto è stato talmente deciso, visibile, costante che chi lo volesse buttare giù, doveva agire con decisione. Invece non è questo che è accaduto. Quello che è accaduto è stato lo stallo in cui siete oggi. La mia generazione non è stata fortunata. Nella crisi ci siamo trovati senza averne personalmente troppe responsabilità. Chi si è iscritto all’università negli anni ’90 ricorderà di come di concorsi per psicologi ce ne fossero a iosa, a volte con difficoltà a coprire tutti i posti disponibili. La nostra legge istitutiva risale all’ ’89: nel giro di appena un decennio, tutte le belle possibilità per cui i pionieri del film hanno combattuto già dagli anni ’70 , sembrano andate perdute. Forse perché l’istituzione degli Ordini è stata considerata un punto di arrivo e non di partenza. E forse noi facciamo altrettanto: una volta iscritti, ci aspettiamo che qualcosa magicamente accada. Ma cosa diremmo a un nostro paziente, se si comportasse in questo modo? Un abbraccio sincero a tutti i colleghi lombardi, Ada Moscarella Papa Francesco è di AP? Si, si, Papa Francesco non si è – ancora – iscritto ad AP, ma è solo questione di tempo. Ci sta mandando, da San Pietro, dei messaggi chiarissimi. Verrebbe quasi da rispondere, ed ecco, siamo certi che coglierà questo segnale di risposta.. Premesso che accoglieremmo Sua Santità a braccia aperte tra le nostre fila, la nostra associazione si trova ormai a stupirsi più e più volte dell’affinità di pensiero che noi, alfieri della cultura laica, troviamo con la più recente incarnazione di San Pietro. Infallibile come noi di certo non siamo, è interessante presentare alcune sue frasi, così vicine al pensiero di AP da farci pensare a qualcosa di quasi magico. Nell’enciclica papaleEvangeliiGaudium (già citata dal collega Luigi D’Elia su pol.it), ecco cosa scrive Papa Francesco: “In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della ricaduta favorevole, presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare.” Ecco. Chi può guadagnare dalla svendita –ad esempio- della propria professione non è un buono – sarebbe ingenuo pensarlo – e non è vero che crede al valore della diffusione della cultura più di quanto creda al suo portafogli. AP difende da sempre chi sta male, chi soffre sul piano psicologico e chi ha studiato per sapere offrire un aiuto competente, in regola con le leggi, con il riconoscimento di un terzo, lo stato, e con il buon senso. Il mercato non basta, non regola nulla, e lasciato a sé stesso crea terribili iniquità e sofferenza. Bravo Papa! “La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo.” Ecco. L’abusivismo professionale nasce proprio dall’incapacità di sopportare il fatto di non poter più essere tutto, fare tutto, di non poter realizzare qualsiasi desiderio venga in mente. C’è untempo della vita in cui si può esercitare quasi qualsiasi professione e diventare qualsiasi cosa, ma farlo da adulti trasforma in mostri, novelli Zelig che s’improvvisano psicologi, con i nomi dell’inganno, realizzando il proprio spettacolino di trucchi o inganni ai danni di pazienti sofferenti. Infine, proprio là dove si suppone vi debba essere la maggiore concentrazione di ruggine tra valori laici e valori religiosi, si trova invece la massima prossimità: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli.” Ragazzi, altro che omosessualità come malattia e terapie riparative. Ben più innovatore, aperto, rifomista e tollerante di alcuni candidati al Consiglio del nostro ordine professionale in odore di omofobia, il Papa quasi cita l’articolo 4 del nostro Codice Deontologico: “lo psicologo rispetta opinioni e credenze astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità”. Ma in base a quale potere si può dire di no alla discriminazione e alla violenza? Ancora una volta Papa Bergoglio parla chiarissimo sull’origine del potere: “il vero potere è il servizio”. E così prosegue il pontefice: “bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”.Di chi parla, qui, se non dei nostri pazienti, gli ultimi, i più sofferenti dei mali non fisici, dei dolori della mente? E infine: ecco la prova definitiva. Anche il Santo Padre, nella promozione della fede, usa lo stesso strumento di marketing usato da AP: il finto farmaco. Ci hai rubato l’idea, Jorge! Lui sponsorizza la Misericordina, mentre noi avevamo lanciato, in tempi non sospetti durante altri papati, l’Altraspirina. Perdonata la papale copiatura, è evidente che il Papa ci vede, e di più, ci guarda. Grazie Santo Padre, una tessera di AltraPsicologia la teniamo via per te, è chiaro che ci si intende!