Free CAD - Software libero per l`architettura
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Free CAD - Software libero per l`architettura
20/06/2012 CAD: Costrizione Anti Didattica di Livio Fania La prima volta in cui ascoltai Richard Stallman 1 fare il suo celebre discorso sulle quattro libertà del free software rimasi impressionato. L'uomo girava scalzo per la sala di un teatro occupato della capitale dispensando parole e formule come se fosse un santone, con una polo rossa che metteva in evidenza il suo profilo panciuto. Nonostante i dettagli, nonostante l'esecuzione del famoso numero della chiesa di Emacs2, quello che ricordo con maggiore vividità di quel caldo pomeriggio fu la frase seguente: “le scuole dovrebbero insegnare solo software libero”. Ovviamente chiunque dotato di un minimo di filantropia sarebbe d'accordo con tale suggerimento. E' indubbio infatti che le istituzioni pubbliche dovrebbero privilegiare il software libero al software proprietario. In primo luogo per una questione di democrazia: mi sembra che la facilità di accesso senza discriminazione e di controllo che il software libero garantisca siano maggiormente in linea con i principi egalitari di una società liberale. In secondo luogo per delle ragioni economiche: nel caso di piccole biblioteche, o di aule informatica di piccoli centri didattici, il taglio dei costi delle licenze di tecnologie proprietarie (come Microsoft Windows, la suite Adobe, o dei un server bibliotecari) potrebbe costituire un risparmio notevole all'interno del bilancio economico annuale. Ora, accettando questa ipotesi per buona, subito si profila all'orizzonte l'estremo opposto: una scuola dall'educazione normalizzata che reprime la libera iniziativa al di fuori dei canali dell'ordine costituito, e che sembra evocare qualche fantasma di stampo sovietico. Non é affatto così: é bene che le alternative private ai software esistano e che garantiscano una diversità all'interno delle soluzioni e dei servizi, ma esse dovrebbero rimanere appannaggio di chi può permettersele, e non imporsi attraverso l'instaurazione di monopoli nelle istituzioni pubbliche, come sta succedendo ora. In altre parole, mi sembra che oggigiorno l'ago della bilancia penda totalmente nell'emisfero del software proprietario e che occorra riportarlo un pochino verso l'asse verticale, fornendo una migliore informazione sul software libero e 1. Richard Stallman é il leader fondatore della Free Software Foundation (FSF), nonché guru informatico e storico animatore del movimento per il software libero. 2. In tale "rituale", divenuto ormai una specie di firma di riferimento del personaggio, Stallman indossa una toga e un vecchio hard disk come aureola, e parla al pubblico di "fedeli" come se si trattasse di una setta riunita dall'uso dell'editor di testo Emacs. incitando sempre più istituzioni a riflettere sulla questione. Volendo essere obiettivi, l'adesione delle istituzioni al free software é lungi dall'essere una realtà. Come già detto, guardandosi attorno, si può constatare con facilità che a parte in qualche ristretto circolo di lungimiranti, di addetti al settore geek/smanettoni o di dirigenti particolarmente sensibili alla questione, la stragrande maggioranza degli istituti pubblici utilizzano (e fanno utilizzare di conseguenza a tutto il loro bacino d'utenza) delle tecnologie di tipo proprietario. Se parlare solo di software libero nelle istituzioni, come suggerirebbe Stallman, sembra quindi un'utopia pedagogica, a mio avviso sarebbe già un buon passo avanti iniziare a parlare anche di esso. A tale fine, vorrei cercare nelle pagine che seguono di fare l'avvocato del diavolo, dimenticando per un momento il lato romantico e forse un po' idealista dell'adesione all'open source, ponendo invece qualche domanda nella volontà di capire il perché dei propri limiti. Nello specifico di questo articolo, farò riferimento alla mia esperienza personale. Durante la mia formazione in diverse facoltà di architettura, ho avuto modo di rendermi conto della portata dell'utilizzo dei softwares all'interno del settore delle costruzioni, in particolare di tipo CAD, con i conseguenti interessi economici che ne derivano, e le relative influenze sul controllo degli strumenti informatici scelti all'interno dei poli universitari. La situazione é la seguente: il software AutoCAD, prodotto dalla firma Autodesk detiene una predominanza d'utilizzo all'interno delle facoltà e gli studi di architettura della metà del globo3. Perché, dopo tanti anni dalla nascita del Computer Aided Design4, sembra che non siamo ancora riusciti a garantire un pacchetto compatibile con le libertà del free software che possa essere adottato da degli architetti professionisti? Povertà intellettuale? Mancanza di genio? Tanto per cominciare, non é vero che tali alternative libere non esistono. Come non é vero che degli architetti professionisti non usino dei software liberi. Esistono realtà, anche nel nostro paese, di studi che riescono a realizzare la totalità della catena di produzione degli elaborati grafici (disegno, 3D, impaginazione, stampa) solo utilizzando softwares liberi. Semplicemente, non le conosciamo. 3. Anche sul versante del software proprietario, ArchiCAD, suo principale concorrente, é impiegato (e insegnato) in maniera decisamente minore. 4. Il primo software di tipo CAD, chiamato Sketchpad fu sviluppato da Ivan Sutherland come tesi di dottorato al MIT all'inizio del 1960. Tra i softwares liberi CAD di maggiore rilevanza, possiamo citare DoubleCAD, QCAD, LibreCAD. Tuttavia, a parte il primo, che ha il grande difetto di funzionare solo sul sistema operativo Windows, il panorama attuale rimane diviso in due grandi famiglie: softwares proprietari che supportano i DWG, e software liberi che hanno altri formati nativi e non leggono i DWG5. A questo punto però una precisazione si rende necessaria: esiste una grande differenza tra il software libero (o free software, nella sua denominazione d'origine) e i software rilasciati sotto licenza freeware. Nel primo la parola free, bivalente nella lingua inglese, significa "libero6", mentre nel secondo "gratis". Prendiamo l'esempio di DraftSight. Si tratta di un valido software CAD sviluppato dalla firma Dassault Systèmes, che gira sui principali sistemi operativi (Linux, Win e Mac). DraftSight é un freeware, ossia non ha costi economici e si può scaricare liberamente dal sito ufficiale, ma é ben lontano da essere un software libero. I software liberi sono generalmente rilasciati sotto licenza GPL (general public license) che garantisce le quattro libertà fondamentali contenute nella loro definizione7, mentre DraftSight richiede una registrazione all'utente e non permette a questi di modificarlo, anzi si riserva il diritto di passare ad una licenza di tipo commerciale con l'aggiornamento a nuove versioni. Insomma, il panorama sembra complesso, e di fronte a tale disordine all'interno di tutte le alternative, più o meno libere, al monopolio di AutoCAD, non c'è da stupirsi se la maggior parte delle persone optino per la strada più breve e meno faticosa: la pirateria. La pirateria, molto più diffusa e accettata di quanto possa sembrare, é un tema del quale non ci preoccupiamo affatto. Tutti sanno, nessuno dice niente, e sembrerebbe che tutti ci guadagnano. E invece no. Noi non ci rendiamo conto che con la pirateria stiamo facendo in realtà il gioco delle major. La cosa sorprendente e paradossale é che molto spesso (parlo per esperienza personale) é la scuola stessa che ci educa a tale pratica. Pensate, un luogo che dovrebbe produrre liberi pensatori e garantire un accesso egalitario all'istruzione, da in pasto il nostro futuro professionale ad uno scenario nel quale dominano totalmente delle grande imprese multinazionali e nel quale vige la legge del più forte. Lo studente lambda di architettura, che quando aggira la licenza di un software attraverso la crack si crede di aver "gabbato" la casa produttrice e si sente un hacker solo per aver scaricato un paio di torrent, in realtà non si rende conto che si sta gettando nella bocca del lupo. Nel momento in cui scarica, 5. Esistono softwares eccellenti, come BricsCAD e DraftSight che offrono, oltre alla lettura del formato DWG, la particolarità di essere disponibili per Linux, tuttavia si tratta nel primo caso di un programma dal costo di licenza di 450€, nel secondo di un ambiguo "register-ware" che si riserva la facoltà di cambiare la licenza ad ogni nuova versione. 6. "Free as a free speech, not as a free beer" per parafrasare lo stesso Stallman. 7. Per maggiori informazioni visitare il sito http://www.gnu.org crakka e inizia ad utilizzare il software, egli sta permettendo una maggiore diffusione di esso. Non dubito del fatto che molte ditte produttrici di software mettano esse stesse in circolazione (tramite terzi) le crack su particolari server con accesso peer-to-peer della rete. Ora, riflettiamo un attimo, in quale misura questo meccanismo é conscio? Lo studente in questione é davvero così interessato a favorire la diffusione di un software? Cosa ci guadagna? In realtà egli sta solo cercando di fare il suo mestiere senza essere penalizzato rispetto agli altri. Quello che lo studente sta cercando é semplicemente una maniera di ottenere gli strumenti necessari a superare gli esami. E con la difficoltà intrinseca che tale operazione richiede, non c'è da meravigliarsi che non si ponga troppe domande sull'origine del software. Libero o proprietario, egli ha già abbastanza preoccupazioni, come pagare l'affitto, lottare contro gli agenti atmosferici, andare a caccia per procurarsi il cibo, e necessità prioritarie di questo tipo. Lo studente quindi non sceglie; nel migliore dei casi si adatta. Tale negazione della facoltà di scelta, mi sembra essere una delle contraddizioni più grandi della pedagogia contemporanea all'interno delle facoltà di architettura da qualche decennio a questa parte. Ora che abbiamo giocato il ruolo dello studente (e sono sicuro che molti di noi lo hanno giocato per davvero) mettiamoci nei panni di un altro personaggio: il direttore di una facoltà lambda di architettura. Il suo ruolo é, oltre a garantire che tutte le cose funzionino come si deve, anche quello di creare un polo didattico di attrazione e competitivo rispetto alle esigenze dei liberi professionisti. Poniamoci sinceramente la domanda: dimenticando le lodevoli e succitate realtà che sono riuscite nell'intento di svincolarsi dalle necessità di softwares proprietari, quante persone sarebbero competitive oggigiorno, stando le cose come stanno, con una formazione fatta basata esclusivamente sui software liberi? Se quando andrai a bussare alla porta di un qualsiasi studio di architettura il tuo curriculum sarà valutato rispetto alla conoscenza dei programmi maggiormente utilizzati, come si può pretendere che tu assuma il rischio di rimpiazzarli con i loro equivalenti liberi, investendo tempo e cervello? Allora sono gli studi di architettura che sono i cattivi della situazione e hanno deciso di favorire le major? No, in realtà neanche loro, come lo studente, hanno scelto veramente. Magari hanno dovuto adattarsi perché per collaborare con ingegneri, costruttori e grafisti i formati di scambio dei file erano tutti opachi8, per utilizzare un termine del gergo. O magari addirittura le esigenze di un concorso pubblico erano restrittive sotto questo stesso punto di 8. Volendo distinguere i formati dei file in due famiglie si potrebbe parlare di formati trasparenti (o aperti), ossia fortemente standardizzati e leggibili da qualsiasi programma del settore, e formati opachi (o chiusi), sui quali vigono solitamente delle restrizioni di licenza commerciali, che li rendono non leggibili e non modificabili senza il possesso di tali licenze. vista per quanto riguarda la documentazione fornita o richiesta, spesso in DWG. Ci troviamo quindi di fronte ad una specie di circolo vizioso nel quale ognuno fa la sua parte attraverso le proprie abitudini formative o professionali (che sono conseguenziali), ma nello stesso tempo favorisce inconsciamente un monopolio all'interno del settore. L'industria delle costruzioni ha talmente imposto i suoi standard che é diventato normale parlare di AutoCAD come sinonimo di CAD. Come per l'Eternit, lo Scotch o tutti i nomi commerciali diventati sinonimi di un prodotto. Si potrebbe opinare che tutto ciò non c'entra niente con il nostro presupposto di partenza, ossia l'insegnamento del software libero nelle scuole. La scuola (o l'Università), é un luogo dove, idealmente, si creano delle condizioni adatte alla sperimentazione e alla ricerca. Per ricreare queste condizioni é indispensabile "slegarsi" temporaneamente dalla realtà. Tuttavia ad un certo punto tutti gli istituti di formazione dovranno scontrarsi con le necessità di creare una classe lavorale 9. E la domanda e l'offerta di capitale umano sono fortemente relazionate con la competitività. Considero sciocco opporsi a questo stato di cose, ma non considero sciocco rifletterci sopra. Credo al contrario che il lassismo sul tema dell'accessibilità agli strumenti necessari per studiare, come i softwares CAD in questo caso, sia un pericoloso segnale d'allarme che dovrebbe farci riflettere su come la scuola pubblica (che dovrebbe garantire un'istruzione a quelli che non possono permettere di pagarsi la privata) si stia distrattamente lasciando trasportare da delle logiche di mercato. Sappiamo tutti che per fare una buona architettura non servono software di tipo CAD, né tanto meno computer, né niente di cui non siamo stati naturalmente dotati. La prova é il fatto che per almeno ventisette secoli ce la siamo cavata molto bene senza tali strumenti, costruendo templi per Dio e per l'uomo con l'ausilio di un rotolo di carta e un pezzo di grafite. Chiunque, con il naso all'insù guardando la cupola del Pantheon, toccando le pietre tiepide del Partenone, o contemplando la luce penetrante di Santa Sofia, può facilmente rendersi conto di cosa sto parlando. La storia del software all'interno di questioni di architettura ci entra ben poco. La sua entrata in scena all'interno della storia di tale disciplina é talmente recente, da far sembrare ridicolo che abbia assunto il ruolo di centralità che ora 9. Forse per questo una strana opinione comune vuole che una scuola all'interno della quale ci siano degli interessi da parte di organizzazioni private, sia sinonimo di una buona scuola, in quanto tale processo garantirebbe una maggiore facilità d'impiego futuro e di selezione dei talenti. riveste nelle pubblicazioni e nella pratica quotidiana. Quindi se vogliamo essere radicali, l'unica architettura davvero libera e svincolata da tutte mediazione é quella che si fa con carta, pennino (e lametta per grattare gli errori). Tuttavia in una società in cui la Tecnica10 connette una buona parte dell'occidente sulla stessa rete e ci obbliga, per scambiare informazioni con gli altri ad utilizzare i loro stessi mezzi, é normale che attraverso l'informatica passino temi di libertà e di controllo. Prima di essere essere accusato di tecnofobo-anacronista, e di avere la presunzione di poter risolvere un dibattito di tale portata su queste poche pagine, prendo le distanze da tale argomento, rinviando la sua discussione in una sede più appropriata. Tuttavia, é importante non dimenticarci dove siamo partiti, per non perdere la rotta. Per concludere, di fronte a tutto questo, cosa si può fare? Innanzitutto, informarsi. Farsi un'opinione serenamente. L'ignoranza, ci insegna la storia, ha sempre attirato speculatori. Sapere che cosa é il free software e che alcune battaglie di diritti e libertà individuali si combattono anche nel campo dell'informatica é già un primo passo verso una maggiore consapevolezza, e quindi, una maggiore facoltà di scelta. Provare il software libero che, ricordiamo, é disponibile per tutti, é la seconda tappa per uscire dalla stagnante situazione attuale. Infine sarebbe ora di iniziare a spronare le istituzioni, attraverso mezzi opportuni e democratici, come la richiesta, la votazione, e l'adesione, affinché propongano alternative libere alle tecnologie di tipo proprietario. Abbiamo visto che il circolo vizioso del software proprietario é generato da una serie di automatismi involontari più che da una presa di posizione degli organi dirigenti. Si tratta in altre parole di una serie di abitudini. Esse sono cattive forse, ma restano pur sempre delle abitudini e, come tali, sono sicuro che possano essere cambiate. 10. Quella con la "T" maiuscola, come direbbe il tanto caro Jacques Ellul.