Rapporto 2002 - Camera di commercio di Torino

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Rapporto 2002 - Camera di commercio di Torino
Osservatorio
sulla Componentistica
Autoveicolare Italiana
INDICE
PRESENTAZIONE
Pag. 6
SEZIONE 1 - GLI AUTOVEICOLI
IL MERCATO MONDIALE
ITALIA, PRODUZIONE E IMMATRICOLAZIONI
TENDENZE NELL’AUTOMOTIVE
Pag. 9
Pag. 17
Pag. 20
SEZIONE 2 - I COMPONENTI
LA PRODUZIONE E LA DOMANDA ITALIANA DI COMPONENTI
L’INTERSCAMBIO
AZIENDE E IMPIEGO
FUSIONI E AQUISIZIONI
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
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SEZIONE 3 - IL PIEMONTE
LA COMPONENTISTICA PIEMONTESE
Pag. 43
TABELLE
NOTE
Pag. 49
Pag. 53
Rapporto 2002 a cura di Daniele Robiglio
Finito di stampare nel settembre 2002 dalla
Camera di commercio di Torino
Via Carlo Alberto, 16
10123 Torino - Italy
Tel. +39 011 5716.1
Fax +39 011 5716.516
www.to.camcom.it
Presentazione
La Camera di Commercio di Torino, nel suo ruolo istituzionale di osservatore e
promotore dell'economia locale, cura dal 1996 l’Osservatorio sulla Componentistica
Autoveicolare Italiana, giunto ormai alla sua sesta edizione annuale. La sistematicità
delle rilevazioni consente oggi una percezione dell'andamento del comparto
componentistico ed automobilistico italiano lungo un intervallo sufficientemente ampio
per farne emergere le linee di tendenza, i principali fattori evolutivi e le caratteristiche
peculiari rispetto agli altri mercati dei produzione.
Il rapporto 2002 esce in un momento particolarmente delicato per il settore
veicolare. Oltre ad una flessione della domanda a livello internazionale, che ha ridotto di
fatto la produzione di molte case costruttrici, si evidenzia una crisi, finanziaria e
produttiva, della principale casa automobilistica italiana.
La produzione mondiale autoveicolare nel 2001 è stata di 39.538 milioni di auto
e di 16.232 milioni di veicoli commerciali. Nonostante il calo della domanda peraltro
accentuato nell'ultimo trimestre, il 2001 può essere definito un anno di assestamento che
ha visto i costruttori impegnati in incisive azioni promozionali. L'ondata di fusioni ed
acquisizioni che aveva caratterizzato il settore automobilistico negli anni recenti sembra
essersi indebolita e i residui spostamenti di peso nella cerchia dei gruppi principali non
ne cambierebbero gli equilibri.
Questi cambiamenti non facilitano una fotografia puntuale del mondo dei
componenti. Il soggetto si muove troppo velocemente e il fotografo dispone di strumenti
di messa a fuoco (i dati ufficiali-istituzionali) inadeguati, spesso concepiti per altri scopi.
Tutto questo rende necessario il ricorso a varie fonti oltre a quelle istituzionali
(stampa, aziende della produzione e della distribuzione, associazioni, analisti economici
e finanziari) e la ricomposizione del materiale raccolto in un "patchwork" che nella
ricucitura e nel lavoro di sintesi lascia ampio gioco alle stime. Perciò diventa importante
l'uso di criteri uniformi nel tempo e la sensibilità verso il quadro d'insieme.
L'Osservatorio rappresenta uno strumento utile alle imprese, alle associazioni e
agli organi istituzionali che si confrontano con i problemi relativi al rafforzamento delle
strutture produttive, allo sviluppo commerciale ed industriale all'estero, alla promozione
degli investimenti nel territorio.
Il più sentito ringraziamento va alle aziende della filiera autoveicolare per la
fondamentale collaborazione nella stesura di questo Osservatorio e al Dott. Daniele
Robiglio, curatore del Rapporto.
Torino, settembre 2002
La produzione autoveicolare è caratterizzata da una costante evoluzione
tecnologica che accentua la tendenza dei costruttori a deverticalizzare il più possibile la
produzione materiale attraverso l'acquisizione di sistemi e moduli e attraverso
l'esternalizzazione di fasi produttive un tempo ritenute irrinunciabili. Ne deriva un
parallelo aumento del peso della componentistica sia nella produzione di valore sia
nell’acquisizione di crescenti spazi di responsabilità.
La fornitura di moduli aggrega produzioni che prima erano marginali, o
autonome, rispetto all'auto e trasforma la struttura dell'indotto da piramidale a cubica.
È una vera rivoluzione che rende obsoleto il concetto di filiera, con i vari livelli di
fornitura, a vantaggio di quello di "azienda allargata" e di "rete" in cui imprese piccole
e grandi interagiscono prescindendo da livelli gerarchici stabiliti dal posizionamento
rispetto al costruttore assemblatore del prodotto finale. Nelle aree europee dell'auto si
sviluppano, sospinti dalle strategie dei governi e degli enti locali e dal "web", i distretti
dell'auto tesi a favorire questa vitale evoluzione.
Il Presidente
Giuseppe Pichetto
sezione 1
GLI AUTOVEICOLI
Il mercato mondiale
Produzione e vendite
Nel 2001 la produzione mondiale di auto è stata di 39,538 milioni di auto (-3,2% sul 2000) e di 16,232 milioni
(-5,8%) di veicoli commerciali e industriali (VCI). Il totale degli autoveicoli1 prodotti è stato di 55,770 milioni (-3,9%).
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
La produzione di auto si è adeguata ad una domanda poco brillante, che negli ultimi mesi ha risentito del calo
generale dei consumi causato dall’attacco terroristico dell’11 settembre. Costose campagne promozionali, e negli
Usa una forte immissione di liquidità, hanno poi consentito recuperi nei due mesi finali, anticipando vendite a
scapito del 2002.
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
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Auto+veicoli commerciali e industriali, ivi compresi gli autobus. I dati sono di fonte OICA
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I dati storici della produzione di auto per aree fanno emergere una tendenza leggermente in crescita dell’area
europea, che anche nel 2001 si mantiene al primo posto con 17,4 milioni di unità, pari al dato del 2000. L’area AsiaOceania2, denota un mantenimento di posizione (la seconda), anche se nel 2001 è calata del 2% attestandosi a 12,9
milioni. La terza area (Nafta), evidenzia una tendenza leggermente negativa, accentuatasi nel 2001 con una
perdita del 13% e una produzione di 7,3 milioni3. L’area Sud America rivela un andamento discontinuo e crescente,
con un aumento del 4% nel 2001 che la porta a 1,7 milioni. L’area africana ha prodotto nel 2001 0,2 milioni di unità
(+17%).
In Europa l’andamento della produzione di auto dal 1990 è illustrato dal grafico seguente. Si può notare che dopo
il calo del 1993 la Germania ha iniziato una ripresa costante, inseguita a partire dal 1997 dalla Francia. La Spagna,
che nel 1991 aveva superato l’Italia, ha mantenuto la terza posizione, mentre l’Italia e il Regno Unito si
contendono il quarto posto.
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
I principali Paesi produttori di auto sono il Giappone con 8,1 milioni (-3% sul 2000), la Germania, che ha superato
gli Usa con 5,3 milioni (+3%), gli Usa, regrediti al terzo posto e a 4,9 milioni (-12%), la Francia (3,2 milioni, +10%)
la Corea del Sud (2,5 milioni, -5%) e la Spagna (2,2 milioni, -7%). Sotto i due milioni sono il Regno Unito (1,5
milioni, -9%), il Brasile (1,5 milioni, +10%), il Canada (1,3 milioni, -18%), l’Italia (1,3 milioni, -11%) il Messico (1,1
milioni, -11%), il Belgio (1,1 milioni, +16%) e la Russia (1 milione, +5%).
Nei VCI la principale area è la Nafta, con una produzione nel 2001 di 8,5 milioni (-8,2%)4. La seconda è l’AsiaOceania con 4,5 milioni (-1,7%). L’Europa è terza a 2,7 milioni (-4%). Il Sud America ha prodotto 0,4 milioni (-11%).
Fonte: Anfia - Oica
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
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Per chiarezza grafica la produzione africana (200-300 mila unità annue) è inserita nell’area Asia-Oceania.
Nella Nafta i VIC comprendono i SUV (Special Utility Vehicles, vale a dire veicoli di uso promiscuo quali pick-up e van).
Questa tipologia ha una diffusione superiore a quella delle normali auto per trasporto persone.
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Vedi nota 3
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I principali Paesi produttori sono gli USA (6,546 milioni), il Giappone (1,7 milioni), la Cina (1,6 milioni), il Messico
(0,725 milioni), la Spagna (0,635), la Corea del Sud (0,475), la Francia (0,447), la Germania (0,392), l’India (0,321), il
Brasile (0,314). L’Italia è all’undicesimo posto (0,308).
Le variazioni percentuali delle quantità vendute nel 2001 rispetto al 2000 (auto+VCI) sono state rilevanti, in senso
negativo, per Fiat e, in senso positivo, per Psa. Questa diversità tra due produttori europei, “generalisti” e a
controllo familiare è spiegabile con i diversi ritmi ed attrattività della gamma dei modelli offerti. A sfavore del
gruppo italiano ha giocato inoltre la debolezza di mercati per esso importanti (Italia, Polonia, Argentina, Turchia).
In Europa la Spagna dal 1996 è primo produttore di VCI, seguita dalla Francia (0,447 milioni), e dalla Germania
(0,392 milioni). L’Italia è al quarto posto (0,308 milioni) dopo aver superato nel 1996 il Regno Unito.(0,173 milioni).
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
La classifica mondiale delle vendite di auto dei principali costruttori vede sei case o gruppi attestati sopra i quattro
milioni annui: General Motors (GM), Ford, Toyota, Volkswagen (VW), Renault-Nissan (RN) e Daimler-Chrysler (DC).
Ne seguono tre con vendite tra i tre e i due milioni: Psa (Citroen-Peugeot), Honda e Fiat. Quest’ultima nel 2001 è
regredita dal settimo al nono posto, superata da Honda e dal consolidamento di RN.
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
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I principali costruttori
General Motors (GM)
In notevole ripresa negli Usa di quota di mercato grazie a promozioni (che mettono in crisi Ford e DC), e di profitti
nei primi mesi del 2002, anche se in aprile ha dovuto richiamare 1,9 milioni di berline per problemi all’iniezione.
Riapre linee di produzione. Ha concluso l’acquisto del 67% della Daewoo, impegnandosi ad acquistarne veicoli,
motori e componenti.
La controllata europea Opel invece nel 2001 ha perso quote di mercato e chiuso con un bilancio in rosso per 674
milioni di euro su un volume di vendite di 2,096 milioni di unità. Con il progetto Olympia prevede il pareggio nel
2003, con riduzione del 15% della capacità produttiva, 2300 licenziamenti, aumento del 10-15% della produttività
e dismissione d’attività “non core”, tra cui la cessione a TyssenKrupp della produzione di componenti (salvo quella
in joint-venture con la Fiat nel powertrain). Saranno lanciati nuovi modelli (uno ogni sei mesi) con investimenti per
10 miliardi di marchi in cinque anni. I modelli tradizionali passeranno dall’80% al 40% della gamma, che avrà nuovi
tipi nelle monovolume e station wagon.
Renault
Ha accresciuto la quota di mercato mondiale dal 4,2 al 4,4%, sia pure con calo del margine operativo,
controbilanciato dai risultati di Nissan. Impegno nel rinnovo della gamma, uscita dei modelli Velsatis e Avantime
nei primi mesi del 2002, della nuova Espace e della nuova Megane entro fine anno. Nel 2004 potrà contare su una
gamma di 25 modelli, di cui 20 nuovi, tra cui 5 della famiglia Dacia e Samsung, con l’obiettivo di migliorare il ritmo
di sostituzione dei modelli dall’attuale (4,5 anni) a 3 nel 2005. Forte sinergia con Nissan nelle strategie, nell’uso
delle piattaforme e nella gestione del parco fornitori.
Daimler-Chrysler (DC)
Nel 2001 utile operativo di 1,3 miliardi di euro (5,2 nel 2000). Mentre Mercedes è in crescita di utili e di quota di
mercato, Chrysler registra un calo di vendite e una perdita di 2,18 miliardi di euro. Ma nei primi mesi del 2002
anche la gestione Chrysler sembra avviata al risanamento, con un piano che prevede la chiusura in tre anni di
stabilimenti nell’area Nafta, con eliminazione di 26000 posti di lavoro e riduzione del 15% dei costi per
componenti.
Ford
Psa
Reduce dalle difficoltà causate dalla vicenda dei pneumatici difettosi sui SUV, che ha causato il siluramento di
Jacques Nasser, il nuovo presidente W.C. Ford ha varato un piano di rilancio che prevede la chiusura di cinque
impianti e l’eliminazione di 17000 posti di lavoro, oltre ai 18000 già tagliati. Le vendite a livello mondiale nel 1°
trimestre 2002 hanno registrato un calo da 1,805 a 1,678 milioni d’unità.
Volkswagen
Nel 2001 utili lordi cresciuti del 18,6%, fatturato salito da 83,12 a 88,54 miliardi di euro. Nel primo trimestre 2002
l’utile consolidato è sceso del 20% a 997 milioni di euro e il fatturato è calato del 5,4%, mentre le consegne sono
scese del 13% a 1.181 milioni di veicoli. Bene le vendite in Nord America (+4,2%). La quota di mercato in Germania
è scesa dal 30,4 al 29,3% e in Europa dal 18,5 al 17,4%. Accelererà il rinnovo dei modelli: in autunno uscirà il
fuoristrada di lusso Tuareg, il prossimo anno apparirà la nuova piccola Bentley, per la cui produzione sono stati
investiti 210 milioni di euro. E’ appena uscita, per attaccare anche il mercato delle “premium brand” la Phaeton,
modello che racchiude la nuova filosofia del gruppo. Saranno inoltre perseguiti obiettivi di maggiore
differenziazione dei marchi.
Nissan
Realizzato con un anno d’anticipo il risanamento dei conti, avvia la fase di crescita volta ad aumentare le vendite
di un milione d’unità entro il 2006, crescendo nel Nord America, ove vuole ampliare la gamma dei modelli offerti
dagli attuali 9 a 18 nel 2004. In Giappone vuole salire dall’attuale 18% al 24% (nel 1973 era al 33%). In Europa lo
sviluppo dipenderà dal rinnovo della gamma, programmato con effetti a partire dal 2005, e dall’andamento dei
modelli Almera e Primera e nuova Micra, in uscita nel prossimo anno.
Persegue una strategia d’indipendenza e d’accordi specifici (motori diesel e monovolume con Fiat, piccola europea
con Toyota nella Repubblica Ceca). Vendite aumentate dell’11,3% nel 2001, quota di mercato in Europa salita al
15%, margine operativo molto elevato, utile cresciuto del 29%. Successo dei modelli Peugeot 206 e 307, Citroen
Picasso e C5, mentre nei primi mesi del 2002 é stata lanciata la C3. Gli stabilimenti del gruppo girano al 114% della
capacità standard rispetto al 101% del 2001. Costante ringiovanimento della gamma, con 25 nuovi modelli previsti
tra il 2001 e il 2004. Avanzamento tecnologico, piattaforme in comune tra Citroen e Peugeot.
Honda
Ha chiuso l’anno fiscale al 31 Marzo 2002 con utili record aumentati di un terzo sull’anno precedente.
Fiat
Nel 2001 ha registrato una perdita di 549 milioni di euro. Le azioni hanno perso il 27% dall’inizio del 2002 (a fine
aprile) ed è stato declassato il “rating” del suo debito. Nel primo trimestre del 2002 le vendite in Europa sono scese
di oltre 70 mila vetture rispetto all’analogo periodo del 2001. In Italia i dati del primo semestre 2002 del mercato
italiano indicano un calo del 13% delle immatricolazioni totali, mentre il calo dei marchi nazionali ammonta al
20,7% e, nel mese di giugno, al 30%. La Stilo, il modello della classe C che avrebbe dovuto segnare l’inizio della
ripresa, stenta a decollare, mentre il rinnovo dei modelli (un programma da più di 12 miliardi di dollari con 23
nuovi modelli e restiling tra il 2002 e il 20095 ) rischia di essere pregiudicato dalla situazione finanziaria. Da Polonia,
Argentina e Brasile6, mercati importanti per le vendite e la redditività del gruppo, non arrivano segnali
incoraggianti. Le finanze sono state in parte risanate con ricapitalizzazioni (un miliardo di euro), prestiti
obbligazionari (2,2 miliardi di dollari convertibili in azioni GM) e prestiti bancari, e ultimamente con la cessione di
quote della Ferrari, mentre le dismissioni messe in programma per due miliardi di euro nel 2002 (Magneti Marelli,
Comau, Teksid ed altre attività “non core”) sono in ritardo, anche a causa della sfavorevole congiuntura borsistica.
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Vedi tabella
Nel 1° trimestre del 2002 le vendite Fiat in Brasile sono calate del 24% rispetto all’analogo periodo del 2001
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Sono avvenuti importanti cambiamenti nel management e nell’organizzazione industriale, ristrutturata in quattro
unità di business (Fiat-Lancia, Alfa Romeo, Sviluppi Internazionali, Servizi) e sottoposta ad un’energica
razionalizzazione che prevede la chiusura o la ristrutturazione di 18 stabilimenti (di cui due in Italia) entro il 2004,
con riduzione di circa 6000 posti di lavoro al di fuori dell’Italia. Il tutto dovrebbe portare ad una riduzione della
capacità produttiva tale da assicurare un utilizzo del 90% della capacità installata. E’ stata migliorata la situazione
degli stock presso i concessionari ed è stata accelerata la realizzazione del programma di reingegnerizzazione dei
processi, che dovrà portare in tre anni risparmi per 1,5 miliardi di euro.
Questo impegnativo sforzo si inserisce nella prospettiva dell’esercizio, nel 2004, dell’opzione di cessione alla GM
del restante 80% delle azioni di Fiat Auto, prevista negli accordi stipulati nel marzo del 2000. Tale prospettiva,
nell’attuale assetto internazionale del settore automobilistico, appare come lo sbocco più probabile e naturale,
anche se non scontato, dell’evoluzione della Fiat. Pare che le variabili in gioco siano da una parte gli effettivi
risultati del risanamento intrapreso e della tenuta di Fiat sul mercato, dall’altra l’effettivo interesse della GM ad
acquisire la totalità del controllo della Fiat. Interesse che potrà dipendere sia dall’andamento del mercato
automobilistico mondiale che dagli impegni e dalle convenienze di GM, soprattutto a riguardo sia delle possibili
interazioni tra Fiat ed Opel (anch’essa in fase di ristrutturazione) nei modelli, stabilimenti, mercati, forniture, sia
delle priorità/disponibilità di GM nell’indirizzare i propri investimenti verso aree del mercato mondiale che
possono apparire più strategiche (mercato asiatico).
Italia, produzione e
immatricolazioni
La produzione
La produzione italiana di autoveicoli8 nel 2001 è stata di 1,3 milioni di auto e di 0,3 milioni di veicoli commerciali
e industriali, con una diminuzione rispetto all’anno precedente, rispettivamente del 10,6% e del 2,6%.
Per le auto si tratta del risultato peggiore tra quelli dei principali paesi mondiali. Con riguardo alla sola Europa, il
dato dell’Italia si confronta con il +10,5% della Francia, con il +3,3% della Germania, con il –6,6% della Spagna e
con il –9,1% del regno Unito.
BMW
Chiuso il 2001 con un notevole aumento di fatturato (+3,3%) e di utili (+54,3%), ha proseguito nel primo trimestre
2002 con un aumento del 18% delle vendite. Prevede di vendere nel 2002 più di 1 milione di vetture, contro le
905000 del 2000. Prevede sviluppi in Asia (ove è già presente in Malesia, Tailandia e Vietnam con stabilimenti
d’assemblaggio, ed ha trattative in corso per entrare in Cina), che potranno rappresentare in futuro fino al 25%
del suo fatturato.
Fonte: Anfia-Oica, elaborazione Osservatorio
Conclusioni
Si può affermare che nonostante il calo mondiale della domanda, bruscamente accelerato nell’ultimo trimestre, il
2001 sia stato per la produzione autoveicolare mondiale un anno d’assestamento. I costruttori hanno saputo
contenere con gravose ma necessarie azioni promozionali, il calo di domanda provocato sul mercato mondiale
dall’effetto “Twin Towers”. Ma certamente il 2001 ha lasciato in eredità ai costruttori un’accentuata competitività
sui prezzi e una domanda in parte pregiudicata dalle vendite “drogate” degli ultimi mesi. Le previsioni per il 2002
indicano un calo del 7,5% nel mondo e del 6,5% in Europa. La crisi di settembre ha peraltro accelerato i processi
di riduzione della capacità produttiva, avviando la chiusura d’impianti obsoleti7, senza tuttavia pregiudicare i
programmi d’investimento in nuove, più flessibili strutture e in nuovi mercati. La domanda (che nei Paesi
industrializzati è prevalentemente di tipo sostitutivo) è sempre più sensibile alla proposta di modelli innovativi,
aderenti ai diversi stili di vita ed alle esigenze di qualità, comfort, sicurezza, rispetto ambientale. Perciò i costruttori
arricchiscono i loro modelli di valori estetici e tecnologici, ricercando nella collaborazione con i fornitori globali
apporti che, ad esempio con la fornitura modulare e sistemica, rendano più snella ed economica la produzione e
consentano un migliore uso degli spazi e un contenimento dei pesi e dei consumi.
L’offerta tempestiva e ritmata di modelli coerenti con l’immagine di marca e ben distribuiti sui vari segmenti di
domanda è elemento determinante del “marketing mix” delle case automobilistiche.
E’ difficile immaginare fino a quando quest’esigenza potrà essere sostenuta da una propensione all’acquisto che,
nei Paesi Occidentali, è condizionata da elevati tassi di disoccupazione e dall’incertezza economica. I problemi
d’inquinamento e di sicurezza e l'intasamento del traffico, fanno d’altra parte aumentare in modo preoccupante
i costi individuali e sociali dell’automobile.
A livello mondiale l’Italia, che nel 1990 era al quinto posto e nel 2000 al nono, ora è al decimo, superata dal Brasile
(1,5 milioni, +10% nel 2001) e tallonata dal Messico (1,1 milioni, -11%), dal Belgio (1,1 milioni, +16%), dalla Russia
(1 milione, +5%).
Nella produzione di VCI l’Italia, con 308 mila unità, ha registrato un calo del 2,6%, che a livello europeo si
confronta con il +8,7% della Spagna (a 635 mila unità), con il –0,7% della Germania (a 392 mila), con il –4,6% della
Francia (a 447 mila) e con il –8,3% del Regno Unito (a 193 mila).
Fonte: Anfia-Oica
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Secondo Autopolis, sono 95 quelli di cui é prevista la chiusura.
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Vedi dati nel paragrafo “Il mercato autoveicolare mondiale”.
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A livello mondiale l’Italia è posizionata all’undicesimo posto.
Esaminando l’andamento della produzione italiana, europea9 e mondiale di autoveicoli (auto + VCI) dal 1985, dal
grafico seguente si può osservare che mentre fino al 1989 la produzione italiana è cresciuta più della produzione
globale e di quella del resto dell’Europa10, a partire dal 1990 è iniziata una discesa, proseguita fino al 1993, anno
di forte flessione del mercato nazionale11. Gli anni 1994-95, con il successo della Punto (lanciata nel 1993) e poi il
1997, hanno visto una sensibile ripresa, ma dal 1998, e soprattutto nel 2001, l’Italia ha perso nuovamente terreno.
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
L’andamento del rapporto tra auto italiane ed estere immatricolate in questi ultimi anni12 ha fatto sì che il
parco circolante (32,551 milioni di vetture) sia ormai diventato prevalentemente straniero (52%):
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
Le immatricolazioni di auto nel 2001 sono state di 2,425 milioni di unità, un volume di solo 2000 unità inferiore a
quelle del 2000. La quota delle immatricolazioni di vetture nazionali è scesa dal 35,4% al 34,7%. I due grafici
seguenti indicano i volumi delle immatricolazioni totali, per marche nazionali e straniere, e per Paese d’origine, e
le percentuali delle quote di mercato.
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
Nel solo anno 2001 la differenza tra immatricolazioni e radiazioni ha fatto aumentare di 810 mila unità il
parco circolante straniero e diminuire di 201 mila unità quello nazionale, come si può osservare dal grafico
seguente. Sono immaginabili gli effetti sul mercato del Ricambio, come sarà visto in seguito13.
Fonte: Anfia, elaborazione Osservatorio
Fonte: Aci, elaborazione Osservatorio
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Dati della produzione europea, esclusa quella italiana.
Ciò è avvenuto grazie anche al successo di alcuni modelli (la “Uno”, lanciata nel 1983 e venduta molto bene fino al 1989, la Prisma, la Regata, la
Thema e la Croma lanciate tra il 1982 e il 1986, mentre continuava il successo della Panda.
Vedi Giuseppe Volpato: “Il caso Fiat”, Isedi 1996. La perdita di competitività della Fiat è dovuta al “dinamismo competitivo dei concorrenti esteri, che
a partire dal 1990 hanno portato un attacco frontale al mercato domestico della Fiat. Un mercato di assoluta priorità per la casa torinese, le cui
perdite non erano compensabili da un’intensificazione della pressione sui mercati esteri, proprio perché la crisi interna ha negato le risorse per
affrontare costose politiche di conquista sui mercati europei.” Il contenuto successo dei modelli Tipo, Bravo-Brava e le incompletezze della gamma
hanno peggiorato la situazione.
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Nel 1991 le auto nazionali rappresentavano ancora il 50% delle immatricolazioni italiane.
Vedi paragrafo “La produzione per il Ricambio”.
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Tendenze nell’automotive
Le aree dello sviluppo automobilistico
E’ continuato l’interesse dei principali costruttori per l’area Asia, ove lo sviluppo economico apre la strada a quello
della motorizzazione. L’interesse si traduce nella costruzione di nuovi impianti e nell’acquisizione del controllo di
costruttori locali. Nella Corea del Sud la General Motors, che in Giappone già controlla la Mitsubishi, ha concluso
l’acquisito di una quota di controllo della Daewoo. In Giappone sono restati indipendenti ormai solo i costruttori
Toyota e Honda, mentre Nissan è diventata la testa di ponte di Renault in Asia, con aggiunta di Samsung. La Bmw,
già presente in Asia con stabilimenti d’assemblaggio, ha in corso trattative per iniziare a produrre in Cina, Paese
in cui pressoché tutti i principali costruttori, gruppo Fiat-Iveco compreso, sono presenti o hanno in programma di
inserirsi.
Un calo d’interesse verso il Sud America è invece seguito alla crisi argentina ed all’instabilità economica brasiliana.
Le immatricolazioni stanno crollando in entrambe i mercati, ed il Brasile avverte le incertezze sull’esito delle
prossime elezioni.
Fusioni, acquisizioni e collaborazioni tra costruttori
L’ondata delle fusioni ed acquisizioni che aveva caratterizzato il settore automobilistico negli anni recenti sembra
essersi indebolita, anche perché, come sosteneva “The Economist” già all’epoca dell’accordo Fiat-GM, “i giochi
ormai sono fatti” e i residui possibili spostamenti di peso nella cerchia dei gruppi principali non ne cambierebbero
gli equilibri. Si aggiunga che i risultati poco brillanti (DC) o negativi (Bmw-Rover) di alcune fusioni ed acquisizioni
hanno palesato quanto sia difficile amalgamare stili di management, culture aziendali, gamme di prodotti e
presenze sui mercati. Si fanno invece accordi limitati, come la produzione congiunta di motori, l’utilizzo comune
di piattaforme, o la produzione in comune di vetture da vendere poi separati (e in reciproca concorrenza). Ad
esempio Psa e Toyota produrranno insieme, in uno stabilimento da 300 mila vetture annue nella Repubblica Ceca,
una piccola vettura. In Italia DC e la giapponese Ishikawajima Heavy Industries hanno costituito una joint-venture
per produrre in Italia turbocompressori per motori diesel. Fiat e Psa continueranno fino al 2017 a produrre insieme,
nella Sevel Sud di Atessa e nella Sevel Nord di Valenciennes, i veicoli commerciali, investendovi un totale di 1,7
miliardi di euro. Saranno prodotte due gamme di furgoni, commercializzate a partire dal 2005. Sevel Sud ha
prodotto nel 2001 circa 190 mila veicoli, di cui 110 mila Ducato. Sevel Nord produce oltre al Ducato, i Citroen
Jumper e i Peugeot Boxer, e produrrà con lo stesso pianale i monovolume Ulysse, Phedra e Lancia Zeta della Fiat,
806 della Peugeot ed Evasion della Citroen.
Lamborghini e Bentley, con diversi posizionamenti socio-economici e di prezzo, mentre Skoda funziona da
marchio “di primo prezzo”. VW resta il marchio leader, dotato di un ampio numero di modelli e versioni da giocare
nei diversi segmenti di domanda.
L’Outsourcing
I costruttori si stanno trasformando in “proprietari di marchi” (VBO, Vehicle Brand Owners), e tendono ad
escludere dal “core business” quanto possibile della produzione (sempre più deverticalizzata), e a concentrarsi
nella progettazione, nell’engineering, nei servizi, nel marketing, spostando così verso il “software” la creazione di
valore aggiunto. La finlandese Valmet assembla il Boxster dell’Audi e la Magna assorbe assemblaggi a Detroit e in
Austria acquista la fabbrica dei Voyager della DC, in cui assemblerà anche veicoli di nicchia per Mercedes, Bmw e
Saab.
L’outsourcing è praticato in misura inversamente proporzionale al livello tecnologico-innovativo che caratterizza
un costruttore. Le case tedesche, e in particolare Bmw e Mercedes, e la giapponese Toyota, sono ancora
relativamente verticalizzate, e pur praticando l’assemblaggio modulare, costruiscono i moduli al loro proprio
interno.
I costruttori americani perseguono una deverticalizzazione spinta. Secondo “The Economist” non solo hanno
ceduto le acciaierie, ma si stanno liberando d’interi processi produttivi, disintegrandoli o deverticalizzandoli. E’ una
risposta al problema della sovrapproduzione, che nel Nord America è in media del 25%. Non sarebbe una
percentuale insostenibile14 se non fosse una media tra vecchi impianti obsoleti (quelli che producono vetture
tradizionali, ormai vendibili solo in promozione), e fabbriche “greenfield” che sfornano a ritmi esasperati i molto
richiesti e remunerativi SUV.
La concentrazione delle piattaforme
La tendenza ad utilizzare poche piattaforme per molti modelli e versioni facilita la riduzione dei costi e della
sovracapacità produttiva. Psa entro il 2004 realizzerà l’85% delle vetture su tre sole piattaforme, e il 60% del costo
industriale avrà contenuti comuni per i due marchi Citroen e Peugeot. I modelli con unica piattaforma saranno
prodotti nello stesso stabilimento, prescindendo dalla diversità di marchio e di modello.
Nissan e Renault unificheranno il pianale di Micra e Twingo.
Fiat e GM creeranno un centro di progettazione comune per lo sviluppo di vetture di piccola cilindrata e
utilizzeranno dal 2005 le stesse piattaforme per i modelli Punto, Palio, Corsa e Agila. Le piattaforme della lancia
Thesis e dell’Alfa 166 sono quelle dei corrispondenti modelli Saab, e la nuova “Large” della Fiat utilizzerà il pianale
della Vectra.
I nuovi impianti
La strategia dei marchi
Nella strategia dei costruttori cresce il peso dell’immagine di marca, simbolo della sintonia tra la gamma dei
modelli offerti e l’aspettativa di una certa clientela. Quest’ultima paga volentieri un “premium price” al modello
più rispondente al suo stile di vita ed alla sua collocazione sociale.
Il gruppo VW è in questo senso emblematico. E’ un conglomerato di marchi la cui gestione presuppone la chiara
definizione delle “missioni” affidate a ciascun marchio. La differenziazione non pregiudica le sinergie: piattaforme
comuni, stessi fornitori, stessi componenti. Ad esempio la VW Golf, l’Audi A3, la Seat Leone e la Skoda Ottavia
hanno struttura, componenti e parte meccanica quasi uguali, e i fornitori sono gli stessi. Le differenze riguardano
le rifiniture, gli interni, le prestazioni, il design e il prezzo. La “missione” sportiva è affidata a Seat, Audi,
La “lean production” conferma la propria validità come approccio non contingente ai problemi d’efficienza e
competitività nella produzione automobilistica. Un approccio dinamico, teso a far propri concetti ed opportunità
che nascono dalla continua innovazione. Il “nuovo modo di produrre” si realizza in fabbriche flessibili, adattabili
a produrre ciò che il mercato richiede. Ad esempio la Honda negli stabilimenti americani è in grado di sostituire in
poche ore, semplicemente cambiando i software dei robot, i modelli in linea di produzione, operazione che nelle
fabbriche tradizionali richiede diversi giorni.
Il simbolo più efficace di questa trasformazione, anche per la sacralità automobilistica del luogo, è la nuova
fabbrica Ford che a Dearborn, nei pressi di Detroit, sostituirà la fabbrica di Rouge in cui negli anni 20 Henry Ford
mise in pratica la sua filosofia produttiva. Il complesso che allora produceva giornalmente 1200 auto impiegando
14
20
In Europa la sovracapacità media è del 30%.
21
centomila operai si trasforma in una fabbrica che impiegandone 3000 ne produce 800, con una produttività per
addetto cresciuta di più di 22 volte. L’impianto produrrà su tre piattaforme una serie di SUV e veicoli commerciali
leggeri, ciascuno dei quali producibile in versioni diverse, fino a nove per modello.
E’ ancora la Ford che a Colonia, nel nuovo stabilimento da 500 milioni di dollari15 e da 405 mila vetture annue in
cui produrrà la nuova Fiesta, applicherà criteri di flessibilità e innovativi concetti logistici. Impiegherà le presse
attualmente più veloci (305 pezzi l’ora) e 698 robot, e realizzerà il primo assemblaggio “forklift-free” (con le
vetture assemblate su pallet).L’impianto comunicherà “on line” con concessionari e fornitori, dei quali sarà in
grado di recepire eventuali input fino ad una settimana prima della produzione. I fornitori saranno pagati con
emissione di note d’accredito all’uscita delle vetture dalla linea di montaggio.
L’obiettivo non sono più le economie di scala, legate a stabilimenti da centinaia di migliaia d’unità annue, bensì i
vantaggi della flessibilità, ottenibile producendo in impianti piccoli (intorno alle 200.000 unità, ma si comincia a
parlare d’impianti anche di poche diecine di migliaia d’unità) concepiti per la produzione modulare, e perciò più
flessibili.
In quest’ottica è rivalutata la tecnologia “space frame”, a scapito di quella “monoscocca”, essendo più facile
adattare a nuovi modelli o versioni uno “scheletro” fatto di tubi e barre che non i pannelli in lamiera di una
carrozzeria.
La prossima rivoluzione
Quale sarà la prossima rivoluzione nel modo di produrre?Si ritiene che essa sarà l’implementazione della
propulsione a celle di combustibile, che insieme al “drive by wire” consentirà di costruire i veicoli su semplici pianali
fatti come “skateboard”, o come “sandwich” che entro uno spessore di pochi centimetri incorporeranno tutte le
funzioni (propulsione, trasmissione, frenata, guida, alimentazione, emissione). I designer potranno disporre nel
modo più libero gli elementi dell’abitacolo e disegnare carrozzerie che il cliente potrà montare sullo “skateboard”
secondo l’uso che ne farà (ad esempio berlina classica in inverno e sportiva in estate).Una “concept” di questo tipo,
la “AUTOnomy” della GM è stata presentata all’ultimo salone di Detroit. Lo sviluppo della propulsione a celle di
combustibile sarà portato a compimento solo negli anni 2020, in cui si prevede che una vettura su cinque sarà
concepita e prodotta con propulsione a celle di combustibile. Vent’anni sembrano molti ma, come afferma "The
Economist", si tratta in fondo solo di quattro cicli di vita di un modello.
Il B2B
Il B2B è destinato ad avere una crescente diffusione nei rapporti di fornitura. Negli Usa tre quarti dei fornitori di
primo livello hanno dichiarato di porre la capacità di lavorare “online” come condizione prioritaria nella scelta dei
fornitori. Il sistema consente risparmi dal 4% iniziale al 18% a regime.
Delphy, ad esempio, utilizza il portale Covisint (la joint-venture tra GM, Ford, DC, Renault, Nissan, Fiat, Commerce
One e Oracle, alle quali si è recentemente associata Psa) e il marketplace Freemarket per le aste d’acquisto, ed un
proprio portale per gestire “online” la rete dei fornitori e dei clienti, la logistica e l’aftermarket. L’uso del B2B non
riguarda solo le aste per prodotti a catalogo o facilmente definibili in termini tecnici, bensì anche le trattative per
prodotti complessi, che vengono co-sviluppati “online” tra fornitore e cliente. L’85% degli scambi che passano
attraverso Covisint riguarda questo tipo di prodotti.
Il sistema di contatti “marketplace” (luoghi d’incontro virtuale tra domanda ed offerta) è sempre più diffuso. Si
contano nel mondo già più di 2000 marketplace, di cui 200 in Europa. La loro funzione tende ad allargarsi dalle
aste verso forme complete di gestione di rapporti nella produzione, nelle vendite e negli acquisti.
15
22
L’evoluzione tecnologica
La telematica di bordo
La telematica di bordo registrerà, secondo le previsioni della Frost& Sullivan, un forte boom a partire dal 2004,
anno in cui ne saranno dotati quasi tutti i nuovi modelli. L’attuale volume d’affari (953 milioni di dollari), salirà nel
2007 ad otto miliardi.
La telematica trova applicazione principalmente nei sistemi di sicurezza, comfort e diagnostica preventiva.
Per la sicurezza si producono sistemi telematici d’interconnessione tra l’auto e la strada, come ad esempio i sistemi
per le chiamate d’emergenza, per l’assistenza stradale, per gli antifurto, per il collegamento ai centri di controllo
del traffico. Si sta diffondendo l’applicazione di sensori d’immagine, con uso di telecamere computerizzate e
software ed hardware per il riconoscimento di percorsi e segnali stradali, per la prevenzione di collisioni e per il
riconoscimento dei conducenti.
Per il comfort si producono sistemi d’intrattenimento (computer e televisori di bordo) e di collegamento, ad
esempio per la programmazione dei percorsi e per l’acquisizione d’informazioni turistiche.
Il “Connect” della Magneti Marelli-Viasat riunisce l’impianto Hi-Fi, il telefono GMS, il navigatore satellitare,
l’accesso ad internet e il servizio di soccorso stradale. E’ installato sull’Alfa 147 e previsto su tutti i nuovi modelli
Fiat, Lancia e Alfa Romeo.
Per la diagnostica preventiva si stanno applicando sistemi in grado di segnalare imminenti avarie, consentendone
la prevenzione e il tempestivo rifornimento dei ricambi presso il riparatore. L’industria dei sensori d’immagine fa
capo a gruppi internazionali quali Sony, Foveon, Eastman Kodak, Agilent Technologies e Photobit.
Il “drive-by-wire”
La tecnologia “drive by wire” è uno dei prossimi sviluppi dell’automotive ed è un obiettivo a breve di molti
carrozzieri. Essa sostituirà i collegamenti meccanici con cavi collegati a centraline elettroniche, eliminando
pedaliere, leveraggi, piantone dello sterzo ed altri meccanismi, con liberazione di spazio e riduzione di peso.
La “concept car” Filo di Bertone, presentata all’ultimo Salone di Ginevra e sviluppata sul pianale dell’Opel Zafira,
incorpora questa tecnologia, sviluppata per lei dalla Skf. La colonna sterzo e la pedaliera sono sostituite da un sistema
elettromemeccanico composto da due manopole che servono ad effettuare le operazioni di guida: direzione,
accelerazione, frenata e cambio di marcia. Il sistema frenante è stato sviluppato in collaborazione con Brembo.
Il “drive-by-wire” presuppone impianti elettrici da 42 Volt in luogo degli attuali a 12 Volt.
I principali servizi di bordo (climatizzatore, pompe acqua, servo sterzo ad esempio) funzioneranno elettricamente
e non più meccanicamente.
Il controllo dinamico del veicolo sarà assicurato da una gamma di sistemi (come ad esempio lo “chassis
intelligente” della Delphy), con i quali sarà possibile gestire assetto, frenata ed erogazione di potenza, e rimediare
ad errori di guida.
Quest’evoluzione incrementerà il giro d’affari del settore elettrico-elettronico, a scapito di quello metalmeccanico.
Altre innovazioni
Bosch avvia la produzione di microradar a corto raggio che agiscono sugli airbag due decimi di secondo prima
dell’impatto. Il sistema potrà in futuro utilizzare sensori che ridurranno la probabilità d’incidenti attivando
automatismi sui freni e sullo sterzo.
Tenneco propone la sostituzione dei sistemi idraulici di sospensione con sistemi ad aria o a gas (azoto), non
inquinante.
Oltre a 60 milioni per il parco fornitori collegato alla fabbrica tramite convogliatori.
23
Bosch propone il tergicristallo “Aerotwin”, con spazzola a barra piatta e molle guida poste sotto lo spoiler,
adattabili al disegno della vettura. Entro i prossimi sei anni questo sistema equipaggerà l’80% delle autovetture
nuove prodotte in Europa.
Nei pneumatici si diffonderà l’uso di gomme antisgonfiamento, con abolizione della ruota di scorta e ridisegno del
bagagliaio.
Ngk produce candele intelligenti a “salto di scintilla”, che evitano la formazione di depositi carboniosi
sull’elettrodo. La durata delle candele si è allungata di pari passo con la riduzione della frequenza dei tagliandi di
manutenzione, passata per le più recenti vetture da 15 a 60 e 100 mila chilometri (Alfa Romeo 166).
Tendenze nei sistemi di produzione
La propulsione a idrogeno
L’auto ad emissioni zero avrà un propulsore a idrogeno. Si stanno percorrendo due strade per realizzarlo, quella
del motore a idrogeno e quella delle celle a combustibile.
Il motore a idrogeno
Il motore a idrogeno utilizza i normali motori a scoppio bruciando idrogeno anziché idrocarburi. Su questo
percorso il protagonista è la Bmw, che con il suo programma “Clean Energy” punta all’impiego d’idrogeno liquido.
Un prototipo realizzato sulla nuova Mini è stato presentato all’ultimo salone di Francoforte. La Bmw ha dal 2000
in circolazione nell’area di Monaco di Baviera alcune unità della serie 7 a doppia alimentazione (benzina ed
idrogeno). Non ci vorrà molto per produrre una vettura funzionante a solo idrogeno e dotata d’autonomia pari a
quella delle vetture a benzina.
Il programma “Clean Energy” trova un’interessante rispondenza in Lombardia, ove la Bmw si è accordata con
l’Aem e con il Politecnico di Milano per riattivare l’impianto a celle a combustibile, realizzato a suo tempo
nell’ambito del progetto Volta. Entro due anni sarà attivato a Milano un distributore d’idrogeno analogo a quello
di Monaco.
Lombardia, California d’Italia
Seconda regione in Europa per rapporto automobili/abitanti, con una circolazione di 5,5 milioni di vetture,
la Lombardia sembra essere l’unica istituzione italiana ad aver capito che se si vuole risolvere il problema
dell’inquinamento da traffico automobilistico occorre avere una strategia d’indirizzo e leggi che stimolino
la ricerca e la produzione di veicoli con motori non inquinanti. La Regione si impegnerà in un patto con le
associazioni imprenditoriali e sindacali e con i costruttori, affinché dal 2005 sul suo territorio sia consentita
soltanto l’immatricolazione di veicoli ecologici, e dopo due anni soltanto quella di veicoli a propulsione a
idrogeno.
A questo scopo si è creato un tavolo di regia “Auto nuova Lombardia 2005” di cui è presidente il premio
Nobel Carlo Rubbia e al quale parteciperanno rappresentanti del Politecnico di Milano e il Direttore
generale UE per la ricerca Ezio Adreta.
Il nemico da abbattere sono le polveri fini, di cui si è scoperta l’esistenza solo dieci anni fa. Esse sono
ritenute le emissioni più inquinanti e la fonte di tutte le malattie dell’apparato respiratorio.
La Regione sta inoltre investendo molto nel trasporto pubblico intermodale, nei convogli ferroviari e su
linee metropolitane, e nel miglioramento delle infrastrutture viarie.
Le celle a combustibile
Le celle a combustibile sono il secondo percorso. Il più lungo: se ne prevede la piena diffusione solo nella seconda
metà del secolo. Ma oltre ad essere il sistema di trazione più pulito in assoluto, produrrà effetti rivoluzionari
sull’intero modo di concepire l’auto. Le celle, utilizzando il principio inverso dell’elettrolisi, combinano tra loro
idrogeno ed ossigeno e producono l’energia elettrica per il motore (o per più motori sulla stessa vettura), con
prestazioni, autonomia e pesi in linea con gli standard attuali.
GM ha presentato all’ultimo Autoshow di Detroit l’”AUTOnomy”, la prima “concept” concepita in funzione di
questo sistema propulsivo e dell’”x-by-wire”. La propulsione a celle consentirà la produzione separata della
carrozzeria e dello chassis, facilitando l’assemblaggio modulare. Le batterie di celle avranno una potenza
proporzionale al numero di celle che le comporranno, svincolando i costruttori dal bisogno di produrre diversi tipi
24
25
di motore. Nella “AUTOnomy” i sistemi di propulsione, frenata, guida e rifornimento sono contenuti all’interno di
un pianale spesso 150 millimetri, eliminando così ogni vincolo nell’uso dello spazio sopra il pianale stesso. Una
batteria di celle può essere sistemata in qualsiasi punto dentro il pianale e prendere le forme più adatte. I sedili
possono essere sistemati in qualsiasi punto e il posto guida può essere spostato ai lati o al centro. La carrozzeria
può essere concepita nel modo più libero.
Molte case automobilistiche già tra qualche anno saranno in grado di presentare prototipi. Bmw, pur impegnata
nel motore ad idrogeno, sta collaborando con Delphy per costruire versioni della serie 7 a propulsione a celle.
Sono in corso interessanti collaborazioni tra grandi componentisti e case petrolifere per esperimenti nel “fuel
reforming” per l’utilizzo dei combustibili più adatti a produrre idrogeno, com’è il caso di Delphy e TotalFinaElf,
mentre Dana svilupperà la fornitura di celle e componenti del sistema.
Fiat-Iveco sta lavorando con il Politecnico di Torino su un progetto d’autobus a idrogeno con propulsore a celle, il
cui prototipo sarà operativo entro breve e di cui si sta già studiando una seconda generazione. Si sono colte le
opportunità di questa nuova tecnologia di ridurre fortemente gli ingombri, dato che è possibile sistemare le
batterie di celle sopra le ruote di trazione, allo stesso modo in cui ciò è stato realizzato per il prototipo AUTOnomy
della GM.
Un altro progetto che vede Torino all’avanguardia è quello delle motrici per treni ad idrogeno.
Nissan e Renault investiranno 714 milioni di dollari nella tecnologia delle “fuel cells” e produrranno nel 2005
veicoli sperimentali dotati di questo tipo di propulsione.
Toyota nel 2003 presenterà la sua prima vettura a celle a combustibile alimentata con idrogeno compresso in
bombole.
DC con il suo progetto Necar, Fiat con la Seicento Electra, VW con il progetto di celle al metanolo, seguono la stessa
strada.
I moduli
I moduli sono insiemi di componenti pre-assemblati per facilitare l’assemblaggio dei veicoli16. La loro progettazione
ottimizza, oltre al costo, l’uso degli spazi negli impianti d’assemblaggio e nell’abitacolo, il peso e l’estetica delle
vetture. La modularità ha perciò una crescente diffusione. L’"assiemaggio” può essere fatto dal fornitore o dal
costruttore, secondo il grado di verticalizzazione di quest’ultimo. In genere i costruttori “generalisti” sono più
propensi dei loro colleghi “elitari” alla modularità in outsourcing. Quest’ultima offre ai costruttori anche il
vantaggio dato dalla maggior competenza specifica dei fornitori, i quali, inoltre, si accollano il peso degli
investimenti. Si distinguono i moduli esterni, che assiemano parti della carrozzeria “grezza”17, ed interni, che
riguardano l’abitacolo.
I moduli esterni
A queste due strade se n’è aggiunta una terza, quella dell’auto ad aria compressa, presentata dalla Mdi di Carros
(Nizza) all’ultimo Motor Show di Bologna. Il motore funziona con iniezione d’aria erogata da tre bombole da 100
litri l’una con compressione a 300 bar, poste sul fondo del veicolo.
C’è ancora qualche problema non completamente risolto, come la limitata autonomia, la possibilità di comodi
rifornimenti e la bassa temperatura sviluppata in decompressione. La proposta è tuttavia interessante, nell’ambito
di vetture per uso metropolitano, perché non è inquinante e consente di produrre le vetture in impianti modulari
di piccole dimensioni e poco costosi.
I moduli esterni più tipici sono il vano motore, il blocco anteriore, il blocco posteriore, il vano bagagli, l’esterno
delle portiere. La loro produzione richiede una forte specializzazione nell’ingegnerizzazione, nella saldatura,
nell’hidroforming, nel trattamento dei metalli, della plastica o dell’alluminio. I principali possessori di queste
tecnologie sono Abb, Magna, Mayflower, Polynorm, l’italiana Stola, TyssenKrupp e Vallourec per strutture in
materiali speciali, Intermet e Norsk-Hydro (strutture in magnesio e alluminio) Oxford Automotive, Inalfa e Hansel
(strutture metalliche e in alluminio).
I più tipici moduli esterni sono il blocco anteriore, il vano motore, l’esterno della portiera, la parte posteriore, il
vano bagagli.
Il blocco anteriore (front end) comprende il sistema di raffreddamento, il condensatore del climatizzatore, i fari e
spesso il paraurti. La sua produzione coinvolge da 10 a 15 fornitori specializzati nei diversi componenti. I fornitori
leader sono Faurecia, Hella-Behr, Valeo, Visteon, Magneti Marelli, Plastic Omnium. Si stima che la produzione
esterna di questo modulo raddoppi tra il 2000 e il 2005, raggiungendo gli otto milioni d’unità nei soli mercati
europeo e nordamericano.
L’esterno portiera è costituito dalla struttura in lamiera e dal pannello esterno e sempre più anche le ricoperture
interne. I fornitori più importanti sono Dura Automotive, Magna, TyssenKrupp, Wagon e Plastic Omnium.
La modularizzazione della portiera trova ostacolo nella verniciatura, che dovendo essere fatta separatamente dal
resto della carrozzeria, ne compromette l’uniformità.
Le vetture “ibride”
I moduli interni
In attesa dell’auto a idrogeno alcuni costruttori rispondono all’esigenza della riduzione dell’inquinamento
atmosferico con l’offerta di modelli in versione “ibrida”, che possono alternare la propulsione elettrica con quella
del normale motore a carburante (operazione che sarà facilitata dall’implementazione del “drive by wire”). L’uso
alternato delle due propulsioni (in città elettrica, fuori città a motore) consente l’impiego di batterie non
eccessivamente pesanti e autoricaricabili quando la vettura funziona a motore.
Una delle case più avanzate nell’ibrido è Toyota con le versioni nei modelli Prius, Estima, Crown Royal. Questa casa
prevede di vendere nel 2005 300 mila vetture di questo tipo. Seguono Ford con l’Escape HEV, GM con la Chevrolet
Silverado, Chrysler con il Dodge Durango.
L’insieme dei moduli interni costituisce quel “supermodulo” che è l’abitacolo, e che per ora, data la sua
complessità18, nessun “modulista” è ancora in grado di fabbricare. I principali moduli interni sono i pannelli di
rivestimento, i sedili, le portiere, il cruscotto. Il giro d’affari dei “moduli abitacolo” è destinato a crescere di dieci
volte in dieci anni, raggiungendo nel 2010 i 16,6 miliardi di dollari.
I sedili incorporano una varietà di materiali e d’elementi (acciaio, alluminio, plastica, cuoio, vinile, schiume,
dispositivi elettronici, imbottiture, strutture metalliche, leveraggi) e, in certe vetture, sistemi per il massaggio e la
ventilazione. Sono il modulo più costoso e più percepito dall’automobilista, tanto che le case più "elitarie" (Bmw,
Mercedes) li producono al loro interno. I principali fornitori europei sono: Johnson Controls, Lear, Faurecia,
Magna, Keiper (nel ricambio) ed Isringhausen (per i VIC).
Il cruscotto è il secondo modulo interno per valore, ed è il primo in termini di velocità di crescita in outsourcing.
Posto al centro del veicolo di fronte al conducente (quindi importante anche esteticamente), ingloba importanti
sistemi, quali: riscaldamento, ventilazione, airbags-sicurezza, navigazione-informazione-intrattenimento,
strumentazione, ed una varietà di parti elettriche-elettroniche. La sua complessità è tale per cui la sua
L’auto ad aria compressa
16
17
18
26
I sistemi invece “assiemano” i componenti secondo la funzione (guida, trasmissioni, frenante, raffreddamento, emissioni, ecc.).
Il cosiddetto “body-in-white”
L’abitacolo ingloba, infatti, i sistemi principali: riscaldamento, elettrico, ventilazione, climatizzazione, strumentazione, colonna sterzo, sicurezza,
comfort-navigazione-entertainment.
27
progettazione e quella della linea di montaggio della vettura sono interdipendenti. I principali fornitori europei
sono Bosch, Delphy, Ergom, Faurecia, Lear, Magneti Marelli, Valeo, Visteon.
Il padiglione incorpora i pannelli di rivestimento, l’illuminazione interna, le maniglie, il parasole, le parti
insonorizzanti e frequentemente anche parti dei sistemi telematici. Il suo outsourcing è diffuso nel Nord America,
ove i SUV offrono più spazio per l’applicazione di padiglioni più complessi. I fornitori di padiglioni sono Johnson
Controls e Lear, ai quali si aggiungono fornitori di parti del padiglione che, aggregando fornitori delle restanti parti,
sono riusciti a produrre il modulo completo: Hella (illuminazione), Antolin Irausa, Textron, Sai, Findlay e Tramico.
La portiera, intesa come insieme del rivestimento e delle parti accessorie (alzacristalli, serrature, poggia-braccio,
porta-oggetti, cablaggi, interruttori, alto-parlanti, airbag laterali) è un altro importante modulo interno. Ne sono
fornitori Brose, Arvin Meritor, Delphy, Johnson Controls, Magna e Visteon.
Considerazioni
La produzione dei moduli è “affare” da fornitori globali, che sono in genere grandi gruppi multinazionali. L’Italia
annovera la presenza di un nutrito numero di fornitori globali a controllo straniero, con una produzione
prevalentemente assorbita dalla fornitura alla Fiat. C’è anche una significativa presenza di modulisti italiani, quali
Magneti Marelli, Ergom, Stola, ma soprattutto esiste una vasta schiera di fornitori di componenti di moduli, oltre
che di parti di sistemi19.
Proporsi ai costruttori “non verticalizzati” ed ai “global players” come fornitori di componenti di moduli e di
componenti singoli, può rappresentare un importante percorso di crescita per il settore componentistico italiano.
sezione 2
I
COMPONENTI
La produzione e la domanda
italiana di componenti
La produzione italiana di componenti nel 2001 è stata di 23,242 miliardi di euro, con una diminuzione di 256
milioni, pari all’1,1% su quella del 2000. Questo dato è il compendio dei risultati conseguiti nelle diverse tipologie
d’assorbimento. Il Primo Equipaggiamento Italia (vale a dire la produzione assorbita dai costruttori italiani) è
calato da 10,864 a 10,415 miliardi, con una perdita di 449 milioni (-4,1%). Il Primo Equipaggiamento in
esportazione (vale a dire la produzione venduta a costruttori stranieri1) è aumentato da 4,657 a 5,170 miliardi, con
un incremento di 513 milioni (+11%). Il mercato italiano del Ricambio ha assorbito 2,389 miliardi, con un
incremento di 53 milioni (+2,2%). Le esportazioni di ricambi sono scese a 5,268 miliardi, con un calo di 372 milioni
(-6,6%). Il Primo Equipaggiamento (Italia + esportazioni) è aumentato di 64 milioni (+0,4%) e ha raggiunto il valore
di 15,585 miliardi. Il Ricambio (Italia più esportazioni) è sceso a 7,657 miliardi, con una perdita di 319 milioni (-4%).
Il totale delle esportazioni è stato di 10,438 miliardi, con un incremento di 141 milioni (1,4%).
I global players: il grado di globalizzazione
Per essere “global” un fornitore “grande” per fatturato deve anche essere adeguatamente presente in
ciascuna delle tre principali aree automobilistiche mondiali (Asia, Nord America ed Europa). A. N. Int. e A.T.
Kerney Inc. hanno classificato i primi cinquanta componentisti mondiali per fatturato, in conformità ad un
quoziente di “globalità” matematicamente predisposto. Ecco il risultato:
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
Takata Corp.
Freudenberg
Autoliv. Inc
Du Pont
Robert Bosch Gmbh
Yazaki Corp.
TRW Inc
Goodyear Tire & Rubber
Valeo SA
TI Group Autom. Systems
Continental AG
Tenneco Automotive Inc.
GKN plc UK
Siemens automotive
Ventura Ind.
Bridgestone-Firestone
Tyssen-Krupp Autom.
Michelin
Calsonic Corp.
ZF Friedrigschafen
Arvin Meritor
Federal Mogul
Motorola
Koyo Seiko
Lear Corp.
Globalità
89,7
87,1
72,1
71,4
71,0
68,2
66,4
65,4
64,9
64,7
64,4
63,5
62,6
62,5
62,2
61,4
61,4
60,9
60,7
59,9
59,2
58,5
57,8
56,1
56,0
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
Saint Gobain
Borg Warner Inc
Johnson Controls Inc.
Denso Corp.
Mitsubishi Electric Corp.
Sachs Automotive
Textron Autom. Corp.
Magna International
Dura Autom. Systems
NSK Ltd.
Eaton Corp.
Mahle Gmbh
Dana Corp.
Faurecia
Mannesman VDO AG
Sommer Allibert
Magneti Marelli
Visteon Corp.
Delphy Autom. Syst.
Toyoda Gosey Co.
Aisin Seiki Co.
Tower Autom.
Cummins Engine
NHK Spring Co.
Amerocan Axle Man.
Globalità
55,1
54,8
54,8
54,7
54,3
53,2
52,1
51,4
50,9
49,9
49,9
45,4
44,8
42,0
41,5
40,7
39,4
38,6
37,6
37,5
34,5
33,9
33,2
31,0
22,0
Fonte: Istat e Osservatorio
I valori percentuali della produzione del 2001 secondo le sue destinazioni sono evidenziati nel grafico seguente.
L’esportazione (Ricambio+Primo Equipaggiamento) assorbe il 45% della produzione.
Fonte: Istat e Osservatorio
19
28
La conferma, e la conseguenza, di questa situazione è che le acquisizioni indotte dalla diffusione della fornitura modulare e sistemica riguardanti
l’Italia tra il 1997 e il 2000, riguardano in un solo caso (l’acquisto di Seima da parte di Magneti Marelli nel 1999) aziende italiane acquirenti, e in
nove casi aziende italiane acquisite: Simes ed Imar da Tower, 1997-98; Commerfin da Johnson Controls, 1998; Strapazzini, Ovatex e Pianfei da Lear,
1998; Roltra Morse da Magna, 1998; Magneti Marelli Sistemi Rotanti da Denso, 1999; Kenmore Italiana da TI Group (Bundy), 1999; Gessaroli da
Oxford Automotive, 2000 (da una studio di Auto Business).
1
Nei dati relativi al Primo Equipaggiamento esportazione é inclusa l'esportazioni verso fornitori stranieri di Primo Equipaggiamento, per un valore
stimato di 778 milioni nel 2001.
29
La domanda è stata di 18,571 miliardi, con una diminuzione di 244 milioni (-1,3%) rispetto a quella del 2000. Oltre
alle variazioni già sopra segnalate della domanda per il Primo Equipaggiamento e per il Ricambio, si è registrata
una variazione in aumento di 250 milioni d’importazioni per il Primo Equipaggiamento (+9,6%), ed una riduzione
di 97 milioni (-3,2%) d’importazioni per il mercato del Ricambio. Complessivamente le importazioni sono
aumentate di 152 milioni (+2,5%)2.
L’interscambio è stato di 10,438 miliardi in esportazione e di 6,175 miliardi in importazione, con un saldo attivo di
4,281 miliardi. Rispetto al 2001 le esportazioni sono cresciute dell’1,4%, le importazioni sono cresciute del 2,5% e
il saldo è diminuito dello 0,26%. Lo scorso anno le esportazioni erano cresciute del 12,2%, le importazioni del
20,1% e il saldo del 2,7%. Si rileva perciò un rallentamento, peraltro non nuovo, dell’interscambio, sia in entrata
che in uscita, che potrebbe essere significativo di una dinamica produttiva e commerciale del nostro paese non in
linea con le tendenze emergenti nei principali mercati del settore. Questione importante, che sarà analizzata nel
capitolo dedicato all’interscambio.
Fonte: Istat e Osservatorio
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
I valori percentuali della domanda del 2001 secondo le sue coperture, sono evidenziati nel grafico seguente. La
produzione nazionale (Ricambio+Primo Equipaggiamento) copre il 69% della domanda. Va osservato che a partire
dal 1998 la domanda di Ricambi è prevalentemente coperta dall’importazione. Nel 2001 tale copertura è stata del
55%. La domanda del Primo Equipaggiamento è invece coperta in prevalenza dalla produzione nazionale. Nel
2001 tale copertura è stata del 79%.
La produzione destinata al Primo Equipaggiamento nazionale, mantenutasi a livelli crescenti dall’inizio delle
rilevazioni fatte da questo Osservatorio, ha per la prima volta registrato un calo, nella misura, come già visto
precedentemente, del 4,1%. La produzione italiana di auto nel 2001 è diminuita di 151 mila unità (-10,6%) e quella
dei veicoli commerciali e industriali di più di 8 mila unità (-2,6%). Ciò, al netto di incrementi conseguenti
all’outsourcing ed al maggior valore dei componenti utilizzati, ha causato il calo sopra rilevato3. Invece la
produzione per il Primo Equipaggiamento in esportazione ha continuato a crescere (+11%, contro il +10,3% dello
scorso anno). I fornitori italiani hanno evidentemente proseguito nell’azione tesa a differenziare i mercati
d’assorbimento, in questo assecondati dal favorevole andamento della produzione di auto nei Paesi Europei nostri
principali clienti di componenti (Germania +3,3%, Francia +10,5%). Ciò è un segnale positivo, tanto più in quanto
l’esportazione verso il Primo Equipaggiamento può rappresentare un’importante alternativa allo sfavorevole
andamento (accentuatosi nei primi mesi del 2002) della domanda interna di questa tipologia.
I fornitori per la Fiat Stilo
La Stilo è stata concepita secondo i più moderni criteri di co-engineering. I principali fornitori sono stati
coinvolti nell’operazione “Stilo” fin dalla fase di progettazione del veicolo. Essi sono:
Textron
Magneti Marelli
Bosch
Freudenberg
Siemens Vdo
Fonte: Istat e Osservatorio
2
30
Le importazioni (6,157 miliardi) comprendono quelle dei fornitori italiani di Primo Equipaggiamento, stimate per il 2001 in 390 milioni. Ad evitare
una doppia considerazione di queste ultime si è provveduto alla loro banalizzazione agli effetti del calcolo della domanda. Il totale Primo
Equipaggiamento importazione + Ricambi importazione differisce pertanto dal totale delle importazioni per detta cifra.
3
paraurti, cruscotto, serbatoio di plastica, rivestimenti portiere
centralina, body computer, cambio, impianti telematici
sensori, impianto frenante, motorino avviamento, pinze freni, alternatore
common rail, collettore aspirazione, centraline motoridiesel
guarnizioni testata
centralina e sensori airbag
Analogamente, sebbene in proporzioni diverse, nello scorso anno, all’aumento dello 0,8% della produzione italiana di auto e dell’8,7% di quella
dei veicoli commerciali e industriali era corrisposto un incremento dell’assorbimento del Primo Equipaggiamento in ragione dell’8,7%.
31
TRW
Mubea
CMS
Usinor
Saint Gobain
Webasto
Brose
Faurecia
Lames
Eaton-Bosch
Sachs
Bridgestone
Hayes-Lemmerz
Olsa
Automotive lighting
ORS
Hutchinson
Mutlu Aku
Contitech
Garrett
Cablelettra
Tecnocar (Filtrauto)
Fonderie 2A
Fivit Colombotto
servosterzo elettrico, bloccasterzo elettrico, controllo pressione pneumatici,
scatola sterzo
molle ammortizzatori anteriori
cerchi in lega
acciaio lamiere
cristalli
tetto apribile, riscaldatore supplementare
regolazioni elettriche sedili
guide sedili
alzavetri portiere, moduli porte
sensori controllo pressione pneumatici
retrotreno, ammortizzatori doppio effetto
pneumatici
ruote
fari posteriori (5 porte)
fari posteriori (3 porte)
cuscinetti a sfera
radiatore
batteria
contralberi
turbocompressori
cablaggi motore
filtri olio
parti in alluminio
bulloneria
(Elaborazione da Automotive news)
La produzione per il Ricambio
La produzione destinata al mercato interno del Ricambio continua a mantenersi su volumi relativamente costanti
(tra i 2,1 e i 2,4 miliardi), e nel 2001 ha registrato un incremento del 2,2%. Va rilevato, come sarà fatto più
approfonditamente nel capitolo riguardante il Ricambio, che l’andamento di questo tipo di domanda è
fortemente condizionato, oltre che dai suoi noti fattori di debolezza (ringiovanimento del parco circolante,
migliore qualità dei componenti e dei veicoli), anche dalla crescente quota straniera di vetture in circolazione,
giunta al 52% alla fine del 2001. Essa innalza la domanda di ricambi importati, peraltro coperta dalla sempre più
capillare presenza delle reti distributive ed assistenziali straniere, con sottrazione di spazio alla distribuzione
indipendente. L’osservazione è valida anche se nel 2001 l’importazione di ricambi ha subito un calo (-3,2%).
Nel 2000 si era verificato un incremento dell’8,7%.
La componentistica dei principali Paesi europei
Germania
Secondo il rapporto 2001 della VDA (l’associazione delle industrie tedesche dell’auto), nel 2000 la
produzione di componenti e accessori è aumentata del 12% raggiungendo i 45 miliardi di $ (51 miliardi di
Œ), una cifra quasi doppia di quella di dieci anni fa. Questo trend è continuato al ritmo dell’11% annuo
anche nei primi cinque mesi del 2001, ed è probabile che il 2001 si sia chiuso su volumi nettamente superiori
al 2000, dati gli aumenti nella produzione di veicoli e lo sviluppo della produzione di vetture di gamma alta.
VDA attribuisce il raddoppio all’accresciuto grado di deverticalizzazione realizzato dai costruttori tedeschi,
al più elevato livello dell’equipaggiamento tecnico dei veicoli, e alla diffusione, anche nei modelli più
correnti, di dispositivi prima riservati alle vetture di lusso. Le esportazioni sono cresciute del 120% sul 1993,
anche se quelle del 2000 sono aumentate solo del 2%..
Le esportazioni del settore auto nel suo complesso sono ammontate nel 2000 a 228 milioni di marchi
(+12%), le importazioni a 102 milioni di marchi (+2,9%). Con l’Italia le importazioni sono state di 8,222
milioni di marchi (+10,3%) le esportazioni di 19,439 milioni di marchi (+4,9%).
L’UE rappresenta il 54,5% ed il 62,9% rispettivamente delle importazioni e delle esportazioni.
L’investimento in R&S è stato nel 2000 di 26 miliardi di marchi, circa 1/3 dell’investimento complessivo
tedesco in R&S (+ 6% sul 1999). Sono stati registrati 4.557 brevetti (+9% sul 1999).
Francia
Nel 2000 la fornitura auto è stata di circa 40.000 milioni di euro, con un impiego di 265.000 addetti. La
produzione copre il 75% in media dei costi di un veicolo.I componentisti sarebbero 270, con un impiego di
112.375 dipendenti e un fatturato di 19.657 milioni di euro (+3,6% sul 1999), di cui 9.577 di forniture in 1°
equipaggiamento (+7,7%), con esportazioni per 7.928 (-0,1%).Le vendite ad altri clienti (che includono i
ricambi) sono state di 2.152 milioni di euro (-1,3%). Le imprese componentiste a controllo straniero sono
133 e rappresentano il 59% del valore della produzione. Ci sono 12 imprese con più di 2000 dipendenti, 18
tra 1001 e 2000, 29 tra 501 e 1000, 61 tra 201 e 500, 64 tra 51 e 200, 86 sotto i 50.
Spagna
Circa tre milioni di veicoli prodotti nel 2000, quinto produttore mondiale, 82,5% esportato, ha un settore
componentistico formato da un migliaio di aziende, con un fatturato di 23,8 miliardi di euro nel 2000, di
cui il 50% esportato. Il 1° equipaggiamento esportato ammonta a 8.995 milioni di euro, i ricambi esportati
a 3.033 milioni di euro. Le importazioni in 1° equipaggiamento sono state di 9.401 milioni, quelle ai
fornitori di 6.598 milioni, quelle per il ricambio di 1.095 milioni.
L’impiego nell’industria componentisica èdi 248.300 addetti
* Fonti: le Associazioni di categoria. I criteri di calcolo sono diversi tra le Associazioni.
La produzione destinata all’esportazione ha conseguito un calo del 6,6%, che corregge il forte incremento del
2000 (+13,8%). La produzione assorbita dal ricambio in esportazione sembra muoversi entro una forcella tra 5 e
5,6 miliardi.
La domanda del Primo Equipaggiamento
La domanda italiana del Primo Equipaggiamento è stata nel 2001 di 13,271 miliardi, con un calo di 200 milioni (1,5%). Essa è stata coperta per 10,415 miliardi (78,6%) dalla produzione nazionale e per 2,857 miliardi (21,4%)
dall’importazione. E’ da rilevare che la copertura nazionale era dell’80,9% nel 1995, è salita all’83,7% nel 1998 ed
è poi scesa progressivamente fino al dato attuale. A questa diminuzione ha concorso il crescente assorbimento di
componenti d’origine straniera da parte della produzione nazionale di VCI e dei costruttori-assemblatori di vetture
di nicchia4.
4
32
L’incremento di importazioni per il Primo Equipaggiamento nel 2001 (250 milioni) risulta dovuto per 94 milioni agli acquisti per la produzione di
veicoli commerciali e industriali, per 183 milioni agli acquisti da parte dei produttori di vetture di nicchia, e ad una riduzione degli acquisti della
Fiat per 27 milioni.
33
L’interscambio
Nel 2001 l’Italia ha esportato componenti per 10,438 miliardi e ne ha importato per 6,157 miliardi, con incrementi
rispettivamente dell’1,4% e del 2,5% sul 2001. Il saldo è stato di 4,281 miliardi (-0,25%). Nel 2000 le variazioni rispetto
al 1999 erano state rispettivamente del +12,2% e del +20,1%. L’andamento dell’interscambio dal 1995, illustrato nel
grafico precedente, evidenzia una tendenza delle esportazioni meno crescente di quella delle importazioni, con
conseguente trend negativo dei saldi. Ciò è, in primo luogo, spiegabile con l’accrescersi della concorrenza globale,
che i nostri produttori si trovano a dover affrontare sia sui mercati stranieri sia sul mercato interno.
Analizzando l’andamento dell’interscambio, e facendo riferimento alle due categorie di mercato del Primo
Equipaggiamento e del Ricambio, come illustrato nei due grafici seguenti, si può inoltre rilevare quanto segue:
• le esportazioni di Ricambi rivelano una linea di tendenza a scarsa crescita e con oscillazioni negli ultimi quattro anni.
• le esportazioni per il Primo Equipaggiamento hanno una linea di tendenza chiaramente in crescita.
Volendo cercare una spiegazione a questi andamenti occorre ricordare le analisi settoriali internazionali. Esse
indicano che la domanda del Primo Equipaggiamento supera di tre-quattro volte quella del Ricambio. Ci si
dovrebbe perciò aspettare che l’interscambio del Primo Equipaggiamento superi nella stessa proporzione quello
dei ricambi. Il ragionamento è giusto se riferito alla domanda globale, ma non è automaticamente applicabile
all’interscambio internazionale, a specifiche aree geografiche e mercati, ed a specifiche tipologie di prodotti. Circa
le aree geografiche e i mercati, intervengono fattori di differenziazione, quali la presenza di case costruttrici e di
più o meno efficienti reti di fornitura di componenti, il contenuto tecnologico delle produzioni locali ed il loro
prezzo, la dimensione e l’anzianità del parco circolante, le modalità produttive (ad esempio, l’applicazione più o
meno spinta del “just in time”), il grado di preferenza dei costruttori verso la fornitura locale, i costi di trasporto
e gli impedimenti al libero scambio. Quanto alle tipologie di prodotto, il rapporto tra i volumi del Primo
Equipaggiamento e del Ricambio dipende dal ritmo sostitutivo delle diverse tipologie. I ricambi dei componenti di
più rapida usura e perciò di più frequente sostituzione (pastiglie freni, spazzole tergi, candele, batterie, filtri,
ammortizzatori, lampadine), danno luogo ad una domanda di ricambi che è più alta di quella per il Primo
Equipaggiamento, sia perché proporzionale alla dimensione del parco circolante (che supera di gran lunga quella
della produzione annua di veicoli), sia perché i prezzi ex fabbrica dei ricambi sono notevolmente superiori a quelli
dei componenti destinati al Primo Equipaggiamento.
La produzione italiana riflette, nella dimensione e nella destinazione alle due tipologie di domanda, l’anomalia di
un’industria autoveicolare fortemente sottodimensionata rispetto alla domanda nazionale, (coperta per una
sempre più alta proporzione dall’importazione), orientata verso i segmenti bassi (vetture piccole e medie). A tale
anomalia si aggiunge quella di un parco circolante di grande dimensione (secondo in Europa con più di 32,5 milioni
di auto, e quarto nel mondo) e d’elevata anzianità. Da qui lo sbilanciamento strutturale del settore
componentistico italiano verso il Ricambio5.
Le esportazioni di ricambi
Fonte: Istat e dati Osservatorio
•
•
le importazioni per il Ricambio hanno un robusto e continuo trend di crescita.
le importazioni per il Primo Equipaggiamento hanno un trend di crescita continua ma contenuta.
Si vede dal grafico precedente che l’esportazione di ricambi tra il 1995 e il 2001 è stata superiore a quella per il
Primo Equipaggiamento. La linea di tendenza è tuttavia relativamente piatta. Si può ritenere che ciò sia causato,
oltre che dall’andamento negativo della domanda di ricambi dei mercati occidentali, anche dalla concorrenza
portata dai paesi emergenti, i quali grazie ai bassi costi di produzione riescono a penetrare facilmente in un
mercato, come quella del Ricambio, in cui il prezzo ha un valore decisivo. Le molte, dinamiche aziende italiane con
vocazione ricambistica trovano evidentemente forti ostacoli ad ulteriori sviluppi. Si aggiunga nei paesi
economicamente sviluppati conquistano spazi le reti delle case costruttrici e delle organizzazioni distributive
supernazionali indipendenti (gruppi d’acquisto, reti riparative, grande distribuzione). Queste organizzazioni
acquistano in conformità a “benchmark” globali, e nella selezione dei fornitori applicano parametri e modalità di
trattativa problematici per i piccoli e medi fabbricanti di ricambi, che sono abituati a una clientela più tradizionale.
Le esportazioni per il Primo Equipaggiamento
Il trend positivo delle esportazioni per il Primo Equipaggiamento è spiegabile anzitutto con il favorevole
andamento della domanda (soprattutto europea, essendo questa l’area verso cui l’Italia esporta la maggior parte
dei componenti), causato a sua volta dal buon andamento della produzione automobilistica europea. Va poi
ricordato che da tempo i componentisti italiani hanno iniziato a diversificare gli sbocchi, affiancando alla Fiat i
costruttori stranieri e migliorando la qualità e il livello innovativo dei prodotti. E’ una strategia da perseguire, non
solo per l’andamento decrescente dell’assorbimento interno e per le preoccupazioni che investono il futuro della
Fiat, ma anche per gli ampi margini di crescita che la nostra ancor scarsa presenza su questa tipologia di mercato
può consentire a livello europeo e globale6.
Fonte: Istat e dati Osservatorio
5
6
34
E’ significativa la sproporzione tra il numero d’espositori italiani alle manifestazioni internazionali del settore componentistico e i valori delle esportazioni. In Spagna (il cui
mercato –26,7 milioni di euro- è costituito per l’84% dal Primo Equipaggiamento), esportiamo 2,7 volte meno della Germania e 4 volte meno della Francia. In Germania
esportiamo circa la metà della Francia e il 25% meno della Spagna. In Francia esportiamo 2,5 volte meno della Germania e l’8% meno della Spagna. Eppure con le nostre
piccole imprese siamo di gran lunga il più numeroso gruppo di espositore stranieri alle più importanti manifestazioni espositive di questi tre Paesi.
si deve tuttavia osservare che la congiuntura internazionale del settore non è certo favorevole. Faurecia chiuderà stabilimenti in Spagna, Germania, Francia, Olanda e Usa, con
soppressione di 1800 posti di lavoro oltre ai 3000 dello scorso anno. Valeo eliminerà le produzioni non strategiche (27 su 170 in 25 Paesi), con soppressione di 5000 posti e riduzione
del numero dei fornitori. Lear chiuderà 25 impianti, di cui 16 nel Nord e Centro America, con taglio di 6500 posti. Delphy sta tagliando 11.500 posti, con la chiusura di nove impianti,
tra cui quelli di Casoli (Abruzzo), trasferito nella Germania dell’est, e Desio (Milano). Visteon, ha programmato dismissioni nella produzione di sterzi, cristalli, sedili, sistemi di
sicurezza. Dana ridimensionerà impianti per una riduzione complessiva di 11.250 posti, pari al 15% della propria mano d’opera. Ficosa ha trasferito la produzione di
specchi retrovisori di Venaria (Torino) a Napoli e in Polonia, con soppressione di 211 posti di lavoro su 280. Nell’area torinese molte aziende sono ricorse alla cassa
integrazione ed a licenziamenti anticipati. L’Api (l’associazione delle piccole imprese) ha segnalato per il primo trimestre del 2002 un aumento del 65% della cassa
integrazione per un numero di 193 aziende contro 116 rispetto all’analogo periodo del 2001, e un calo del 30% delle aziende che hanno avviato assunzioni.
35
Le importazioni di ricambi
Nel 2001 l’Unione Europea ha rappresentato il 64% delle nostre esportazioni, l’intera Europa il 77%, l’area Nafta
l’8%, le aree Sud America e Asia il 6%, gli altri paesi del mondo il 3%.
La crescita di questa tipologia d’importazioni è attribuibile, oltre ai fattori di concorrenza globale già ricordati a
proposito delle esportazioni, alla crescita continua della quota straniera di vetture circolanti in Italia, che oggi ha
raggiunto il 52%7. Questa crescita è accompagnata da una più capillare presenza dei punti d’assistenza e di vendita
delle case automobilistiche straniere, che tolgono spazio sia alla distribuzione indipendente, sia alla vendita dei
ricambi di produzione nazionale. Si aggiunga che lo sviluppo, anche in Italia, di nuovi canali distributivi e riparativi,
prevalentemente a controllo extra-nazionale, aumenta l’offerta di prodotti attinti al mercato globale. Non è
inoltre inconsueto il ricorso a prodotti d’importazione a basso costo inseriti nell’offerta degli stessi produttori
nazionali.
Le importazioni per il Primo Equipaggiamento
L’importazione copre circa il 21% della domanda nazionale del Primo Equipaggiamento. Questo dato riassume le
importazioni per la produzione di autovetture, con una quota intorno al 13%, e quelle per la produzione di veicoli
commerciali e industriali, nella quale le importazioni hanno un peso più elevato (circa il 38%). L’andamento della
produzione nazionale di questa categoria di veicoli, più positivo di quello delle autovetture, provoca una crescita
delle importazioni. Non va poi trascurato l’incremento portato dal miglioramento tecnologico e dall’impiego di
componenti ad alta tecnologia (sensori, centraline, sistemi di controllo, guida, sicurezza, orientamento,
entertainment ecc.), che sono di più frequente origine straniera.
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
Le esportazioni per aree
Le nostre esportazioni si rivolgono sempre più all’area europea, la più vicina ed anche la più importante. Le altre aree
restano meno accessibili (Nafta) o ancora poco sviluppate automobilisticamente (Sud America escluso Brasile, Asia
escluso Giappone e Corea del Sud) o ancora poco penetrabili, soprattutto per aziende di dimensioni medio-piccole.
In ogni caso mercati come Brasile, Messico, Corea del Sud, Cina, India (oltre ai mercati del Centro-Est Europeo come
Russia, Cechia, Slovachia, Ungheria) meritano attenzione, in relazione al loro notevole potenziale di sviluppo.
Le importazioni per aree
La principale area di provenienza delle importazioni è, di gran lunga, l’Europa. E’ tuttavia da notare la crescita
delle importazioni dall’area asiatica, a conferma di quanto rilevato circa la competitività di quest’area sul mercato
internazionale dei ricambi.
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
7
36
vedi grafico a pag. 19
37
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Usa, Spagna, Regno Unito, Francia, Brasile, Germania, Turchia, Austria, Polonia, sono i Paesi verso i quali l’Italia ha
consistenti saldi attivi. Si nota la crescita del saldo con Spagna e Francia, mentre con Brasile, Germania e Polonia il
saldo si sta restringendo. Taiwan e Giappone sono gli unici Paesi con saldo negativo, per i motivi già evidenziati8.
U
sa
La Germania e la Francia, pur presentando una leggera flessione nel 2001, continuano ad essere i nostri principali
clienti. Seguono il Regno Unito, la Spagna, gli Usa, la Turchia, il Brasile, la Polonia, l’Austria, il Belgio-Lussemburgo,
i Paesi Bassi, la Svezia e il Giappone.
I saldi per i principali paesi
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ag
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I principali paesi d’esportazione
Fonte: Istat
La Germania, la Francia e la Spagna sono, tra i principali nostri clienti, quelli che presentano una progressione
costante (con l’eccezione dell’ultimo anno). Non a caso si tratta dei paesi in cui la produzione automobilistica si è
maggiormente sviluppata in questi ultimi anni, con conseguente assorbimento di componenti per il Primo
Equipaggiamento. In calo la Polonia, che invece accresce, come vedremo, le proprie esportazioni verso l’Italia.
I principali paesi d’importazione
Le regioni esportatrici
Le Regioni che nel 2001 hanno esportato componenti sono principalmente il Piemonte (37%), la Lombardia (22%),
l’Emilia-Romagna (17%), il Veneto (9%), il Trentino-Alto Adige (3%) e la Puglia (3%). Nel 2000 le quote erano:
Piemonte 40%, Lombardia 19%, Emilia-Romagna 16%, Veneto 8%, Puglia 6%.
Queste percentuali confermano l’allargamento della base territoriale di produzione, come dimostra una recente
ricerca del Cerved sulla localizzazione delle imprese componentiste9.
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Esaminando il grafico seguente si nota che la Germania e la Francia sono i nostri principali fornitori di componenti.
Entrambi, e soprattutto la prima, hanno aumentato le loro esportazioni verso il nostro Paese, contrariamente a
quanto è invece avvenuto per le nostre esportazioni nei loro confronti. Le importazioni dalla Spagna, dalla
Polonia, dalla Turchia, dall’Austria, hanno andamento crescente. Le importazioni dal Giappone sono calate, ma
questo Paese resta tuttavia tra i nostri primi cinque Paesi fornitori, grazie ai contenuti tecnologici dei prodotti ed
alla posizione acquisita nel nostro parco circolante.
Fonte: Istat
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
Fonte: Istat
8
9
38
il Giappone pone inoltre ostacoli tecnico-burocratici all’importazione di componenti e di veicoli.
vedi paragrafo “Localizzazione della produzione”.
39
La localizzazione della produzione
La Cerved ha presentato nel febbraio scorso i risultati di uno studio sulla struttura e sulla localizzazione
dell’industria nazionale dei componenti, basato sui dati (iscrizioni e bilanci) delle Camere di Commercio,
riguardanti poco più di 1500 imprese10. Si ritiene utile fare riferimento a questo studio per quanto riguarda la
rappresentatività, a livello provinciale, del numero di imprese delle regioni più significative.
Percentuale di presenze
Piemonte
Alessandria
Aosta
Asti
Cuneo
Novara
Torino
26,6
1,0
0,1
1,8
1,5
0,8
21,4
Lombardia
Bergamo
Brescia
Como
Lecco
Mantova
Milano
Varese
23,5
1,5
3,7
0,8
1,4
2
12,1
2
Emilia-Romagna
Bologna
Ferrara
Piacenza
Reggio Emilia
Modena
11,8
4,4
1,4
0,9
2,2
2,9
Percentuale di presenze
Veneto
Padova
Treviso
Verona
Vicenza
6,8
1,4
1,9
2,2
1,3
Marche-Abruzzo
Ancona
Ascoli Piceno
Chieti
Teramo
3,6
0,6
0,4
1,5
1,1
Campania
Avellino
Caserta
Napoli
Salerno
4,0
0,3
0,6
2,3
0,8
Puglia
Bari
1,4
1,4
Ne risulta una localizzazione lungo l’asse Nord-Ovest- Nord-Est (da Torino a Padova, con varie ramificazioni) e
lungo l’asse della Via Emilia, con prolungamento verso le Marche e l’Abruzzo-Molise, e in due aree (Campania e
Puglia) al Sud.
I due assi coincidono con le aree italiane di più intensa industrializzazione, ed hanno supporti settoriali importanti
nei centri di produzione automobilistica delle aree torinese, milanese, bresciana, mantovana e modenese, e nelle
Marche-Abruzzo nell’area di Chieti - Val di Sangro. In Campania i supporti di produzione automobilistica sono
Pomigliano d’Arco (Napoli) e Pratola Serra (Avellino). In Puglia Bari è riuscita in anni recenti ad attrarre e rafforzare
presenze importanti, come le tedesche Getrag, Bosch Sistemi frenanti, il centro Bosch di ricerca tecnologica sul
“common rail” (ex Fiat) e Osram.
Lo studio Cerved conferma quanto già rilevato dai precedenti rapporti di quest’Osservatorio, vale a dire uno
sviluppo componentistico meno vincolato ai luoghi della produzione veicolare11, più compenetrato nel tessuto
industriale generale, a sfruttare sia investimenti e conoscenze tecniche di settori collaterali sempre più coinvolti
nella produzione automobilistica (nuovi materiali e tecnologie, componenti elettronici, parti stampate in plastica,
metallo, alluminio, ecc.), sia vicinanze geografiche e collegamenti con aree tradizionali e nuove
dell’automobilismo centro-europeo (la Baviera, la Repubblica Ceca, l’Austria), sia la disponibilità di finanziamenti
comunitari e di lavoro qualificato (Puglia).
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Aziende e impiego
Con riferimento alla componentistica in senso stretto, vale a dire a quel settore dell’indotto auto che fabbrica
prodotti ed accessori progettati per l’impiego nella produzione di autoveicoli o nella loro riparazione, ed escludendo
perciò le imprese di sevizi, di produzione di stampi, attrezzature, prodotti di consumo, sub-componenti generici,
lavorazioni, le imprese componentiste italiane sono circa 900, delle quali 20 producono moduli e sistemi, 430
componenti singoli e parti di sistemi (con destinazione prevalente al Primo equipaggiamento) e 450 ricambi. Il tutto
per un impiego di circa 130.000 addetti.
Con riferimento invece all’intero settore dell’indotto auto, ed aggiungendo alle imprese componentiste quelle dei
servizi, del settore chimico-vernici e dei pneumatici, l’impiego raggiunge i 160.000 addetti.
Ad esse sottostanno quelle aziende della subfornitura che producono prevalentemente per il settore dell’auto. Esse
sono stimabili, utilizzando la banca dati Subfor Service della Camera di Commercio d Torino, in 10.000, con un
impiego stimabile in 80.000 addetti.
Fusioni ed acquisizioni
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La francese A. Raymond (clips di metallo e di plastica) e la tedesca Kamax (bulloneria), nel 1998 hanno creato
la joint-venture Facil per concorrere alle forniture per le Ford Mondeo prodotte a Gent (Belgio). Nel 2001 Facil
ha vinto un contratto da 320 milioni di dollari dalla Ford per i suoi impianti in Belgio, Spagna e Germania,
vicino ai quali stabilirà dei depositi. Queste presenze le serviranno anche per diversificare la sua base di subfornitori.
Magna ha rilevato l’attività austriaca dell’Eurostar, che produce i Voyager per la Chrysler.
Nell’ottobre 2001 Johnson Controls ha acquisito la francese Sagem (strumentazione elettronica) e la tedesca
Hoppecke, interessante per la produzione di batterie super-sigillate e potenti per la nuova generazione
d’impianti elettrici da 42 volt.
Valeo e Ricardo svilupperanno insieme la tecnologia per produrre un veicolo diesel ibrido con impianto da 42
volt, che ridurrà del 30% il consumo di carburante. Valeo fornirà la sua esperienza nei sistemi elettrici e
Ricardo metterà a disposizione la sua nei motori diesel. La nuova tecnologia si chiama “iMoGen” e completerà
la gamma dei prodotti Valeo da 42 Volt, tra cui figura l’HVAC (heating, ventilation and air conditioning
system).
In Italia la Mekfin del gruppo Fulchir, con sede a Buia in provincia di Udine (gruppo che in Italia ha già
acquisito diverse aziende dei settori informatica-elettronica), ha acquisito nell’aprile 2002 la Magneti Marelli
Sistemi Elettronici. Precedentemente aveva acquisito sempre dalla Magneti Marelli lo stabilimento di
Guadalajara (Spagna, carburatori). Il portafoglio prodotti del gruppo spazia dai sistemi di navigazione
satellitare per autoveicoli alle stampanti per computer, dalle attività multimediali alla meccanica di precisione.
Magneti Marelli aveva firmato nel 2001 con il gruppo tedesco TyssenKrupp un’intesa per cederle in due fasi
la divisione sospensioni (5.500 dipendenti, di cui 2.800 in Italia e 2.200 in Brasile, stabilimenti in Polonia e Usa
e un fatturato di 1,5 miliardi di euro). Recentemente alla realizzazione di questo piano è stata data dalla
TyssenKrupp una probabilità del 50%.
Magneti Marelli ha in corso di cessione alla società Concordia Finance (costituita tra Fiat per il 30%, Interbanca
Si ritiene che il censimento comprenda imprese componentiste in senso lato, vale a dire anche dell’indotto in generale, dei servizi e della subfornitura. In senso stretto, vale a dire con riferimento ad imprese che producono veri e propri componenti, le imprese italiane sono circa 900, come
si vedrà in seguito.
Si rileva, a conferma, la mancata emersione di aziende in Basilicata (Melfi), nell’area di Cassino, in Sicilia (Termini Imerese).
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per il 25% e la società Rgz per il 45%), l'attività facente capo alla Magneti Marelli After Market. Il fatturato
di quest’ultima nel 2001 è stato di 261 milioni di euro. Il valore dell’operazione è di 80 milioni di euro, con un
incasso complessivo per Fiat, ad operazione ultimata, di 70 miliardi di euro. La Rgz è una holding di
partecipazioni industriali con interessi e competenze specifiche nella produzione e nella distribuzione di
componenti. Ne è azionista un gruppo di produttori di ricambi.
Motorola e Eaton si sono accordate per produrre insieme sottosistemi elettronici per il settore automotive.
Pirelli Energie Cables e Systèmes France et Tunisie Cable hanno costituito alla fine del 2001 in Tunisia una
joint-venture per la produzione di cavi elettrici per autoveicoli, che produrrà 500000 chilometri di cavi l’anno,
con un giro d’affari di 15 milioni di euro.
Sogefi nel 2001 a acquisito da Valeo il 100% del gruppo Filtrauto, leader nel mercato francese del ricambio
con Paraflu e con stabilimenti in Italia, Gran Bretagna, Spagna, Slovenia e Argentina e fornitore di costruttori
europei. E’ così diventato il primo fornitore europeo e tra i primi cinque mondiali di elementi filtranti per
veicoli.
CF Gomma di Passiriano (Bs), specializzata nella produzione di componenti antivibranti in gomma,
gomma/metallo, tubi flessibili, componenti vari in gomma e in plastica, con un fatturato consolidato intorno
a 500 milioni di euro e 5.100 dipendenti divisi tra 15 stabilimenti in Italia, Francia, Polonia, Germania, Turchia,
Usa, Argentina e Brasile, ha acquisito nel 2001 la Ziliani di Rivoli (To), produttrice di profili per auto (130
dipendenti). CF Gomma aveva acquistato nel 2000 da Psa lo stabilimento di Barre-Thomas, in Bretagna, primo
polo francese nella produzione di guarnizioni di gomma per auto, con 2.700 dipendenti. Precedentemente
aveva acquisito in Germania la Paguag, e in Usa la divisione tubi freno della Dana.
Graziano Trasmissioni (controllata dal gruppo svizzero Saurer) ha rilevato dal Gruppo Magnetto la Demm di
Porretta Terme (Bo) che produce ingranaggi e ha 900 dipendenti, e l’Aprilia Ingranaggi di Aprilia (Roma), con
160 dipendenti. In Gran Bretagna ha acquistato dalla Cnh Global la Carr Hill (ingranaggi, 200 dipendenti). Il
gruppo consiste ora di tremila dipendenti e 11 stabilimenti, nove dei quali in Italia (di cui cinque nell’area
torinese), uno in Gran Bretagna e uno in India. Il fatturato supera i 300 milioni di euro e l’export rappresenta
mediamente il 70% di ricavi. Fornisce sistemi e componenti di trazione ai principali produttori mondiali di
trattori e veicoli industriali, e da alcuni anni anche di auto, specialmente nella trazione integrale e per vetture
sportive e di lusso.
sezione 3
IL
PIEMONTE
La componentistica piemontese
Produzione, imprese, impiego
Si stima che la produzione piemontese di componenti sia stata nel 2001 di 9,430 miliardi di euro, pari al 40% del
totale della produzione italiana.
Con riferimento alla componentistica intesa nel senso già precisato a proposito della componentistica nazionale, le
imprese piemontesi sono circa 360, di cui 15 producono moduli e sistemi, circa 200 producono componenti singoli e
parti di sistemi (con prevalente destinazione al Primo Equipaggiamento) e circa 140 producono ricambi.
Il totale dell’impiego, secondo recenti elaborazioni dell’Ires, è di 43.000 addetti.
Con riferimento invece all’intero settore dell’indotto auto l’impiego sale a circa 53.000 addetti.
Vi sono poi circa 3500 aziende della sub-fornitura, con attività prevalentemente rivolta al settore autoveicolare. Il loro
impiego è stimato in 25.000 addetti1. L’impiego totale dell’indotto auto ammonterebbe quindi a circa 78.000 addetti.
La loro localizzazione è per più del 70% nella provincia di Torino.
I valori del Piemonte sull’Italia
Il grafico seguente indica i valori della componentistica piemontese sull’Italia, e conferma la preminenza di questa
Regione.
Fonte: Istat, Ires, Anfia, Osservatorio
1
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Ciò risulta dalla Banca dati Subfor Service della Camera di Commercio di Torino.
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Il Piemonte ha una notevole presenza di imprese che producono moduli e sistemi. Si tratta in prevalenza di imprese
a controllo societario straniero, presenti in Piemonte in relazione ai rapporti di fornitura e di collaborazione
industriale con il gruppo Fiat-Iveco, inteso come centro direzionale e come insieme di stabilimenti produttivi2. Circa
le esportazioni, il Piemonte, con il 37,4%3, è al primo posto tra le Regioni Italiane, seguito dalla Lombardia (22%)4.
I valori del Piemonte sull’Italia
L’esportazione di componenti nel 2001 è stata di 3,905 miliardi di euro, con un calo dell’8,6% sul 2001, contro un
aumento nazionale dell’1,4%. Nel 2000 invece le esportazioni piemontesi erano riuscite a “performare” più di quelle
italiane (+17,9% il Piemonte, +12,2% l’Italia).
In primo luogo si rileva che, per quanto riguarda i componenti, tale valore presenta, a partire dal 1998 e con
accentuazione nel 2001, un andamento sensibilmente decrescente. Ciò può trovare spiegazione nel fatto, già
evidenziato a proposito della localizzazione della produzione di componenti e dell’esportazione delle varie Regioni, che
la produzione di componenti si è diffusa in questi ultimi anni anche in altre Regioni.
In secondo luogo il grafico indica un progressivo minor peso del Piemonte nell’esportazione dei prodotti “automotive”,
più accentuato per l’esportazione di autoveicoli (come conseguenza diretta dello spostamento della produzione in altre
Regioni), meno significativo in quella dei componenti, comparto nel quale il Piemonte ha comunque mantenuto la
propria primazia in termini di presenze produttive di rilievo, come è già stato evidenziato. Ciò fa sì che il peso delle
esportazioni piemontesi di componenti abbia superato, a partire dal 1997, quello delle esportazioni di autoveicoli.
Il confronto con l’andamento del peso delle esportazioni generali piemontesi, se da una parte conferma l’importanza
del Piemonte nell’”automotive” italiano, dall’altra fa percepire che l’auspicato processo di diversificazione
dall’”automotive” e di sviluppo di altri settori si sta realizzando. La diminuzione delle esportazioni di veicoli e di
componenti è stata evidentemente compensata, anche se non totalmente, dall’aumento in altri settori5. A questo
riguardo è significativo anche l’andamento del peso dell’”automotive” sull’export generale del Piemonte, illustrato dal
grafico seguente.
Fonte: Istat (dato 2001 stimato)
Vale perciò la pena di esaminare l’andamento del valore percentuale delle esportazioni del Piemonte sull’Italia in
questi ultimi anni, evidenziato dal grafico seguente.
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
Sono ora esaminate le esportazioni piemontesi di componenti per Paese6.
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
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Circa il 29% della produzione italiana di veicoli del gruppo è localizzato in Piemonte.
Contro l’11,4% delle esportazioni totali
Vedi grafico 30
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Si calcola che il calo delle esportazioni “automotive” sia stato compensato da un incremento del 5,6% negli altri settori.
I dati sull’esportazione piemontese del 2001 sono certi per quanto riguarda il totale. Mancando per il momento i dati delle esportazioni di
componenti per Paese, questi ultimi sono stati ricavati attribuendo a ciascun paese la percentuale di variazione, rispetto al 2000, dell’esportazione
totale piemontese di componenti.
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I principali Paesi sono, in ordine di valori del 2001, la Francia, la Germania, la Polonia, il Brasile, la Spagna, la Turchia,
il Regno unito, l’Argentina e gli Usa.
I valori percentuali delle esportazioni di componenti per Paese sono evidenziati, insieme ai corrispondenti valori
relativi all’Italia nel grafico seguente. Si ritiene che la comparazione di questi valori possa dare interessanti
indicazioni.
I dislivelli positivi e, per contrasto, quelli negativi, offrono una possibile conclusione: che le imprese della
componentistica piemontese siano prioritariamente inclini a sviluppare la loro attività esportativa verso Paesi nei
quali la penetrazione è facilitata dalla contiguità o vicinanza geografico-culturale (Francia e Spagna) o dall’esistenza
di canali e supporti legati ai rapporti di fornitura con il gruppo Fiat. Ampie opportunità potrebbero essere colte
impegnandosi più a fondo nello sviluppo di contatti per le forniture in Primo Equipaggiamento verso i Paesi
produttori di autoveicoli, e che presentano dislivelli negativi, prima di tutto quelli dell’area europea, come la
Germania, il Regno Unito, il Belgio e, in secondo luogo, quelli fuori dell’Europa, come gli Usa ed il Giappone, senza
escludere Paesi produttori importanti come il Messico, la Corea del Sud, il Canada e la Russia.
Tratto da IL SOLE 24 ORE del 2.6.2002
I componentisti di fronte alla crisi
Una ricetta per i fornitori
La strategia dei <cluster> adottata all'estero ha fornito buoni risultati
di Daniele Robiglio
Fonte: Istat, elaborazione Osservatorio
Si nota, infatti, che il Piemonte esporta proporzionalmente più dell’Italia in Francia, Spagna, Turchia, Brasile Polonia,
Argentina, India, e meno dell’Italia in Germania, Regno Unito, Usa, Austria, Belgio e Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia,
Giappone, Cina, Finlandia, Grecia, Portogallo, Danimarca. Indicativo, tanto più se si tiene conto del diverso peso
automobilistico dei due Paesi, è il forte dislivello della Germania (per l’Italia primo cliente col 21,8%, per il Piemonte
secondo col 16,7%) e della Francia (per il Piemonte primo cliente col 16,8%, per l’Italia secondo col15,7%). Il totale
dei Paesi dell’Unione Europea rappresenta per l’Italia il 64,5% mentre per il Piemonte rappresenta solo il 55%. Si nota
che tra i Paesi verso i quali il dislivello tra Italia e Piemonte è più marcatamente a favore di quest’ultimo vi sono la
Turchia, il Brasile, la Polonia, l’Argentina e l’India, vale a dire quei Paesi nei quali il gruppo Fiat ha insediamenti
produttivi di una certa importanza7.
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La componentistica italiana (circa mille aziende senza contare la sterminata galassia della sub-fornitura, un
fatturato annuo intorno ai 24 miliardi e un'occupazione superiore ai centomila addetti) guarda con
preoccupazione al futuro della Fiat. E giustamente, visto che la casa torinese assorbe più del 40% del valore
della sua produzione. Ci sono due incertezze. La prima è che, pur dando per risolti i problemi finanziari, la
Fiat possa invertire il trend negativo delle vendite, in un mercato in flessione in cui, senza la tempestiva
disponibilità di un'adeguata gamma di modelli, dovrà subire l'attacco di concorrenti fortissimi. La sua quota
di mercato potrebbe calare ancora in Italia e in Europa, e i fornitori ne subirebbero le conseguenze.
Incognite Fiat. La seconda riguarda il controllo della Fiat. Se dovesse "passare di mano" come qualcuno
ipotizza, quante auto saranno ancora prodotte in Italia? Dove sarà il centro direzionale? Cosa ne sarà della
ricerca? Quali le conseguenze sulla scelta dei fornitori, delle piattaforme, dei modelli da produrre? Le molte
aziende a controllo straniero che producono componenti nel nostro Paese rimarranno in Italia? Sono
domande da rivolgere agli analisti, ma forse neppure loro hanno le risposte giuste.
La fornitura alla Fiat ha alternative? Prescindendo da poco praticabili diversificazioni di settore, c'è il
mercato del ricambio (che assorbe, tra esportazione e interno, il 34% della produzione) e quello del primo
equipaggiamento e della fornitura ai grandi sistemisti-modulisti, che ne assorbe il 24. Nel primo operiamo
già bene e non resta più molto da spremere. Si tratta di un mercato tutto sommato poco brillante: il parco
circolante è notevolmente ringiovanito e "parla" sempre più straniero. Con la conseguenza che le vetture
nuove richiedono meno ricambi e cresce l'importazione.
Primo equipaggiamento. Nel campo dell'Oem siamo in crescita da anni, ma si potrebbe fare di più.
Prescindendo dai grandi componentisti (che operano già in questa direzione, anche perché in gran parte si
tratta di società a controllo straniero) si dovrebbe puntare sulle aziende medio-piccole. Esse detengono un
riconosciuto potenziale di conoscenza e di abilità che merita di essere valorizzato. Il loro handicap è che,
pur valide tecnicamente, non si sentono a loro agio in rapporti complessi come questo tipo di fornitura.
Il problema è che da sole difficilmente possono rompere il "bozzolo" in cui sono chiuse. La soluzione è negli
esempi di aree dell'auto e di "cluster" della componentistica nati o cresciuti in Europa (dalla Spagna al
Galles, dall'Austria all'Europa dell'Est e alla Germania) grazie a strategie istituzionali ben finalizzate. É
compito delle istituzioni e delle associazioni operare anche, e principalmente, per rimuovere gli ostacoli alla
crescita.
Il caso Piemonte. Un esempio con riferimento al Piemonte, che di Pmi valide ne ha molte, geograficamente
concentrate e anche per questo più a rischio: si potrebbero selezionare e aggregare per gruppi sistemicimodulari. Realizzate le sinergie all'interno dei gruppi, e migliorati ove necessario processi e prodotti, si
potrebbero avviare azioni di vendita mirate secondo le tipologie del sistema-modulo e del cliente. Poi
occorrerebbe seguire le aziende nella trattativa e nel corso del rapporto di fornitura. Un modo di operare
L’esportazione piemontese di componenti ha probabilmente risentito, nel 2001, dell’andamento della produzione di veicoli nei su indicati Paesi,
scesa del 22% in Polonia, del 37% in Turchia, del 26% in Argentina e del 7% in Brasile
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simile a quello degli studi di consulenza specializzati che nei principali Paesi produttori di auto promuovono
le vendite in primo equipaggiamento. C'è anche altro cui pensare: credito, B2B, formazione, ricerca.
Le istituzioni e le associazioni dovrebbero cooordinarsi in una "cabina di regia" per promuovere e gestire
sinergicamente l'operazione. Occorrerebbe uno staff tecnico-commerciale composto da esperti del primo
equipaggiamento. Per salvare la Chrysler, Lee Jacocca ricorse a ex funzionari prematuramente pensionati
dalla Ford e disponibili subito. Un esempio che potrebbe servire. E altre iniziative potrebbero nascere lungo
la strada.
Certo, è un'operazione complessa. Ma lo è anche la situazione. E una scelta di questo tipo sarebbe
assecondata dalla tendenza delle case auto alla fornitura sistemica-modulare e all'outsourcing. E non
sarebbe sproporzionata alla posta in gioco, che non riguarda solo le specifiche aziende. Nel mondo
dell'auto una buona rete di fornitori è un fattore strategico di competitività. Un sistema di fornitura
moderno ed efficiente potrebbe trattenere le presenze produttive, e magari attrarne di nuove.
Tabelle
* Osservatorio della CdC di Torino sulla Componentistica auto
Fonte: Istat e Osservatorio
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Fonte: Istat, 2001. Elaborazione Anfia e Camera di Commercio di Torino.
Fonte: Istat. I dati 2001 per Paese sono stimati sulla base dei valori percentuali del 2000 applicati al totale delle
esportazioni del 2001
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Note
Definizioni
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Componenti: in questo rapporto s’intendono per componenti le parti di un autoveicolo che sono
prodotte con specifiche particolari. Sono perciò esclusi i prodotti generici non progettati in funzione
dell’impiego automobilistico, e materie prime, i servizi, i materiali di consumo e d’intrattenimento. Sono
esclusi, per uniformità ad un’impostazione tradizionale diffusa, i pneumatici. Sono inclusi gli accessori
generalmente installati dai costruttori, anche in opzione, sui veicoli.
Costruttori: sono intesi per tali i fabbricanti d’autoveicoli.
Autoveicoli: il termine comprende le autovetture (auto), i veicoli commerciali e industriali, gli autobus.
Valori della produzione e della domanda: sono espressi a prezzi ex-fabbrica e, per l’interscambio, a
valori Istat.
Fonti
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•
I dati relativi al Primo Equipaggiamento derivano dalle segnalazioni dei Costruttori. I dati relativi
all’interscambio sono d’origine Istat e sono stati elaborati, per il 2001, da Anfia e Camera di Commercio di
Torino. I dati relativi al Ricambio sono stimati sulla base di dati storici e del parco circolante, con ampia raccolta
d’informazioni provenienti dalle imprese.
•
I dati dell’impiego in Piemonte sono d’origine Ires. I dati dell’impiego in Italia sono stimati sulla base
dell’impiego in Piemonte, dei valori regionali dello studio della Ceres e dei valori esportativi regionali.
•
Le informazioni sono attinte da un ampio ventaglio di giornali e periodici economici e settoriali, tra i quali i
più utilizzati sono stati: “Il Sole 24 Ore”, “Vehicle News”, “Automotive News International”, “Europe
Automotive Insight”, “Automotive Engineering”, “The Economist”, “L’Argus”, “Notiziario Motoristico”,
“Parts”, “Autopro”, i “Notiziari Anfia”, “La Repubblica”. Altre fonti sono citate nel testo. Altre informazioni
derivano da contatti personali, interviste e questionari.
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