MURERO Foffo

Transcript

MURERO Foffo
1
FOFFO
Come mi aspettavo lo scompartimento è vuoto. Chi vuoi che
parta per Innsbruck alle 7 di mattina del 2 gennaio?
Appoggio la gabbietta di vimini sul sedile di fronte, mi
abbasso e guardo dentro: il gatto dorme della grossa. Per
farlo entrare lì, ci ho buttato una scatoletta di whiskas
truccata; un mio amico veterinario mi ha dato una pastiglia
di anestetico:
“ Con questa in corpo dormirà almeno cinque ore,” mi ha
detto; proprio il tempo che ci vuole per arrivare a
Innsbruck. All’inizio non voleva entrarci, non si fida di
me, ma l’odore della carne in scatola era troppo invitante e
alla fine ha ceduto, così l’ho chiuso dentro e me lo sono
portato via. La prima volta che sono venuto a casa tua,
l’hai preso in braccio e me l’hai presentato:
“ Questo è Puci, vive con me.”
Che bel nome di merda, ho pensato, specie se affibbiato a un
gatto tigrato di almeno sette chili. Tu mi hai letto nel
pensiero e hai aggiunto:
“ Lo so che come nome non è granché, ma gliel’ha dato mio
padre che da piccolo aveva un soriano di nome Puci, tale e
quale a lui.”
Al gatto non piaceva stare in braccio, per protesta ha
miagolato con una voce da eunuco che mal si intonava al suo
fisico:
“ Che vocina!” ho commentato.
“ Per forza , è castrato.”
“Beh, tanto valeva chiamarlo Foffo.”
Sei sempre stata una tipa spiritosa, non solo non ti sei
offesa ma da quel momento Puci è diventato Foffo.
Quando dormivo da te,appena prendevo sonno,Foffo saltava sul
letto e si sdraiava sui miei piedi per stare al caldo. Io
soffrivo sotto quei sette chili di pelliccia, ma se tentavo
di scalciare lui mi mordeva fino a costringermi
all’immobilità. Come se non bastasse era mattiniero: già
alle sei e mezza aveva fame e il suo miagolio femmineo
continuava finché io, esasperato, gli tiravo dietro la prima
cosa che capitava; tempo due minuti e ricominciava
daccapo:non avevamo un bel rapporto.
Finalmente il treno si muove e, come a ogni partenza, provo
una sensazione di sollievo che non so spiegare.
2
Anche tre mesi fa, quando mi hai detto che era finita, in
mezzo al dolore era mescolato un po’ di sollievo; ho provato
anche a fare l’ironico:
“ Ma almeno… Potrò vedere Foffo qualche volta?”
Hai sfoderato il tuo più bel sorriso e mi hai fatto un
grattino sulla testa, come quelli destinati a Foffo quando
faceva qualche marachella:
“ Non credo che sarà possibile,” hai risposto.
Invece eccolo qua.
Quando passiamo la frontiera,al Brennero, accendo il
cellulare e dopo qualche secondo arrivano cinque sms, le
bustine da lettera chiuse hanno tutte il tuo nome accanto.
Li cestino senza leggerli: tre mesi fa ero io a mandarti un
sacco di sms ma tu non rispondevi mai. Scommetto che ti sei
ricordata di quando sei andata via per lavoro e mi hai dato
le chiavi di casa:
“ Ci pensi tu a Foffo,vero? Tanto è solo per una settimana!”
Non so perché, ma ne ho fatto un duplicato che ho tenuto per
me. Chissà che faccia hai fatto quando sei entrata in casa e
Foffo non c’era, chissà quanto tempo ci hai messo per capire
che sono stato io a portarlo via.
Il servizio gratuito recall funziona che è una
meraviglia,appena mi avvisa che sono di nuovo raggiungibile,
il telefono vibra, il display si illumina e resto lì a
guardare il tuo nome che lampeggia.Rifiuto la chiamata e
spengo il cellulare: tre mesi fa ero io a chiamarti di
continuo ma tu non rispondevi mai.
Arriviamo a Innsbruck appena dopo mezzogiorno:tre gradi
sotto zero. Dalla stazione prendiamo subito il pullman che
ci porta allo zoo. Appoggio la gabbietta di vimini sul
sedile accanto al mio e sento che Foffo comincia a muoversi,
l’aria fresca deve averlo svegliato. Il pullman passa
accanto al centro storico, si ferma a un semaforo così posso
dare un’occhiata alla zona pedonale. Sulla nostra panchina,
due ragazzi si baciano incuranti del freddo, dei
passanti,dei monumenti, del mondo.
Come facevi a baciarmi così? Come facevi, se non te ne
fregava niente?
Lo zoo alpino di Innsbruck è il più alto d’Europa e ospita
circa duemila animali, duemilauno col tipo che sta alla
cassa e che mi guarda con diffidenza per via della gabbietta
di vimini posata ai miei piedi. Gli allungo una mancia pari
al prezzo del biglietto, così mi lascia entrare senza fare
3
storie. So bene dove voglio andare, così passo tra le gabbie
senza badare agli animali. Invece Foffo miagola flebilmente,
forse si è accorto che ci sono bestie strane tutt’intorno e
non si sente tranquillo. Lo zoo alpino di Innsbruck è famoso
perché rispetta l’habitat naturale dei suoi ospiti, infatti
la gabbia del gatto selvatico è un tratto di bosco
recintato; per fortuna c’è il cartello con foto e nome:
Felis sylvestris. Mi fermo e guardo dentro. La bestia non si
vede, forse con sto freddo si è rintanata da qualche parte.
Non mi perdo d’animo ed estraggo Foffo dalla sua prigione.
E’ ancora un po’ rincoglionito, così me lo metto addosso
tipo collo di pelliccia; mi sembra di essere il pastore del
presepe che tiene l’agnello sulle spalle. Mi aggrappo alla
rete di recinzione e salgo sulla gabbietta di vimini; i miei
sessanta chili più i sette di Foffo la fanno scricchiolare,
ma tiene quanto basta per consentirmi di prenderlo per le
zampe, sollevarlo in alto più che posso e lanciarlo
dall’altra parte. Atterra in piedi, su un cumulo di foglie
secche, col rumore di un ramo che si spezza; poi resta lì
spaesato. Dopo qualche secondo, il gatto selvatico viene
fuori a vedere cos’è successo. E’un bestione grande come
Foffo, con lo stesso manto tigrato, solo che è una massa di
muscoli mentre l’altro è una massa di lardo: sembra suo
fratello superuomo. Foffo è impietrito. Il gatto selvatico
lo fronteggia e lo fissa incantato: non gli sembra vero.
Come facevi a guardarmi così? Come facevi, se non te ne
fregava niente?
Foffo rompe gli indugi e scappa verso il fitto del bosco. Il
gatto selvatico, sadicamente, gli lascia qualche secondo di
vantaggio, poi parte all’inseguimento. Faccio appena in
tempo ad accendere il cellulare e a riprendere la scena, poi
i due scompaiono tra i cespugli e non li vedo più. Lascio lì
la gabbietta di vimini e mi avvio all’uscita. C’è gente che
sta facendo il biglietto per entrare, così il cassiere non
mi nota e posso allontanarmi senza problemi.
E’ ora di pranzo e ho fame. Entro in un locale tipico, tanto
il mio treno parte tra due ore. Mi siedo al tavolo di legno
e quando arriva la cameriera, in costume tradizionale, non
posso far altro che ordinare gulasch con canederli e birra
media. Il calore di una stube tirolese è qualcosa che
intenerisce il cuore, così mentre finisco lo spezzatino,
penso al povero Foffo e per la prima volta lo sento vicino.
Dopo tutto è stato mangiato da un suo simile, proprio come
me. Sarà la birra, saranno gli yodel in sottofondo, ma mi
4
illanguidisco talmente che per contrastare il sentimento,
accendo il cellulare per rivedere il filmato.Nel frattempo
sono arrivati altri cinque sms e il telefono vibra in
continuazione. Guardo per un po’ il tuo nome che lampeggia
sul display, poi schiaccio il tasto rosso e spengo tutto.